TAR Marche Sez. II n. 817 del 26 ottobre 2024
Urbanistica.Abuso edilizio consistente in una pluralità di opere e necessità di valutazione unitaria

Al fine di valutare l'incidenza sull'assetto del territorio dell’intervento consistente in una pluralità di opere, deve essere svolto dall’Amministrazione procedente un apprezzamento globale e non una valutazione frazionata dei singoli interventi, posto che un approccio atomistico agli abusi, non consente di inquadrare adeguatamente l'impatto effettivo complessivo. Deve quindi ribadirsi che in caso di abuso edilizio, infatti, non è dato scomporne una parte per negare l'assoggettabilità ad una determinata sanzione demolitoria, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante bensì dall'insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni. L'opera edilizia abusiva va identificata con riferimento all'immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente considerato

Pubblicato il 26/10/2024

N. 00817/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00538/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 538 del 2015, proposto da Dedoma S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Enrico Follieri, Guerrino Ortini, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Ancona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Demetrio Sgrignuoli, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;
Provincia di Ancona, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- dell’ordinanza di demolizione di opera abusiva n. 2 del 2015 emanata dal Comune di Ancona, Direzione Sportello Unico integrato (S.U.I.) Edilizia, Privata, Produttiva e Commercio, notificata il 23.1.2015 al sig. Busco Roberto in qualità di legale rappresentante della società Dedoma, per opere realizzate in immobile di proprietà della Dedoma s.r.l. r e precisamente:

1. solaio in lamiera grecata della superficie di mq 75 sito al piano primo;

2. ampliamento della superficie utile al piano primo di circa mq. 1119 costituito da un solaio con struttura mista in acciaio e calcestruzzo armato,

3. soppalchi lungo i lati strada della superficie complessiva di circa 1333 mq. costituita da una struttura portante in pilastri e travi in acciaio e da solaio in lamiera grecata.

e di ogni altro atto presupposto, conseguente, successivo e comunque connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ancona;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2024 il dott. Fabio Belfiori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorso all'esame del Collegio deriva da opposizione a ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da parte ricorrente avverso gli atti indicati in epigrafe. 

Riferisce la stessa che con comunicazione del 25 luglio 2012 il Comune di Ancona ha avviato il procedimento per l'applicazione di provvedimenti ai sensi degli articoli 27 e seguenti del DPR 380/01, in relazione ad opere che sarebbero state realizzate in assenza o in difformità di titolo abilitativo, a seguito di verbali redatti dalla Polizia municipale e dal settore Edilizia e controlli del territorio del Comune, unitamente alla Guardia di Finanza, per accertamenti effettuati l’11 aprile 2012 e il 2 maggio 2012.

Una nuova comunicazione di avvio del procedimento è poi stata notificata anche il 7 settembre 2012. La ricorrente è intervenuta nel procedimento contestando quanto sostenuto dall'Amministrazione.

Successivamente il Comune di Ancona ha emanato l'ordinanza indicata in epigrafe, che viene qui impugnata con i motivi di ricorso sotto riportati e considerati. 

La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 10 ottobre 2024.

Deve rilevarsi che quanto in udienza sostenuto da parte ricorrente circa la parziale esecuzione dell’ordinanza, non è suffragato da prova, a norma dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 64 c.p.a., ed è stato espressamente contestato dall’Amministrazione.

Ad ogni modo, tale affermazione che al più rileverebbe in sede esecutiva, non ha assunto consistenza tale da poter rendere parzialmente improcedibile il mezzo di gravame qui in esame.

Venendo ai motivi di diritto.

Con il primo motivo di ricorso si deduce nullità della comunicazione di avvio del procedimento, in quanto non conforme al suo modello legale (si dice che “la comunicazione non conteneva, come invece dispone l'art. 8, 1 co. lett e-bis della L. 241/1990 . << ... la data entro la quale, secondo i termini previsti dall' articolo 2 , commi 2 o 3, deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell'amministrazione>> b) Il termine assegnato per presentare memorie e documentazione, non trova riferimento normativo, in quanto l'art. 10 della L. 241 / 1990 prevede solo che i soggetti che ricevono la comunicazione hanno diritto di presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare”).

Il motivo va disatteso in quanto, in primo luogo sono contestate irregolarità che non determinano nullità, vizio radicale dell’atto qui non riscontrabile, in secondo luogo trattandosi nella specie di gravato atto vincolato di doverosa repressione di abusi edilizi, non è necessario l’avvio del procedimento (cfr. da ultimo Consiglio di Stato, sez. VI, 5/7/2024, n. 5968).

Con il secondo e terzo motivo di ricorso, si contestano il mancato rispetto del termine del procedimento e il mancato invio dell’avviso di un nuovo avvio del procedimento.

Entrambe le censure vanno disattese, dato che il decorso del termine del procedimento non esaurisce il potere qui esercitato ed è, inoltre, andato a vantaggio di parte ricorrente, mentre relativamente al mancato nuovo invio dell’avviso ex art. 8 L. 241/1990, valgono le considerazioni sopra svolte.

Con il quarto motivo, si deduce la mancata notifica del provvedimento al responsabile dell’abuso e al proprietario dell’area.

La doglianza è da disattendere, perché destinatario dell’atto repressivo dell’abuso è anche l’attuale proprietario, che è persona giuridica, dunque la notifica andava fatta al legale rappresentante, come effettuato dall’Amministrazione (cfr., ad es., T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, sez. I, 26/4/2024, n. 199).

Con il quinto, sesto e settimo motivo si allegano violazione di legge, errata interpretazione ed applicazione dell'art. 32, 2° co., D.P.R. 380/2001 e dell'art. 5 della L.r. Marche 14/1986.

Si dice che le opere contestate non sarebbero essenziali; si contesta la quantificazione della superficie considerata non legittimata nell’atto; si insiste che le opere contestate non sarebbero abusive in quanto non soggette a permesso di costruire o a rilascio di altro titolo abilitativo, in ogni caso le stesse non rientrerebbero tra quelle che costituiscono variazione essenziale.

In particolare, quanto alla realizzazione di un solaio in lamiera grecata della superficie di mq. 75, si dice che si tratterebbe di un inutilizzabile locale tecnico dei bagni sottostanti e che parte di questo locale sarebbe stato oggetto di condono.

In merito all’ampliamento della superficie utile al piano primo di circa mq. 1119, si richiama una concessione in sanatoria del 2004 che avrebbe riguardato 134,19 mq, e si contesta la descrizione dello stato dei luoghi effettuata nei sopraluoghi. Si afferma, inoltre, per contestare l’“uso a magazzino” delle superfici oggetto di rilievo comunale, che il materiale che vi si trovava era “ivi momentaneamente allocato dopo gli eccezionali eventi nevosi del febbraio 2012”, “Purtroppo dopo meno di 2 settimane da quella calamità, con ancora i cumuli di neve in giro, sono iniziate le "ispezioni" ed i controlli”.

Quanto al “giardino pensile” che avrebbe dato luogo, secondo il Comune, a nuove superfici non assentite, si dice che “La commissione edilizia ed il titolo edilizio hanno commesso clamorosi errori”.

Quanto alla “realizzazione di soppalchi lungo i lati strada della superficie complessiva di mq. 1333” si dice che “Queste scaffalature, essendo alte, avrebbero dovuto essere utilizzate anche per esporre gli articoli di grandi dimensioni” e che “queste "scaffalature" sono visibili, inaccessibili e mai utilizzate come soppalco”.

Ciò posto, va preliminarmente osservato (e ciò vale anche per le generiche censure di cui all’ottavo e nono motivo di ricorso), che al fine di valutare l'incidenza sull'assetto del territorio dell’intervento consistente in una pluralità di opere, deve essere svolto dall’Amministrazione procedente un apprezzamento globale e non una valutazione frazionata dei singoli interventi, posto che un approccio atomistico agli abusi, non consente di inquadrare adeguatamente l'impatto effettivo complessivo.

Deve quindi ribadirsi che “in caso di abuso edilizio, infatti, non è dato scomporne una parte per negare l'assoggettabilità ad una determinata sanzione demolitoria, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante bensì dall'insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni. L'opera edilizia abusiva va identificata con riferimento all'immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente considerato” (Consiglio di Stato sez. VI, 27/11/2023, n.10126; in termini T.A.R. Marche, sez. II, 12 luglio 2024, n. 656; Consiglio di Stato, sez. VI, 23/10/2023, n. 9148; Consiglio di Stato, sez. VI, 21/2/2023, n. 1766).

Ciò premesso, le opere contestate, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente e come emerge dalla dettagliata memoria della difesa comunale depositata ex art. 73 c.p.a., non possono essere considerate variazioni non essenziali, dato che sono contestati ampliamenti per diverse centinaia di mq, soppalchi di oltre 1300 mq e solai.

La quantificazione delle opere abusive effettuata nell’atto impugnato, deriva da verbali di accertamento redatti dalla Polizia locale e da funzionari comunali, unitamente a militari della Guardia di Finanza, costituiscono, quindi, atti con forza fidefaciente e non risulta siano stati contestati con gli specifici rimedi giuridici apprestati dall’ordinamento, ai sensi dell’art. 2700 c.c.

Sotto questo profilo deve ribadirsi che "in materia edilizia il verbale di sopralluogo redatto della Polizia Municipale al fine di contrastare il fenomeno dell'abuso edilizio proviene da pubblici funzionari e costituisce atto pubblico che acquista portata fidefaciente fino a querela di falso, ai sensi dell'art. 2700 c.c., delle circostanze di fatto in esso accertate sia relativamente allo stato di fatto e sia rispetto allo status quo ante" (così Cons. St., sez. II, n. 633/2021), (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 16 gennaio 2023, n. 710).

Va, comunque, rilevato che dell’asserito condono effettuato non si hanno in atti evidenze documentali specifiche, e, ad ogni modo, esso riguarda dichiaratamente solo il 10% circa della superficie contestata dal Comune.

Non rileva, poi, che gli spazi contestati dall’Amministrazione siano inutilizzati al momento del sopralluogo, bensì che essi siano stati realizzati senza titolo.

Inoltre, è contraddittorio affermare, come fatto da parte ricorrente, che non di superficie utile si tratterebbe, bensì di scaffalature inaccessibili, se si afferma al contempo che tali scaffalature sarebbero servite per esporre articoli di grandi dimensioni, quindi accessibili.

Quanto alle affermazioni legate agli eventi nevosi del febbraio 2012, deve osservarsi che i sopraluoghi non sono stati effettuati dopo nemmeno due settimane, come affermato nel ricorso, bensì l’11 aprile 2012 e il 2 maggio 2012, a notevole distanza temprale dagli eventi nevosi indicati, e non è verosimile che a maggio, nel 2012, ad Ancona, vi fossero accumuli di neve tali da non permettere interventi di rimozione materiali.

In merito ai rilievi sull'operato della Commissione edilizia e sul titolo edilizio, essi sono tardivi, perché dovevano essere impugnati o in via autonoma o, al limite, al momento del rilascio del permesso di costruire.

Le doglianze portate nei motivi di diritto in disamina, sono, quindi, da disattendere.

Per quanto riguarda, infine, l’ottavo e il nono motivo di diritto, le censure in essi contenute sono generiche e inammissibili ai sensi dell’art. 40 comma 2 c.p.a.

Ad ogni modo va tenuto conto che al fine di valutare l'incidenza sull'assetto del territorio dell’intervento consistente in una pluralità di opere, deve essere svolto dall’Amministrazione procedente un apprezzamento complessivo, come già precisato.

In conclusione per le considerazioni esposte, il ricorso va respinto.

Sussistono sufficienti ragioni per la compensazione delle spese, visto il carattere risalente della controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Renata Emma Ianigro, Presidente

Giovanni Ruiu, Consigliere

Fabio Belfiori, Referendario, Estensore