TAR Veneto, Sez. II n. 1136 del 26 novembre 2020
Urbanistica.Convenzioni urbanistiche e recesso previsto dall’art. 72 della legge fallimentare
Deve escludersi l’applicazione, alle convenzioni urbanistiche, del recesso previsto dall’art. 72 della legge fallimentare che facendo riferimento espresso al “contratto”richiama lo schema generale dell'art. 1321 del codice civile il quale, per le ragioni anzidette, non si attaglia alle convenzioni urbanistiche per la loro intrinseca natura pubblicistica.
Pubblicato il 26/11/2020
N. 01136/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00078/2018 REG.RIC.
N. 01234/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 78 del 2018, proposto da
Roberto Meneghini e Pasquale Meneghini, rappresentati e difesi dagli avvocati Antonio Cimino, Carlo Cristante, Alessandro Pizzato, Giorgio Trovato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Elena Giantin in Venezia, San Marco 5134;
contro
Comune di Vigonza, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Calegari, Giulia Andretta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alessandro Calegari in Padova, via San Marco n. 11/C;
nei confronti
Fallimento Belvedere S.p.A., non costituito in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 1234 del 2018, proposto da
Comune di Vigonza, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Calegari, Giulia Andretta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alessandro Calegari in Padova, via San Marco n. 11/C;
contro
Gino Artuso, rappresentato e difeso dagli avvocati Gianluca Romagnoli, Roberta Gastaldello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Cecilia Bianchini in Venezia- Mestre, viale Ancona n. 17;
Francesco Artuso, rappresentato e difeso dagli avvocati Vittorio Domenichelli, Federica Sgualdino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Vittorio Domenichelli in Padova, Gall. G. Berchet n. 8;
Pasquale Meneghini, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Cimino, Carlo Cristante, Giorgio Trovato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Elena Giantin in Venezia, San Marco 5134;
Fallimento Diaz S.r.l., in persona del curatore pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Michele Ometto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Gilberto Pengo, Michele Pengo, Massimiliano Pengo, Roberto Pengo, Evelina Ferraresso, Immobiliare 5p S.r.l., Fallimento Belvedere S.p.A., non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 78 del 2018:
- della delibera di Giunta comunale n. 131 del 9 ottobre 2017, pubblicata in albo pretorio dall'11 ottobre 2017, recante “approvazione schema accordo transattivo per la definizione delle Controversie insorte avverso il Fallimento Belvedere, relativamente agli impegni convenzionali previsti nel piano urbanistico attuativo denominato “aree centrali di Perarolo”;
- dell’atto transattivo successivamente sottoscritto, non noto negli estremi, oltre che per l’accertamento e la dichiarazione della sua invalidità in quanto negozio fondato su atto deliberativo illegittimo;
nonché per la condanna dell’Amministrazione intimata al risarcimento dei danni patiti e patiendi in relazione agli atti illegittimamente emessi;
quanto al ricorso n. 1234 del 2018:
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
per l'accertamento e per la dichiarazione di inadempimento dei resistenti agli obblighi e agli impegni dai medesimi assunti nei confronti del Comune di Vigonza, ai sensi dell'art. 8 della convenzione di lottizzazione rep. n. 2013/2007 (PUA della zona territoriale C2/A, C2/B e F/17 di Perarolo), come successivamente modificata dalla convenzione rep. n. 2152 del 16 luglio 2009 e integrata, limitatamente al Fallimento Belvedere S.p.A., dalla transazione del 19 ottobre 2017;
Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da Gino Artuso:
- per l’accertamento dell’estinzione di ogni obbligazione a proprio carico derivante dalla convenzione di lottizzazione terreni, per effetto della transazione novativa tra il Comune di Vigonza ed il Fallimento Belvedere s.p.a.;
- per l’accertamento dell’estinzione di ogni obbligazione a proprio carico derivante dalla convenzione di lottizzazione, per effetto della transazione parziaria intercorsa tra il Comune di Vigonza ed il Fallimento Belvedere s.p.a., società incorporante, avente causa dal signor Gino Artuso;
- accertamento della violazione da parte del Fallimento Belvedere s.p.a. dell’obbligo di manleva assunto con l’atto di compravendita con il signor Gino Artuso del 9.07.2007, con conseguente condanna del Fallimento al risarcimento del danno causato;
- accertamento della violazione dell’obbligo di manleva assunto dal Fallimento Belvedere s.p.a. a favore del signor Gino Artuso con atto di compravendita del 9.07.2007, in solido con il Comune di Vigonza, per effetto della transazione perfezionatasi nel novembre 2017;
- accertamento dell’inadempimento del Comune di Vigonza agli obblighi nascenti dalla convenzione prot. 2013/2007 con conseguente risoluzione, ex art. 1453 cod. civ., della convenzione stessa;
Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da Francesco Artuso:
- per l'accertamento e la dichiarazione del difetto di legittimazione passiva del Sig. Artuso Francesco e per l’accertamento dell’intervenuta liberazione dalle obbligazioni derivanti dalla convenzione di lottizzazione;
- per l'accertamento e la dichiarazione di intervenuta estinzione della convenzione di lottizzazione rep. n. 2013 del 2007 per intervenuta novazione e/o comunque per l'avvenuta cessione a Iniziative Immobiliari B&B s.r.l. dei terreni;
- per l'accertamento del grave inadempimento del Comune e per la risoluzione, ai sensi degli artt. 1453 e 1459 c.c., della convenzione di lottizzazione rep. n. 2013 del 2007.
Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da Roberto e Pasquale Meneghini:
- (a) per l’accertamento e dichiarazione della estinzione per novazione della convenzione di lottizzazione rep. n. 2013/2007 (Piano urbanistico attuativo della zona territoriale C/2A, C2/B e F/17 di Perarolo), come successivamente modificata dalla Convenzione rep. n. 2152 del 16 luglio 2009 e integrata dalla transazione del 19 ottobre 2017;
- (b) in via subordinata, per l’accertamento e dichiarazione della risoluzione ai sensi degli artt. 1453 e 1459 c.c., letti in combinato disposto con i principi di buona fede e correttezza nella esecuzione dei contratti, dei medesimi atti convenzionali di cui al punto che precede per grave inadempimento del Comune ricorrente, ovvero, in via alternativa, per l’accertamento e dichiarazione della risoluzione della convenzione di lottizzazione del 2007 e del 2009, come integrata dall'accordo del 19 ottobre 2017, per sopravvenuta eccessiva onerosità ex artt. 1467-1468;
- (c) in via ulteriormente subordinata, per l’accertamento e dichiarazione dell'infondatezza del ricorso in forza dell’eccezione d'inadempimento del Comune anche ai sensi dell'art. 1460 c.c.;
- (d) in ogni caso, e per l'effetto dell'accoglimento delle domande di cui ai punti a), b), c) che precedono, per l’accertamento e dichiarazione della liberazione dei resistenti dalle obbligazioni riferite alle predette convenzioni urbanistiche;
- (e) in via ulteriormente subordinata per l’accertamento e dichiarazione dell'inadempimento dei resistenti limitatamente alla quota di partecipazione di loro spettanza.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti resistenti e dei controinteressati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2020 la Dr.ssa Daria Valletta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso al quale è stato assegnato il nr. 78/2018 R.G. i Sigg. Meneghini hanno dedotto di essere proprietari, in Comune di Vigonza, di un lotto di terreno ricompreso nell’ambito di intervento del Piano urbanistico attuativo della zona territoriale C2/A, C2/B e F/17, in area Perarolo: hanno, inoltre, rappresentato che con atto unilaterale d’obbligo in data 14 ottobre 2004 i proprietari dell’ambito del PUA in questione si erano impegnati a realizzare opere pubbliche per un importo di € 2.040.000,00, a fronte dell’adozione di una variante urbanistica che riqualificasse le aree in proprietà in zona C2 di espansione, sulla quale poter edificare un volume di mc. 68.000.
La variante al PRG veniva adottata con D.C.C. di Vigonza n. 20 del 28 febbraio 2005, e approvata con D.G.R. del Veneto n. 4108 del 19 dicembre 2006: in seguito veniva approvato il PUA, e si sottoscriveva la relativa convenzione di lottizzazione.
Con sentenza n. 95 del 29 aprile 2016 il Tribunale di Padova dichiarava il fallimento di uno dei lottizzanti, la società Belvedere spa: il 9 ottobre 2017 la Giunta comunale di Vigonza approvava, con la delibera qui impugnata, lo schema di accordo transattivo col Fallimento per la definizione della controversia insorta relativamente all’adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione di lottizzazione. L’accordo transattivo veniva in seguito sottoscritto dalle parti.
Avverso tali atti i ricorrenti hanno proposto i seguenti motivi di impugnazione:
1) con il primo motivo i Sigg. Meneghini lamentano che con la delibera gravata il Comune avrebbe modificato, da un lato, le pattuizioni contenute nella convenzione di lottizzazione e, dall’altro, la disciplina urbanistica del PUA.
Sotto il primo profilo, si evidenzia che con la transazione recepita nel provvedimento gravato le parti avrebbero convenuto l’ammissione al passivo fallimentare di un credito corrispondente ai soli oneri di urbanizzazione extra-ambito e alle spese relative alla realizzazione della Scuola media, mentre il Fallimento sarebbe stato liberato da ogni obbligo residuo, compresi quelli relativi all’esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria all’interno del PUA; al contempo, si sarebbe convenuta la liberazione degli aventi causa dal Fallimento dall’obbligo di realizzare le opere di urbanizzazione secondaria e le opere di urbanizzazione extra-ambito, nonché l’escussione immediata della fideiussione bancaria da parte del Comune: ciò, nonostante il fatto che la stessa Amministrazione avesse in precedenza intimato alla ditta lottizzante di procedere all'esecuzione dei lavori di urbanizzazione e alla cessione delle aree entro il termine del 6 febbraio 2018, fissando dunque a tale data il termine ultimo per l’adempimento.
Quanto al secondo aspetto, i ricorrenti evidenziano che sarebbe stata assicurata al Fallimento, per un periodo di 15 anni, la possibilità di realizzare nelle sue aree interne al PUA una cubatura "minima ed immediatamente sfruttabile per intero di mc. 17.324,00", indipendentemente dall'avvenuta esecuzione delle opere di urbanizzazione secondaria ed extra-ambito convenute.
I ricorrenti lamentano che, così operando, l’Amministrazione avrebbe violato l’art. 19 della L.R. 11/04 e l’art. 28 della L.U. 1150/1942 nella parte in cui dette norme impongono “l’assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione"; la delibera sarebbe, inoltre, illegittima anche per illogicità e irrazionalità manifesta e per contrasto coi principi di buon andamento e imparzialità che devono governare l'attività amministrativa: il Comune avrebbe, infatti, rinunciato a pretendere l’adempimento di alcune delle obbligazioni gravanti sul Fallimento in forza della convenzione di lottizzazione e destinate a trasmettersi ex lege agli aventi causa, in quanto obbligazioni propter rem, al contempo conservando il diritto di pretenderne l’esecuzione nei confronti degli altri lottizzanti.
La delibera, infine, sarebbe affetta da carenza di motivazione e di istruttoria, mancando qualsivoglia giustificazione della determinazione assunta;
2) con il secondo motivo i ricorrenti lamentano che l’atto gravato sarebbe illegittimo anche sotto il profilo dell'eccesso di potere per disparità di trattamento, oltre che per violazione degli artt. 21 e 35 della L.R. 11/04 secondo cui la disciplina urbanistica delle aree comprese in un PUA deve assicurare un “equo riparto degli oneri e dei benefici”: ed infatti, mentre della esecuzione delle opere di urbanizzazione dovranno farsi carico gli altri lottizzanti, chiamati in rivalsa dall'Assicurazione, i conseguenti benefici urbanistici andranno soprattutto a vantaggio del Fallimento e dei suoi "aventi causa". Tale assetto dei rapporti convenzionali si porrebbe in contrasto con il principio perequativo sottinteso dalla normativa citata (art. 21 e 35 L.r. 11/2004), oltre ad essere gravemente viziato sotto il profilo della disparità di trattamento. Si lamenta, inoltre, la grave illogicità e disparità di trattamento della delibera impugnata in quanto autorizzativa di un accordo idoneo a incidere sfavorevolmente su di un precedente rapporto obbligatorio coinvolgente anche soggetti terzi;
3) con il terzo motivo si deduce che le pattuizioni urbanistiche concordate nella transazione inciderebbero sulla disciplina urbanistica oggetto delle convenzioni pubblico-private precedenti (in termini di durata della sua vigenza, di modalità attuative, di volumetria, oltre che di oneri), alterando i diritti edificatori dei ricorrenti. Ed infatti, il riparto della cubatura assegnata era stato definito tra i lottizzanti in via di massima con un progetto planivolumetrico costituente “una prima ipotesi di assegnazione dei volumi”, che risulterebbe incompatibile con lo "stralcio minimo" concordato in transazione in favore del Fallimento. Inoltre, il Comune si sarebbe impegnato a mantenere la validità delle previsioni urbanistiche attuali in favore del Fallimento per altri 15 anni, garantendogli così la possibilità di sfruttare una cubatura minima indipendentemente dalla realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria in precedenza pattuite.
Infine, la delibera sarebbe illegittima anche per il mancato coinvolgimento procedimentale di tutti i proprietari lottizzanti.
Si è costituito in giudizio il Comune di Vigonza, eccependo l’inammissibilità delle domande proposte nel presente giudizio poiché in conflitto logico con le diverse domande proposte, in via riconvenzionale, nel giudizio introdotto con ricorso nr. 1234/2018 R.G. Nel merito, il Comune ha chiesto il rigetto del ricorso in quanto infondato.
Con ricorso cui è stato assegnato nr. 1234/2018 R.G. il Comune di Vigonza ha chiesto l’accertamento dell’inadempimento della ditta lottizzante agli obblighi assunti in forza dell’articolo 8 della Convenzione urbanistica rep. n. 2013/2007, relativa all’attuazione del PUA delle zone territoriali C2/A, C2/B e F/17 di Perarolo, datata 16 maggio 2007 e sottoscritta dai proprietari delle aree ricomprese in detto PUA.
Il Comune evidenzia che tra i vari impegni assunti (cfr. art. 4 e seguenti della convenzione), la ditta lottizzante aveva garantito anche la costruzione di una scuola media inferiore “chiavi in mano”, nonché la cessione al Comune di Vigonza di un’area collocata all’interno del PUA di 16.000 mq con destinazione z.t.o. F/17, in parte occupata dalla scuola; il termine inizialmente previsto per la consegna dell’opera era stato postergato, dapprima, al 6 febbraio 2015, e quindi al 6 febbraio 2018, in forza della previsione di cui all’art. 30, comma 3 bis, L. n. 98 del 9 agosto 2013.
Il Comune deduce, ancora, che i lavori per la realizzazione della scuola si erano arrestati nell’aprile del 2016, quando veniva dichiarata fallita la Belvedere S.p.A., incaricata dagli altri lottizzanti dell’esecuzione dell’opera. Con diffida in data 14 giugno 2017 il Comune di Vigonza intimava ai coobbligati in solido di riprendere i lavori, assegnando loro a tal fine un termine di sessanta giorni, ma a tale diffida non seguiva alcun progresso nello stato di avanzamento dei lavori: l’ente procedeva, dunque, ad escutere la polizza fideiussoria n. 45738737 rilasciata nel 2007 da Aurora Assicurazioni S.p.A. (oggi UnipolSai S.p.A.), sottoscritta da tutti i componenti della ditta lottizzante.
Si è costituito in giudizio proponendo ricorso incidentale il Sig. Gino Artuso, chiedendo l’accertamento dell’avvenuta estinzione di ogni obbligo a derivare nei suoi confronti dalla convenzione di lottizzazione stipulata con il Comune, come conseguenza della ridefinizione in modo assolutamente novativo del precedente assetto d’interessi fissato nella convenzione del 2007, in ragione della transazione intervenuta tra il Comune e il Fallimento. Deduce sul punto il ricorrente incidentale, che l’insieme delle novità sostanziali introdotte con la transazione –in insuperabile contrasto con il pregresso assetto negoziale– darebbe ragione della natura novativa della transazione e della conseguente liberazione degli originari contraenti.
Il ricorrente incidentale chiede, in subordine, che venga accertata l’intervenuta estinzione di ogni obbligazione a suo carico per effetto della transazione che il Comune ha stipulato con il Fallimento Belvedere, essendo il Fallimento avente causa dello stesso signor Gino Artuso. Si afferma in proposito che, alla data della transazione tra il Comune ed il Fallimento Belvedere s.p.a., quest’ultimo era subentrato in tutti gli obblighi che potevano essere riferiti al signor Gino Artuso in forza della convenzione di lottizzazione del 2007 (rep. 2013). Il Comune, quindi, nel rinunciare a qualunque obbligazione gravante sul Fallimento, aveva di fatto rinunciato anche a quelle assunte da quest’ultimo in forza del contratto di compravendita stipulato con il ricorrente incidentale.
In via ulteriormente subordinata il Sig. Artuso chiede l’accertamento della violazione dell’obbligo di protezione sussistente nei suoi confronti in capo al Fallimento Belvedere s.p.a., obbligo che avrebbe imposto a quest’ultimo di convenire in modo espresso anche l’esclusione di qualunque pretesa del Comune nei confronti del signor Gino Artuso, suo dante causa; anche a carico del Comune, prosegue il ricorrente incidentale, si ravviserebbe la violazione di un obbligo di protezione per l’anticipata escussione della fideiussione, nonché una responsabilità, in via solidale con il Fallimento, per aver definito una transazione lesiva delle ragioni del signor Gino Artuso e degli altri “piccoli lottizzanti”.
Da tali premesse discenderebbe il diritto al risarcimento dei danni patiti dal Sig. Artuso, in misura almeno pari alla pretesa azionata dal ricorrente e da compensare giudizialmente con tale credito.
Ancora, il ricorrente incidentale chiede pronunciarsi la risoluzione del rapporto derivante dalla convenzione urbanistica stipulata con il Comune, ex art. 1453 c.c., in ragione della condotta osservata dall’ente, che avrebbe dato corso alla ridefinizione sostanziale dei contenuti dell’accordo confrontandosi solo con il Fallimento Belvedere s.p.a., per poi pretendere di riversare sugli esclusi gli effetti della nuova convenzione.
Anche il Sig. Francesco Artuso si è costituito proponendo ricorso incidentale, deducendo, in primo luogo, l’inammissibilità della domanda proposta nei relativi confronti in ragione dell’inopponibilità della convenzione di lottizzazione rep. 2013/2007, trasfusa nella convenzione rep. 2152/2009: ciò in quanto egli, avendo ceduto sin dal luglio 2007 ad altro soggetto la proprietà delle aree ricadenti all’interno del Piano, sarebbe libero dagli obblighi di cui all’art. 8 della Convenzione 2013/2007.
Il ricorrente incidentale ha, inoltre, dedotto l’avvenuta estinzione dell’originario rapporto obbligatorio in forza della transazione novativa stipulata tra il Comune e il Fallimento, nonché, comunque, la propria liberazione da ogni obbligo in ragione dell’avvenuta liberazione del Fallimento, avente causa dal Sig. Artuso; ha, poi, domandato la risoluzione del rapporto derivante dalla convenzione di lottizzazione per grave inadempimento del Comune, avendo questi determinato, a mezzo della transazione stipulata con il Fallimento, un nuovo assetto di interessi gravemente lesivo degli interessi degli altri lottizzanti, in violazione degli obblighi di buona fede e correttezza.
Ancora: il Sig. Francesco Artuso deduce la non opponibilità dell’atto transattivo del 19.10.2017 per violazione da parte del Comune del principio del contraddittorio e della necessaria condivisione del nuovo assetto negoziale da parte di tutti i soggetti contraenti dell’originaria convenzione; eccepisce l’inadempimento del Comune ex art. 1460 c.c. per aver escusso la polizza prima della scadenza del termine del 6.2.2018 fissato per la realizzazione delle opere, e per la modifica unilaterale dell’accordo originario.
Infine, in via subordinata, il Sig. Artuso chiede di essere liberato dagli obblighi derivanti dalla convenzione per la quota relativa al Fallimento Belvedere, rispondendo del debito limitatamente alla propria quota ai sensi dell’art. 1304 c.c.
Si sono costituiti in giudizio i Sigg. Meneghini, deducendo, a loro volta, l’intervenuta estinzione dell’originario rapporto nato dalla convenzione di lottizzazione stipulata con il Comune, in ragione della transazione novativa intervenuta con il Fallimento Belvedere, e chiedendo, in via incidentale la declaratoria di risoluzione della convenzione di lottizzazione ai sensi degli artt. 1453 e 1459 c.c., per violazione dei principi di buona fede e correttezza nella esecuzione del contratto da parte del Comune, nonché per sopravvenuta eccessiva onerosità del rapporto obbligatorio ex artt. 1467-1468 c.c.
I Sigg. Meneghin hanno, inoltre, invocato la non opponibilità della convenzione di lottizzazione del 2007 come integrata nel 2009 e in seguito modificata dall’atto transattivo del 19 ottobre 2017, non essendovi stata alcuna condivisione delle nuove pattuizioni; hanno eccepito l’inadempimento del Comune per l’anticipata escussione della garanzia e hanno chiesto, in via subordinata, accertarsi l’inadempimento solo limitatamente alla quota di spettanza di ciascun resistente.
Si è, infine, costituito il Fallimento Diaz srl, chiedendo la sospensione della causa nei confronti del Fallimento, previa separazione, in attesa della scelta del curatore da operarsi ex art. 72 L.F.; nel merito, il Fallimento ha chiesto il rigetto del ricorso.
All’udienza pubblica in data 8.10.2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Occorre, preliminarmente, disporre la riunione dei ricorsi in esame, attese le evidenti ragioni di connessione sul piano oggettivo e, parzialmente, su quello soggettivo tra di essi esistente.
Con il primo (quanto ad epoca di iscrizione a ruolo) di essi, i Sigg. Meneghini hanno domandato l’annullamento della delibera della Giunta comunale di Vigonza, n. 131 del 9 ottobre 2017, di recepimento dello schema di accordo transattivo intervenuto con il Fallimento Belvedere per la definizione delle controversie insorte in ordine agli impegni convenzionali previsti nel piano urbanistico attuativo denominato “aree centrali di Perarolo”; con il secondo ricorso, il Comune ha invece chiesto l’accertamento dell’inadempimento dei lottizzanti agli impegni assunti nei confronti del Comune di Vigonza ai sensi dell'art. 8 della convenzione di lottizzazione rep. n. 2013/2007 (PUA di Perarolo), come successivamente modificata dalla convenzione rep. n. 2152 del 16 luglio 2009 e integrata, limitatamente al Fallimento Belvedere S.p.A., dalla transazione del 19 ottobre 2017.
Ripercorrendo in maniera sintetica i fatti che hanno interessato la vicenda in disamina, si rileva che con D.C.C. di Vigonza n. 43 in data 5.04.2007 veniva approvato il PUA relativo alle “aree centrali di Perarolo”, e il successivo 16 maggio 2007 veniva sottoscritta la convenzione di lottizzazione prot. n. 2013 relativa alle medesime aree.
L’art. 8 di tale convenzione prevedeva che “La ditta lottizzante s’impegna a cedere ed il Comune ad acquisire l’area classificata dal vigente PRG come z.t.o. F/17 così come individuata dalle tavole del PUA in oggetto, per una superficie di circa mq. 16.000, nonché a costruire sulla stessa una scuola media inferiore, in conformità al progetto definitivo depositato agli atti del Comune, prot. n. 7266 del 9.3.2007, per un importo complessivo pari a € 3.240.000,00 (tremilioniduecentoquarantamila/00). […] Tale importo viene finanziato quanto a € 2.040.000,00 con l’impegno garantito con l’atto unilaterale d’obbligo citato in premessa, quanto a € 810.000,00 a mezzo dello scomputo degli oneri di urbanizzazione secondaria derivanti dalla futura edificazione all’interno del P.d.L., quanto ad oneri € 390.000,00 con ulteriore contributo della Ditta lottizzante. L’importo degli oneri di urbanizzazione secondaria, determinato in via preventiva con delibera di Consiglio comunale n. 43 del 5.4.2007, ammonta ad € 810.000,00 viene totalmente scomputato a fronte dell’impegno di cui al primo comma del presente articolo. Le opere di urbanizzazione secondaria dovranno essere iniziate entro il termine di mesi 2 (due) dalla data di approvazione dei progetti esecutivi ed ultimate entro mesi 36 (trentasei) dal loro inizio, fatte salve eventuali, motivate, proroghe concordate fra le parti” (cfr. doc. 7 della produzione dei Sigg. Meneghini).
Il 16.07.2009 veniva sottoscritta una nuova convenzione di lottizzazione, avente prot. n. 2152, sostanzialmente confermativa, nella parte di interesse, degli obblighi di cui al citato art. 8.
Nell’anno 2016, tuttavia, veniva dichiarato il fallimento di uno dei lottizzanti, e cioè la società Belvedere spa: seguiva l’avvio di un contenzioso tra il Fallimento e il Comune relativamente all’adempimento degli obblighi gravanti sulla società fallita in forza della convenzione di lottizzazione stipulata. A tale contenzioso veniva posto termine con la conclusione di un accordo transattivo, il cui schema è stato recepito nella delibera qui impugnata (a cui seguiva la sottoscrizione tra le parti della transazione: cfr. doc.3 della produzione del Comune).
Ciò posto, giova prendere le mosse dalla disamina del ricorso n. 78/2018, avente ad oggetto l’annullamento di tale provvedimento, evidenziando che non coglie nel segno l’eccezione preliminare d’inammissibilità sollevata dal Comune resistente e motivata in riferimento al contrasto che sussisterebbe, in via logica, tra le domande proposte mediante tale ricorso e quelle avanzate in via riconvenzionale nel giudizio introdotto con ricorso nr. 1234/2018 (con le prime domandandosi l’annullamento della delibera e della transazione, e con le seconde chiedendosi la liberazione da ogni obbligo derivante dalla convenzione urbanistica del 2007 sul presupposto della validità di tale delibera). Tale apparente antinomia deve essere superata esaminando prioritariamente la domanda di annullamento della delibera di approvazione dello schema di transazione che si assume lesivo degli interessi dei ricorrenti, e procedendo di seguito alla disamina delle domande proposte in via riconvenzionale nel giudizio connesso, ove esse risultino ancora assistite da interesse al relativo esame.
2. Con il primo motivo di impugnazione i ricorrenti deducono l’illegittimità della delibera consiliare gravata sotto un duplice profilo: si afferma, in primo luogo, che sarebbe stata recepita una nuova disciplina dei rapporti tra il Comune e uno dei lottizzanti, e cioè il Fallimento Belvedere spa, che modificherebbe, in contrasto con le previsioni di legge (e, segnatamente, con gli artt. 19 della L.R. 11/04 e 28 della L.U. 1150/1942) le pattuizioni contenute nella convenzione di lottizzazione.
In secondo luogo, si assume che con la transazione sarebbe stato modificato l’assetto urbanistico dell’area come previsto nel PUA.
Oltre che per violazione di legge, l'attività provvedimentale dell'Amministrazione comunale sarebbe illegittima anche per illogicità e irrazionalità manifesta e per contrasto col principio di buon andamento e imparzialità dell'attività amministrativa ex art. 97 Cost., nonché per carenza di motivazione e di istruttoria procedimentale.
Il Comune contrasta tali deduzioni, affermando che con la convenzione di transazione impugnata il Fallimento non sarebbe stato liberato dagli oneri relativi alle opere di urbanizzazione previsti dalle convenzioni urbanistiche, né sarebbe stata dettata una disciplina urbanistica delle aree di proprietà del Fallimento contraria agli interessi dei ricorrenti e degli altri lottizzanti.
Occorre, dunque, procedere alla scrutinio dei contenuti dello schema di transazione approvato con la delibera consiliare impugnata, prendendo le mosse dalle previsioni inerenti al regime degli obblighi derivati dalla convenzione di lottizzazione del 2007 e successive integrazioni.
L’art. 2, punto 2.1 lett. a) dello schema di transazione stabilisce l’impegno delle parti a definire il giudizio ex art. 98 L.F. pendente dinanzi al Tribunale di Padova concordando l’ammissione al passivo fallimentare di un credito in favore del Comune pari ad euro 2.852.590,40, corrispondente al valore delle opere residue “extra ambito” e della scuola media da realizzarsi in base al piano di lottizzazione approvato per l’area di Perarolo.
Il successivo punto 2.2. lett. f) del medesimo articolo prevede, inoltre, l’impegno del Comune a non esigere dal Fallimento “l’adempimento di ogni obbligo residuo derivante, direttamente o indirettamente, dalla Convenzione rep. N. 2013/2007 e 2014/2007, nonché dalla Convenzione rep. N. 2152 del 16 luglio 2009; con riguardo agli obblighi derivanti dalle citate convenzioni il Comune conserva i) nei confronti degli aventi causa dal Fallimento, il solo diritto di esigere l’esecuzione delle opere di urbanizzazione cd. “entro ambito” nella zona C2 dello stralcio A del Piano di Lottizzazione (…)”.
Al successivo punto 3.2 viene poi ribadito che: “ (…) Nei confronti degli aventi causa del Fallimento, il Comune potrà pretendere l’adempimento dell’obbligo di esecuzione delle sole opere cd. entro ambito nella zona C2 dello stralcio A (…)”.
Infine, l’art. 4 dello schema di accordo prevede che “Le parti si danno reciprocamente atto che con la sottoscrizione del presente Accordo, e fermi gli impegni qui assunti, le stesse non hanno più nulla a pretendere l’una nei confronti dell’altra, in relazione a qualsiasi titolo o ragione, derivante direttamente o indirettamente dalla Convenzione rep. N. 2013/2007, dalla Convenzione rep. 2014/2007, nonché dalla Convenzione rep. N. 2152 del 16 luglio 2009”.
Alle luce delle previsioni dello schema di accordo appena riportate, deve ritenersi che il nuovo assetto dei rapporti tra Comune e Fallimento Belvedere come risultante da tale convenzione, per ciò che attiene agli obblighi derivanti dalla convenzione di lottizzazione del 2007 e successive integrazioni, implichi la liberazione del Fallimento dagli obblighi relativi alle opere di urbanizzazione primaria, con insinuazione nel passivo fallimentare di un credito corrispondente al valore delle sole opere di urbanizzazione secondaria ed extra ambito, e la liberazione degli aventi causa dal Fallimento degli obblighi inerenti all’urbanizzazione secondaria.
Occorre in proposito evidenziare che non è condivisibile quanto sostenuto dal Comune circa il fatto che gli obblighi inerenti alle opere extra ambito, derivanti dalla convenzione di lottizzazione, non coinciderebbero con gli oneri di urbanizzazione secondaria, e si sottrarrebbero, pertanto, al regime di ambulatorietà ex lege previsto per essi. Deve, sul punto, richiamarsi il già citato art. 8 della convenzione prot. n. 2013 del 16.05.2017, che, nel prevedere a carico della ditta lottizzante l’obbligo di realizzare una scuola media, stabilisce che i costi relativi sarebbero stati in parte finanziati proprio a mezzo dello scomputo degli oneri di urbanizzazione secondaria dovuti per la futura edificazione all’interno del P.d.L.
In tal modo ricostruito, nella parte di interesse, il quadro dei rapporti derivanti dalla transazione recepita con la delibera impugnata, deve ritenersi che il primo motivo di impugnazione sia fondato nella parte in cui si lamenta la violazione delle norme di legge che disciplinano gli obblighi di urbanizzazione a carico dei lottizzanti, e in particolare dell’art. 28 della L.U. 1150/1942 che pone a carico dei lottizzanti “gli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria, e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi”.
Deve, sul punto, rilevarsi che il contributo di costruzione, nelle due componenti costituite dagli oneri di urbanizzazione e dal costo di costruzione, ha natura di corrispettivo di diritto pubblico, configurando una prestazione patrimoniale imposta dalla legge che, al pari di ogni credito di diritto pubblico, è indisponibile da parte dell’ente creditore. In termini: “Il Collegio osserva che il “contributo” di cui all’art. 16, comma 1, d.p.r. n. 380 del 2001, ivi inclusa la parte commisurata al costo di costruzione, ha natura di corrispettivo di diritto pubblico e configura una prestazione patrimoniale imposta (cfr. la richiamata sentenza dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio n. 12 del 30 agosto 2018). Ora, i crediti di diritto pubblico sono indisponibili per l’Ente impositore non solo in ordine all’an ed al quantum (ossia alla fase genetica), ma anche in ordine al quomodo (ossia alla fase esecutiva o, che dir si voglia, solutoria)” (cfr. Cons. St, sez. IV, 31/12/2019, (ud. 28/11/2019, dep. 31/12/2019), n.8919).
Come si è in precedenza evidenziato il Comune, nel quadro della transazione in discorso, ha, da un lato, rinunciato al credito vantato nei confronti di uno dei lottizzanti, il Fallimento Belvedere, avente ad oggetto gli oneri di urbanizzazione primaria; dall’altro, ha rinunciato ad ogni pretesa nei confronti dei terzi aventi causa dal Fallimento con riguardo alle opere “extra ambito”, in tal modo abdicando al credito relativo alle opere di urbanizzazione secondaria (che, come si è osservato, nell’assetto originario determinato dalla convenzione di lottizzazione del 2007, era stato scomputato dal costo a sostenersi per la costruzione dell’edificio scolastico).
Con particolare riguardo a tale secondo aspetto, il Collegio rileva che le previsioni convenzionali recepite nella delibera gravata contrastano con la pacifica natura ambulatoria del rapporto obbligatorio avente ad oggetto il pagamento degli oneri di urbanizzazione, che comporta che il soggetto passivo del rapporto debba essere individuato non solo nei lottizzanti, ma anche nei relativi aventi causa.
In termini: “La natura reale o propter rem delle obbligazioni di pagamento degli oneri di urbanizzazione, dei costi di costruzione e delle sanzioni per ritardato pagamento comporta che l'obbligazione in solido per il pagamento riguarda i soggetti che stipulano la convenzione, quelli che richiedono la concessione, quelli che realizzano l'edificazione, nonché i loro aventi causa e il termine prescrizionale decennale decorre dalla data del rilascio della concessione” (cfr. Cons. giust. amm. Sicilia , sez. giurisd. , 30/09/2019 , n. 848).
Deve, dunque, concludersi che con l’accordo transattivo recepito nella delibera gravata l’Amministrazione abbia inteso incidere su un’obbligazione indisponibile, e in particolare sul credito di diritto pubblico avente ad oggetto il contributo di costruzione.
In ragione di quanto precede, il Collegio ritiene che il ricorso nr. 78/2018 debba trovare accoglimento, con conseguente annullamento della delibera gravata, restando assorbito, in via logica, il rilievo degli ulteriori profili di censura posti in evidenza dai ricorrenti.
Non merita invece accoglimento la domanda di risarcimento del danno solo formalmente proposta nel ricorso introduttivo del giudizio, non avendo i ricorrenti allegato, né provato, alcunché in proposito.
3. Occorre, dunque, procedere al vaglio delle domande proposte con il ricorso nr. 1234/2018.
Con l’introduzione del relativo giudizio il Comune di Vigonza ha chiesto l’accertamento dell’inadempimento da parte della ditta lottizzante agli obblighi assunti in forza dell’articolo 8 della Convenzione urbanistica rep. n. 2013/2007 datata 16 maggio 2007, relativa all’attuazione del PUA delle zone territoriali C2/A, C2/B e F/17 di Perarolo.
Appare opportuno prendere le mosse dall’eccezione sollevata dal Fallimento Diaz, secondo cui la causa dovrebbe essere sospesa, previa separazione nei confronti del Fallimento, in attesa della scelta del curatore da operarsi ai sensi dell’art. 72 della L.F.
Giova premettere che per pacifica ricostruzione giurisprudenziale la convenzione urbanistica si sostanzia in un accordo bilaterale, intercorrente fra i privati e l'ente pubblico, alternativo rispetto agli strumenti urbanistici attuativi ed avente ad oggetto la definizione dell'assetto urbanistico di una parte del territorio comunale (cfr. tra le tante: Cons. Stato Sez. IV, 17 giugno 2019, n. 4068; 15 maggio 2017 n. 2256 e 29 settembre 2016 n. 4027;Cons. Stato, V, 26 novembre 2013, n. 5603; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 10 giugno 2010, n. 2274); essa, lungi dal costituire un contratto di diritto privato e/o immediatamente disciplinata dal codice civile, deve essere inquadrata tra i contratti ad oggetto pubblico, per i quali trova applicazione - rientrando essi tra gli accordi sostitutivi di provvedimento - la disciplina degli “accordi” di cui all'art. 11 della legge n.241/1990, che rappresentano moduli consensuali di esercizio del potere amministrativo sottoposti ai principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti “in quanto compatibili” (cfr. Cons. Stato Sez. II, 29 luglio 2019 n.5304; sez. IV, 7 settembre 2018, n. 5276; 22 febbraio 2018, n. 1119; 7 maggio 2015, n.2313; sez. IV, 26 settembre 2013, n.4810).
Ciò posto, deve di conseguenza escludersi l’applicazione, alle convenzioni urbanistiche, del recesso previsto dall’art. 72 della legge fallimentare che facendo riferimento espresso al “contratto” richiama lo schema generale dell'art. 1321 del codice civile il quale, per le ragioni anzidette, non si attaglia alle convenzioni urbanistiche per la loro intrinseca natura pubblicistica.
In termini: “L'art. 72 della legge fallimentare, assume invero carattere derogatorio, attribuendo al curatore il potere di liberare il fallimento da eventuali vincoli contrattuali in atto, attraverso lo scioglimento del contratto. Nell'ipotesi in cui il curatore decida di esercitare il diritto potestativo di cui all'art. 72 cit., l'altro contraente rimarrebbe impossibilitato dal pretendere la prestazione originariamente prevista dal regolamento contrattuale, potendo unicamente fare istanza di insinuazione al passivo. La ratio derogatoria della norma è indubbiamente quella di non penalizzare oltremodo gli interessi del ceto creditorio dal possibile vulnus derivante dalla necessità del curatore fallimentare di far fronte agli impegni contrattuali assunti dal fallito precedentemente alla dichiarazione di fallimento. Tuttavia, tali esigenze non possono essere enfatizzate fino al punto da riconoscere al curatore il potere di sciogliersi da una convenzione precedentemente stipulata dalla società fallita ai sensi dell'art. 11 L. n. 241 del 1990. Verrebbe infatti attribuita una posizione poziore agli interessi della massa creditoria rispetto a quelli sottesi all'esecuzione di una prestazione dettata dall'interesse pubblico, come tale ascrivibile alla più ampia collettività degli amministrati. La concreta possibilità di realizzazione dell'interesse pubblico, di cui l'Amministrazione è istituzionalmente portatrice, verrebbe infatti pregiudicata dalle scelte del curatore fallimentare ancorché mosso da esigenze individualistiche, così palesandosi una precisa gerarchia di valori priva di fondamento normativo siccome innescata dall'interferenza tra due norme (l'art. 72 della legge fallimentare e l'art. 11 della L. n. 241 del 1990) aventi una ben diversa collocazione topografica e temporale” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 luglio 2018, n. 4251).
Il Fallimento Diaz inoltre eccepisce che, con la scadenza della convenzione urbanistica del 2007 per decorso del termine di durata, non sarebbe più ipotizzabile un inadempimento dei lottizzanti alle obbligazioni assunte con la sua sottoscrizione.
Anche tale eccezione non coglie nel segno, giacché, come noto, la scadenza del piano non implica la liberazione dei lottizzanti dalle obbligazioni assunte con la relativa convenzione: le obbligazioni del privato discendenti da una convenzione urbanistica, infatti, diventano esigibili soltanto con la scadenza della convenzione medesima, sicché il decorso del termine di prescrizione non è ipotizzabile prima di tale momento (cfr. Tar Torino, I, 13.02.2019 nr. 221; TAR Catanzaro, II, 21.12.2017, n. 2112; TAR Genova, I, 18 maggio 2016, n. 506). Ciò in quanto “Le conseguenze della scadenza dell'efficacia del piano attuativo (ovvero dei piani a questo equiparati) si esauriscono, in sostanza, nell’ambito della sola disciplina urbanistica non potendo invece incidere sulla validità ed efficacia delle obbligazioni assunte dai soggetti attuatori degli interventi (cfr. Cons. Stato, Adunanza plenaria, 20 luglio 2012, n. 28)” (cfr. Cons. St., IV, 15.11.2018, nr. 2084).
Operate tali premesse, occorre ancora osservare che la domanda di accertamento proposta dal Comune di Vigonza riguarda l’inadempimento dei lottizzanti agli obblighi da questi assunti in forza del disposto dell'art. 8 della convenzione di lottizzazione rep. n. 2013/2007 del 16 maggio 2007, con particolare riguardo alla costruzione di una scuola media su un’area all’interno del PUA di Perarolo con destinazione z.t.o. F/17.
Deduce sul punto il Comune che l’opera avrebbe dovuto essere costruita in trentasei mesi e dunque, entro il 23 settembre 2013, poiché i lavori erano iniziati il 23 settembre 2010; il termine di consegna veniva poi postergato, dapprima, al 6 febbraio 2015, e poi al 6 febbraio 2018, in forza della previsione di cui all’art. 30, comma 3 bis, L. n. 98 del 9 agosto 2013. I lavori, tuttavia, si arrestavano definitivamente nell’aprile del 2016, allorquando si apriva il fallimento della Belvedere S.p.A., incaricata dagli altri lottizzanti dell’esecuzione dell’opera: seguiva una diffida del Comune con la quale i lottizzanti venivano invitati a riprendere i lavori entro il termine di 60 gg. dalla relativa ricezione, e a completarli entro il 6.02.2018 (cfr. doc. 18 della produzione di parte ricorrente).
Poiché i lavori non riprendevano, l’ente procedeva ad escutere la garanzia prestata dalla ditta lottizzante.
I resistenti costituitisi in giudizio non contestano l’inadempimento dell’obbligo di realizzare la scuola media di cui si è detto (rectius, il parziale inadempimento), ma contrastano la pretesa creditoria sulla scorta di varie argomentazioni.
In primo luogo, i resistenti sostengono che le obbligazioni da essi originariamente assunte in forza della convenzione di lottizzazione stipulata nel 2007 (confermata nel 2009, nella parte qui di interesse) si sarebbero estinte in ragione del nuovo assetto di interessi determinato dalla stipula dell’accordo di transazione intervenuto con il Fallimento Belvedere; i signori Artuso affermano, inoltre, che quand’anche la transazione dovesse considerarsi di carattere parziale, in quanto riferita ai soli rapporti intercorrenti tra il Comune e il Fallimento Belvedere, ne discenderebbe comunque la liberazione dei resistenti, in quanto originari proprietari dei lotti alienati alla società Iniziative immobiliari B&B s.r.l., poi fusasi con Belvedere s.r.l. con la costituzione di Belvedere s.p.a: dunque, si sostiene, l’acquirente sarebbe subentrata negli obblighi del venditore nei confronti del Comune, e tali obblighi sarebbero venuti meno per effetto della transazione in commento.
Rileva il Collegio che l’accoglimento del ricorso connesso, con conseguente annullamento della delibera di recepimento dello schema di accordo transattivo di cui si tratta, porta a ritenere superato il rilievo delle argomentazioni che presuppongono la perdurante operatività di tale transazione.
Appare, comunque, opportuno osservare che il carattere senz’altro parziale della transazione in discorso, volta a ridisciplinare i soli rapporti tra il Comune creditore e uno dei condebitori in solido - il Fallimento Belvedere- secondo quanto desumibile dalle esplicite previsioni della convenzione e dalla considerazione del relativo oggetto, avrebbe in ogni caso imposto di escludere una vocazione più ampia del nuovo accordo, tale da regolamentare ex novo l’assetto dei rapporti tra l’ente pubblico e tutti i lottizzanti (secondo la Suprema Corte a Sezioni Unite, lo «stabilire poi se, in concreto, la transazione tra il creditore ed uno dei debitori in solido ha avuto ad oggetto l’intero debito o solo la quota del debitore transigente comporta, evidentemente, un’indagine sul contenuto del contratto e sulla comune volontà che in esso i contraenti hanno inteso manifestare, da compiere ad opera del giudice di merito secondo le regole di ermeneutica fissate nell’art. 1362 c.c. e segg.»: cfr. Cass. civ. Sez. Unite, 30 dicembre 2011, n. 30174)
Quanto poi all’incidenza nei rapporti con il Comune di eventuali accordi interni ai debitori, giova rimarcare che il trasferimento della titolarità dei lotti ricompresi nel PUA non vale a determinare la liberazione del dante causa, originario lottizzante, nei confronti della Pubblica Amministrazione, con riferimento agli obblighi legati all’urbanizzazione primaria e secondaria assunti: come noto, l’obbligazione in solido per il pagamento degli oneri di urbanizzazione e la natura reale dell’obbligazione, riguardano i soggetti che stipulano la convenzione, quelli che richiedono il titolo a costruire e quelli che realizzano l’edificazione, nonché i loro aventi causa, restando irrilevante nei confronti dell’Amministrazione un eventuale accordo tra alienante e acquirente di segno diverso.
In termini: “Non sono opponibili all’amministrazione né le vicende pregresse della proprietà né gli accordi tra i soggetti privati coinvolti nella costruzione e nell’utilizzazione dei beni. Il debito relativo al contributo di costruzione, essendo una particolare obbligazione propter rem, nel senso che è collegata all’immobile quale compensazione per gli oneri pubblici derivanti dall’insediamento di un nuovo fabbricato sul territorio, si trasferisce automaticamente a tutti coloro che subentrano o si affiancano nell’opera al proprietario originario, e allo stesso tempo conserva il legame di solidarietà tra tutti i predetti soggetti” (cfr. Cass. Civ. Sez. I 14 giugno 2016 n. 12270).
Del resto, la convenzione stipulata nel 2007 prevedeva espressamente la corresponsabilità di lottizzanti ed eventuali aventi causa nei riguardi del Comune per gli obblighi ivi previsti, e, dunque, anche per quelli, eccedenti la misura degli oneri dovuti ex lege, liberamente assunti dalle parti in tale sede “la ditta lottizzante si impegna a citare gli obblighi assunti con la stipula della convenzione, in forma esplicita e evidente, negli eventuali futuri atti di compravendita a terzi di immobili compresi nel piano di lottizzazione, con l’avvertenza espressa che l’acquirente subentrerà in solido con le obbligazioni della ditta, la quale resta comunque responsabili in via principale e solidale verso il Comune per tutti gli obblighi della presente convenzione” (cfr. doc. 1 del Comune, art. 23 della convenzione del 2007).
Il ricorrente incidentale Gino Artuso ha poi proposto domanda riconvenzionale nei confronti del Fallimento Belvedere per l’accertamento di una responsabilità contrattuale derivante dalla violazione dell’obbligo di protezione scaturito dalla stipula del contratto di compravendita del 9.07.2007, con cui venivano alienati i terreni del ricorrente incidentale inclusi nel PUA.
Il Sig. Artuso ha dedotto sul punto che l’assetto derivante dalla transazione del 2017 evidenzierebbe la violazione di un obbligo di protezione sussistente in capo al Fallimento in quanto successore universale della società cui venivano alienati i terreni dell’Artuso: in sede di compravendita la società acquirente assumeva infatti l’obbligo di «subentrare alla parte venditrice in tutti gli obblighi ed oneri portati nei citati atto unilaterale d’obbligo e convenzione di lottizzazione». Tale obbligo di protezione avrebbe imposto al Fallimento Belvedere s.p.a. di escludere in modo espresso, al momento della transazione, anche l’azionabilità di qualunque pretesa del Comune nei confronti del signor Gino Artuso.
Si assume, inoltre, che il Comune sarebbe corresponsabile con il Fallimento per aver definito una transazione volutamente lesiva delle ragioni del signor Gino Artuso e degli altri “piccoli lottizzanti”, ciò che peraltro si porrebbe in contrasto anche con il principio di imparzialità che deve governare l’azione amministrativa: in conseguenza della violazione del richiamato obbligo di protezione, realizzatasi ad iniziativa del Fallimento e del Comune in concorso tra loro, tali soggetti dovrebbero essere chiamati a risarcire il danno che ne è derivato a carico del resistente.
Osserva il Collegio, prescindendo da ogni considerazione in punto di giurisdizione con riguardo alle pretese avanzate nei riguardi del Fallimento, che il ricorrente incidentale pretende l’accertamento del diritto al risarcimento di un danno che non consta essersi, di fatto, prodotto.
Si invoca, infatti, il ristoro del pregiudizio derivante dalla stipula dell’accordo di transazione tra Comune e Fallimento, accordo che si assume lesivo degli obblighi di protezione di cui si è detto: come si è in precedenza osservato, deve disporsi in questa sede l’annullamento della delibera di recepimento di tale accordo, e non viene dedotto quale sarebbe, alla data odierna, il danno concreto patito dai lottizzanti in ragione di eventuali iniziative adottate dal Comune nei confronti dei lottizzanti e fondate su tale transazione. Difetta, dunque, l’allegazione e la prova di un pregiudizio effettivo del quale debba assicurarsi il risarcimento.
I ricorrenti in via incidentale chiedono, inoltre, dichiararsi la risoluzione della convenzione di lottizzazione del 2007, come integrata nel 2009, per inadempimento del Comune: deduce in proposito Gino Artuso che l’ente, con la stipula della transazione in esame, avrebbe modificato l’originario assetto che le parti avevano dato ai propri interessi in sede di convenzione urbanistica senza coinvolgere gli altri lottizzanti, violando in tal modo il principio di imparzialità che deve orientare l’azione amministrativa.
Analoghe considerazioni vengono svolte da Francesco Artuso, che evidenzia che gli obblighi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto avrebbero imposto al Comune di negoziare con tutti i soggetti contrattuali ogni modifica del rapporto originario, e comunque di non pregiudicare gli interessi di tutte le parti coinvolte; si evidenzia, inoltre, che il Comune avrebbe escusso la fideiussione in epoca anteriore alla scadenza termine del 6.2.2018 fissato per la realizzazione delle opere, in tal modo rendendosi per primo inadempiente ai propri obblighi: alle pretese del Comune si oppone, pertanto, l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.
I ricorrenti incidentali Roberto e Pasquale Meneghini invocano, a loro volta, la risoluzione della convenzione urbanistica per violazione dei principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto; hanno poi domandato, in via alternativa, la dichiarazione della risoluzione della convenzione di lottizzazione del 2007 e del 2009, come integrata dall’accordo del 19 ottobre 2017, per sopravvenuta eccessiva onerosità ex artt. 1467-1468 c.c. Osservano sul punto i ricorrenti incidentali che i valori immobiliari del 2007, anno di approvazione della lottizzazione, avrebbero subito un crollo repentino negli anni seguenti; gli oneri concordati con la convenzione del 2007 e 2009 costituirebbero, pertanto, all’attualità un peso economico insopportabile e tale da rendere l'intervento urbanistico antieconomico, e quindi d'impossibile realizzazione così come originariamente concepito. Tale squilibrio economico sarebbe stato, peraltro, ulteriormente aggravato dagli oneri aggiuntivi, originariamente non previsti, derivanti dall'accordo transattivo del 19 ottobre 2017. In via subordinata, si contesta l’eccepito inadempimento dei resistenti, anche ai sensi dell’art. 1460 c.c., alla luce del fatto che il Comune avrebbe escusso la fideiussione in data 30 ottobre 2017, e dunque in epoca antecedente sia alla scadenza del termine di cui all’art. 8 della convenzione che del termine di validità ed efficacia del PUA e della convenzione di lottizzazione.
Infine, il Fallimento Diaz ha domandato, con la memoria ex art. 73 cpa, la condanna del ricorrente al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c.
Appare opportuno esaminare congiuntamente la domanda di risoluzione della convenzione urbanistica per inadempimento del Comune, proposta ai sensi del disposto dell’art. 1453 c.c., e l’eccezione di inadempimento proposta ai sensi dell’art. 1460 c.c.: il Collegio ritiene che l’una e l’altra siano destituite di fondamento, per le ragioni che si passa ad esporre.
Come si è rilevato, i ricorrenti incidentali ravvisano nella stipula dell’accordo di transazione una violazione degli obblighi di buona fede e correttezza gravanti sul Comune nei riguardi degli altri lottizzanti, sia per non averli coinvolti nella determinazione nel nuovo assetto complessivo di interessi, sia per aver dato corso a un regolamento lesivo della posizione degli altri contraenti.
Lamentano, inoltre, i resistenti che il Comune avrebbe escusso la garanzia fideiussoria anticipatamente rispetto alla scadenza del termine, derivante dalle successive proroghe di quello iniziale, accordato per l’adempimento.
Si osserva preliminarmente che, come in precedenza rilevato, con lo schema di transazione recepito nella delibera qui gravata il Comune non ha inteso regolamentare ex novo il complesso dei rapporti con i lottizzanti, ma stipulare una transazione di carattere solo parziale con uno dei condebitori in solido: ritiene il Collegio che non possa astrattamente escludersi in capo all’ente pubblico la facoltà di ricorrere a un accordo di tal fatta anche in riferimento agli obblighi che scaturiscono dalla stipula delle convenzioni di lottizzazione, con il limite, tuttavia, già evidenziato in precedenza, costituito dalle obbligazioni indisponibili.
Il carattere parziale dell’accordo, destinato a incidere solo sui rapporti tra il creditore e uno dei debitori, non richiedeva l’acquisizione del consenso dei condebitori in solido, implicando solo, a valle, la necessità di determinare se, e in quale misura, per effetto della transazione, dovesse ritenersi ridotto, in misura corrispondente, il debito gravante sui condebitori in solido (cfr. SS.UU. n. 30174 del 2011; Cass. Civ., nr. 26113/2011).
Occorre dunque osservare che, se la scelta dell’ente di ricorrere allo strumento della transazione parziale non integra astrattamente una violazione degli obblighi di buona fede e correttezza gravanti sul contraente pubblico, pur tuttavia, nel caso concreto, l’accordo di transazione recepito nella delibera gravata era destinato a incidere su obbligazioni indisponibili, con conseguente violazione di legge che ne ha imposto l’annullamento.
Quanto poi all’escussione della garanzia, i resistenti lamentano, in particolare, che il Comune avrebbe proceduto in tal senso già in data 30.10.2017, nonostante il termine per l’adempimento fosse stato, da ultimo, fissato al 6.02.2018 (cfr. doc. 6 della produzione del Comune). Obietta il Comune che, già prima della scadenza di tale termine, si era verificato un inadempimento di carattere definitivo, giacché a seguito del Fallimento della società Belvedere, incaricata dell’esecuzione delle opere, i lavori si erano definitivamente interrotti già nell’anno 2016, per non essere più ripresi. Difatti, con missiva in data 14.06.2017, il Comune diffidava i lottizzanti a riprendere i lavori entro il termine di 60 gg. dalla ricezione, e a completarli entro il termine del 6.02.2018, con l’avviso che in mancanza si sarebbe provveduto ad escutere la garanzia (cfr. doc. 18 della produzione del Comune).
Rileva il Collegio che, al fine di stabilire se le violazioni degli obblighi di fonte convenzionale contestate al Comune siano tali da determinare lo scioglimento del vincolo ai sensi dell’art. 1453 c.c., ovvero abbiano portata tale da paralizzare ai sensi dell’art. 1460 c.c. la pretesa del Comune, occorra ricostruire l’assetto di interessi a fondamento della complessiva operazione urbanistica che le parti hanno posto in essere, rintracciandone la funzione obiettiva.
Ciò in quanto, come noto, ai fini della pronuncia di risoluzione, il giudice non può isolare singole condotte di una delle parti per stabilire se costituiscano motivo di inadempienza a prescindere da ogni altra ragione di doglianza dei contraenti, ma deve, invece, procedere alla valutazione sinergica del comportamento di questi ultimi, attraverso un'indagine globale ed unitaria dell'intero loro agire, anche con riguardo alla durata del protrarsi degli effetti dell'inadempimento, perché l'unitarietà del rapporto obbligatorio a cui ineriscono tutte le prestazioni inadempiute da ognuno non tollera una valutazione frammentaria e settoriale della condotta di ciascun contraente ma esige un apprezzamento complessivo. Ne consegue, pertanto, che nel delibare la fondatezza della domanda di accertamento dell'inadempimento di uno dei contraenti, ovvero di risoluzione contrattuale per inadempimento, il giudice deve tener conto, anche in difetto di una formale eccezione ai sensi dell'art. 1460 cod. civ., delle difese con cui la parte contro la quale la domanda viene proposta opponga a sua volta l'inadempienza dell'altra. Tale inadempienza deve essere considerata, quindi, nella sua interezza, perché solo attraverso siffatta considerazione totale può risultare soddisfatta l'esigenza di completezza di quell'apprezzamento relativo e comparativo dei reciproci inadempimenti, nonché della loro gravità che il giudice deve porre a fondamento della propria opzione valutativa ai fini della decisione. (cfr. Cass. Civ., Sez. I, Sent. 09/01/2013, n. 336).
Del pari, l’eccezione "inadimplenti non est adimplendum" implica, nei contratti a prestazioni corrispettive, una valutazione comparativa degli opposti inadempimenti delle parti, avuto riguardo anche alla loro proporzionalità rispetto alla funzione economico-sociale del contratto e alla loro rispettiva incidenza sull'equilibrio sinallagmatico (cfr. Cass., Sez. III, n. 22626 del 08.11.2016).
In sintesi, per valutare la fondatezza delle domande ed eccezioni proposte dai resistenti, occorre avere riguardo alla complessiva vicenda in disamina, allo scopo di stabilire quali siano gli elementi suscettibili di incidere in maniera rilevante sull'equilibrio della pattuizione.
A tal fine, il Collegio ritiene opportuno ripercorrere brevemente l’iter che ha condotto alla stipula della convenzione di lottizzazione in oggetto:
- nell’ottobre 2004 i proprietari di una pluralità di lotti, ubicati a Perarolo di Vigonza, sottoscrivevano un atto unilaterale d’obbligo, con cui si impegnavano a cedere all’Amministrazione comunale una porzione di quell’area quantificata in 16.000 mq, dopo avervi realizzato, per quanto qui di interesse, una scuola media; essi chiedevano che, in cambio, il Comune di Vigonza imprimesse una nuova destinazione urbanistico-edilizia ai lotti in questione, che consentisse lo sfruttamento delle loro proprietà a fini edificatori (cfr. doc. 7 della produzione del Comune);
- il Comune di Vigonza, con deliberazione n. 20 del 28 febbraio 2005, adottava la variante B/7, poi approvata dalla Regione Veneto, con la quale imprimeva all’area in questione la destinazione di z.t.o. C2 di espansione;
- con deliberazione di Consiglio comunale n. 43 del 5 aprile 2007 veniva quindi approvato il PUA di Perarolo (cfr. doc. 8 della produzione del Comune) e il 16 maggio 2007 la convenzione per l’attuazione del PUA qui in oggetto (cfr doc 1 della produzione del Comune).
Operate tali premesse in fatto e in diritto, il Collegio osserva quanto segue: l’operazione complessiva posta in essere dalle parti era volta, da un lato, a consentire alle parti private di conseguire la valorizzazione urbanistica delle aree nella rispettiva titolarità, ricomprese nel PUA di Perarolo; dall’altro, ad assicurare l’esecuzione, a spese dei lottizzanti, delle opere di urbanizzazione convenute, e, in particolare, la costruzione di una scuola media secondo la formula “chiavi in mano”, nonché l’acquisizione da parte dell’ente pubblico delle aree ove tali opere erano destinate a sorgere.
Se questo è vero deve pure rilevarsi che, mentre la parte privata ha conseguito l’auspicata valorizzazione delle aree in oggetto, mediante la variante B/7, che ha impresso all’area in questione la destinazione di z.t.o. C2 di espansione, alla quale è seguita l’approvazione del PUA in commento, restano in parte ineseguite le opere di urbanizzazione di cui si era convenuta la realizzazione, e, in particolare, la scuola media citata.
Ritiene il Collegio che, in questo quadro, le violazioni imputate al Comune, e consistenti nell’approvazione di una transazione con uno dei lottizzanti mediante delibera affetta da violazione di legge per le ragioni già esplicitate, e nell’anticipata escussione della fideiussione (a seguito, comunque, dell’interruzione dei lavori da oltre un anno, dell’inutile diffida a riprenderli e del fallimento della ditta incaricata della relativa esecuzione), non abbiano consistenza tale da integrare un inadempimento che possa dirsi grave ai sensi dell’art. 1455 c.c., avuto riguardo all’interesse della controparte; né è possibile affermare che esse abbiano alterato in maniera sostanziale l’equilibrio contrattuale, così da giustificare lo scioglimento del rapporto, ovvero la paralisi della pretesa avanzata dal Comune creditore in ragione del disposto dell’art. 1460 c.c.
E difatti, come in precedenza osservato, l’interesse primario della parte privata emergente dalla lettura della complessiva operazione posta in essere, e correlato al conseguimento della valorizzazione urbanistica delle aree inserite nel PUA di Perarolo, risulta essere stato, comunque, soddisfatto.
Del pari è infondata la domanda di risoluzione della convenzione urbanistica in oggetto per eccessiva onerosità sopravvenuta ex artt. 1467-1468 c.c.: a fondamento della domanda i Sigg. Meneghini invocano la crisi del mercato immobiliare determinatasi successivamente alla stipula dell’accordo, che avrebbe reso gli oneri concordati con la convenzione del 2007 e 2009 un peso economico insopportabile, peraltro aggravato dall’incidenza della transazione stipulata con il Fallimento.
Ritiene il Collegio che le oscillazioni del mercato immobiliare rientrino nell’ambito della normale alea contrattuale che, ai sensi dell’art. 1467, comma 2, c.c., non legittima la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta; è stato, di recente, affermato sul punto: “In un rapporto contrattuale, l'eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, per potere determinare, ai sensi dell' art. 1467 cod. civ. , la risoluzione del contratto richiede la sussistenza di due necessari requisiti: da un lato, un intervenuto squilibrio tra le prestazioni, non previsto al momento della conclusione del contratto, dall'altro, la riconducibilità della eccessiva onerosità sopravvenuta ad eventi straordinari ed imprevedibili, che non rientrano nell'ambito della normale alea contrattuale. Il carattere della straordinarietà è di natura oggettiva, qualificando un evento in base all'apprezzamento di elementi, quali la frequenza, le dimensioni, l'intensità, suscettibili di misurazioni (e quindi, tali da consentire, attraverso analisi quantitative, classificazioni quanto meno di carattere statistico), mentre il carattere della imprevedibilità ha fondamento soggettivo, facendo riferimento alla fenomenologia della conoscenza” (cfr. Corte appello Roma sez. II, 29/05/2020, n.2565). Nemmeno è possibile valutare l’incidenza sull’equilibrio contrattuale della transazione richiamata dai resistenti, dovendosi disporre, come si è in precedenza osservato, l’annullamento della delibera di approvazione dello schema di accordo in oggetto.
4. Conclusivamente, da tutto quanto precede discende l’accoglimento del ricorso nr. 1234/2018 risultando fondata la domanda di accertamento di parziale inadempimento proposta dal Comune nei riguardi dei lottizzanti, con riferimento al mancato completamento dell’intervento relativo alla costruzione della scuola media di cui all’art. 8 della convenzione di lottizzazione stipulata nell’anno 2007.
Devono invece essere respinti i ricorsi incidentali per le ragioni in precedenza evidenziate; del pari deve respingersi la domanda di risarcimento del danno proposta dal Fallimento Diaz nei confronti del Comune ai sensi degli artt. 26 cpa e 96 cpc.
Quanto al regolamento delle spese di lite, tenuto conto della complessità di alcune delle questioni implicate dalla vicenda in disamina, e del fatto che, per quanto attiene ai rapporti tra il Comune e sigg. Meneghini, sussiste una reciproca soccombenza delle parti nell’ambito dei giudizi connessi, il Collegio ritiene che sia opportuno disporne l’integrale compensazione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando:
-) dispone la riunione dei ricorsi in epigrafe;
-) accoglie parzialmente il ricorso avente nr.78/2018, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato, rigettando la domanda di risarcimento del danno proposta nei confronti del Comune resistente;
-) accoglie il ricorso avente nr. 1234/018 e per l’effetto accerta il parziale inadempimento dei resistenti nei termini di cui alla parte motiva;
-) respinge i ricorsi incidentali;
-) respinge la domanda di risarcimento del danno proposta dal Fallimento Diaz ai sensi degli artt. 26 cpa, 96 cpc.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2020, con l'intervento dei magistrati:
Alberto Pasi, Presidente
Daria Valletta, Referendario, Estensore
Mariagiovanna Amorizzo, Referendario