TAR Campania (NA) Sez. VII n.1696 del 19 marzo 2018
Urbanistica.Conversione con opere di un sottotetto in residenza abitabile
La conversione, con opere, di un sottotetto in residenza abitabile, comporta la trasformazione delle relative superfici non residenziali in superfici residenziali, qualificando così il regime edilizio della relativa modifica di destinazione d'uso come ristrutturazione edilizia soggetta a permesso di costruire ai sensi del cit. D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 1, lett. c).
Pubblicato il 19/03/2018
N. 01696/2018 REG.PROV.COLL.
N. 06742/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6742 del 2010, proposto da:
Giovanni Terminiello, rappresentato e difeso dall'avvocato Pietro Venanzio, con domicilio eletto in Napoli, Traversa Pietravalle n. 20;
contro
Comune di Massa Lubrense in persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall'avvocato Sergio Mascolo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Pasquale Lambiase in Napoli, via Cuma 28;
per l'annullamento
dell'ordinanza di demolizione n. 342/2010 emessa dal Comune di Massa Lubrense;
e degli atti presupposti quali 1) atto di accertamento redatto il 5.7.2010 e 2) ordinanza di sospensione dei lavori n. 292 del 23.8.2010.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Massa Lubrense;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2018 il dott. Luca De Gennaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ordinanza n. 342/2010 datata 22.9.2010 il Comune di Massa Lubrense ha ordinato al sig. Terminiello, in qualità proprietario, la demolizione di opere abusive realizzate presso un immobile posto in via Monticello 22 in zona tutelata sul piano paesaggistico (realizzazione nel sottotetto di un locale adibito a servizio igienico con nuova superficie utile, messa in opera di un’inferriata al piano terra, chiusura di quattro vani luce e realizzazione di uno nuovo, sostituzione di un solaio a volta con un solaio piano, soppalco in legno).
L’intervento, che ha consentito la trasformazione del sottotetto in superficie utile residenziale, viene qualificato dal Comune, a seguito di accertamento in loco, come intervento di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso ai sensi dell’art. 33 DPR 380/2001 e in assenza della necessaria autorizzazione paesaggistica e conseguentemente sanzionato.
Avverso la detta ordinanza il sig. Terminiello ha proposto il ricorso in epigrafe articolando plurime censure per violazione di legge ed eccesso di potere.
Si è costituito il Comune di Massa Lubrense sostenendo l’infondatezza del gravame.
Con ordinanza n. 631/2011 questo Tribunale ha negato la tutela cautelare per difetto del necessario presupposto del fumus boni iuris , atteso che le opere sanzionate denotano “un aumento di superficie, connesso alla trasformazione ad uso residenziale del locale sottotetto - non avendo parte ricorrente fornito alcun principio di prova in ordine alla precedente destinazione ad uso abitativo - e (atteso) che le opere esterne hanno altresì comportato modifica dei prospetti, per cui le stesse necessitavano di permesso di costruire, ai sensi art. 10 D.P.R. 380/01”.
All’udienza del 20 febbraio 2018 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
In primo luogo il Collegio ritiene di dover disattendere la richiesta di rinvio della discussione in quanto, anche a tutela della ragionevole durata del processo, la causa, correttamente istruita, può essere decisa indipendentemente dall’esito dell’istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica per sanatoria delle opere di cui è causa, istanza peraltro presentata solo nel 2017 a distanza di circa sette anni dall’accertamento delle irregolarità.
Il ricorso è nel merito infondato.
La conversione, con opere, del sottotetto in residenza abitabile, ha comportato la trasformazione delle relative superfici non residenziali in superfici residenziali, qualificando così il regime edilizio della relativa modifica di destinazione d'uso come ristrutturazione edilizia soggetta a permesso di costruire ai sensi del cit. D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 1, lett. c).
Come già rilevato in sede cautelare, il ricorrente non offre alcuna prova a sostegno della dichiarazione in base alla quale il locale sottotetto (o soffitta) fosse destinato già da epoca risalente ad uso abitativo; peraltro dall’atto di compravendita del 25.5.2010, versato in atti, tale vano risulta qualificato come locale sottotetto e quindi da considerarsi quale locale con funzione non abitativa.
La realizzazione di un soppalco al primo piano è poi annoverabile tra gli interventi di ristrutturazione edilizia, determinando una modifica della superficie utile dell'appartamento, con conseguente aggravio del carico urbanistico (cfr. in termini Tar Napoli sez. IV n. 1668/2017).
L’intervento quindi avrebbe dovuto essere assoggettato, già solo per queste caratteristiche, a permesso di costruire, posto che ai sensi del citato art. 10 lett. c) DPR 380/2001, le opere sono qualificabili come ristrutturazione edilizia in quanto portano “ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente” e comunque “limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A (come quello per cui è causa)” hanno comportato un mutamento non consentito della destinazione d'uso.
Si osserva peraltro che trattando di creazione abusiva di nuovi superfici utili in zona vincolata il provvedimento di rimozione appare doveroso anche per il ripristino dei corretti valori ambientali, come invocato nella stessa ordinanza impugnata, ai sensi dell’art. 27 DPR 380/2001.
Il provvedimento appare dunque correttamente motivato; per orientamento pacifico infatti (cfr. da ultimo Tar Napoli n. 4186/2017) al fine di disporre la demolizione è sufficiente il richiamo dell'abusività dell'opera e la descrizione delle opere prive di titolo edilizio e paesaggistico, senza che occorra, per la piana applicazione della normativa (art. 27 e 31 DPR n. 380/2001) alcuna altra precisazione.
Il provvedimento di demolizione di opere edilizie abusive rappresenta infatti un atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può legittimare.
Non ha poi pregio la doglianza secondo cui il Comune avrebbe erroneamente applicato la medesima sanzione (demolizione) a fattispecie diverse, alcune delle quali, di natura minore e manutentiva.
L’attività del Comune mira a reprimere l’abuso complessivamente considerato ovvero l’edificazione in zona tutelata e in assenza di permesso edilizio; nel caso di specie stante l’evidente unitarietà funzionale delle opere contestate l'Amministrazione è obbligata ad effettuare, evitando artificiose frammentazioni, una valutazione complessiva e non atomistica dell'intervento edilizio, giacché il pregiudizio recato al regolare assetto del territorio deriva non dal singolo intervento ma dall'insieme delle opere realizzate nel loro contestuale impatto edilizio (giurisprudenza consolidata di questo Tribunale cfr. da ultimo Tar Napoli 3447/2017).
Non vi è poi ragione di dichiarare l’illegittimità dell’ordinanza di sospensione dei lavori del 23.8.2010, anche se gli stessi appaiono come ultimati; l’ordinanza di sospensione, che ha infatti natura cautelare ed efficacia temporalmente circoscritta, ha assicurato il mantenimento dell’integrità dell’immobile nelle more dell'emanazione dell'ordinanza di demolizione con il precipuo fine di evitare un ulteriore aggravamento della situazione di illegalità.
L’amministrazione comunale infine non era tenuta ad effettuare un’analitica confutazione delle controdeduzioni della ricorrente in sede procedimentale ai sensi dell’art. 10 L. 241/1990, essendo sufficiente, al fine di ritenere integrata la pienezza del contraddittorio, che le argomentazioni difensive siano state prese in esame e che il provvedimento sanzionatorio trovi il proprio fondamento nella puntuale indicazione e motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi dell'illecito.
Per le ragioni esposte, il ricorso viene respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio in favore del Comune di Massa Lubrense, liquidate in complessivi 2.000 euro, oltre Iva, Cpa e rimborso spese generali, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Guglielmo Passarelli Di Napoli, Presidente
Marina Perrelli, Consigliere
Luca De Gennaro, Consigliere, Estensore