TAR Puglia, (LE), Sez. I, n. 481, del 6 marzo 2013
Urbanistica.Osservazioni dei privati alla pianificazione urbanistica

Le osservazioni dei privati agli strumenti urbanistici generali hanno funzione partecipativa alla pianificazione urbanistica presentando un carattere meramente collaborativo per la formazione e il perfezionamento dello strumento urbanistico, ma non costituiscono veri e propri rimedi giuridici a tutela degli interessati, sicché esse non fondano peculiari aspettative e il loro rigetto non richiede un particolare onere di motivazione, essendo sufficiente che il Comune, dopo averle esaminate, le ritenga in contrasto con gli interessi e le considerazioni poste alla base del Prg. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00481/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01560/2005 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Prima

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1560 del 2005, proposto da: 
Prete Lorenzo, Maggio Ciro, rappresentati e difesi dagli avv. M. Alberto Grimaldi, Luisa Campobasso, con domicilio eletto presso M. Alberto Grimaldi in Lecce, via 47^ Reggimento Fanteria N. 4;

contro

Comune di Pulsano, rappresentato e difeso dagli avv. Pietro Quinto, Palmiro Carlo Liuzzi, con domicilio eletto presso Pietro Quinto in Lecce, via Garibaldi 43; Regione Puglia - Bari, Provincia di Taranto;

per l'annullamento

di tutti gli atti del procedimento di formazione del piano urbanistico generale (PUG) del Comune di Pulsano ed, in particolare, della deliberazione c.c. di Pulsano n.5 del 7/02/02, della deliberazione c.c. di Pulsano n.11 del 31/03/03, delle deliberazioni c.c. di Pulsano nn. 10-11-12-13-14-15-16, tutte del 2004, della nota prot. 19757 del 23.11.04, a firma del responsabile del settore urbanistica, di trasmissione del PUG alla Regione Puglia ed alla Provincia di Taranto, ai fini del controllo di conformità rispetto agli strumenti di pianificazione sovraordinati, della deliberazione c.c. di Pulsano n.23 del 07/03/05;

del provvedimento implicito, formatosi ai sensi dell'art.11, comma 8, l.r. n.20/2001, nell'ambito del sub-procedimento, di competenza regionale, di controllo di compatibilità del PUG rispetto agli esistenti strumenti regionali di pianificazione territoriale, nonché rispetto agli indirizzi regionali della programmazione socio-economica e territoriale di cui all'art.5, d. lgs. n. 267/2000 (art.11, comma7, l.r. n.20/2001), di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorché non conosciuto.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Pulsano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2013 il dott. Roberto Michele Palmieri e uditi per le parti i difensori Francesco Lezzi, in sostituzione di Alberto Grimaldi, Anna Rita Marasco, in sostituzione di Palmiro Carlo Liuzzi e Pietro Quinto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

I ricorrenti sono proprietari di alcune aree ubicate nella marina del Comune di Pulsano, tipizzate come zone agricole dal Programma di Fabbricazione, che sino all’entrata in vigore del Piano Urbanistico Generale (PUG) ha governato lo sviluppo urbanistico-edilizio del territorio comunale.

All’esito dell’iter procedimentale previsto dall’art. 11 L.R. n. 20/01, il Comune di Pulsano ha approvato definitivamente il PUG, inserendo le aree di proprietà dei ricorrenti all’interno della zona omogenea CT, definita di “espansione turistica”, nell’ambito della quale sono ammissibili nuovi insediamenti, previa adozione di strumento urbanistico di iniziativa privata, e nel rispetto degli indici di fabbricabilità previsti dalle NTA.

Avverso il suddetto strumento urbanistico – nonché gli atti a questo prodromici – sono insorti i ricorrenti, lamentandone l’illegittimità per i seguenti motivi: 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 11 L.R. n. 20/01; 2) violazione e falsa applicazione dell’art. 11 L.R. n. 20/01 sotto altro profilo; difetto di motivazione; 3) violazione e falsa applicazione dell’art. 78 d. lgs. n. 267/2000; 4) violazione D.M. 2.4.1968, n. 1444; eccesso di potere.

All’udienza del 6.2.2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Premette anzitutto il Collegio che non si terrà conto delle censure articolate dai ricorrenti nelle note da ultimo prodotte, attenendo esse a profili di doglianza – e segnatamente, all’asserita eccessività degli standards – del tutto diversi da quelli dedotti nel ricorso introduttivo e perciò inammissibili.

1. Tanto premesso, con il primo motivo di impugnazione, i ricorrenti censurano i provvedimenti impugnati, in quanto assunti in assenza di valido assenso da parte della Regione, in violazione dell’art. 11 L.R. n. 20/01.

Il motivo è infondato.

1.1. Dispone l’art. 11 co. 7 L.R. n. 20/01 che: “il PUG così adottato viene inviato alla Giunta regionale e alla Giunta provinciale ai fini del controllo di compatibilità rispettivamente con il DRAG e con il PTCP, ove approvati. Qualora il DRAG e/o il PTCP non siano stati ancora approvati, la Regione effettua il controllo di compatibilità rispetto ad altro strumento regionale di pianificazione territoriale ove esistente, ivi inclusi i piani già approvati ai sensi degli articoli da 4 a 8 della legge regionale 31 maggio 1980, n. 56, ovvero agli indirizzi regionali della programmazione socio-economica e territoriale di cui all'articolo 5 del d. lgs. 267/2000”.

Ai sensi del successivo comma 7, poi, “la Giunta regionale e la Giunta provinciale si pronunciano entro il termine perentorio di centocinquanta giorni dalla ricezione del PUG, decorso inutilmente il quale il PUG si intende controllato con esito positivo”.

1.2. Tali essendo le coordinate normative di riferimento, è evidente che unica condizione normativamente prevista ai fini dell’esercizio, da parte dell’ente regionale, del controllo di compatibilità dell’adottato PUG con gli indirizzi generali di pianificazione territoriale di competenza della Regione, è che lo strumento urbanistico in itinere sia stato ritualmente inviato a quest’ultima.

Pertanto, una volta ricevuto il suddetto piano urbanistico, sarà compito della Regione, ove lo ritenga opportuno, richiedere al pianificatore comunale la documentazione rilevante ai fini del prescritto controllo di compatibilità. Se ne deduce che, avendo la Regione ritualmente ricevuto l’adottato PUG, e non avendo formulato rilievi di sorta nel termine di legge, deve ritenersi avere espresso parere implicitamente positivo per silentium. Ed è appena il caso di osservare che, avendo il legislatore regionale appositamente previsto, nella fattispecie in esame, l’istituto del silenzio-assenso, non è richiesta, ai fini della validità del PUG, alcuna “attestazione di compatibilità”, invece vagheggiata dai ricorrenti, unica condizione necessaria e sufficiente a tal fine essendo quella dell’assenza di dissenso espresso da parte delle amministrazioni regionali e provinciali nel termine normativamente previsto.

1.3. Per tali considerazioni, il motivo di gravame è infondato, e va disatteso.

2. Con il secondo motivo di ricorso, deducono i ricorrenti la violazione, ad opera dell’amministrazione resistente, delle previsioni di cui all’art. 11 L.R. n. 20/01, per non avere il Comune di Pulsano tenuto in conto le osservazioni da loro presentate in sede di adozione del PUG.

L’assunto è infondato.

2.1. Dispone l’art. 11 co. 5 L.R. n. 20/01 che: “chiunque abbia interesse può presentare proprie osservazioni al PUG, anche ai sensi dell'articolo 9 della l. 241/1990, entro sessanta giorni dalla data del deposito”.

Ai sensi del successivo comma 6, poi, “il Consiglio comunale, entro i successivi sessanta giorni, esamina le osservazioni proposte nei termini di cui al comma 5 e si determina in ordine alle stesse, adeguando il PUG alle osservazioni accolte”.

2.2. Tale essendo il quadro normativo di riferimento, occorre ora accertare se, nella specie, il Comune sia o meno incorso nella violazione lamentata. E sul punto, reputa il Collegio che al quesito così proposto deve senz’altro fornirsi risposta negativa.

Invero, sotto un primo profilo, è asserto giurisprudenziale condiviso quello per il quale: “le osservazioni dei privati agli strumenti urbanistici generali hanno funzione partecipativa alla pianificazione urbanistica presentando un carattere meramente collaborativo per la formazione e il perfezionamento dello strumento urbanistico, ma non costituiscono veri e propri rimedi giuridici a tutela degli interessati, sicché esse non fondano peculiari aspettative e il loro rigetto non richiede un particolare onere di motivazione, essendo sufficiente che il Comune, dopo averle esaminate, le ritenga in contrasto con gli interessi e le considerazioni poste alla base del Prg” (TAR Lazio, Roma, II bis, 13.9.2011, n. 7196. In termini confermativi, cfr. altresì, ex plurimis, C.d.S, III, 26.8.2010, n. 3146; TRGA Trentino Alto Adige, 17.9.2004, n. 311; TAR Lazio, Roma, II, 9.6.2008, n. 5662).

2.3. Tanto premesso, rileva ora il Collegio che, nel caso di specie, il Comune ha senz’altro tenuto conto delle osservazioni proposte dai ricorrenti. Invero, si legge nella delibera CC n. 14/04 che, in risposta a dette osservazioni, il Comune ha precisato che: “il PUG ha inteso azzerare le destinazioni d’uso previste lungo la fascia costiera del P.d.F, ormai stravolte dalla edificazione abusiva e non, realizzata per di più a “macchia di leopardo”. Il criterio del PUG è quello di perimetrare le maglie edificate (con lotti interclusi e/o già da urbanizzazioni) come maglie di completamento Bt e perimetrare le maglie non edificate (il più esteso possibile) prive di urbanizzazioni, come maglie di espansione Ct, ciò ai sensi della L.R. n. 6/79. Pertanto l’osservazione non è accoglibile perché in contrasto con i criteri generali del PUG”.

All’evidenza, il Comune, lungi dal non aver tenuto conto delle osservazioni proposte dai ricorrenti, le ha accuratamente vagliate, rigettandole alla luce di argomentazioni dalle quali emergono con chiarezza le relative ragioni di interesse pubblico, e nelle quali non vi è traccia di alcun profilo di illogicità e/o incoerenza motivazionale.

2.4. Ne discende il rigetto del relativo motivo di gravame.

3. Con il terzo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono la violazione, da parte dell’amministrazione comunale, delle previsioni di cui all’art. 78 d. lgs. n. 267/2000 (TUEL), per essersi alcuni consiglieri dell’ente municipale astenuti soltanto in sede di approvazione, e non anche di adozione, del PUG.

Il motivo è infondato.

3.1. Premette anzitutto il Collegio che, per condivisa giurisprudenza amministrativa, “il proprietario di aree comprese nello strumento urbanistico ha interesse a denunciare la violazione dell'art. 78, t.u. 18 agosto 2000 n. 267, laddove provi che l'interesse personale del consigliere, che avrebbe dovuto imporre a quest'ultimo l'astensione, ha arrecato un diretto pregiudizio anche ai propri fondi. In caso contrario, qualora l'intervento in Consiglio dell'amministratore in conflitto di interessi non abbia avuto alcun effetto sul regime giuridico delle aree dell'esponente, non esiste interesse di quest'ultimo alla denuncia della violazione dell'art. 78, visto che l'eventuale accoglimento del gravame avrebbe conseguenze soltanto su fondi non di proprietà del ricorrente, che non vedrebbe pertanto mutato il regime giuridico dei propri immobili” (TAR Basilicata, I, 15.12.2011, n. 584).

In termini ancora più specifici, si è condivisibilmente chiarito che: “la circostanza che alla seduta consiliare di approvazione di uno strumento urbanistico abbiano partecipato consiglieri comunali in conflitto di interessi può comportare soltanto l'annullamento delle previsioni dello strumento urbanistico in relazione alle quali si configura il conflitto d'interesse; di conseguenza la relativa censura è inammissibile per carenza d'interesse, se il ricorrente non dimostri che tale annullamento comporterebbe per lui un vantaggio” (Tar Lombardia, Milano, II, 17.5.2010, n. 1526).

3.2. Venendo ora al caso di specie, rileva il Collegio che i ricorrenti – sui quali, in conformità dei principi generali, gravava la c.d. prova di resistenza – non hanno minimamente allegato che, in assenza del voto dei consiglieri astenuti, l’impugnato PUG avrebbe avuto diverso tenore, e si sarebbe risolto in uno specifico vantaggio nei loro riguardi. A ben vedere, anzi, il tenore dei chiarimenti dell’amministrazione comunale alle osservazioni dei ricorrenti rende del tutto logico ritenere che l’interesse pubblico fosse già cristallizzato sin dall’inizio nel senso della impossibilità di inclusione delle aree di loro proprietà all’interno della fascia B (zona di completamento), stante l’assenza dei relativi requisiti normativi (dei quali si tratterà in seguito).

Pertanto, dall’eventuale accoglimento del motivo di gravame discenderebbe unicamente l’annullamento di quelle parti del PUG rispetto alle quali si sia palesato un conflitto di interesse degli amministratori coinvolti, ma giammai ne potrebbe scaturire l’inclusione delle aree di proprietà dei ricorrenti all’interno di una zona diversa da quella (C3) nella quale esse, in concreto, sono state incluse.

Peraltro,la censura è fondata sulla mera ipotesi che la causa di incompatibilità che ha determinato l’astensione in sede di approvazione dello strumento urbanistico sussistesse anche al momento dell’adozione dello stesso.

3.3. Ne discende il rigetto del relativo motivo di gravame.

4. Con il quarto motivo di ricorso, eccepiscono i ricorrenti la violazione, ad opera del Comune resistente, del D.M. 2.4.1968, n. 1444, per avere contraddittoriamente l’amministrazione inserito le aree di proprietà dei ricorrenti all’interno della zona Ct (di espansione turistica), in luogo della diversa zona omogenea Bt, di completamento turistico.

Il motivo è infondato.

4.1. Recita l’art. 2 d.m. n. 1444/68 che rientrano all’interno della fascia omogenea di tipo B: “le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A : si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq”.

Viceversa, rientrano all’interno della zona di tipo C: “le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B”.

4.2. Ciò premesso, rileva il Collegio che, sotto un primo profilo, i ricorrenti non hanno minimamente dedotto, né tampoco provato, che i lotti di loro proprietà ricadono all’interno di una più vasta area caratterizzata – quanto a superficie coperta degli edifici esistenti e a densità territoriale – dalla presenza degli indici definiti dall’art. 2 d.m. n. 1444/68, sì da consentirne l’inclusione nella fascia B, in luogo di quella di tipo C.

Già soltanto per tale ragione, pertanto, le loro censure sono manifestamente infondate, risolvendosi, a ben vedere, in mere petizioni di principio, prive del benché minimo sostegno probatorio.

4.3. Tanto premesso, può ora altresì precisarsi – per mere ragioni di completezza espositiva, rivestendo i rilievi di cui sopra carattere assorbente – che, per condivisa giurisprudenza amministrativa, “le prescrizioni urbanistiche impartite nell'esercizio della potestà pianificatoria sono espressione di ampia discrezionalità nel definire la tipologia delle utilizzazioni delle singole parti del territorio e le scelte effettuate, impingendo nel merito dell'azione amministrativa, non sono sindacabili, salvo che risultino incoerenti con l'impostazione di fondo dell'intervento pianificatorio o manifestamente incompatibili con le caratteristiche oggettive del territorio ovvero ancora affette da vizi macroscopici di logicità e razionalità riconducibili all'alveo dell'eccesso di potere” (C.d.S, IV, 7.4.2010, n. 1985. In termini confermativi, cfr. altresì, ex multis, TRGA Trentino A.A, 11.5.2011, n. 133;).

Il tutto facendo salvo l’affidamento del privato in relazione a scelte urbanistiche che incidono in senso peggiorativo su sue preesistenti situazioni giuridiche consolidate, nel qual caso è necessario che l’amministrazione dia conto, con adeguata motivazione, delle modalità con cui è stata effettuata la ponderazione degli interessi pubblici e di quelli privati coinvolti nell’esercizio del potere amministrativo, anche con riferimento all'impossibilità di soluzioni alternative agevolmente praticabili ed eventualmente segnalate dagli interessati.

4.4. Così ricordati i principi che indirizzano l'operato del giudice amministrativo, e venendo ora al caso di specie, rileva il Collegio che l’amministrazione comunale, in sede di risposta alle osservazioni presentate dai ricorrenti, ha dato ampia motivazione in ordine alle ragioni della propria scelta urbanistica, sottolineando l’opportunità di includere le maglie edificate come maglie di completamento, e quelle non edificate - ovvero edificate in misura inferiore agli indici di cui all’art. 2 d.m. n. 1444/68 - quali maglie di espansione urbanistica.

Orbene, trattasi di scelta discrezionale del tutto logica, che trova piena rispondenza in precisi riferimenti normativi, e nella quale risultano del tutto assenti quei profili di irragionevolezza e/o arbitrarietà, che soli giustificano il sindacato del giudice amministrativo sulle scelte discrezionali dell’amministrazione.

4.5. Alla luce di tali considerazioni, è evidente l’infondatezza del motivo di gravame in esame, impingendo esso inammissibilmente nel merito amministrativo, giungendo i ricorrenti a prospettare soluzioni asseritamente migliori sul piano non già della legittimità – essendo rimasta indimostrata la violazione delle prescrizioni di cui all’art. 2 d.m. n. 1444/68 – ma della mera opportunità, in tal modo inammissibilmente sostituendosi all’amministrazione nella valutazione degli interessi pubblico-privati sottesi all’esercizio del potere amministrativo.

5. Conclusivamente, il ricorso è infondato, e va pertanto rigettato.

6. Spese nei confronti del Comune costituito secondo soccombenza. Nulla va invece disposto quanto alle spese di lite tra i ricorrenti e le ulteriori amministrazioni non costituite.

P.Q.M.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima,

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna solidalmente i ricorrenti al rimborso delle spese di lite sostenute dal Comune resistente, che si liquidano in complessivi € 1.500 per onorario, oltre accessori di legge.

Nulla sulle spese di lite nei confronti della Regione Puglia e della Provincia di Taranto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Antonio Cavallari, Presidente

Patrizia Moro, Consigliere

Roberto Michele Palmieri, Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)