TAR Piemonte, Sez. I  n. 1279  del 23 novembre 2012
Ambiente in genere.Rinnovo AIA non necessita nuova VIA in mancanza di modificazioni progettuali sostanziali.

In mancanza di modificazioni progettuali di carattere sostanziale capaci di determinare nuovi e significativi impatti ambientali non considerati nella VIA originaria, nessuna norma imponeva all’amministrazione provinciale di Torino, di sottoporre il progetto dell’inceneritore ad una nuova valutazione di impatto ambientale in occasione del rinnovo dell’autorizzazione integrata ambientale. La rinnovazione del giudizio di compatibilità ambientale si impone solo allorchè siano introdotte delle modificazioni progettuali che determinino la costruzione di un manufatto significativamente diverso da quello già esaminato, mentre la stessa non è necessaria ogni qualvolta al progetto originario siano apportate modifiche che risultino più conformi agli interessi pubblici (determinando, ad esempio, una più efficace mitigazione degli effetti ambientali) o che, comunque, non diano vita ad un’opera strutturalmente diversa  (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01279/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00475/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 475 del 2012, proposto da: 
FEDERAZIONE PRO NATURA - A.P.S. , in persona del legale rappresentante pro tempore, ASSOCIAZIONE PRO NATURA TORINO ONLUS, in persona del legale rappresentante pro tempore, PICCA MASSIMO, PROIETTI CARLO, GARIAZZO LUCA, VERGNANO VALERIA, BONELLO CARLA, TORTORELLI PIERPAOLO, ZACCONE IVANA, ESMA ENRICO, PANARELLO FRANCESCA, CAMILLI MELETANI FIORENZA, BESSONE MARCO, MECHI ANGIOLA, LEVET PATRIZIA, CREPALDI CARMELINO, RODIGHIERO LORENZO LORENZO, FERRARIS ALDO, CAVALLERO FERDINANDO, BALAGNA FABRIZIO, DI CREDICO VITTORIA, rappresentati e difesi dagli avv. Mattia Crucioli ed Enzo Pellegrin, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Tripoli, 64;

contro

PROVINCIA DI TORINO, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Silvana Gallo e Nicoletta Bugalla, con domicilio eletto presso gli uffici dell’Avvocatura provinciale in Torino, corso Inghilterra, 7/9; 
COMUNE DI TORINO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Lacognata, con domicilio eletto presso gli uffici dell’Avvocatura comunale in Torino, via Corte D'Appello, 16;

nei confronti di

T.R.M.- TRATTAMENTO RIFIUTI METROPOLITANI S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Claudio Vivani, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Torino, corso Galileo Ferraris, 43;

per l'annullamento

- della determinazione del dirigente del Servizio gestione rifiuti e bonifiche della Provincia di Torino n. 27-3956/2012 in data 6/2/2012, avente ad oggetto "autorizzazione integrata ambientale n. 309-557341 del 21.12.2006 - provvedimento di rinnovo" in relazione al progetto di impianto di termovalorizzazione di rifiuti della provincia di Torino, denominato "Gerbido";

- di ogni atto antecedente, preordinato, consequenziale e connesso, ivi inclusi:

- la delibera di giunta della Provincia di Torino 1317-433230/2006 del 21/11/2006;

- la determinazione del dirigente del Servizio gestione rifiuti n. 309-557341 del 21/12/2006;

- la determinazione del dirigente del Servizio valutazione impatto ambientale della Provincia di Torino n. 75-32896/2011 del 16/9/2011;

- la determinazione di conclusione del procedimento prot. 97068 adottata dal dirigente del Servizio gestione rifiuti e bonifiche della Provincia di Torino in data 2/2/2012.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Torino, del Comune di Torino e di T.R.M. s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2012 il dott. Ariberto Sabino Limongelli e uditi gli avv.ti Crucioli e Pellegrin per la parte ricorrente, l’avv. Gallo per la Provincia di Torino, l’avv. Lacognata per il Comune di Torino e l’avv. Vivani per T.R.M.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Con ricorso consegnato per la notifica il 20.04.2012 e depositato il 04.05.2012, le associazioni ambientaliste Federazione Pro Natura –A.P.S. e Associazione Pro Natura Torino Onlus, unitamente a 19 cittadini residenti in vari comuni della provincia di Torino hanno impugnato gli atti indicati in epigrafe con cui la Provincia di Torino ha rinnovato, aggiornando le relative prescrizioni, l’autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.) n. 309-557341/2006 già rilasciata alla società Trattamento Rifiuti Metropolitani – TRM s.p.a. il 21 dicembre 2006 per la realizzazione di un impianto di incenerimento e termovalorizzazione di rifiuti urbani e speciali non pericolosi ubicato nella zona sud-ovest del Comune di Torino, in località denominata Gerbido.

Unitamente al provvedimento di rinnovo dell’A.I.A. del 2012, i ricorrenti hanno impugnato, quali atti presupposti, i provvedimenti del 2006 con cui la stessa Provincia ha espresso giudizio positivo di compatibilità ambientale (V.I.A.) in relazione al progetto di realizzazione dell’inceneritore e rilasciato la prima autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), nonché il successivo provvedimento del 2011 con cui la stessa Provincia ha sospeso la prescrizione n. 23 della procedura di VIA (concernente “la realizzazione del trasporto di una consistente parte dei rifiuti su ferrovia”) escludendola dalla fase di valutazione di impatto ambientale.

2. La costruzione dell’impianto, avviata nel 2010 all’esito di un complesso contenzioso giudiziario concernente i provvedimenti autorizzatori originari (conclusosi con esito favorevole per l’amministrazione provinciale e per la controinteressata), è attualmente in fase di ultimazione. L’avvio della gestione dell’impianto è previsto per la primavera dell’anno 2013.

3. Nelle premesse dell’atto introduttivo i ricorrenti, dopo aver svolto alcune considerazioni preliminari sulle sostanze inquinanti che verrebbero prodotte dall’impianto e sulle malattie (“tumorali e cardiovascolari”) che ne potrebbero derivare nonché sui presupposti della propria legittimazione ad agire, hanno sostenuto, in sintesi:

- che la gestione integrata dei rifiuti nella provincia di Torino potrebbe fare a meno dell’impianto di incenerimento del Gerbido, o che, quanto meno, detto impianto potrebbe essere autorizzato con una capacità di gran lunga ridotta;

- che la valutazione delle eventuali “alternative” alla realizzazione del termovalorizzatore sono state effettuate esclusivamente nel 2006 nell’ambito del procedimento di VIA e non sono state aggiornate nonostante l’ampio lasso di tempo trascorso e l’intervenuto mutamento “dello scenario normativo, scientifico, tecnologico e sociale”;

- che, in particolare, la valutazione di fondo che aveva giustificato nel 2006 la decisione dell’Amministrazione di autorizzare la realizzazione dell’inceneritore (ovvero la non ragionevolezza di un programma di smaltimento basato sul “conferimento di rifiuti non recuperabili alle discariche, che comunque andrebbero realizzate ex novo dato il prossimo esaurimento dei volumi disponibili in provincia”), sarebbe ormai “superata ed erronea” alla luce di due fondamentali evidenze: 1) lo stesso impianto di incenerimento necessita di apposite discariche, altamente onerose, per lo smaltimento di ceneri, PSR e scorie; 2) l’adozione di strategie alternative all’incenerimento, quali la “riduzione dei rifiuti”, l’“estensione della raccolta differenziata porta a porta”, la “gestione del rifiuto residuo differenziato con Impianti di Trattamento Meccanico Biologico”, consentirebbe di ottenere un rifiuto residuo da inviare in discarica che, sebbene di poco superiore a quello generato dall’inceneritore, sarebbe totalmente inerte e a bassa tossicità, a differenza di quello prodotto dall’inceneritore che è a media-alta tossicità.

4. Tutto ciò premesso, i ricorrenti hanno articolato i seguenti motivi di ricorso:

I) “Violazione degli artt. 10, 11, 12 e 19 L.R. Piemonte 24/2002. Violazione degli articoli 29 quater e 29 octies del D. Lgs. 152/2006. Incompetenza. Difetto di istruttoria e motivazione. Illogicità”: il provvedimento impugnato, costituendo un atto di governo della gestione dei rifiuti, avrebbe dovuto essere adottato dall’Associazione d’Ambito Torinese per il governo dei rifiuti di cui all’art. 19 comma 5 della L.R. 24/2002; detta Associazione d’Ambito è stata costituita sin dal 05.10.2005 ed è divenuta operativa il 18.07.2006; da quella data è cessata la competenza sostitutiva prevista in capo alla Provincia dall’art. 19 comma 5 della L.R. 24/2002 “nelle more dell’associazione di ambito di cui all’art. 12”; in subordine, il provvedimento impugnato è comunque illegittimo per violazione dell’art. 29 quater del D. Lgs. 152/2006, il quale impone che alla conferenza di servizi per il rinnovo dell’AIA vengano invitate tutte le amministrazioni competenti in materia ambientale; nel caso di specie, non risulta che la Provincia procedente abbia invitato l’ATO torinese; tale vizio del procedimento configura difetto di istruttoria e di motivazione dell’atto conclusivo.

II) “Violazione degli artt. 4, 6, 29 ter, 29 octies, 177, 178, 179, 181 e 182 del D. Lgs. 152/2006. Violazione dell’art. 12 della direttiva UE 24/11/2010, n. 75. Violazione dell’art. 6 Reg. CE 850/2004 III paragrafo. Violazione degli artt. 5 e 6 L.R. Piemonte 24/2002. Difetto di istruttoria e di motivazione”:

- la Provincia di Torino ha omesso di verificare se nel caso di specie fosse possibile recuperare, in tutto o in parte, i rifiuti che l’impianto è invece destinato a incenerire, in violazione dell’art. 6 comma 16 del D. Lgs. 152/2006 (secondo cui i rifiuti sono eliminati solo qualora il recupero degli stessi sia “tecnicamente ed economicamente impossibile”);

- il soggetto proponente ha omesso di descrivere le tecniche e le misure alternative all’incenerimento, in violazione dell’art. 29 ter del D. Lgs. 152/2006, e, correlativamente, l’autorità procedente ha omesso di verificare l’impossibilità tecnica ed economica di tali alternative;

- l’autorità procedente ha omesso di verificare il permanere della compatibilità dell’impianto rispetto all’attuale quadro pianificatorio, tenuto conto che il piano regionale di gestione dei rifiuti risale al 1997, non è stato sottoposto a VAS e non rispetta la normativa vigente, e che, analogamente, il piano provinciale dei rifiuti risale al 2006 e si riferisce al periodo programmatico 2006-2011 (laddove l’art. 5 della L.R. 24/2002 prevede che esso debba essere aggiornato almeno ogni tre anni”);

- la compatibilità ambientale dell’impianto accertata nel 2006 in esito alla procedura di VIA deve oggi essere esclusa, sia perché risultano superati gli atti di pianificazione (regionale provinciale) da cui essa traeva origine, sia perché lo stesso giudizio di compatibilità ambientale è obsoleto, essendo stato superato da circostanze sopravvenute;

- in particolare, nell’ambito del procedimento di rinnovo dell’AIA non si è tenuto conto: che a distanza di sette anni il paventato esaurimento delle discariche torinesi si è dimostrato irrealistico; che i più recenti studi medici ed epidemiologici hanno accertato l’esistenza di una correlazione diretta tra le emissioni degli inceneritori e l’aggravarsi di evidenze patologiche sulle popolazioni esposte ad esse; le più moderne tecnologie sono orientate al recupero dei rifiuti più che all’incenerimento degli stessi; che alcune delle condizioni previste nel “protocollo d’intesa termovalorizzatore” del 2004 non si sono verificate (rilocalizzazione entro il 2011 della Servizi Industriali, realizzazione di opere ferroviarie da e verso lo scalo di Orbassano); che nel frattempo è entrato in vigore il D. Lgs. 13.08.2010 n. 155 di attuazione della direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria, che ha introdotto nuovi valori limite per le concentrazioni inquinanti nell’aria.

III) “Violazione degli articoli 10 e 26 del D. Lgs. 152/2006. Irragionevolezza. Difetto di istruttoria e di motivazione”. Questione di incostituzionalità dell’art. 23, comma 21-quinquies d D.L. 1/7/2009, n. 78, convertito nella legge 3/8/2009, n. 102”: il rinnovo dell’AIA avrebbe dovuto comportare anche il rinnovo della VIA, anche alla luce di quanto previsto dall’art. 2 comma 8 lettera c) del D. Lgs. 128/2010 (il quale dispone che il rilascio dell’AIA “sia coordinato nell’ambito del procedimento di VIA”; la VIA avrebbe dovuto essere rinnovata anche perché l’opera non è stata realizzata entro cinque anni dalla prima VIA; è vero che l’art. 23 comma 21 quinquies del D. L. 01.07.2009 n. 78 prevede che il predetto termine si applica solo ai procedimenti amministrativi “avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4”, ma questa norma è palesemente incostituzionale (per violazione degli artt. 2, 9 e 32 Cost.) perché introduce una irragionevole distinzione tra procedimenti avviati prima e procedimenti avviati dopo la data indicata, a prescindere da qualsiasi valutazione che attenga alle finalità proprie dei procedimenti di VIA.

IV) “Illegittimità del giudizio di compatibilità ambientale di cui alla Delibera della Giunta Provinciale 1317-433230/2006 del 21/11/2006 e di tutti gli atti ad esso conseguenti per violazione dell’art. 107 del D. Lgs. 107 del D. Lgs. 18/8/2000 n. 267 (T.U. ordinamento degli eneti locali) e dell’art. 35 dello Statuto della Provincia di Torino. Violazione dell’art. 97 Cost. Incompetenza. Difetto di istruttoria e di motivazione”: il provvedimento conclusivo della VIA (che può essere impugnato contestualmente al provvedimento finale di AIA) nel caso di specie è illegittimo per incompetenza, dal momento che, pur essendo un atto di gestione e non di indirizzo politico, esso è stato adottato dalla Giunta Provinciale anziché dal dirigente competente, in violazione dell’art. 107 del TUEL e dell’art. 35 dello Statuto della Provincia di Torino.

V) “Illegittimità del giudizio di compatibilità ambientale di cui alla Delibera della Giunta Provinciale 1317-433230/2006 del 21/11/2006 e di tutti gli atti ad esso conseguenti per violazione dell’art. 8 e 15 del D. Lgs. 133/2005, 22 e 24 del D. Lgs. 152/2006. Difetto di istruttoria e di motivazione. Irragionevolezza”: la sintesi non tecnica allegata allo studio di impatto ambientale presentata da TRM spa nel procedimento di VIA conclusosi con la DGP 1317-433230/2006 (con finalità di informazione del pubblico anche nell’ottica di agevolare la presentazione di osservazioni) conteneva informazioni e valutazioni errate in ordine alla qualità dell’aria nella zona oggetto del nuovo insediamento e agli inquinanti oncogeni prodotti dall’impianto.

VI) “Violazione Allegato III all’art. 6 Reg. CE 850/2004 così come modificato da All. I Reg.CE 757/2010”: nel provvedimento di rinnovo dell’AIA non sono stati previsti limiti alle emissioni in atmosfera di Bifenili Policlorurati (PCB), Esaclorobenzene (HCB) e Pentaclorobenzene, sebbene ciò sia espressamente previsto dall’allegato III del Reg. CE 850/2004 come modificato dall’allegato I del Reg. CE 757/2010.

VII) “Violazione degli artt. 191, 2° paragrafo, del T.F.U.E. (art. 174 TCE), 6 del Reg. CE 850/2004, 32 della Cost., 216 comma 2 del Regio Decreto 27/07/1934 n. 1265 (T.U. leggi sanitarie). Difetto di istruttoria e di motivazione”: lo Studio di Impatto Ambientale, che ha costituito oggetto di valutazione in sede di VIA, non ha provato l’assenza di nocumento per la salute della popolazione residente.

5. Si è costituita la Provincia di Torino eccependo, in via preliminare, la nullità della procura ad litem rilasciata ai propri difensori dalla ricorrente Federazione Nazionale Pro Natura A.P.S., la carenza di legittimazione ad agire dei cittadini residenti e la tardività dell’impugnazione riferita agli atti di VIA e AIA del 2006; in subordine, nel merito, contestando la fondatezza del ricorso con articolate difese e chiedendone il rigetto.

6. Si è costituita la controinteressata T.R.M. s.p.a. con atto di stile integrato da successiva memoria, ricostruendo l’iter procedimentale che ha condotto ai provvedimenti autorizzatori originari del 2006 e a quelli successivi adottati dall’amministrazione provinciale in sede di rinnovo dell’AIA; quindi eccependo in via preliminare la tardività del ricorso in relazione agli atti di VIA e AIA del 2006 e, nel merito, resistendo al gravame con diffuse argomentazioni.

7. Si è costituito il Comune di Torino, con atto di stile e riserva di successive ulteriori deduzioni.

8. All’udienza in camera di consiglio del 31.05.2012, avendo la difesa di parte ricorrente dichiarato di rinunciare alla domanda cautelare, il collegio ha fissato l’udienza pubblica di discussione per il giorno 18.10.2012.

9. In vista dell’udienza di discussione, le parti hanno depositato memorie conclusive e di replica nei termini di legge.

10. All’udienza pubblica del 18 ottobre 2012 la causa è stata discussa e, quindi, trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Vanno esaminate preliminarmente le eccezioni processuali formulate dalle difese della Provincia e della società controinteressata.

1. La difesa provinciale ha eccepito, innanzitutto, la nullità della procura alle liti rilasciata ai propri difensori dalla Federazione Nazionale Pro Natura, perché apposta su foglio separato spillato in calce al ricorso, con annotazione a mano del numero progressivo di pagina, senza segni grafici di congiunzione e senza indicazioni relative alla data del suo conferimento o ad altri elementi (autorità adita, oggetto e tipologia del ricorso) che consentano di riferirla in modo specifico al ricorso cui è materialmente congiunta.

1.1. L’eccezione non può essere condivisa.

1.2. Ai sensi dell'art. 83, comma 3 del c.p.c., applicabile al processo amministrativo in forza del rinvio recettizio di cui all’art. 39 comma 1 c.p.a., la procura alle liti si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all'atto cui si riferisce.

In forza di tale previsione, ai fini della validità della procura, rileva solo la congiunzione fisica del foglio separato con il ricorso, mentre risultano irrilevanti le altre tecniche di raccordo pure immaginabili, quali l'espressa menzione del procedimento per il quale essa è stata rilasciata, l'apposizione di timbri o sigle di giuntura et similia: e ciò in quanto, secondo la ratio legis evincibile dalla lettera della norma citata, la congiunzione materiale della procura al ricorso fa ritenere certa la provenienza del potere di rappresentanza e dà luogo alla presunzione di riferibilità della procura stessa al giudizio cui accede, mentre l'introduzione del giudizio con ricorso vale ad attribuire coincidenza tra la data di conferimento e quella di deposito; né è richiesto dalla legge, ai fini della validità della procura apposta su foglio separato, che l'inserimento della procura nel foglio in cui è riportato il ricorso sia impedito dal fatto che la pagina finale dell'atto sia riempita fino all'ultima riga, né che per scrivere la procura si siano utilizzate le prime righe del foglio separato, al fine di formare un corpo unico tra questo e l'atto che precede (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 14 maggio 2012, n. 450; Cass. civ. sez. I, 27 dicembre 2011, n. 28839; T.A.R. Piemonte sez. II, 24 settembre 1997, n. 475 ).

L’eccezione va quindi disattesa.

2. La difesa provinciale ha eccepito, in secondo luogo, l’inammissibilità del ricorso proposto dai 19 ricorrenti “persone fisiche” per difetto di legittimazione e di interesse ad agire, sul rilievo che gli stessi non avrebbero adeguatamente indicato e provato, oltre al presupposto della vicinitas, anche il danno che ciascuno di essi potrebbe subire dalla realizzazione del termovalorizzatore.

2.1. Anche tale eccezione non può essere condivisa.

2.2. Ai fini della legittimazione attiva dei soggetti residenti in aree vicine ai luoghi nei quali si intende realizzare un impianto di consistenti dimensioni per la produzione di energia mediante combustione di rifiuti, non è necessaria la specifica prova del danno che potrebbero subirne i ricorrenti o della pericolosità diretta degli impianti stessi, non potendo negarsi in astratto (ovviamente in relazione ai soli profili della legittimazione e dell’interesse a ricorrere) che la realizzazione dell’impianto possa risultare astrattamente produttiva di danni alla sfera giuridica dei ricorrenti, sia sotto forma di danni alla salute e/o all’ambiente, sia come danni patrimoniali connessi alla diminuzione di valore degli immobili di loro proprietà circostanti il sito prescelto per la realizzazione dell’opera.

Una diversa opzione interpretativa, la quale imponesse ai ricorrenti di provare l’effettività del danno subendo prima ancora che l’impianto venga ad esistenza ed entri in funzione, finirebbe per svuotare di significato il principio costituzionale del diritto di difesa predicato dall’art. 24 della Costituzione, rendendone possibile l’esercizio solo allorquando il diritto alla salute e/o all’ambiente salubre fossero già irrimediabilmente compromessi o esposti a pericolo (Cons. Stato, sez. V, 1 ottobre 2010, n. 7274).

Alla luce di tali considerazioni, va dunque affermata la sussistenza in capo ai ricorrenti della legittimazione e dell’interesse a ricorrere.

3. Infine, sia la difesa provinciale che la difesa della società controinteressata hanno eccepito l’irricevibilità del ricorso con riferimento agli atti originari di VIA e di AIA del 2006 (deliberazione della giunta provinciale 21 novembre 2006 n. 1317-433230/2006 e determinazione dirigenziale del 21 dicembre 2006 n. 309-557341) e alla determinazione dirigenziale 16 settembre 2011 n. 75-32896/2011 recante la sospensione della prescrizione n. 23 del giudizio di compatibilità ambientale.

3.1 La disamina di tale eccezione rende necessarie alcune precisazioni di carattere generale.

3.2. La realizzazione di un impianto di termovalorizzazione di rifiuti è assoggettata dalla normativa di settore ad una valutazione preventiva di impatto ambientale (V.I.A.), a cui fa seguito il rilascio della cosiddetta autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.).

3.4. La valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) attiene agli aspetti più propriamente localizzativi e strutturali dell’opera da realizzare e si sostanzia in una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto dalla realizzazione dell’opera rispetto all’utilità socio–economica ritraibile dalla stessa, tenendo conto anche delle possibili alternative e dei riflessi sulla c.d. opzione zero (C.d.S., sez. V, 17 ottobre 2012, n. 5299; C.d.S., sez. V, 18 aprile 2012, n. 2234; 30 settembre 2009, n. 5893; sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246).

3.5. L’autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), introdotta nel nostro ordinamento in attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, è atto che sostituisce, con un unico titolo abilitativo, tutti i numerosi titoli che erano precedentemente necessari per far funzionare un impianto industriale inquinante, assicurando così efficacia, efficienza, speditezza ed economicità all’azione amministrativa nel giusto contemperamento degli interessi pubblici e privati in gioco; essa attiene, in particolare, agli aspetti più specificamente gestionali dell’opera ed è finalizzata a valutare le modalità e le condizioni concrete di funzionamento dell’impianto, e, in particolare, l’attitudine dell’impianto a conformarsi alle prescrizioni imposte nell’autorizzazione alla costruzione, con specifico riferimento al conseguimento dei limiti di accettabilità previsti dalla legge o dall’autorità competente.

L’autorizzazione integrata ambientale è soggetta a rinnovo ogni cinque anni, al fine di permettere all’autorità competente di perfezionare nel tempo le prescrizioni sul monitoraggio e di ridefinire in senso maggiormente cautelativo i limiti alle diverse forme di inquinamento tenendo conto dei dati progressivamente raccolti circa l’efficienza dei diversi sistemi di mitigazione e alla luce delle migliori tecniche disponibili o di sopravvenienze giuridiche.

3.7. Essendo dirette a perseguire finalità ontologicamente diverse, la valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) e l’autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), pur essendo l’una il presupposto dell’altra, sono tuttavia atti funzionalmente autonomi tra loro e, in quanto tali, autonomamente idonei a ledere in via immediata interessi giuridicamente apprezzabili, ciascuno in relazione al proprio specifico oggetto, vale a dire: in relazione alla tipologia di impianto e alla sua localizzazione, nel caso della V.I.A.; in relazione al contenuto delle specifiche prescrizioni apposte al titolo autorizzativo, nel caso dell’A.I.A.

3.8. Conseguentemente, essendo atti potenzialmente lesivi, in via immediata e diretta, di interessi giuridicamente apprezzabili, sia la V.I.A. che l’A.I.A. sono atti immediatamente impugnabili nell’ordinario termine decadenziale di 60 giorni decorrente dalla data di scadenza del termine di pubblicazione dei relativi provvedimenti (art. 41 comma 2 D. Lgs. 2 luglio 2010, n. 104; art. 21, comma 1, L. 6 dicembre 1971 n. 1034), trattandosi, in entrambi i casi, di provvedimenti soggetti per legge a formale pubblicazione (art. 14-ter L. 241/90, quanto alla V.I.A.; art. 124 D.Lgs. 267/2000, quanto all’A.I.A.).

3.9. Pertanto, colui il quale si ritenga leso nella propria sfera giuridica da valutazioni contenute rispettivamente, nella V.I.A., nell’A.I.A., o nel provvedimento di rinnovo di quest’ultima, e ritenga che tali valutazioni siano illegittime, ha l’onere di impugnarle nei termini di legge; se non lo fa, decade dalla relativa facoltà e rende l’atto (non impugnato) definitivamente inoppugnabile.

3.10 Tale effetto di inoppugnabilità è stato congegnato dall’ordinamento al fine contemperare, in modo equilibrato e ragionevole, l’esigenza di tutela dei privati con l'interesse pubblico alla certezza e alla stabilità dei rapporti giuridici, presupposto indispensabile per l’efficace programmazione e realizzazione delle opere pubbliche.

3.11. Tutto ciò premesso, va osservato che, nel caso di specie:

- la delibera della giunta provinciale 21 novembre 2006 n. 1317-433230/2006 recante il giudizio positivo di compatibilità ambientale (V.I.A.) è stata pubblicata sul BUR della Regione Piemonte n. 49 del 7 dicembre 2006, e andava quindi impugnata entro il termine di sessanta giorni da tale pubblicazione (ex art. 14-ter L. 7 agosto 1990, n. 241);

- la determinazione dirigenziale 21 dicembre 2006 n. 309-557341 recante il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), è stata pubblicata all’Albo Pretorio della Provincia di Torino per quindici giorni a decorrere dal 18 gennaio 2007, e andava quindi impugnata entro il termine di sessanta giorni decorrente dalla scadenza del termine di pubblicazione (ex art. 41 comma 2 c.p.a., analogo all’art. 21 comma L. 1034/1971 vigente alla data di pubblicazione dell’atto in questione);

- la determinazione dirigenziale 16 settembre 2011 n. 75-32896/2011 recante la sospensione della prescrizione n. 23 del giudizio di compatibilità ambientale è stata pubblicata all’Albo Pretorio della Provincia di Torino dal 19 settembre 2011 al 4 ottobre 2011, e andava quindi impugnata entro il termine di sessanta giorni dalla scadenza del termine di pubblicazione.

3.12. Osserva il collegio che i primi due provvedimenti sopra citati (V.I.A. e A.I.A.) non sono stati impugnati nei termini da alcuno dei ricorrenti, fatta eccezione per l’Associazione Pro Natura Torino Onlus, il cui ricorso, peraltro, è già stato dichiarato inammissibile per tardività da questo Tribunale con sentenza n. 3611 dell’11.07.2007, passata in giudicato.

Analogamente, nessuno dei ricorrenti ha impugnato nei termini il terzo provvedimento citato, recante la sospensione della prescrizione n. 23 della V.I.A..

3.13. E’ stata invece impugnata tempestivamente nei termini la determinazione dirigenziale n. 27-3956/2012 del 6 febbraio 2012 recante il provvedimento di rinnovo dell’autorizzazione integrata ambientale, pubblicata all’Albo Pretorio della Provincia di Torino dal 9 febbraio 2012 per 15 giorni consecutivi e impugnata con il ricorso qui in esame consegnato per la notifica il 20 aprile 2012.

3.14. Alla luce di tali considerazioni, ritiene il collegio che l’eccezione di tardività formulata dalle difese dell’amministrazione provinciale e della controinteressata sia fondata e debba essere accolta, dovendosi dichiarare l’irricevibilità del ricorso nelle parti concernenti l’impugnazione della delibera della giunta provinciale del 21 novembre 2006 n. 1317-433230/2006 recante il giudizio positivo di compatibilità ambientale (V.I.A.), della determinazione dirigenziale della stessa Provincia 21 dicembre 2006 n. 309-557341, recante il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), e della determinazione dirigenziale 16 settembre 2011 n. 75-32896/2011 recante la sospensione della prescrizione n. 23 del giudizio di compatibilità ambientale.

3.15. Per l’effetto, devono ritenersi inammissibili tutte le censure dei ricorrenti riferite a valutazioni contenute nei predetti provvedimenti, ed in particolare:

- la censura svolta con il quarto motivo, relativa all’asserita incompetenza della giunta provinciale ad adottare l’atto conclusivo della valutazione di impatto ambientale del 2006;

- la censura svolta con il quinto motivo, relativa ad asserite carenze della sintesi non tecnica allegata allo studio di impatto ambientale presentata da TRM s.p.a. nel procedimento di VIA del 2006;

- la censura svolta con il settimo motivo, relativa all’asserito difetto di istruttoria e di motivazione dello Studio di Impatto Ambientale oggetto di valutazione nell’ambito del procedimento di VIA del 2006.

3.16. Sono invece tempestive e ammissibili le censure formulate nei confronti del provvedimento di rinnovo dell’AIA del 6 febbraio 2012, le cui statuizioni, anche nelle parti in cui appaiono “confermative” di prescrizioni già dettate nel provvedimento originario, non possono essere ritenute “meramente” tali, e come tali non impugnabili, giacchè adottate all’esito di un’istruttoria integralmente rinnovata.

4. Ciò chiarito, si può passare all’esame del merito delle censure ammissibili.

5. Con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto vizi di violazione di legge con riferimento agli artt. 10, 11, 12 e 19 L.R. Piemonte 24/2002 e agli 29 quater e 29 octies del D. Lgs. 152/2006, nonché vizi di incompetenza e di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione e per illogicità: secondo i ricorrenti il provvedimento impugnato, costituendo un atto di governo della gestione dei rifiuti, avrebbe dovuto essere adottato dall’Associazione d’Ambito Torinese per il governo dei rifiuti, ai sensi dell’art. 19 comma 5 della L.R. 24/2002; detta Associazione d’ambito è stata costituita sin dal 05.10.2005 ed è divenuta operativa il 18.07.2006; da quella data è cessata la competenza sostitutiva prevista in capo alla Provincia dall’art. 19 comma 5 della L.R. 24/2002 “nelle more dell’associazione di ambito di cui all’art. 12”; in subordine, il provvedimento impugnato sarebbe comunque illegittimo per violazione dell’art. 29 quater del D. Lgs. 152/2006, il quale impone che alla conferenza di servizi per il rinnovo dell’AIA vengano invitate tutte le amministrazioni competenti in materia ambientale; nel caso di specie, la Provincia non ha invitato l’ATO torinese, così integrando il vizio di difetto di istruttoria e di motivazione dell’atto conclusivo.

5.1. Osserva il collegio che la censura è infondata sotto entrambi i profili dedotti.

5.2. La competenza delle Province in ordine all’”approvazione dei progetti e al rilascio delle autorizzazioni alla realizzazione di impianti di smaltimento e di recupero di rifiuti” è positivamente prevista dall’art. 3 comma 1 lett. h) della L.R. 24/2002.

Alle Associazioni d’Ambito Ottimale competono, invece, funzioni amministrative di governo dei servizi pubblici locali di gestione dei rifiuti solidi urbani e assimilati, e quindi le scelte relative, in particolare, al tipo di gestione, al tipo di impianto e alla localizzazione di quest’ultimo.

Pertanto il rinnovo dell’A.I.A., attenendo a profili prettamente tecnici di gestione dell’impianto, competeva alla Provincia, e non all’ATO.

5.3. La stessa ATO non doveva essere (obbligatoriamente) invitata ai lavori della conferenza di servizi di cui all’art. 29 quater D.Lgs. 03.04.2006, n. 152: è convincente, al riguardo, la tesi della difesa provinciale che individua “le amministrazioni competenti in materia ambientale”, destinatarie dell’invito di cui al comma 5 dell’art. 29 quater, esclusivamente in quelle competenti al rilascio delle autorizzazioni di settore di cui all’allegato IX alla Parte seconda del decreto medesimo, vale a dire le amministrazioni competenti al rilascio delle autorizzazioni confluite nell’AIA e sostituite da quest’ultima, tra le quali (amministrazioni) non è ricompresa l’Associazione d’Ambito.

Il motivo in esame va quindi complessivamente disatteso.

6. Con il secondo, articolato motivo, i ricorrenti hanno dedotto vizi di violazione degli artt. 4, 6, 29 ter, 29 octies, 177, 178, 179, 181 e 182 del D. Lgs. 152/2006, dell’art. 12 della direttiva UE 24/11/2010, n. 75, dell’art. 6 Reg. CE 850/2004 III paragrafo e degli artt. 5 e 6 L.R. Piemonte 24/2002, nonché vizi di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione: secondo i ricorrenti la Provincia di Torino avrebbe omesso di verificare se nel caso di specie fosse possibile recuperare, in tutto o in parte, i rifiuti che l’impianto è invece destinato a incenerire, in violazione dell’art. 6 comma 16 del D. Lgs. 152/2006 (secondo cui i rifiuti sono eliminati solo qualora il recupero degli stessi sia “tecnicamente ed economicamente impossibile”); inoltre, nell’istanza di rinnovo dell’AIA il soggetto proponente avrebbe omesso di descrivere le tecniche e le misure alternative all’incenerimento, in violazione dell’art. 29 ter del D. Lgs. 152/2006, e, correlativamente, l’autorità procedente avrebbe omesso di verificare l’impossibilità tecnica ed economica di tali alternative; l’autorità procedente avrebbe altresì omesso di verificare il permanere della compatibilità dell’impianto rispetto all’attuale quadro pianificatorio, tenuto conto che il piano regionale di gestione dei rifiuti risale al 1997, non è stato sottoposto a VAS e non rispetta la normativa vigente, e analogamente il piano provinciale dei rifiuti risale al 2006 e si riferisce al periodo programmatico 2006-2011 (laddove l’art. 5 della L.R. 24/2002 prevede che esso debba essere aggiornato almeno ogni tre anni”); secondo i ricorrenti la compatibilità ambientale dell’impianto, accertata nel 2006 in esito alla procedura di VIA, dovrebbe oggi essere esclusa, sia perché risultano superati gli atti di pianificazione regionale e provinciale da cui essa traeva origine, sia perché lo stesso giudizio di compatibilità ambientale è obsoleto, essendo stato superato da circostanze sopravvenute; in particolare, nell’ambito del procedimento di rinnovo dell’AIA non si è tenuto conto del fatto che a distanza di sette anni il paventato esaurimento delle discariche torinesi si è dimostrato irrealistico; che i più recenti studi medici ed epidemiologici hanno accertato l’esistenza di una correlazione diretta tra le emissioni degli inceneritori e l’aggravarsi di evidenze patologiche sulle popolazioni esposte ad esse; che le più moderne tecnologie sono orientate al recupero dei rifiuti più che all’incenerimento degli stessi; che alcune delle condizioni previste nel “protocollo d’intesa termovalorizzatore” del 2004 non si sono verificate (rilocalizzazione entro il 2011 della Servizi Industriali, realizzazione di opere ferroviarie da e verso lo scalo di Orbassano); infine, che nel frattempo è entrato in vigore il D. Lgs. 13.08.2010 n. 155 di attuazione della direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria, che ha introdotto nuovi valori limite per le concentrazioni inquinanti nell’aria.

6.1. Osserva il collegio che la censura è infondata sotto tutti i profili dedotti.

6.2. Il rinnovo dell’autorizzazione integrata ambientale attiene esclusivamente agli aspetti gestionali dell’impianto e risponde alla finalità di aggiornare le condizioni di esercizio dell’impianto alla luce delle migliori tecnologie disponibili al momento, tenendo conto sia di eventuali criticità emerse in corso di esercizio, sia di eventuali sopravvenienze tecniche, fattuali o giuridiche: il tutto nella prospettiva di garantire il più elevato livello di tutela della salute umana e dell’ambiente.

Dalla documentazione in atti e dalla stessa lettura del provvedimento impugnato si evince che tale indagine è stata compiuta dalla Provincia di Torino con il coinvolgimento di tutte le amministrazione interessate e attraverso un’istruttoria capillare ed approfondita che ha condotto a dettare prescrizioni ancora più puntuali e rigorose di quelle apposte al titolo autorizzatorio originario.

6.3. Non era compito dell’amministrazione provinciale, in sede di rinnovo dell’AIA, rimettere in discussione e rivalutare aspetti afferenti esclusivamente alla fase della valutazione di impatto ambientale, quali la scelta del tipo di impianto, la sua localizzazione, la praticabilità di eventuali alternative, il permanere della compatibilità ambientale dell’opera rispetto ad asseriti mutamenti del quadro pianificatorio o ad asserite nuove evidenze scientifiche.

E’ stato affermato, a questo riguardo, che “il provvedimento favorevole di VIA […] ha carattere assorbente di tutti profili ambientali dell’impianto in questione, ivi compresa la sua localizzazione […] Non può sostenersi […] che in sede di procedimento di autorizzazione integrata ambientale l’amministrazione provinciale potesse intervenire nell’iniziativa - ed eventualmente contrastarla - quale titolare delle competenze ad autorizzare emissioni nell’atmosfera e nei corpi idrici e per esprimersi sulla localizzazione dell’impianto, dato l’avvenuto esaurimento di tali competenze all’interno del procedimento” di VIA (Cons. Stato, sez. V, 13 aprile 2012, n. 2117).

6.4. Il provvedimento di rinnovo dell’AIA poteva intervenire esclusivamente sulle condizioni di esercizio dell’impianto, e tanto ha fatto dettando prescrizioni rigorose, cautelative e, a ben guardare, neppure contestate dai ricorrenti, le cui censure, in definitiva, sembrano piuttosto preordinate, in modo strumentale (e inammissibile), a rimettere in discussione le scelte di fondo dell’amministrazione provinciale consacrate in altri provvedimenti ormai inoppugnabili e definitivi.

6.5. Peraltro, le stesse circostanze che a dire dei ricorrenti imporrebbero una rivalutazione del giudizio di impatto ambientale del 2006 (quali, ad esempio, l’asserita obsolescenza della pianificazione presupposta e la pubblicazione di studi scientifici attestanti l’incidenza degli inceneritori sul prodursi di talune patologie) sono state prospettate in modo del tutto generico, senza alcun riferimento specifico all’impianto del Gerbido.

Non è dato comprendere - poiché nulla si dice al riguardo - sotto quali profili la pianificazione regionale e provinciale in materia di rifiuti presupposta alla VIA del 2006 sarebbe divenuta obsolescente e renderebbe non più giustificabile la decisione di realizzare in loco l’inceneritore del Gerbido; per contro, la difesa provinciale ha documentato che tale apodittica affermazione è contraddetta dagli indirizzi di revisione del Piano regionale e del Piano provinciale di gestione dei rifiuti espressi nel 2009 e nel 2010 (docc. 10, 11 e 12 fascicolo Provincia), nei quali viene ribadito il fabbisogno di un termovalorizzatore del rifiuto urbano indifferenziato per quantitativi corrispondenti alle potenzialità dell’inceneritore del Gerbido, pur a fronte di obiettivo programmato di raccolta differenziata del 65% (pagg. 213 e ss. doc. 12; pagg. 24 e ss. doc. 10 fascicolo Provincia).

Nemmeno è dato comprendere in che modo la raccolta differenziata “porta a porta” dei rifiuti possa costituire, nell’ottica dei ricorrenti, una valida alternativa all’incenerimento dei rifiuti, posto che quest’ultimo avverrà comunque “a valle” della raccolta differenziata, svolgendo la precipua funzione di chiudere il ciclo di gestione dei rifiuti nel territorio provinciale, ovviando al prossimo esaurimento delle discariche.

Gli stessi studi medici - prodotti in giudizio dai ricorrenti in tomi ponderosi, ma richiamati negli atti difensivi con estrema parsimonia – oltre a non attestare alcuna correlazione diretta, concreta e scientificamente accertata tra gli impianti in questione ed il prodursi delle patologie, non appaiono comunque conferenti alla tesi di parte ricorrente, essendo stati elaborati con riferimento ad un diverso contesto territoriale e, soprattutto, ad impianti di incenerimento “di prima generazione”, risalenti nel tempo e diversi da quello del Gerbido.

Per contro, la documentazione versata in atti attesta che l’istruttoria svolta dall’amministrazione provinciale, prima in sede di VIA e poi in sede di rilascio dell’AIA, è stata condotta in modo approfondito e rigoroso coinvolgendo tutti gli aspetti contestati dai ricorrenti, tanto da aver superato positivamente il vaglio di numerosi pronunciamenti giurisdizionali, sia in primo grado che in grado d’appello.

Infine, appare una mera petizione di principio quella per cui il gestore dell’impianto, in sede di rinnovo dell’AIA, sarebbe stato tenuto a specificare nella propria domanda anche “le tecniche e le misure alternative all’incenerimento” prese in considerazione; una tesi, questa di parte ricorrente, che appare fondata su una lettura arbitraria e non condivisibile dell’art. 29 ter comma 1 lettera i) del D. Lgs. 152/2006: il quale, nell’imporre in capo al proponente l’onere di indicare le “principali alternative prese in esame” non sembra affatto riferire tale alternativa alla stessa scelta dell’inceneritore (ossia nel senso di “misure alternative all’inceneritore”) - il che sarebbe irragionevole, tanto più in sede di rinnovo dell’AIA – quanto invece alle “misure” indicate nelle due lettere immediatamente precedenti, relative rispettivamente alle “misure di prevenzione e di recupero dei rifiuti prodotti dall'impianto”, alle “misure previste per controllare le emissioni nell'ambiente” e alle “attivita' di autocontrollo e di controllo programmato”.

6.6. Alla stregua di tali considerazioni, il motivo in esame va complessivamente disatteso perché infondato.

7. Con il terzo motivo, i ricorrenti hanno dedotto vizi di violazione di legge con riferimento agli articoli 10 e 26 del D. Lgs. 152/2006 e di eccesso di potere per irragionevolezza, difetto di istruttoria e di motivazione: secondo i ricorrenti il rinnovo dell’AIA avrebbe dovuto comportare anche il rinnovo della VIA, anche alla luce di quanto previsto dall’art. 2 comma 8 lettera c) del D. Lgs. 128/2010, il quale dispone che il rilascio dell’AIA “sia coordinato nell’ambito del procedimento di VIA”; la VIA avrebbe dovuto essere rinnovata anche perché l’opera non è stata realizzata entro cinque anni dalla prima VIA: è vero che l’art. 23 comma 21 quinqiues del D. L. 01.07.2009 n. 78 prevede che il predetto termine si applica solo ai procedimenti amministrativi “avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4”, ma questa norma è palesemente incostituzionale per violazione degli artt. 2, 9 e 32 Cost., perché introduce una irragionevole distinzione tra procedimenti avviati prima e procedimenti avviati dopo la data indicata, a prescindere da qualsiasi valutazione che attenga alle finalità proprie dei procedimenti di VIA.

7.1. Il collegio osserva che anche tale censura non può essere condivisa.

7.2. Nessuna norma imponeva all’amministrazione provinciale di sottoporre il progetto dell’inceneritore ad una nuova valutazione di impatto ambientale in occasione del rinnovo dell’autorizzazione integrata ambientale, in mancanza di modificazioni progettuali di carattere sostanziale capaci di determinare nuovi e significativi impatti ambientali non considerati nella VIA originaria.

E’ stato affermato, a questo riguardo, che la rinnovazione del giudizio di compatibilità ambientale si impone solo allorchè siano introdotte delle modificazioni progettuali che determinino la costruzione di un manufatto significativamente diverso da quello già esaminato, mentre la stessa non è necessaria ogni qualvolta al progetto originario siano apportate modifiche che risultino più conformi agli interessi pubblici (determinando, ad esempio, una più efficace mitigazione degli effetti ambientali) o che, comunque, non diano vita ad un’opera strutturalmente diversa (Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 2006, n. 6831; Cons. Stato, sez, VI, 22 marzo 2012, n. 1640).

In tal senso si è pronunciata anche la Corte di Giustizia Europea con la sentenza 17 marzo 2011, C-275/09, Brussels HoofdstedeliJk Gewest.

7.3. Nel caso di specie, l’amministrazione provinciale e la controinteressata hanno dedotto che il progetto di termovalorizzatore non ha subito modificazioni sostanziali in sede di rinnovo dell’AIA, ma solo aggiornamenti e ottimizzazioni, tutti migliorativi del livello di protezione ambientale.

I ricorrenti, cui incombeva il relativo onere probatorio, non hanno provato il contrario.

7.4. Il richiamo all’art. 10 comma 2 del TUA non è pertinente perché la norma impone il cooordinamento della procedure di VIA e AIA solo nel caso in cui siano entrambe ancora da esperire, mentre nel caso di specie la VIA è stata già effettuata nel 2006 e, alla stregua di quanto sopra esposto, non doveva essere reiterata in sede di rinnovo dell’AIA.

7.5. L’eccezione di incostituzionalità dell’art. 26 comma 6 del TUA, nel testo risultante dalla novella di cui all’art. 23, comma 21 quinquies del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, convertito in legge 3 agosto 2009, n. 102, non è rilevante ai fini del giudicare giacchè la norma va ragionevolmente riferita alla sola ipotesa – diversa da quella in esame – in cui il progetto dell’opera pubblica, oltre a non essere stato realizzato integralmente nel quinquennio successivo alla pubblicazione del provvedimento di VIA, abbia altresì subìto, medio tempore, modifiche sostanziali produttive di nuovi e maggiori impatti ambientali, come tali necessitanti di una nuova valutazione di compatibilità.

7.6. Il motivo in esame va quindi complessivamente disatteso.

8. Sulla inammissibilità delle censure dedotte con il quarto, quinto e settimo motivo si è già detto.

9. Resta da esaminare il sesto motivo, con cui i ricorrenti hanno lamentato che nel provvedimento di rinnovo dell’AIA non siano stati previsti limiti alle emissioni in atmosfera per le sostanze inquinanti “Bifenili Policlorurati (PCB)”, “Esaclorobenzene (HCB)” e “Pentaclorobenzene”, sebbene ciò sia espressamente previsto dall’allegato III del Reg. CE 850/2004 come modificato dall’allegato I del Reg. CE 757/2010.

9.1. Osserva il collegio che anche tale censura è infondata.

9.2. Il provvedimento impugnato contiene, sotto lo specifico profilo contestato dai ricorrenti, una puntuale giustificazione: vi si afferma che “trattandosi di un impianto di incenerimento di rifiuti non pericolosi, che non contengono né sono contaminati da PCB, non si ritiene necessario fissare un valore limite alle emissioni per tale parametro”, aggiungendosi peraltro che “tuttavia si ritiene opportuno inserire tale parametro tra i controlli che verranno eseguiti dall’ARPA nell’ambito della sua programmata attività di verifica dei rifiuti in ingresso e dei microinquinanti alle emissioni”.

Tale motivazione non è contestata dai ricorrenti e, in ogni caso, appare al collegio esente da palesi vizi logici o di ragionevolezza, atteso che l’obbligo di prevedere limiti di emissione per le predette sostanze inquinanti è previsto dalla normativa comunitaria solo in relazione ad impianti che trattino rifiuti classificati come “pericolosi”, gli unici idonei a produrre tali sostanze: ma tali rifiuti non sono ammessi nell’impianto del Gerbido, destinato ad accogliere solo rifiuti urbani “non pericolosi”, e comunque le misure di controllo cautelativo previste nel provvedimento a carico dell’ARPA anche in relazione a tale specifico profilo costituiscono un ulteriore presidio di buona e corretta gestione dell’inceneritore anche in relazione alle sostanze inquinanti paventate dai ricorrenti.

10. In conclusione, alla luce di tutte le considerazioni fini qui svolte, il ricorso in esame va in parte dichiarato irricevibile per tardività e in parte respinto perchè infondato.

11. Le spese di lite possono essere compensate tra tutte le parti costituite, attesa la pluralità e la complessità delle questioni esaminate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara irricevibile per tardività e in parte lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente

Paola Malanetto, Referendario

Ariberto Sabino Limongelli, Referendario, Estensore

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/11/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)