Cass. Sez. III n. 10740 del 13 marzo 2015 (Ud 25 nov 2014)
Pres. Teresi Est. Di Nicola Ric. Albani
Urbanistica.Denuncia inizio attività e silenzio della p.a.

In materia edilizia, l'inutile scadenza del termine di legge per contestare all'interessato la carenza dei presupposti e dei requisiti per seguire la disciplina procedimentale della denunzia di inizio attività non configura un provvedimento implicito di silenzio-assenso, rimanendo impregiudicato il potere-dovere del Comune e dell'autorità giudiziaria di intervenire sul piano sanzionatorio nel caso in cui l'intervento realizzato a seguito della presentazione della D.I.A. risulti sottoposto a permesso di costruire

RITENUTO IN FATTO

1. E' impugnata l'ordinanza indicata in epigrafe con la quale il Tribunale della libertà di Catania ha confermato il decreto di sequestro preventivo adottato dal Gip presso il Tribunale della medesima città.

Al ricorrente è provvisoriamente contestato il reato previsto dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. b), per avere realizzato, in qualità di proprietario e committente, lavori di ampliamento di preesistente immobile con opere in muratura in assenza del prescritto titolo abilitativo.

2. Per la cassazione dell'impugnata ordinanza, ricorre A. A., tramite il difensore, affidando il gravame ad un unico articolato motivo con il quale denuncia la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e), in relazione all'art. 321 cod. proc. pen..

Assume il ricorrente che i lavori erano stati regolarmente intrapresi in base alla presentazione di una Dia e che il provvedimento di diffida a proseguire i lavori non radica, per ciò solo, il fumus del reato ipotizzato in presenza di una Dia che legittimava ampiamente gli interventi.

Secondo l'assunto del ricorrente, l'ordinanza impugnata non regge al necessario sindacato sulla coerenza e logicità della motivazione sia nella parte in cui ritiene sussistere il fumus delicti e sia nella parte in cui ritiene, con motivazione meramente apparente ed mancanza di alcuna disamina critica in ordine alle allegazioni difensive, sussistente il pericolo di reiterazione del reato.

Secondo i predicati dell'ordinanza, il giudizio prognostico si fonderebbe su affermati ampliamenti senza però indicarne la reale consistenza e il periculum in mora.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato e presentato nei casi non consentiti.

2. Va preliminarmente chiarito come questa Corte, nella sua più autorevole composizione, abbiano precisato che il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio sia ammesso solo per violazione di legge, dovendosi comprendere in tale nozione sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692).

3. Nel caso di specie, il tribunale cautelare ha affermato, con coerente e completa motivazione, che il ricorrente, in qualità di proprietario di unità immobiliare sita nel territorio del Comune di (OMISSIS), destinata a civile abitazione, aveva presentato al Comune perizia asseverata relativa all'esecuzione di opere interne al manufatto (non comportanti aumento di volumetria).

Successivamente lo stesso ricorrente presentava alla competente Autorità comunale una Dia relativa all'esecuzione di lavori di ristrutturazione con ampliamento del medesimo manufatto ai sensi della L.R. 23 marzo 2010, n. 6 (cosiddetto "piano Casa"), che prevedeva l'annessione al manufatto del portico e di altre piccole porzioni attraverso l'esecuzione di interventi in muratura di ampliamento della volumetria dell'immobile.

Decorsi trenta giorni dalla presentazione della Dia, nel silenzio della P.A., il ricorrente dava inizio ai lavori (sia interni, secondo la perizia asseverata, sia esterni, in virtù della richiamata Dia).

In data 21 ottobre 2013 il Comune di (OMISSIS), con ordinanza, disponeva l'immediata sospensione dei lavori riguardanti le opere di cui alla D.I.A., rilevando che gli elaborati grafici allegati avevano evidenziato un superamento dei limiti del 20% del volume esistente per il quale la richiamata Legge Regionale consentiva l'ampliamento.

A seguito del citato provvedimento di sospensione, il ricorrente presentava, in data 31 ottobre 2013, una nuova D.I.A. in cui, preso atto dell'ordinanza di sospensione lavori e dei rilievi dell'Amministrazione comunale, "rivisitava" i calcoli precedenti con un nuovo conteggio della cubatura esistente che rientrava nei limiti previsti dal "Piano Casa" e, in attesa che l'Amministrazione si pronunciasse sulla nuova D.I.A., comunicava che i lavori interni di cui alla perizia asseverata sarebbero nelle more ripresi.

In tale contesto fattuale, seguiva, in data 19 novembre 2013, un sopralluogo di personale dell'Ufficio Tecnico del Comune di (OMISSIS) volto a controllare l'osservanza della diffida di sospensione lavori ed in quella circostanza veniva accertato che il ricorrente aveva continuato nell'attività edificatoria, pur in presenza della diffida di sospensione ed in assenza di valido titolo abilitativo e, siccome era stato accertato che i lavori edilizi in corso di esecuzione al momento del controllo "interessavano anche le strutture ex novo realizzate in ampliamento dell'immobile esistente" (nota della P.A. dell'11 dicembre 2013), seguiva la segnalazione all'Autorità giudiziaria e l'emanazione del decreto di sequestro preventivo dell'immobile sul presupposto dell'accertata esistenza di lavori in corso e tenuto conto della necessità di evitare l'aggravamento delle conseguenze del reato.

Peraltro, anche in relazione alla nuova D.I.A. presentata in data 31 ottobre 2013, il Comune di (OMISSIS) interveniva con nota n. 22404 del 18 novembre 2013, con la quale diffidava la committenza a non proseguire i lavori, risultando ancora discrasie tra gli elaborati grafici allegati alle due D.I.A. e ritenendo pertanto necessario da parte dell'istante integrare la documentazione prodotta.

Sul presupposto quindi che i lavori edilizi in corso di esecuzione al momento del controllo "interessavano anche le strutture ex novo realizzate in ampliamento dell'immobile esistente", il tribunale ha ritenuto la configurabilità del fumus del reato ipotizzato, avendo il ricorrente proseguito i lavori di ampliamento del manufatto (e di conseguente aumento di volumetria), pur in presenza dell'ordinanza di sospensione lavori e, soprattutto, in assenza di valido titolo abilitativo.

L'ulteriore requisito richiesto del periculum è stato ritenuto sul rilievo che i lavori di ampliamento del manufatto erano ancora in corso di esecuzione ed erano proseguiti nonostante l'esistenza di una diffida in tal senso sicchè la libera disponibilità del manufatto rendeva concreto il pericolo di prosecuzione e di aggravamento delle conseguenze del reato ipotizzato.

4. Al cospetto di un completo apparato argomentativo, il ricorrente si limita a contrastare la nota dell'11 dicembre 2013, dalla quale chiaramente si evince che erano stati eseguiti lavori necessitanti il titolo abilitativo, ritenendola apoditticamente generica, nonostante l'evidente emergenza circa la realizzazione ex novo di strutture di ampliamento dell'immobile, risolvendosi pertanto le censure in una diversa ed inammissibile ricostruzione fattuale.

Va solo segnalato che, secondo il più condivisibile ed autorevole orientamento espresso dalla giurisprudenza amministrativa, la L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 19 prevede che alla d.i.a., conformemente alla logica delle liberalizzazioni delle attività private al cui modello essa risponde, debba riconoscersi la natura di atto privato e non di provvedimento amministrativo, in quanto non è espressione di una potestà pubblicistica, con la conseguenza che l'esercizio di poteri inibitori, scaduto il termine di trenta giorni dalla comunicazione di avvio, deve ritenersi ammissibile nei limiti di cui agli artt. 21 quinquies e nonies della predetta Legge (Consiglio di Stato, sez. 6 n. 717 del 09/02/2009).

Ne consegue che, a maggior ragione, il termine di trenta giorni non impedisce l'esercizio dell'ordinario potere sanzionatorio-repressivo per ogni trasformazione edilizia contrastante con la disciplina urbanistica.

Questa Corte si è già espressa sul punto sicchè va ribadito che, in materia edilizia, l'inutile scadenza del termine di legge per contestare all'interessato la carenza dei presupposti e dei requisiti per seguire la disciplina procedimentale della denunzia di inizio attività non configura un provvedimento implicito di silenzio- assenso, rimanendo impregiudicato il potere-dovere del Comune e dell'autorità giudiziaria di intervenire sul piano sanzionatorio nel caso in cui l'intervento realizzato a seguito della presentazione della D.I.A. risulti sottoposto a permesso di costruire (Sez. 3, n. 11252 del 17/01/2008, Tartaglia, Rv. 239005).

5. Sulla base delle considerazioni che precedono la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2015