Cass. Sez. III n. 39428 del 3 settembre 2018 (Ud 12 giu 2018)
Pres. Lapalorcia Est. Ramacci Ric. Impastato
Urbanistica.Disciplina antisismica e valutazione dell’opera

Anche per quanto riguarda la disciplina antisismica, la valutazione di un'opera va effettuata con riferimento al suo complesso, non potendosi considerare separatamente i singoli interventi, anche successivi, non rilevando, peraltro, l’entità delle difformità realizzate né eventuali deroghe per particolari categorie di opere stabilite da disposizioni amministrative regionali.



RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Firenze, con sentenza del 15 settembre 2017 ha affermato la responsabilità penale di Silvano IMPASTATO, Luisa PRETINI e Sauro DI SANDRO, che ha condannato alla pena dell’ammenda, per il reato di cui agli articoli 110 cod. pen., 93 e 95 d.P.R.  380\2001, perché, in concorso tra loro, i primi due quali proprietari e committenti, il terzo quale tecnico asseverante e direttore dei lavori ed il quarto quale legale rappresentante della ditta esecutrice dei lavori, realizzavano interventi in zona sismica senza provvedere al preventivo deposito, presso l'ufficio del Genio Civile, del relativo progetto; in particolare, perché realizzavano opere strutturali diverse da quelle oggetto del progetto depositato, consistite nell’allungamento dei pilastri esterni in muratura tramite una porzione di pilastro in cemento armato e nella realizzazione di due travi in cemento armato poste al di sopra delle travi principali di copertura, inoltre perché realizzavano opere strutturali, in assenza del deposito del progetto, consistite nella costruzione di platee di fondazione, pilastri e travi in cemento armato e solatio interpiano in legno (fatto accertato in Fucecchio, il 9 giugno 2014).
Il tribunale, inoltre, ha assolto gli imputati dal reato di cui all'articolo 44, lett. c) d.P.R.  380\2001, ritenendo che parte dell'intervento e, segnatamente, la movimentazione di terreno, il riporto, la realizzazione di un marciapiede, la realizzazione di cordonature e di pilastri, lo scavo del piano terra ed il rialzamento del tetto fossero da qualificarsi come interventi manutentivi tali da non richiedere il titolo edilizio e, pertanto, quali fatti non previsti dalla legge come reato. Riteneva, inoltre, il rifacimento del solaio quale intervento estinto per sanatoria ai sensi dell'articolo 36 del medesimo d.P.R. .
Ha inoltre dichiarato non doversi procedere, nei confronti degli imputati, in relazione al reato paesaggistico, pure contestato, perché estinto a seguito di sanatoria paesaggistica ai sensi dell'articolo 181, comma 1-quinquies d.lgs. 42\2004, richiamando, in particolare, l’innalzamento della quota del tetto.
Avverso tale pronuncia i predetti propongono ricorso per cassazione tramite i rispettivi difensori di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2. Silvano IMPASTATO e Luisa PRETINI, con un primo motivo di ricorso, deducono la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rappresentando che il giudice del merito avrebbe erroneamente affermato la loro responsabilità penale per la violazione della normativa antisismica senza tener conto del fatto che le opere eseguite e non indicate nel progetto originariamente depositato andrebbero considerate come “interventi aggiuntivi”, qualificabili quali “opere di trascurabile importanza ai fini della pubblica incolumità”, rispetto alle quali l'articolo 12 del DPRG della Regione Toscana numero 36\R del 2009 consente la possibilità di procedere senza necessità di ulteriore previa autorizzazione, ovvero senza preavviso.

2.1. Con un secondo motivo di ricorso denunciano la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando che la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto del fatto che le opere oggetto di imputazione non avrebbero comportato in alcun modo la modifica della tipologia strutturale del fabbricato e non necessitavano, pertanto, di quanto richiesto dagli articoli 93 e 95 del d.P.R. 380\01.
Specificano che le caratteristiche degli interventi aggiuntivi non presenterebbero neppure i requisiti previsti dal d.m. 14 gennaio del 2008.
Rilevano, altresì, che tali opere non potrebbero considerarsi quali difformità al progetto, bensì avrebbero potuto essere ricondotte, nell’ipotesi meno favorevole agli imputati, ad un caso in cui la pratica già avviata necessitava di meri chiarimenti o integrazioni, integrazioni comunque fornite al Genio Civile il quale, peraltro, non aveva richiesto il deposito di un nuovo progetto, limitandosi a considerare le nuove opere quale variante al progetto medesimo.
Lamentano, altresì, che il giudice del merito non avrebbe provveduto al necessario accertamento tecnico nei termini indicati dall'articolo 98 del d.P.R.  380\2001.

2.3. Con un terzo motivo di ricorso rilevano la violazione di legge ed il vizio di motivazione, ritenendo incolpevole la condotta dei proprietari committenti, i quali si sarebbero rivolti a soggetti dotati di specifiche competenze tecniche riguardo ad una materia che aveva richiesto anche interventi interpretativi ed orientativi da parte del legislatore regionale.

2.4. Con un quarto motivo di ricorso lamentano che il giudice del merito avrebbe erroneamente ritenuto non maturata la prescrizione del reato.

2.5. Con un quinto motivo di ricorso denunciano la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all'articolo 131-bis cod. pen.  

3. Il ricorso di Sauro DI SANDRO si fonda su argomentazioni non dissimili da quelle prospettate dai ricorrenti IMPASTATO e PRETINI
Egli deduce infatti,  con un primo motivo di ricorso, la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando che, diversamente da quanto accertato dalla polizia giudiziaria, gli ulteriori interventi realizzati non potrebbero ritenersi quali opere strutturali rispetto a quelle indicate nel progetto originario e, pertanto, richiama l'attenzione sul fatto che il Genio Civile avrebbe considerato tali opere come mera variante, nonché sui contenuti dell'articolo 12 del DPRG della Regione Toscana numero 36\R del 2009.

3.1. Con un secondo motivo di ricorso lamenta il fatto della mancata declaratoria di prescrizione del reato.

3.2. Con un terzo motivo di ricorso deduce la mancata assunzione della prova decisiva e, segnatamente, la mancata audizione di testi e consulenti tecnici e l'espletamento di perizia.

3.3. Con un quarto motivo di ricorso segnala la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all'articolo 131-bis cod. pen.  

Tutti insistono pertanto per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi    


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono infondati.

2. Occorre rilevare, con riferimento al primo e secondo motivo di ricorso di Silvano IMPASTATO e Luisa PRETINI ed al primo motivo di ricorso di Sauro DI SANDRO, che gli stessi si fondano, così come la sentenza, su un erroneo presupposto e, cioè, sulla possibilità di una valutazione parziale e frammentaria dell’intervento edilizio.

3. Invero, come è dato rilevare dalla sentenza, il giudice del merito, nell’assolvere gli imputati dalla violazione urbanistica contestata al capo a) dell’imputazione, ha preso in considerazione singolarmente le opere eseguite, come ricordato in premessa, ritenendone alcune non soggette a titolo abilitativo edilizio ed altre sanate ai sensi dell’art. 36 d.P.R. 380\01 ed altrettanto sembra aver fatto con riferimento alla violazione paesaggistica, rispetto alla quale, riferendosi, in dispositivo, alla “sanatoria paesaggistica”, richiama, in particolare, l’innalzamento della quota del tetto.
Altrettanto avviene nei ricorsi, laddove le opere eseguite vengono distinte, come si dirà anche in seguito, tra quelle individuate nel progetto originariamente presentato e quelle definite “aggiuntive”, ritenendo queste ultime di minimo rilievo e, in quanto tali, sottratte alla disciplina antisismica in forza delle richiamate disposizioni regionali.

4. Una simile soluzione interpretativa è del tutto errata.
Essa si pone, infatti, in palese contrasto con il principio, ripetutamente affermato da questa Corte e che qui va fermamente ribadito, secondo il quale il regime dei titoli abilitativi edilizi non può essere eluso attraverso la suddivisione dell’attività edificatoria finale nelle singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più limitate per la loro più modesta incisività sull’assetto territoriale. L’opera deve essere infatti considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti e ciò ancor più nel caso di interventi su preesistente opera abusiva (Sez. 3, n. 30147 del 19/4/2017, Tomasulo, Rv. 270256; Sez. 3, n. 16622 del 8/4/2015, Pmt in proc. Casciato, Rv. 263473; Sez. 3, n. 15442 del 26/11/2014 (dep. 2015), Prevosto e altri, Rv. 263339; Sez. 3, n. 5618 del 17/11/2011 (dep.2012), Forte, Rv. 252125; Sez. 3 n. 34585 del 22/4/2010, Tulipani, non massimata; Sez. 3, n. 20363 del 16/3/2010, Marrella, Rv. 247175;  Sez. 3, n. 4048 del 6/11/2002 (dep. 2003), Tucci, Rv. 223365).
Ciò sé stato ripetutamente specificato anche con riferimento alla sanatoria degli abusi edilizi, escludendo l'ammissibilità di una «sanatoria parziale», dovendo l'atto abilitativo postumo contemplare gli interventi eseguiti nella loro integrità (cfr.. Sez. 3, n. 22256 del 28/4/2016, Rongo, Rv. 267290; Sez. III n. 19587, 18 maggio 2011; n. 45241, 5 dicembre 2007, non massimata; Sez. 3, n. 291 del 26/11/2003 (dep.2004), P.M. in proc. Fammiano, Rv. 226871) ed escludendo, altresì, la sanatoria condizionata all’esecuzione di interventi volti a ricondurre il manufatto a conformità urbanistica (Sez. 3, n. 51013 del 05/11/2015, Carratu' e altro, Rv. 266034 e prec. conf.), nonché quella “giurisprudenziale” o “impropria” (Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci e altro, Rv. 260973 e prec. conf.) sempre sulla base della necessità di una valutazione unitaria delle opere a tal fine.

5. Tali principi sono stati, dunque, del tutto ignorati dal Tribunale, sebbene tale evenienza non rilevi in questa sede in assenza di impugnazione del Pubblico Ministero, ma vanno ulteriormente considerati anche in relazione a quanto prospettato dai ricorrenti nei motivi di ricorso in esame, poiché anche in questo caso si rileva, dal contesto generale delle argomentazioni sviluppate, che gli interventi realizzati non sono stati presi in considerazione unitariamente.


6. Invero, l’art. 93 del d.P.R. 380\01, nel disciplinare le modalità di denuncia dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche, afferma chiaramente, al comma 3, che il contenuto minimo del progetto è determinato dal competente ufficio tecnico della regione e che, in ogni caso, il progetto deve essere esauriente per planimetria, piante, prospetti e sezioni ed accompagnato da una relazione tecnica, dal fascicolo dei calcoli delle strutture portanti, sia in fondazione sia in elevazione, e dai disegni dei particolari esecutivi delle strutture.
Nei successivi commi 4 e 5 si stabilisce, inoltre, che al progetto deve essere allegata una relazione sulla fondazione, nella quale devono essere illustrati i criteri seguiti nella scelta del tipo di fondazione, le ipotesi assunte, i calcoli svolti nei riguardi del complesso terreno-opera di fondazione e che la relazione sulla fondazione deve essere corredata da grafici o da documentazioni, in quanto necessari.
Il rigoroso procedimento autorizzatorio individuato dal legislatore che, come è noto, si configura come del tutto autonomo da quello finalizzato al rilascio del titolo abilitativo edilizio, ha la evidente finalità di consentire il controllo preventivo da parte della pubblica amministrazione di tutte le costruzioni realizzate in zone sismiche, stante l’evidente rilievo che esse assumono con   riferimento alle esigenze di tutela della pubblica incolumità, sicché è evidente l’esigenza, avvertita dalle richiamate disposizioni, di fornire alle autorità competenti una informazione completa circa le opere da realizzare.
Da ciò consegue, evidentemente, che non può ammettersi la possibilità di interventi non conformi all’opera progettata, valutandone singolarmente la consistenza ai fini della necessità o meno del rilascio di un titolo abilitativo.
Ciò è quanto fanno, invece, i ricorrenti, considerando autonomamente singole opere che essi stessi ammettono non essere incluse nel progetto depositato presso il Genio Civile e che, sulla base di personali valutazioni in fatto relative alla loro effettiva consistenza, ritengono non rilevanti sulla base della disciplina regionale che assumono, peraltro, erroneamente applicata dal giudice del merito.
Una simile asserzione, proprio alla luce della finalità della disciplina antisismica di cui si è detto, non può essere condivisa, perché le opere vanno considerate nella loro integrità e la valutazione sulla loro effettiva consistenza e conseguente rilevanza ai fini della disciplina antisismica spettava alle autorità competenti.
Si è inoltre già affermato che, ai fini dell'integrazione delle violazioni della disciplina prevista per le costruzioni in zone sismiche, non rileva la concreta entità delle opere realizzate in difformità rispetto a quelle assentite, poiché essa non prevede esenzioni o tetti minimi di difformità, ma trova applicazione in ogni caso di violazione (così Sez. 3, n. 36576 del 21/6/2011, Licastro e altro, Rv. 251388).
A nulla rileva, inoltre, il contenuto delle disposizioni regionali richiamate in ricorso, poiché, in disparte la questione della loro applicabilità o meno nel caso concreto, va ricordato come questa Corte abbia già avuto modo di affermare che il reato previsto dall'art. 95 d.P.R. 380\01 è applicabile a qualsiasi opera, eseguita in assenza della prescritta autorizzazione antisismica, in grado di esporre a pericolo la pubblica incolumità, senza che le Regioni possano adottare in via amministrativa deroghe per particolari categorie di interventi ed escludendo espressamente la possibilità di individuazione di "opere minori" non soggette alla disciplina antisismica, poiché ciò costituisce aperta violazione del disposto dell'art. 83 del d.P.R. n. 380 del 2001, il quale prevede che tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità sono soggette alla normativa antisismica (così, Sez. 3, n. 19185 del 14/1/2015, Garofano, Rv. 263376).

7. Va conseguentemente affermato che, anche per quanto riguarda la disciplina antisismica, la valutazione di un'opera va effettuata con riferimento al suo complesso, non potendosi considerare separatamente i singoli interventi, anche successivi, non rilevando, peraltro, l’entità delle difformità realizzate né eventuali deroghe per particolari categorie di opere stabilite da disposizioni amministrative regionali.

8. Per quanto concerne, poi, il terzo motivo di ricorso di Silvano IMPASTATO e Luisa PRETINI, va ricordato che incombe sui soggetti che intendono eseguire interventi edilizi uno specifico onere di informazione presso le autorità competenti circa la disciplina che regola l’esecuzione delle opere che si intendono effettuare, tanto più quando, come nella fattispecie, si tratta della esecuzione di interventi non compresi nel progetto presentato, sicché una simile verifica, diversamente da quanto si assume in ricorso, non era affatto complessa.

9. Quanto alla dedotta prescrizione del reato, di cui trattano il quarto motivo di ricorso di Silvano IMPASTATO e Luisa PRETINI ed il terzo motivo di ricorso di  Sauro DI SANDRO, va rilevato che la data di accertamento del fatto è quella del 9/6/2014 ed il giudice ha invece collocato la cessazione della permanenza del reato al 10/2/2015, data in cui è stata ottenuta quella che viene definita “sanatoria postuma” da parte del Genio Civile.
I ricorrenti IMPASTATO e PETRINI, invece, ritengono che il reato sia istantaneo ed individuano, al più tardi, come data dalla quale inizierebbero a decorrere i termini di prescrizione, il 22 febbraio 2013, data di inizio dei lavori, mentre il ricorrente DI SANDRO indica come data di ultimazione lavori fine giugno del 2013.
Va rilevata, in primo luogo, la natura permanente del reato in esame.
Dando atto delle precedenti oscillazioni della giurisprudenza, questa Corte ha qualificato come permanente il reato contestato agli odierni ricorrenti, chiarendo che la consumazione dello stesso si protrae sino a quando il responsabile non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto ovvero non termina l'intervento edilizio (Sez. 3, n. 29737 del 4/6/2013, Vella, Rv. 255823, cui si rinvia per i richiami ai precedenti). Il principio è stato successivamente ribadito (Sez. 3, n. 12235 del 11/2/2014, Petrolo, Rv. 258738; Sez. 3, n. 2209 del 3/6/2015 (dep.2016), Russo e altro, Rv. 266224; Sez. 3, n. 1145 del 8/10/2015 (dep.2016), Stabile, Rv. 266015;  Sez. 3, n. 24574 del 23/6/2016 (dep. 2017), Sorbello, non massimata).
Ciò premesso, deve rilevarsi, considerati i richiamati principi, che in ogni caso, considerando la data di accertamento del fatto, la data di conseguimento della “sanatoria” o quella di fine lavori come individuata dallo stesso DI SANDRO, e calcolando anche le sospensioni dei termini di cui viene dato atto in sentenza, il termine massimo quinquennale di prescrizione non è, ad oggi, maturato.

10. Quanto alla mancata assunzione di prove, di cui tratta il terzo motivo di ricorso del DI SANDRO, richiamando anche il contenuto dell’art. 98 d.P.R. 380\01, menzionato anche nel secondo motivo degli altri ricorrenti, va rilevato, quanto alla richiamata disposizione, che la stessa è rivolta al Pubblico Ministero, al quale è consentita, qualora ravvisi la necessità di ulteriori accertamenti tecnici, la nomina di uno o più consulenti, da scegliere fra i componenti del Consiglio superiore dei lavori pubblici o tra tecnici laureati appartenenti ai ruoli del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti o di altre amministrazioni statali.
Si tratta di mera facoltà e non di obbligo, che la legge neppure prevede nei confronti del giudice.

11. Quanto alla ulteriore censura concernente la mancata assunzione di prove richieste, nei ricorsi non viene dedotto di aver eccepito immediatamente l'eventuale nullità dell'ordinanza di revoca, sicché una eventuale nullità sarebbe in ogni caso sanata ai sensi dell'art. 182, comma 2 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 2, n. 9761 del 10/2/2015, Rizzello, Rv. 263210; Sez. 5, n. 51522 del 30/9/2013, Abatelli e altro, Rv. 257891; Sez. 5, n. 18351 del 17/2/2012, Biagini, Rv. 252680; Sez. 3, n. 816 del 06/12/2005 (dep. 2006), Guatta, Rv. 233256).
Neppure viene offerta la doverosa dimostrazione della decisività della prova non ammessa, dovendosi intendere come tale quella che, ove esperita, avrebbe determinato una diversa decisione (Sez. 4, n. 6783 del 23/1/2014, Di Meglio, Rv. 259323; Sez. 3, n. 27581 del 15/6/2010, M., Rv. 248105; Sez. 6, n. 14916 del 25/3/2010, Brustenghi e altro, Rv. 246667 ed altre prec. conf.).
Tale onere, infatti, incombe sulla parte che intende censurare l'ordinanza con la quale viene esclusa la prova già ammessa, in forza del principio di specificità di all'art. 581, comma primo, lett. c). cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 15673 del 19/12/2011 (dep. 2012), Ceresoli, Rv. 252581).

12. Per ciò che concerne, infine, il quinto motivo del ricorso IMPASTATO e PRETINI ed il quarto motivo del ricorso DI SANDRO, concernente la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., va osservato che nessuno dei suddetti risulta aver richiesto l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. nel giudizio di merito, risultando l’unica richiesta in tal senso formulata dall’imputato Marco BECONCINI, non ricorrente e pertanto, deve ribadirsi, secondo quanto già affermato da questa Corte, che quando la sentenza di merito è successiva alla vigenza della nuova causa di non punibilità, la questione dell'applicabilità dell'art. 131-bis cod. pen. non può essere posta per la prima volta nel giudizio di legittimità come motivo di violazione di legge (cfr. Sez. 6, n. 20270 del 27/4/2016, Gravina, Rv. 26667801; Sez. 7, n. 43838 del 27/5/2016, Savini, Rv. 26828101), né può affermarsi, in assenza di specifica richiesta, che nella fattispecie il giudice avesse l’obbligo di pronunciarsi comunque.

13. I ricorsi devono pertanto essere rigettati, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.


P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento
Così deciso in data 12/6/2018