Cass. Sez. III n. 41619 del 4 novembre 2022 (UP 14 giu 2022)
Pres. Aceto Est. Corbetta Ric. Pino
Urbanistica.Legittimazione del Comune a costituirsi quale parte civile

Nei procedimenti per violazioni urbanistico-edilizie deve riconoscersi la legittimazione del Comune a costituirsi quale parte civile nel processo in quanto titolare dell'interesse di natura pubblicistica leso dalla condotta criminosa, e stante il diritto di ogni ente pubblico al riconoscimento, al rispetto e all'inviolabilità della propria posizione funzionale, così come del diritto alla realizzazione e alla conservazione di un ordinato sviluppo di un predeterminato assetto urbanistico, che sono compromessi dagli illeciti urbanistici


RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’impugnata sentenza, ai fini qui di interesse, il Tribunale di Messina condannava Bartolo Pino alla pena di 500 euro di ammenda per il reato di cui agli artt. 93, 94 e 95 d.P.R. n. 380 del 2001, di cui al capo B), per aver realizzato una tettoia lignea avente profondità di 2,30 m., lunghezza pari a 9,70 m. e altezza al colmo pari a 3,25 m., senza darne preventivo avviso all’ufficio del Genio civile di Messina e senza la preventiva autorizzazione scritta di tale ufficio; in Messina tra l’agosto e il 20 novembre 2018. Il Tribunale, inoltre, condannava l’imputato al risarcimento dei danni patiti dalla parte civile costituita, Comune di Messina, da liquidarsi in sede civile, e  assolveva il Pino dal reato di cui all’art. 44, comma 1, lett. b) d.P.R. n. 380 del 2001, contestato dal capo A), perché il fatto non sussiste.

2. Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, per il tramite del difensore di  fiducia, propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce il vizio di motivazione, essendovi un’incompatibilità logica tra l’assoluzione dal reato di cui all’art. 44, comma 1, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001 e la condotta per il reato di cui al capo B).
2.2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., non avendo il Tribunale sospeso il processo sino all’esaurimento del procedimento amministrativo di sanatoria, in quanto era già stato emanato il provvedimento comunale di indizione della conferenza decisoria.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 538 cod. proc. pen., posto che la costituzione di parte civile del Comune era strettamente e unicamente collegata al reato di cui all’art. 44, comma 1, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001, per il quale è intervenuta sentenza di assoluzione.
2.4. Con il quarto motivo si invoca l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., stante la minima offensività del fatto desumibile anche dalla esiguità della pena inflitta.

3. Il ricorso è inammissibile.

4. Il primo motivo è manifestamente infondato perché generico.
Il ricorrente, invero, omette di confrontarsi con la motivazione della pronuncia impugnata, laddove ha spiegato che l’assoluzione per il reato di cui al capo A) non è dovuto al fatto che le opere non fossero state realizzate, ma perché si trattava di opere per la cui realizzazione era necessario non il permesso di costruire, ma il nulla osta da parte del Genio civile.
Non è perciò ravvisabile alcuna contraddizione logica tra la statuizione di assoluzione per il reato di cui al capo A) e quella di condanna per il reato di cui al capo B), posto che pacificamente la realizzazione della tettoria in esame necessitava della preventivo avviso all’ufficio del Genio civile e della relativa autorizzazione scritta da parte di tale ufficio.

5. Il secondo motivo è inammissibile perché manifestamente infondato.
Il ricorrente, invero, omette di confrontarsi con il principio, costantemente affermato da questa Sezione e  qui da confermare, secondo cui il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, comporta l'estinzione dei reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non di quelli previsti dalla normativa antisismica (Sez. 3, n. 19196 del 26/02/2019, dep. 07/05/2019, Greco, Rv. 275757; Sez. 3, n. 54707 del 13/11/2018, dep. 07/12/2018, Cardella, Rv. 274212; Sez. 3, n. 38953 del 04/07/2017, dep. 07/08/2017, Rizzo, Rv. 270792), giusto il disposto dell’art. 45, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001, che, appunto, limita l’effettivo estintivo ai soli “reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti”.

6. Manifestamente infondato è anche il terzo motivo.
Invero, nei procedimenti per violazioni urbanistico-edilizie, tra le quali rientrano anche le disposizioni contestate al capo B) dell’imputazione, per le quali è intervenuta condanna, deve riconoscersi la legittimazione del Comune a costituirsi quale parte civile nel processo in quanto titolare dell'interesse di natura pubblicistica leso dalla condotta criminosa, e stante il diritto di ogni ente pubblico al riconoscimento, al rispetto e all'inviolabilità della propria posizione funzionale, così come del diritto alla realizzazione e alla conservazione di un ordinato sviluppo di un predeterminato assetto urbanistico, che sono compromessi dagli illeciti urbanistici (Sez. 3, 10499 del 22/09/2016, dep. 03/03/2017, Berenato, Rv. 269275; Sez. 3, n. 26121 del 12/04/2005, dep. 15/07/2005, Rosato,  Rv. 231952).
Ne consegue la piena correttezza della valutazione compiuta dal Tribunale circa l'esistenza di un danno di carattere non patrimoniale, la cui concreta liquidazione è stata peraltro demandata alla sede civile, derivante dalla realizzazione dell'opera in esame da parte dell’imputato.

7. Il quarto motivo, con cui si sollecita questa Corte a valutare la sussistenza dei presupposti integranti la causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen., la cui applicazione non era stata richiesta nel giudizio di merito, è inammissibile.
Pur prescindendo dalla questione concernente la possibilità di dedurre per la prima volta in cassazione l’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen., è dirimente osservare che, anche seguendo l’orientamento che consente di rilevare detti presupposti anche nel giudizio di legittimità, a condizione che essi risultino dalla sentenza impugnata (Sez. 4, n. 27241 del 16/09/2020, dep. 01/10/2020, Resca, Rv. 279959),  si osserva che l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare d’ufficio e dichiarare la causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis cod. pen. (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, dep. 06/04/2016, Tushaj, Rv. 266593).

8. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 14/06/2022.