Cass. Sez. III n.39593 del 28 ottobre 2024 (CC 12 sett 2024)
Pres. Ramacci Rel. Aceto Ric. Cavazza
Urbanistica.Lottizzazione abusiva e campeggi
Integra, anche successivamente alle modifiche dell’art. 3, comma 1, lett. e.5), del d.P.R. n. 380 del 2001, operate dal d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, il reato di lottizzazione abusiva l'installazione di manufatti leggeri (nella specie, unità abitative mobili poste all'interno di un'area adibita a campeggio) nel caso in cui gli stessi, in quanto non amovibili e destinati a soddisfare bisogni non temporanei degli utilizzatori, risultino stabilmente collocati sull'area di sedime, non rispondendo pertanto al requisito, richiesto per la sottrazione al regime di controllo edilizio, di precarietà strutturale e funzionale, così da trasformarsi, di fatto, in beni immobili
RITENUTO IN FATTO
1. Fabrizio Cavazza ricorre, quale legale rappresentante della società Ponentino S.r.l., titolare del campeggio “Piantelle”, per l’annullamento dell’ordinanza del 29 marzo 2024 del Tribunale di Brescia che, pronunciando sull’istanza di riesame del decreto del 4 marzo 2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia che, ritenuta la sussistenza indiziaria dei reati di cui agli artt. 44, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, e 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, aveva disposto il sequestro preventivo di 49 “case mobili” (12 delle quali destinate al personale stagionale operante nel campeggio), di una tettoia in acciaio di circa 120 metri quadri, di una struttura in legno in fase di costruzione e poggiante su platea in cemento destinata a proteggere un impianto di distribuzione dell’acqua a scopo irriguo e posta in adiacenza alle “case mobili” destinate al personale, ha annullato il decreto limitatamente alle 12 “case mobili”, alla tettoia e alla struttura in cemento, ricadenti nel territorio del Comune di Moniga, confermando nel resto il sequestro delle strutture fisicamente ricadenti nel territorio del Comune di Padenghe.
1.1. Con unico motivo deduce la violazione degli artt. 97 Cost., 1, 2, 3, 14 e 20 legge n. 241 del 1990, 3, 5, 6, 30, 37, 44, comma 1, lett. b) e c), 23-ter, d.P.R. n. 380 del 2001, la violazione, altresì, del D.M. 2 marzo 2018, del d.lgs. n. 222 del 2016, degli artt. 45, comma 2, legge reg. Lombardia n. 27 del 2015, e 6, regolamento reg. Lombardia 19 gennaio 2018, n. 3, la violazione, inoltre, degli artt. 4 e 7 d.P.R. n. 160 del 2010, 146, 149 e 181 d.lgs. n. 42 del 2004, 2, allegato A, d.P.R. n. 31 del 2017.
Lamenta, in primo luogo, l’errata interpretazione che dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Moniga è stata effettuata dal Tribunale del riesame osservando, al riguardo, che la società aveva presentato al Suap un progetto unitario relativo alla struttura nella sua interezza, comprensiva anche delle parti ricadenti nel Comune di Padenghe, avendo entrambi i Comuni costituito, insieme con altri, l’Unione dei Comuni della Valtenesi per esercitare in modo congiunto le funzioni principali, in particolare per le attività produttive, per le quali è stata prevista la possibilità di chiedere un’autorizzazione unica al Comune ove ha sede l’attività. L’ente, nel caso di specie, ha sottoposto il progetto dell’intero compendio all’unica Sovrintendenza competente per le Province di Bergamo e Brescia. Del resto, aggiunge, non è stato adottato alcun provvedimento di diniego o di parziale incompetenza, bensì di accoglimento totale della domanda.
In secondo luogo erra, il Tribunale, quando afferma che l’attività urbanistica non è stata oggetto di trasferimento di competenza all’unione di Comuni, come si evincerebbe dalla mancanza grafica dello stemma anche dell’Unione sul provvedimento autorizzativo. Tale affermazione, obietta il ricorrente, contrasta con gli artt. 4 e 7 d.P.R. n. 160 del 2010 trattandosi di progetto presentato per l’esercizio di un’attività produttiva allo sportello unico del Comune abilitato a riceverlo e a istruirlo all’esito di un procedimento unico che avrebbe dovuto concludersi con un provvedimento unico previa acquisizione d’ufficio, se del caso, dei pareri dei Comuni coinvolti. Peraltro, ribadisce il ricorrente, unica è la Soprintendenza per le Province di Bergamo e Brescia (cui l’intero progetto era stato trasmesso e che aveva ritenuto la posa in opera di tutte le case mobili compatibile con i vincoli paesaggistici gravanti sull’intera area), sicché l’eventuale inadempimento del Comune di Moniga non può risolversi a danno della società.
Sotto ulteriore profilo, il ricorrente stigmatizza l’affermazione del Tribunale che ritiene priva di pregio la deduzione difensiva del legittimo affidamento della società sull’autorizzazione rilasciata dall’ente preposto.
Tale affermazione non considera che: a) le case mobili non erano nuove ma poste in sostituzione di altre, come da ortofoto del 1975 dalle quali si nota la presenza del campeggio con tutte le sue strutture e relative urbanizzazioni (strade interne di collegamento); b) la presenza del campeggio anche sulle aree ricadenti nel Comune di Padenghe risale a prima del 1967 ed è conforme all’azzonamento vigente alla data dell’ortofoto del 1975 in base al Programma di Fabbricazione del 1971 nel quale le opere ricadevano in zona C, a carattere turistico stagionale; c) il Comune di Padenghe aveva riconosciuto l’esistenza del campeggio ed aveva invitato la società “Ponentino S.r.l.” ad allineare la situazione e la destinazione catastale a quelle urbanistiche risultanti dagli atti; d) la società aveva adempiuto nel 2012 provvedendo da allora a versare regolarmente le imposte dovute al Comune.
Sotto altro profilo, deduce che le “case mobili” installate all’interno del campeggio, necessariamente collegate alle utenze e ai servizi fognari e idrici ma con allacci rimovibili in qualsiasi momento, non possono essere considerate “nuove costruzioni” ai sensi degli artt. 3, comma 1, lett. e), d.P.R. n. 380 del 2001, 45, comma 2, legge reg. Lombardia, n.27 del 2015, e 6, reg. reg. Lombardia n. 3 del 2018.
Da ultimo, dubita dell’esistenza del periculum avuto riguardo alla prova della esistenza del campeggio sin dal 1962 e della sua attuale struttura dal 1975, all’autorizzazione all’allaccio a fognature e servizi, alla richiesta di accatastamento da parte del Comune, alla valutazione paesaggistica complessiva dello stato attuale.
2. Con memoria del 28 agosto 2024 il ricorrente ha replicato alla richiesta del Procuratore generale di declaratoria di inammissibilità del ricorso, ribadendone la ammissibilità e fondatezza, ed ha aggiunto un motivo nuovo osservando che alla vicenda in esame è applicabile l’art. 34-bis d.P.R. n. 380 del 2001, aggiunto dal d.l. n. 105 del 2024, convertito con modificazioni dalla legge n. 105 del 2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Avverso le ordinanze emesse a norma degli artt. 322-bis e 324 cod. proc. pen., il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge.
2.1. Come più volte affermato dalla Corte di cassazione, «in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di "violazione di legge” per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell'art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma non l'illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell'art. 606 stesso codice» (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710 - 01; si vedano, nello stesso senso, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611-01, e, in motivazione, Sez. U, n. 5 del 26/02/1991, Bruno; tra le più recenti, Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Rv. 269119 - 01; Sez. 6, n. 20816 del 28/02/2013, Rv. 257007-01; Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, Rv. 252430-01; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Rv. 248129 - 01).
2.2. Nel caso di specie non ricorre nessuna delle ipotesi che legittimano il ricorso per cassazione. Il Tribunale del riesame ha ampiamente dato conto delle ragioni della propria decisione adottando una motivazione che in alcun modo può essere definita come apparente o mancante, sotto il profilo della sussistenza sia del fumus che del periculum.
2.3. Il ricorrente, infatti, lamenta - quanto al fumus - l’errata interpretazione di un atto amministrativo, ma è questione che, in quanto relativa ad atti che sono privi di carattere normativo, non costituisce violazione di legge rientrando nella valutazione del fatto (Sez. 3, n. 14977 del 25/02/2022, Tilenni, Rv. 283035 - 01; Sez. 3, n. 37451 del 11/04/2017, Gazza, Rv. 270543 - 01; Sez. 3, n. 9717 del 17/01/2024, Brodoloni, non mass.; Sez. 3, n. 21476 del 13/04/2023, Bezziccheri, non mass. sul punto).
3. Sollecitano un esame nel merito della vicenda, e del governo che degli elementi indiziari è stato fatto dal tribunale del riesame, anche tutte le altre questioni che riguardano il legittimo affidamento della società (anche su comportamenti concludenti del Comune di Padenghe), la natura precaria delle “case mobili”, la sussistenza del periculum.
3.1. Quanto all’elemento soggettivo, è noto che in sede cautelare reale la sua assenza deve essere di immediato rilievo, deve cioè emergere “ictu oculi” (Sez. 3, n. 26007 del 05/04/2019, Pucci, Rv. 276015 - 01; Sez. 2, n. 18331 del 22/04/2016, Iommi, Rv. 266896 - 01; Sez. 6, n. 16153 del 06/02/2014, Di Salvo, Rv. 259337 - 01; Sez. 2, n. 2808 del 02/10/2008, Bedino, Rv. 242650 - 01; Sez. 4, n. 21/05/2008, Di Fulvio, Rv. 240521 - 01; Sez. 1, n. 21736 del 11/05/2007, Citarella, Rv. 236474 - 01).
3.2. Si tratta di declinazione concreta del principio secondo il quale, in tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del tribunale del riesame o della corte di cassazione non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi (Sez. U, n. 7 del 23/02/2000, Mariano, Rv. 215840 - 01).
3.3. Nel caso di specie, trattandosi oltretutto di contravvenzioni, il Tribunale del riesame ha spiegato le ragioni del non incolpevole affidamento della società nella latitudine applicativa del provvedimento amministrativo con argomenti che, per quanto sopra già detto, non sono sindacabili in sede di legittimità.
4. A non diversi rilievi si sottrae il ricorso con riferimento alla natura non precaria delle “case mobili”, sostenuta dal Tribunale con argomenti (l’essere posizionate su blocchi di cemento, l'essere dotate di meccanismi di rotazione non poggianti sul terreno, di allaccio idrico mediante tubo rigido con innesto a vite, di sistemi di scarico delle acque reflue mediante tubi innestati e collegati alla rete interrata, di allaccio all'impianto di distribuzione del gas metano, di sistema di climatizzazione con pompa di calore posizionata sul terreno e collegata al modulo mediante tubi, di veranda tettoia, poggiata a terra ed avvitata al modulo) non sindacabili in questa sede al di fuori dei rigorosi limiti indicati dall’art. 325 cod. proc. pen.
4.1. E’ stato piuttosto più volte affermato dalla Corte di cassazione (e deve essere ribadito) che integra, anche successivamente alle modifiche dell’art. 3, comma 1, lett. e.5), del d.P.R. n. 380 del 2001, operate dal d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, il reato di lottizzazione abusiva l'installazione di manufatti leggeri (nella specie, unità abitative mobili poste all'interno di un'area adibita a campeggio) nel caso in cui gli stessi, in quanto non amovibili e destinati a soddisfare bisogni non temporanei degli utilizzatori, risultino stabilmente collocati sull'area di sedime, non rispondendo pertanto al requisito, richiesto per la sottrazione al regime di controllo edilizio, di precarietà strutturale e funzionale, così da trasformarsi, di fatto, in beni immobili (Sez. 3, n. 36552 del 15/06/2022, Crugliano, Rv. 283590 - 01; nello stesso senso, Sez. 3, n. 8970 del 23/01/2019, Scifoni, Rv. 275929 - 01, secondo cui integra il reato di lottizzazione abusiva la realizzazione, all'interno di un'area adibita a campeggio, di una struttura ricettiva che presenta le caratteristiche di un insediamento residenziale stabile, posto che il campeggio presuppone allestimenti e servizi finalizzati alla sosta o ad un soggiorno occasionale e limitato nel tempo; secondo Sez. 4, n. 13496 del 15/02/2017, Chiesa, Rv. 269399 - 01, la stabile collocazione, in un'area destinata a campeggio, di più manufatti di pernottamento, astrattamente mobili, può risolversi nella realizzazione, ad opera del gestore dell'area, di uno stabile insediamento abitativo, che comporta il sostanziale stravolgimento dell'originario assetto definito mediante pianificazione, e, dunque, una forma di lottizzazione abusiva; Sez. 3, n. 41479 del 24/09/2013, Valle, Rv. 257734 - 01; Sez. 3, n. 37572 del 14/05/2013, Doppiu, Rv. 256511 - 01; Sez. F, n. 31921 del 24/07/2012, Spaccialbelli, Rv. 253420 - 01).
4.2. A non diversi approdi è giunto il giudice amministrativo secondo il quale «sono definibili "case mobili", le strutture non ancorate al terreno, costruite su appositi carrelli, che ne consentono una rapida installazione su qualsiasi terreno privato, camping o villaggio turistico: quelle omologate sono montate su di un pianale omologato che ne consente il trasporto, mentre quelle non omologate, solitamente destinate a campeggi e villaggi turistici, pur essendo ideate per stare ferme, debbono avere caratteristiche tali che ne consentano il facile spostamento. Ciò che è essenziale - ribadisce il Consiglio di Stato - è che tali case mobili, ancorché realizzate all'interno di camping o villaggi turistici (condizione, quest'ultima, che ne consente l'ancoraggio al suolo), siano ancorate solo temporaneamente, con caratteristiche, cioè, che ne dimostrino la precarietà: precarietà che è diversa dalla stagionalità, ovvero dalla “ciclicità". [Il] Consiglio (cfr. Sez. VI, 3 giugno 2014, n. 2842) ha, infatti, chiarito che le opere aventi carattere stagionale, qualora siano orientate alla soddisfazione di interessi permanenti nel tempo, devono essere equiparate alle "nuove costruzioni" necessitando di conseguenza di permesso di costruire. La pronunzia da ultimo citata, in particolare, ha precisato che "i manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la rimovibilità della struttura e l'assenza di opere murarie, posto che il manufatto non precario ... non è deputato ad un suo uso per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo destinato ad essere reiterato nel tempo in quanto stagionale”. La 'precarietà' dell'opera, che esonera dall'obbligo del possesso del permesso di costruire, postula infatti "un uso specifico e temporalmente limitato del bene e non la sua stagionalità, la quale non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo" (in tal senso, Cons. Stato, Sez. IV, 22 dicembre 2007, n. 6615) (…) giova qui richiamare il condiviso orientamento, secondo cui non possono comunque essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a un'utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 12 febbraio 2011, n. 986; Sez. V, 12 dicembre 2009, n. 7789, 24 febbraio 2003, n. 986 e 24 febbraio 1996, n. 226). Né può rilevare, in senso contrario, il mero fatto che tali strutture non siano adibite ad "abitazione", intesa in senso di domicilio principale e/o residenza, dagli utilizzatori, in quanto deve ritenersi che non è la continuità della presenza ad imprimere la funzione, bensì la potenziale fruibilità del manufatto, costante nel tempo, ancorché con la ciclicità dell'alternarsi delle stagioni che la rendano gradevole e/o apprezzabile. I manufatti funzionali a soddisfare esigenze stabili nel tempo, come quelli del caso di specie, vanno dunque considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, a nulla rilevando la precarietà strutturale, la potenziale rimovibilità della struttura e l'assenza di opere murarie; non risultando essi, in concreto, deputati a un uso per fini contingenti ma rivelandosi, piuttosto, destinati ad un impiego protratto nel tempo» (Cons. St., Sez. II, sent. n. 6768 del 03/11/2020; nello stesso senso, oltre le pronunce già citate, Cons. St., Sez. II, n. 5965 del 08/10/2020).
4.3. Come sostenuto anche dal Giudice delle leggi, «[l]a realizzazione di strutture mobili è espressamente disciplinata dal legislatore statale, che, all’art. 3, D.P.R. 06/06/2001, n. 380, qualificando come «interventi di nuova costruzione» gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio, specifica, al punto e.5), che comunque devono considerarsi tali «l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee». La realizzazione di tali interventi è subordinata al conseguimento di specifico titolo abilitativo costituito dal permesso di costruire (salve le ipotesi in cui è prevista la denuncia inizio attività; confronta artt. 10 e 22). In sostanza, la normativa statale sancisce il principio per cui ogni trasformazione permanente del territorio necessita di titolo abilitativo e ciò anche ove si tratti di strutture mobili allorché esse non abbiano carattere precario. Il discrimine tra necessità o meno di titolo abilitativo è data dal duplice elemento: precarietà oggettiva dell'intervento, in base alle tipologie dei materiali utilizzati, e precarietà funzionale, in quanto caratterizzata dalla temporaneità dello stesso» (Corte cost., sent. n. 278 del 2010, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 9, legge n. 99 del 2009 a mente del quale «(..) nelle strutture turistico-ricettive all’aperto, le installazioni e i rimessaggi dei mezzi mobili di pernottamento, anche se collocati permanentemente, per l’esercizio dell’attività, entro il perimetro delle strutture turistico-ricettive regolarmente autorizzate, purché ottemperino alle specifiche condizioni strutturali e di mobilità stabilite dagli ordinamenti regionali, non costituiscono in alcun caso attività rilevanti ai fini urbanistici, edilizi e paesaggistici». Spiega la Corte costituzionale che «tale disposizione ha ad oggetto unicamente la installazione di mezzi mobili di pernottamento e dei relativi rimessaggi (il riferimento è a campers, roulottes, case mobili, ecc.). In queste ipotesi - prosegue - la disposizione impugnata esclude la rilevanza di tali attività a fini urbanistici ed edilizi (oltre che paesaggistici), e, conseguentemente, la necessità di conseguire apposito titolo abilitativo per la loro realizzazione, sulla base del mero dato oggettivo, cioè della precarietà del manufatto, dovendo trattarsi di «mezzi mobili» secondo quanto stabilito dagli ordinamenti regionali. Tale elemento strutturale è considerato a priori di per sé sufficiente, ed anzi è espressamente esclusa la rilevanza del dato temporale e funzionale dell'opera, in quanto si prevede esplicitamente che possa trattarsi anche di opere permanenti, sia pure connesse all'esercizio dell'attività turistico-ricettiva. Risulta pertanto evidente che l'intervento del legislatore statale presenta carattere di norma di dettaglio, in quanto ha ad oggetto una disciplina limitata a specifiche tipologie di interventi edilizi realizzati in contesti ben definiti e circoscritti. Se, come più volte chiarito da questa Corte, alla normativa di principio spetta di prescrivere criteri e obiettivi, mentre alla normativa di dettaglio è riservata l'individuazione degli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere tali obiettivi (ex plurimis: sentenze n. 16 del 2010, n. 340 del 2009 e n. 401 del 2007), l'art. 3, comma 9, introduce una disciplina che si risolve in una normativa dettagliata e specifica che non lascia alcuno spazio al legislatore regionale. Essa, pertanto, oltrepassa i confini delle competenze che, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. spettano al legislatore statale in materia di governo del territorio»).
4.4. Secondo l’art. 47, legge reg. Lombardia n. 27 del 2015, «[n]on costituiscono attività rilevanti ai fini urbanistico-edilizi, quindi non richiedono alcun titolo abilitativo edilizio, l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali pre-ingressi, roulotte, camper, case mobili e imbarcazioni, che siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all'interno di strutture ricettive all'aperto, per la sosta e il soggiorno dei turisti e conformi alle disposizioni della presente legge e del regolamento di cui all'articolo 37».
4.5. Il regolamento regionale 19 gennaio 2018, n. 3, adottato dalla Regione Lombardia in attuazione delle legge reg. n. 27 del 2015 e richiamato dall’art. 47, prevede all’art. 6, comma 2, che «[l]e unità abitative mobili, che conservino i meccanismi di rotazione in funzione, che non siano collegate permanentemente al terreno e i cui allacciamenti alla rete idrica, elettrica e fognaria siano rimovibili in qualsiasi momento, nonché i relativi accessori e pertinenze, non richiedono rilascio di titolo abilitativo edilizio, nel rispetto dell’art. dell'art. 3 lettera e. 5) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”».
4.6. Orbene, l’interpretazione dell’art. 47, legge reg. Lombardia n. 25 del 2015, deve essere condotta alla stregua del criterio di giudizio ricavabile dall’art. 2 d.P.R. n. 380 del 2001 che attribuisce alle Regioni la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalla disposizioni contenute nel testo testo unico delle disposizioni legislative regolamentari in materia edilizia di cui al d.P.R. n. 380 del 2001. Sicché le regioni possono, semmai, ampliare il novero degli interventi che, secondo la definizione fornita dall’art. 3 d.P.R. n. 380 del 2001, sono qualificabili come “nuova costruzione”, mai restringerlo (art. 10, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001).
4.7. All’art. 47, legge reg. Lombardia n. 25, cit., pertanto, non può essere attribuito il significato di voler restringere l’area degli interventi che, in base alla legge nazionale, sono soggetti a permesso di costruire, né la lettera della legge autorizza una simile interpretazione (tantomeno avallabile in base ad un regolamento disapplicabile dal giudice se interpretato in senso derogatorio alla legge nazionale).
4.8. Nel caso di specie, peraltro, le “case mobili”, per come descritte, sono stabilmente e permanentemente ancorate al terreno mediante vere e proprie opere di urbanizzazione primaria con conseguente insuscettibilità di essere comprese nel novero di quelle sottratte dalla legislazione regionale lombarda al regime del permesso di costruire.
5. Il periculum è stato spiegato dal Tribunale con motivazione che in alcun modo può essere definita assente o apparente e che, per le ragioni già indicate, sfugge al sindacato di legittimità. Osserva, infatti, l’ordinanza impugnata che «prima della realizzazione delle strutture mobili in esame, l'area in questione non era interessata da forme di urbanizzazione, anche perché ricadente in Area di Salvaguardia Ambientale, nella quale non è ammessa la trasformazione del suolo (…) Nel caso in esame, pur essendosi al cospetto di opere già ultimate, l’utilizzo delle stesse - come prospettabile in ragione dell'attività imprenditoriale ad esso sottesa - incide, in termini concreti ed attuali, sull'ecosistema protetto dal vincolo paesaggistico; non si tratta, infatti, della sola e mera incidenza sulla percezione visiva del contesto ambientale, ma anche (e soprattutto) di uno sfruttamento del suolo del territorio sul quale insistono unità abitative, collegate ad allacci di acqua, luce e gas ed impianti fognari (dunque con funzionamento di infrastrutture di urbanizzazione primaria), il cui utilizzo da parte di terzi (i clienti del campeggio) non può che protrarre l'impatto (negativo) su zone oggetto di particolare tutela».
5.1. Lo stesso ricorrente, del resto, è del tutto generico sul punto limitandosi a proporre una lettura alternativa degli elementi a disposizione del tribunale che, in quanto, tale si traduce in un vizio di motivazione del provvedimento impugnato.
6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., essendo essa ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente nella misura di € 3.000,00. Il Collegio intende in tal modo esercitare la facoltà, introdotta dall’art. 1, comma 64, legge n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso considerate le ragioni della inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 12/09/2024.