 T.A.R. Umbria Sez. I n. 126 del 5 maggio 2011
T.A.R. Umbria Sez. I n. 126 del 5 maggio 2011
Acque. Servizio idrico integrato
La normativa statale in materia di servizio idrico integrato è volta a garantire un unico metodo tariffario applicabile su tutto il territorio nazionale, a tutela della concorrenza e della parità di trattamento tra gli utenti del servizio idrico integrato.
N. 00126/2011 REG.PROV.COLL.
 N. 00161/2010 REG.RIC.
 
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
 
 (Sezione Prima)
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 sul ricorso numero di registro generale 161 del 2010, integrato da motivi  aggiunti, proposto da:
 Ambito Territoriale Integrato 4 Umbria, rappresentato e difeso dagli avv.ti  Valerio Menaldi ed Alarico Mariani Marini, con domicilio eletto presso Alarico  Mariani Marini in Perugia, via Mario Angeloni, 80/B;
 contro
 Commissione Nazionale per la Vigilanza sulle Risorse Idriche e Ministero  dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, rappresentati e difesi  dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche domiciliataria per legge in  Perugia, via degli Offici, 14;
 
 per l'annullamento
 
 * ricorso introduttivo:
 
 - della delibera n. 22 in data 2 febbraio 2010, con la quale Conviri ha  approvato la “Relazione di valutazione sul Piano d’ambito dell’AATO Umbria 2  (ora ATI 4 Umbria)” n. 4405/2010 del 1° febbraio 2010;
 
 - della “Relazione di valutazione sul Piano d’Ambito dell’AATO Umbria 2 (ora ATI  4 Umbria)", prot. n. 4405/2010 del 1° febbraio 2010;
 
 - in parte qua, del D.M. 1 agosto 1996 recante “Metodo Normalizzato per definire  le componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del  servizio idrico integrato”, laddove considerato atto presupposto;
 
 - di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;
 
 ** ricorso per motivi aggiunti:
 
 - della delibera n. 32 in data 23 giugno 2010, con la quale Conviri ha  convalidato la delibera n. 22/2010;
 
 
 Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
 Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della  Tutela del Territorio e del Mare;
 Viste le memorie difensive;
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2011 il dott.  Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti i difensori come specificato nel  verbale;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO e DIRITTO
 1. La controversia in esame concerne i contenuti del Piano d’Ambito predisposto  per la gestione del servizio idrico integrato, nel triennio 2009-2011,  dall’Ambito Territoriale Integrato – ATI, n. 4 (già Ambito Territoriale Ottimale  – ATO, n. 2) dell’Umbria (d’ora in poi: ATI), che comprende il territorio dei  Comuni della Provincia di Terni.
 
 2. Può non essere superfluo ricordare, in estrema sintesi, che, a partire dalla  legge 36/1994 (c.d. legge Galli), oggi sostituita dal d.lgs. 152/2006 (c.d.  codice dell’ambiente), nell’ordinamento italiano è stato introdotto il servizio  idrico integrato, quale sistema di gestione - secondo principi di efficienza,  efficacia ed economicità - dei segmenti di servizio riferiti all’adduzione,  captazione, distribuzione di acqua ad usi civili, fognatura e depurazione delle  acque reflue (articolo 141 del d.lgs. 152/2006).
 
 2.1. L’organizzazione di detto servizio pubblico è rimessa alla competenza degli  enti locali, che provvedono, nelle forme di Autorità di Ambito (come oggi  previsto dall’articolo 148), a svolgere le funzioni di scelta della forma di  gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all’utenza, di  affidamento del servizio e relativo controllo (articolo 142); lo strumento per  la programmazione del servizio è il Piano d’Ambito, costituito dalla  ricognizione delle infrastrutture, dalla ricognizione degli interventi, dal  modello gestionale organizzativo e dal piano economico-finanziario (articolo  149).
 
 2.2. La gestione del servizio si basa sulla tariffa, stabilita in applicazione  del “Metodo Normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la  determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato”, di  cui al d.m. 1 agosto 1996, emanato in attuazione dell’articolo 13 della legge  36/1994 (d’ora in poi: Metodo), che continua ad applicarsi in base all’articolo  170, comma 3, lettera l), del d.lgs. 152/2006 (nelle more dell’emanazione, ai  sensi dell’articolo 154, comma 2, di un nuovo regolamento in materia).
 
 La normativa statale è volta a garantire un unico metodo tariffario applicabile  su tutto il territorio nazionale, a tutela della concorrenza e della parità di  trattamento tra gli utenti del servizio idrico integrato.
 
 2.3. Al fine di garantire l'osservanza dei principi che regolano il servizio  idrico integrato, con particolare riferimento alla determinazione ed  all’adeguamento delle tariffe, nonché alla tutela dell'interesse degli utenti, è  istituita la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche  (articolo 161). La Commissione (d’ora in poi: Conviri), in particolare - per  quanto interessa la controversia in esame : verifica la corretta redazione del  piano d'ambito, esprimendo osservazioni, rilievi e prescrizioni sugli elementi  tecnici ed economici e sulla necessità di modificare le clausole contrattuali e  gli atti che regolano il rapporto tra le Autorità d'ambito e i gestori, in  particolare quando ciò sia richiesto dalle ragionevoli esigenze degli utenti  (comma 2, lettera b), ed emana direttive per la trasparenza della contabilità  delle gestioni e valuta i costi delle singole prestazioni (lettera d).
 
 3. Nell’ATI, odierno ricorrente, il servizio è affidato per trent’anni alla  concessionaria S.I.I. Servizio Idrico Integrato S.c.p.a. (d’ora in poi: SII), in  base alla Convenzione in data 28 dicembre 2001, modificata dalla deliberazione  dell’Assemblea dei Rappresentanti n. 8 in data 2 luglio 2007.
 
 SII è partecipata per il 51% dai Comuni dell’ATI, per il 18% dall’ASM di Terni  S.p.a., per il 6% dall’AMAN S.p.a. (ex Consorzio Idrico dell’Amerino) e per il  restante 25% dal partner privato Umbriadue Servizi Idrici S.r.l.
 
 3.1. Il Piano d’Ambito dell’ATI è stato approvato con deliberazione n. 2 in data  14 marzo 2003 ed è stato sottoposto al controllo della Conviri.
 
 La prima revisione ordinaria del Piano relativo al triennio 2006-2008 e riferito  ai risultati gestionali del triennio 2003-2005, è stata approvata dall’ATI con  delibera n. 14 in data 17 aprile 2007. La Conviri non ha espresso in tale  occasione (almeno, per quanto interessa gli aspetti che hanno originato la  controversia in esame) particolari rilievi o prescrizioni.
 
 3.2. La seconda revisione ordinaria del Piano relativo al triennio 2009-2011 e  riferito al periodo gestionale 2006-2008, è stata approvata dall’ATI con  deliberazione n. 6 in data 2 aprile 2009. Su di essa, la Conviri ha chiesto, con  nota prot. 3417/RP in data 29 luglio 2009, integrazioni documentali e  chiarimenti, trasmessi dall’ATI con nota prot. 1997/09 in data 18 dicembre 2009.
 
 Riguardo a detta seconda revisione la Conviri, con deliberazione n. 22 in data 2  febbraio 2010, ha approvato la Relazione di valutazione del Piano n. 4405/2010  in data 1 febbraio 2010, formulando tuttavia una serie di osservazioni critiche  e prescrizioni.
 
 4. L’ATI ritiene dette prescrizioni illegittime e, con il ricorso introduttivo,  ha impugnato la deliberazione n. 22/2010, deducendo articolate censure.
 
 Occorre precisare che l’ATI non mette in discussione (tranne che per ciò che  concerne l’incompleto funzionamento del sistema informativo – cfr. infra, punto  9.2.11.) la sussistenza del potere della Conviri di incidere sugli  aspetti/elementi del Piano oggetto delle prescrizioni, o la portata cogente di  dette prescrizioni; di modo che, ai fini della presente decisione, non rileva  (se non, appunto, limitatamente alla prescrizione riguardante il sistema  informativo) il richiamo, operato dall’ATI nella memoria conclusiva, a quanto  affermato al riguardo da una recente pronuncia (TAR Toscana, II, 23 dicembre  2010, n. 6863).
 
 5. La Conviri, considerato che la predetta deliberazione era stata assunta  dall’organo collegiale in una composizione (d.m. 24 settembre 2009) nella quale  non figurava, in violazione della legge 77/2009, alcun rappresentante del genere  femminile, e che in pendenza del giudizio erano stati nominati (d.m. n. 99 in  data 18 giugno 2010) i componenti designati dalla Conferenza dei presidenti  delle regioni e province autonome (tra i quali, una donna), con deliberazione n.  32 in data 23 giugno 2010 ha convalidato la deliberazione n. 22/2010.
 
 6. Con ricorso per motivi aggiunti, che riproducono le censure già prospettate,  l’ATI ha esteso l’impugnazione al provvedimento di convalida n. 32/2010.
 
 7. Si è costituito in giudizio per il Ministero dell’ambiente e della tutela del  territorio e del mare (presso il quale opera la Conviri) l’Avvocatura dello  Stato, ed ha controdedotto puntualmente.
 
 8. Vanno anzitutto disattese le eccezioni preliminari sollevate  dall’Amministrazione.
 
 L’impugnazione, nella parte rivolta direttamente nei confronti del d.m. 1 agosto  1996 (pubblicato nella G.U. del 16 ottobre 1996), non è tardiva, in quanto le  censure dedotte (come appresso esposto) concernono le interpretazioni date al  Metodo dalla Conviri mediante il provvedimento applicativo impugnato, e quindi  il Metodo ha manifestato la sua concreta lesività soltanto in occasione  dell’atto applicativo.
 
 Né l’impugnazione del Metodo deve ritenersi inammissibile a causa dell’omessa  notificazione del ricorso al Ministero dei lavori pubblici. Infatti, le funzioni  in materia di “tutela delle risorse idriche e relativa gestione” sono state  attribuite al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio  dall’articolo 35 del d.lgs. 300/1999 (oggi, l’articolo 161, comma 4, lettera a),  del d.lgs. 152/2006, considera specificamente quella di adottare il metodo  tariffario per il s.i.i.), e con esse la legittimazione passiva nei riguardi  degli atti e regolamenti precedentemente adottati in materia dal Ministero dei  lavori pubblici.
 
 9. Ciò premesso, il Collegio esamina le singole censure prospettate dall’ATI.
 
 9.1. L’ATI lamenta, in generale, che la Conviri, nella sua attività di vigilanza  e controllo sulla corretta redazione del Piano, non abbia proceduto a richiedere  ulteriormente chiarimenti ed integrazioni documentali in ordine agli aspetti che  riteneva non sufficientemente approfonditi in esito alla prima richiesta  istruttoria, ed abbia quindi concluso intempestivamente il procedimento sulla  base di un’istruttoria ancora carente.
 
 Il Collegio osserva tuttavia che la richiesta di chiarimenti (nel caso in esame,  come esposto, utilmente effettuata) è rimessa alla discrezionalità  dell’Amministrazione, ma non si traduce in un obbligo procedimentale la cui  violazione sia di per sé censurabile; ciò che rileva è l’obbligo di esternare  una motivazione adeguata, la cui mancanza può viziare il provvedimento (anche)  sotto i profili del difetto di motivazione e del difetto di istruttoria.
 
 9.2. Soprattutto, contesta le singole prescrizioni, con argomentazioni che  vengono di seguito esaminate (seguendo l’ordine di elencazione seguito nel  provvedimento e nel ricorso).
 
 9.2.1. Conviri prescrive di eliminare dai costi operativi inseriti in tariffa i  canoni corrisposti per l’uso dei beni di proprietà dei Comuni compresi nell’ATI.
 
 A detta della Conviri, la previsione di canoni di concessione non sarebbe  ammissibile in quanto l’articolo 153 del d.lgs. 152/2006 prevede la gratuità  dell’uso dei beni in questione; e comunque la considerazione di detti canoni era  illegittima anche prima dell’entrata in vigore della disposizione, non  rientrando tra le voci di costo (tassativamente) elencate nel Metodo (punto  3.1.).
 
 L’ATI ricorrente, al contrario, sostiene che:
 
 - l’articolo 12, comma 1, della legge 36/1994, nello stabilire, “salvo diverse  disposizioni della convenzione”, l’affidamento in concessione al gestore del  servizio idrico integrato degli impianti di proprietà degli enti locali, non  disponeva nulla riguardo alla corrispettività di detta concessione; e comunque,  anche a voler ritenere che la disposizione sottintendesse una presunzione di  gratuità della concessione, essa faceva salva una diversa pattuizione  convenzionale;
 
 - l’articolo 7 della l.r. 43/1997, stabilisce che “Il bilancio dell’Autorità di  ambito, in coerenza con gli strumenti di programmazione del servizio idrico  integrato (…) determina la quota delle entrate derivante dal canone di  concessione del servizio idrico integrato. Il canone costituisce una componente  ai fini della determinazione della tariffa applicata e riscossa dal gestore (…)”  – comma 6. “La convenzione (…) regola le modalità di versamento da parte del  soggetto gestore del canone di concessione d’uso per le dotazioni affidategli” –  comma 7;
 
 - in dichiarata applicazione di dette disposizioni regionali, la Convenzione in  essere tra ATI e SII prevede (articolo 10) che “Per l’uso delle dotazioni  affidategli, il Gestore è tenuto a versare annualmente all’Autorità il canone  che la stessa stabilirà. Del suddetto canone si tiene conto nella determinazione  della tariffa”; ed il relativo Disciplinare stabilisce (articolo 3) che “A  compenso della concessione in uso delle dotazioni e attività (…) il Gestore  verserà all’Autorità per ogni anno di esercizio la somma stabilita da apposita  deliberazione della stessa Autorità da corrispondere in due rate di pari importo  entro il mese di gennaio e di luglio di ciascun anno. Il canone sarà aggiornato  all’inizio di ogni triennio”;
 
 - le predette previsioni sull’onerosità della concessione sopravvivono  all’articolo 153 del d.lgs. 152/2006, come interpretato (nel senso della non  retroattività del principio di gratuità della concessione) dalla sentenza della  Corte Costituzionale 24 luglio 2009, n. 246.
 
 Tale ricostruzione della disciplina sembra al Collegio condivisibile.
 
 Il Collegio osserva che le disposizioni della l.r. 43/1997, ove discordanti da  quelle del d.lgs. 152/2006, devono considerarsi abrogate per incompatibilità con  la normativa statale sopravvenuta in materia riservata alla potestà legislativa  statale (cfr. articolo 1, comma 2, legge 131/2003). E che, secondo l’articolo  153, comma 1, del d.lgs. 152/2006, “Le infrastrutture idriche di proprietà degli  enti locali ai sensi dell’articolo 143 sono affidate in concessione d’uso  gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico  integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla  convenzione e dal relativo disciplinare”.
 
 Tuttavia, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 246/2009, proprio per  respingere una censura di incostituzionalità della retroattività della gratuità  della concessione rispetto agli affidamenti già in essere, ha precisato che la  norma “si applica alle concessioni nuove o rinnovate e non a quelle già in  essere; si applica cioè ai soli “nuovi affidamenti” regolati dal comma 2  dell’articolo 172”. Detta disposizione richiede alle Autorità d’ambito di  disporre i nuovi affidamenti a partire dalla scadenza del termine di cui  all’articolo 113, comma 15-bis, del d.lgs. 267/2000. A sua volta, quest’ultima  disposizione, nel sottoporre a termine fisso di scadenza “le concessioni  rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica”, esclude dalla  cessazione (anticipata) “le concessioni affidate a società a capitale misto  pubblico privato nelle quali il socio privato sia stato scelto mediante  procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme  interne e comunitarie in materia di concorrenza (…)”. Ora, sembra non  controverso che la concessione a SII rientri in detta ultima ipotesi; e che,  pertanto, al servizio in corso non si applichi il principio della gratuità  sancito dall’articolo 153, ma possano continuare ad applicarsi le pattuizioni  convenzionali stabilite sulla base della normativa previgente. D’altra parte,  riguardo all’incidenza sostanziale del principio, l’ATI sottolinea che gli enti  locali, sulla base delle previsioni della legge regionale, hanno assunto impegni  vincolanti per l’intera durata della Convenzione, e con il canone di concessione  coprono il rateo annuo del mutuo acceso per capitalizzare la società  (concessionaria) cui partecipano.
 
 Quanto all’altro profilo di non ammissibilità della voce di costo invocato dalla  Conviri, non sembra escluso che i canoni in questione vengano ricondotti alla  voce “Costi per godimento di beni di terzi”, essendo i Comuni proprietari dei  beni soggetti “terzi” rispetto all’ATI che contribuiscono a comporre.
 
 Non è condivisibile che l’insieme dei rapporti si risolverebbe così in danno  degli utenti, costretti a subire una sorta di doppia imposizione: i Comuni danno  in concessione i propri impianti alla SII di cui (insieme al socio tecnico di  minoranza, individuato in esito a procedura ad evidenza pubblica) fanno parte,  percependo i relativi canoni ed includendoli nei costi della SII ai fini della  determinazione della tariffa, così (sostiene la difesa della Conviri) da far  pagare agli utenti del servizio idrico l’utilizzo di beni che sono già loro in  quanto cittadini dei Comuni stessi. Sembra infatti distinta la posizione dei  Comuni, da un lato quali concessionari degli impianti e percettori dei relativi  canoni dal SII, e quali partecipanti al SII (e quindi, a seconda dell’andamento  della gestione del servizio, pro-quota beneficiari di profitti oppure tenuti al  ripianamento delle perdite), dall’altro, componenti dell’ATI competente a  determinare, nel rispetto dei limiti normativi, la tariffa del servizio  applicabile da parte del SII; nel primo caso, l’attività e le scelte dei Comuni  incidono sulla situazione dei cittadini (nonché contribuenti ed elettori), nel  secondo su quella degli utenti del servizio (che, anche se di regola coincide  con la prima, è però eventuale e comunque assume rilevanza in relazione ai  comportamenti – consumi - individuali). Per evitare che i Comuni (e quindi tutti  i cittadini che necessariamente ne fanno parte) beneficino degli effetti di  costi impropri o eccessivi posti a carico degli utenti, la normativa prevede un  sistema di calcolo della tariffa, ma non arriva (non arrivava, prima  dell’introduzione del principio di gratuità di cui all’articolo 153, comma 1) a  stabilire che i Comuni (tutti i cittadini) dovessero concedere gratuitamente i  beni per un servizio da svolgere a beneficio degli utenti.
 
 La difesa della Conviri sottolinea anche che la Corte Costituzionale ha  affermato la tassatività delle componenti di costo considerate dal Metodo  (sentenza 4 febbraio 2010, n. 29, con cui è stata dichiarata l’illegittimità  costituzionale, per contrasto con l’articolo 117, secondo comma, Cost., di  disposizioni regionali dell’Emilia Romagna che, ai fini del calcolo della  tariffa, prevedevano una specifica componente di costo che prescindeva da quanto  stabilito dal regolamento statale). Nel caso in esame, tuttavia, non si tratta  di dare rilevanza ad una previsione regionale preesistente alla modifica del  Titolo V e contrastante con il Metodo, bensì di interpretare la portata  precettiva della stessa disposizione statale.
 
 La censura si dimostra perciò fondata.
 
 9.2.2. Conviri prescrive di eliminare le spese di funzionamento dell’ATI  ricomprese nel canone di concessione per l’uso dei beni dei Comuni, in quanto  non ammissibili ai sensi dell’articolo 148 del d.lgs. 152/2006. Infatti, il  Piano (pag. 57) comprende le spese di funzionamento dell’ATI nel canone di  concessione per l’uso dei beni degli enti locali.
 
 L’ATI ricorrente invoca l’articolo 7, comma 6, della l.r. 43/1997, che, a suo  dire, consentirebbe che una quota del canone di concessione vada a coprire le  spese di funzionamento dell’ATI.
 
 Il Collegio osserva però che la disposizione (a proposito della quale, peraltro,  valgono le considerazioni suesposte circa la prevalenza della normativa statale  sopravvenuta in materia) prevede la determinazione della quota di entrate  derivante dal canone di concessione, non anche che le spese di funzionamento  vengano coperte da detta componente attiva del bilancio. Inoltre:
 
 - secondo l’articolo 148, comma 4, del d.lgs. 152/2006, “I costi di  funzionamento della struttura operativa dell’Autorità d’ambito, determinati  annualmente, fanno carico agli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale  ottimale, in base alle quote di partecipazione di ciascuno di essi all’Autorità  d’ambito”;
 
 - secondo l’articolo 154, comma 1, “La tariffa costituisce il corrispettivo del  servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della  risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti  necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della  remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di  salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità  d'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di  investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e  secondo il principio "chi inquina paga". Tutte le quote della tariffa del  servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo”.
 
 Dunque - a meno di non ritenere che le due previsioni siano in conflitto – deve  concludersi che una quota dei costi di funzionamento può gravare sulla tariffa  del servizio, mentre quelli relativi alla “struttura operativa” rimangono a  carico degli enti locali.
 
 L’ATI ricorrente richiama la deliberazione della Conviri n. 13/2009, in cui  viene precisato che restano a carico degli enti locali (articolo 2) “le spese di  funzionamento della struttura operativa dell’ATO” da individuarsi in “quelle  complessive per il personale, le spese legali, la sede, il mobilio, la  cancelleria, l’attrezzatura informatica e tecnica di vario genere, il materiale  informativo ed altre spese generali riconducibili alla struttura operativa  medesima” (mentre la tariffa potrebbe coprire “ogni altra spesa, non di  struttura, relativa al funzionamento del consiglio di amministrazione,  dell’assemblea dei soci e di altri eventuali organi”).
 
 Appare quindi convincente il rilievo dell’ATI, secondo il quale la Conviri  avrebbe dovuto chiedere una indicazione analitica e considerare distintamente le  voci di costo comprese nelle spese di funzionamento, e non limitarsi a  prescriverne semplicemente l’integrale esclusione.
 
 Ne discende la illegittimità (per insufficiente motivazione) della prescrizione  in esame.
 
 Può aggiungersi che l’ATI sostiene pure che, comunque, essendo legittima la  previsione del canone di concessione d’uso delle dotazioni tra i costi operativi  rilevanti ai fini della determinazione della tariffa (al riguardo, si veda il  punto precedente), non assumerebbe rilievo alcuno la destinazione contabile che  l’ATI attribuisce a tale somma, poiché l’entità del canone resterebbe il  medesimo. Il Collegio sottolinea, in contrario, che tale approccio implica la  disapplicazione dell’articolo 148, comma 4.
 
 9.2.3. Conviri prescrive di eliminare la voce “perdite su crediti”, in quanto  non ammissibile in base al punto 3.1. del Metodo.
 
 L’ATI si limita al riguardo a sottolineare che tale voce non concorre, in  concreto, a determinare i costi operativi rilevanti ai fini della tariffa, posto  che il piano economico finanziario, in corrispondenza della voce “perdite su  crediti” è sempre pari a zero; traendone la conseguenza che la prescrizione  sarebbe viziata da difetto di istruttoria e travisamento dei fatti.
 
 Sembra al Collegio che la prescrizione assuma rilievo come affermazione di  principio, a prescindere dalle attuali implicazioni concrete. La stessa difesa  dell’Amministrazione precisa che il principio è stato affermato “onde evitare  che si creasse nel gestore l’erronea aspettativa del riconoscimento della  perdita all’eventuale manifestarsi della stessa”.
 
 Ciò stante, la censura risulta inammissibile per mancanza di un interesse  attuale all’annullamento della prescrizione (in quanto avente significato di  monito, il cui contenuto potrà essere censurato in futuro, qualora venisse  riproposto sotto forma di rilievo concretamente cogente).
 
 9.2.4. Conviri prescrive di applicare il tasso di inflazione programmata alla  TRM (Tariffa Reale Media, derivante dal rapporto tra “Totale costi a tariffa” e  “Mc erogati”) e non anche alle voci di costo che concorrono a determinare il  primo elemento (costi operativi, ammortamenti, remunerazione o rendimento del  capitale investito, miglioramento dell’efficienza, etc.), in quanto è così  previsto dal Metodo al fine di evitare una doppia rivalutazione.
 
 Conviri sostiene infatti che il Piano contenga una doppia applicazione del tasso  di inflazione programmata.
 
 L’ATI eccepisce che il rilievo è frutto di difetto di istruttoria e  travisamento, posto che, applicato il tasso di inflazione alle prime tre voci di  costo (costi operativi, ammortamenti, remunerazione o rendimento del capitale  investito), la TRM non è stata poi sottoposta ad ulteriore rivalutazione; ed  evidenzia, a supporto di ciò, i dati risultanti dalle tabelle relative al Piano  Tariffario allegato al Piano d’Ambito.
 
 Il Collegio, anche in assenza di specifiche controdeduzioni sul punto (in  sostanza, sembra che anche la difesa dell’Amministrazione ribadisca esservi  stata una doppia rivalutazione, unicamente dalla definizione della “Tariffa  applicata” contenuta nella tabella riassuntiva), ritiene fondate le censure  dedotte.
 
 9.2.5. Conviri prescrive di scomputare dai costi operativi, i costi o i ricavi  relativi ad attività non regolate svolte dal gestore con l’utilizzo di beni e  mezzi strumentali al S.I.I., al fine di evitare che il servizio idrico integrato  vada a sussidiare altre attività del gestore.
 
 L’ATI ricorrente sostiene che ciò non è avvenuto, e che del resto il  provvedimento impugnato non indica in quali parti del Piano e da quali voci si  possa evincere quanto affermato dalla Conviri.
 
 In particolare, sottolinea che il Piano (part. pag. 59, che si riferisce alle  Tabelle economico finanziarie dell’Allegato 1)) ha considerato i ricavi  extratariffari a meri fini di “simulazione”, ossia per verificarne la maggiore  sostenibilità e valutarne la bancabilità, essendo peraltro evidente come detti  ricavi (il cui reperimento è un compito esclusivo del Gestore) non siano stati  considerati ai fini del calcolo della tariffa applicabile.
 
 Del resto, anche la difesa dell’Amministrazione si limita a ribadire il  (condivisibile) principio secondo il quale, per evitare che il gestore operante  in regime di monopolio naturale utilizzi beni del S.I.I. per svolgere attività  extratariffarie che generano ricavi, occorre istituire una contabilità separata  o decurtare detti ricavi dai costi operativi imputati a tariffa.
 
 Ciò stante, devono ritenersi fondate le censure di travisamento dei fatti e  difetto di motivazione.
 
 9.2.6. Conviri prescrive di procedere alla revisione triennale verificando il  miglioramento di efficienza, la corrispondenza della tariffa media rispetto alla  tariffa articolata, il raggiungimento dei traguardi di servizio ovvero  l’effettuazione degli investimenti.
 
 L’ATI ricorrente lamenta che si tratti di prescrizioni che indicano adempimenti,  sì doverosi, ma già realizzati, e che pertanto, atteggiandosi a monito, non è in  grado di comprenderne il contenuto e le ragioni.
 
 Sottolinea, in particolare, di aver adeguatamente verificato il miglioramento di  efficienza (pagg. 48-50 della Relazione), la corrispondenza tra la tariffa media  e quella articolata, nonché il livello di servizio e gli investimenti  effettuati.
 
 Precisa che il Piano prevede, a partire dal 2009, l’adozione della tariffa di  riferimento che è inferiore alla tariffa reale media (quella derivante dal piano  economico finanziario), in considerazione del piano degli investimenti e dei  livelli di servizio previsti, e che tiene conto dello scostamento complessivo  verificatosi nel periodo precedente; nella determinazione del disequilibrio  complessivo, il Piano valuta lo scostamento dalle previsioni del piano economico  finanziario in termini di investimenti, di costi operativi e di ricavi  tariffati.
 
 In corso di causa, l’Amministrazione ha chiarito di aver inteso richiedere  all’ATI quanto previsto dall’articolo 8, lettera h), del Metodo; e che, pur a  seguito della richiesta di chiarimenti in tal senso, di cui alla nota prot.  3417/RP in data 29 luglio 2009, l’ATI avrebbe risposto, con nota prot. 1997/09  in data 18 dicembre 2009, in maniera parziale. Infatti, la verifica esposta  dall’ATI sarebbe quella a preventivo prevista dagli articoli 4, comma 2, punto  1, e 6, del Metodo, e non già quella a consuntivo, prevista dall’articolo 8,  (verifica dell’effettivo livello di efficienza raggiunto dal gestore, della  corrispondenza dei ricavi garantiti come da piano e quelli effettivamente  conseguiti, per effetto sia dei volumi erogati che della tariffa applicata), su  cui si incentra la prescrizione.
 
 Sembra al Collegio che l’ATI, con la nota citata, abbia trasmesso una relazione  che considera gli interventi programmati e gli interventi realizzati dal gestore  nel periodo 2006-2008, evidenziandone gli scostamenti, nonché la documentazione  relativa al procedimento arbitrale in corso, sottolineando che da essa “sono  facilmente individuabili i contenuti delle diseconomie registrate nella gestione  2006-2008 e la relativa posizione assunta da questa Autorità”. Poiché le  pretese, anche sanzionatorie, dell’ATI (insieme a quelle del gestore), sono  confluite nel procedimento arbitrale ed è convenzionalmente previsto che vengano  definite in quella sede, non sembra al Collegio – in assenza di ulteriori  specifiche deduzioni dell’Amministrazione - che gli atti confermino il rilievo  secondo cui l’ATI non avrebbe effettuato le verifiche necessarie e posto in  essere le conseguenti azioni correttive.
 
 Ciò stante, anche in questo caso devono ritenersi fondate le censure di  travisamento dei fatti e difetto di motivazione.
 
 9.2.7. Conviri prescrive di riallineare le voci di costo relative  all’ammortamento e alla remunerazione del capitale in ragione degli investimenti  effettivamente realizzati e calcolarli sul valore degli investimenti non  rivalutati.
 
 Conviri, in sostanza, ha stigmatizzato che, nonostante il Gestore abbia  realizzato (soltanto) il 95% degli investimenti programmati nel triennio  2006-2008, non siano state comminate sanzioni, né si sia proceduto al  riallineamento predetto.
 
 L’ATI sostiene di aver fatto esattamente quanto indicato nella prescrizione,  così che essa risulta viziata da difetto di istruttoria e travisamento dei  fatti.
 
 Infatti, sottolinea che (in tutte le revisioni ordinarie effettuate) la  remunerazione del capitale è stata effettuata esclusivamente con riferimento  all’effettivo capitale investito ed ha tenuto conto del reale costo sostenuto. E  che, in particolare, nella determinazione della tariffa reale media futura ha  proceduto a ridurre la componente ammortamento e remunerazione per un valore  corrispondente a quello degli investimenti non realizzati nel triennio  precedente; nella definizione della situazione di partenza ha proceduto ad un  riallineamento del pregresso sulla base degli investimenti realizzati.
 
 L’Amministrazione, nelle memorie difensive, circoscrive il rilievo,  sottolineando che l’ATI non ha provveduto a recuperare le quote di ammortamento  e remunerazione incassate dal gestore anticipatamente perché inserite nella  tariffa del periodo pregresso (2006-2008) e commisurate ad un monte investimenti  che non si è tradotto nella realtà.
 
 Ma, rispetto a ciò, sembra condivisibile quanto ribadisce l’ATI, nel senso che i  “correttivi” relativi al periodo 2006-2008 sono oggetto della domanda di  arbitrato; per cui, la produzione degli atti arbitrali, come esposto in  relazione alla prescrizione precedente, soddisfa l’obbligo di chiarimenti e  documentazione gravante sull’ATI.
 
 Il Collegio ritiene quindi che la censura sia fondata.
 
 9.2.8. Conviri prescrive di inserire tra i costi operativi le voci di costo :  “oneri relativi ai consorzi di bonifica”, “oneri Tosap”, “canoni per utilizzo  dei beni del demanio idrico, con attraversamenti”, “canoni per la derivazione di  acqua pubblica per uso potabile”, “canoni di concessione ex ANAS” e “canoni di  concessione ferrovie ed ANAS”; per sottoporre anch’esse al miglioramento di  efficienza, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 6 del Metodo.
 
 L’ATI precisa che dette voci di costo sono state inserite tra i costi operativi,  anche se non sono state sottoposte al miglioramento previsto dall’articolo 6 del  Metodo.
 
 A ben vedere, la disposizione impone al gestore di ridurre progressivamente ed  annualmente i costi operativi nel rispetto del coefficiente deliberato dall’ATI  (il quale, a sua volta, lo determina in relazione all’ammontare dei costi  operativi individuati con la tariffa); ma, sostiene l’ATI, detta disposizione  non può trovare applicazione con riferimento a quei costi che, seppur gravanti  sul gestore e inerenti l’esercizio d’impresa, rappresentano sostanzialmente  tributi imposti da Amministrazioni, e sui quali il gestore non può intervenire  per ridurne l’ammontare.
 
 Per l’ipotesi in cui non venga condivisa detta interpretazione dell’articolo 6,  l’ATI ne censura l’illegittimità per irragionevolezza ed illogicità, in quanto  l’interpretazione data dalla Conviri falserebbe la capacità del gestore di  ridurre i costi operativi.
 
 Il Collegio ritiene condivisibile la suddetta impostazione.
 
 La ratio del Metodo, sul punto in questione, è quella di richiedere una  riduzione tariffaria attraverso una riduzione dei costi operativi connessi alla  gestione, che dipendono dalla capacità imprenditoriale del concessionario; altri  costi (quelli in questione), sebbene legati a servizi indispensabili per lo  svolgimento del servizio, e pertanto da recuperare nell’ambito della tariffa,  rappresentano componenti che esulano dalle possibilità di intervento del  concessionario.
 
 Ne deriva che sarebbe irragionevole sottoporre al miglioramento  (efficientamento) tali costi.
 
 La difesa dell’Amministrazione obietta che il gestore del SII opera in regime di  monopolio naturale, usufruisce di un tasso di remunerazione del capitale pari al  7%, di un aggiornamento delle tariffe che tiene conto della svalutazione; per  cui, non avendo necessità di ridurre i costi per mancanza di concorrenti, se non  vi fosse una disciplina sul miglioramento dell’efficienza, tenderebbe a  mantenere o ad espandere i profitti a scapito dell’utenza.
 
 Il Collegio rileva che tale argomentazione non può però condurre a ritenere  necessariamente esteso il miglioramento di efficienza alla somma dei costi,  anche esogeni. La remunerazione forfettaria è infatti stabilita con riferimento  al capitale investito e prescinde dalla consistenza dei costi, ed in particolare  di quelli in esame, che può variare significativamente a seconda delle  caratteristiche dell’ambito del servizio; per cui l’estensione dell’obbligo di  miglioramento a tutte, indistintamente, le voci di costo comporterebbe una  differenziazione casuale della reale remuneratività dello svolgimento del  servizio.
 
 Sembra dunque al Collegio fondata anche la censura in esame.
 
 9.2.9. Conviri prescrive di eliminare dai costi imputabili a tariffa la quota  relativa al “conguaglio 2006-2008”, in quanto il Metodo esclude il recupero dei  maggiori costi di gestione relativi a periodi pregressi. L’ATI ha infatti  inserito in tariffa, in via preventiva, i maggiori costi operativi sostenuti da  SII nel periodo 2006-2008 ed oggetto di procedimento arbitrale ai sensi  dell’articolo 50 della Convenzione.
 
 Va sottolineato che già con riferimento ai minori ricavi e maggiori costi  registrati rispetto alle previsioni del Piano d’ambito nel periodo 2003-2005, in  sede arbitrale SII aveva ottenuto la condanna dell’ATI al pagamento di circa  11.761.000 euro; e che, per far fronte a tale onere, l’ATI aveva contratto un  finanziamento ventennale, il cui costo era stato inserito in tariffa nel Piano  2006-2008, senza che Conviri, in occasione del relativo controllo, eccepisse  nulla al riguardo.
 
 Anche nel periodo 2006-2008 sono stati sostenuti maggiori costi rispetto a  quelli coperti dalla tariffa, e SII ha presentato domanda di arbitrato in data 3  marzo 2009.
 
 L’ATI ha perciò ritenuto di seguire la stessa strada, caricando sulla tariffa  del triennio successivo il costo di un ulteriore mutuo ventennale per la  copertura delle diseconomie registrate nella gestione pregressa (stimate in  circa 6 milioni di euro, con una rata annuale pari a circa 523 mila euro).
 
 Ora, per comprendere le motivazioni della prescrizione in esame, è opportuno  riportare parte delle argomentazioni esternate dalla Conviri.
 
 L’organo di controllo, dopo aver eccepito che si tratta di un costo eventuale  non ancora accertato, ed aver ricordato quali voci, secondo il Metodo, sono  rilevanti ai fini della determinazione della tariffa, ha affermato che “ (…) il  contratto insito nel metodo normalizzato è quello del price cap dove il prezzo è  prefissato con un vincolo di crescita stabilito e l’impresa può raggiungere il  massimo profitto soltanto minimizzando i costi attraverso l’efficienza della  gestione. In altre parole, i costi operativi di gestione sono predeterminati  sulla base di previsioni, salvo apportare, solo per il futuro, possibili  correttivi, ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui all’articolo 8  del metodo stesso, in aumento o in diminuzione dei costi operativi futuri da  inserire in tariffa. L’eventuale riconoscimento dei maggiori costi operativi  sostenuti dal gestore nel periodo pregresso stravolgerebbe il tipo di contratto  trasformandolo in un contratto “costo di servizio”, che prevede la copertura dei  costi a consuntivo, azzerando il rischio di impresa di un soggetto che opera,  peraltro, in un mercato di monopolio naturale qual’è quello del servizio idrico  integrato”. Precisando inoltre che “Per quanto attiene il rispetto  dell’equilibrio economico finanziario, previsto dal co. 4 art. 140, D.Lgs.  152/2006 (…), si tratta di una caratteristica che deve essere intrinseca alla  progettazione del piano, il quale deve risultare sostenibile ed attuabile sia  dal punto di vista economico che da quello finanziario poiché sarà lo strumento  sul quale il gestore industriale effettuerà la propria offerta (con gara o  comunque con la sottoscrizione volontaria della convenzione per il servizio),  con assunzione dei rischi connessi alla gestione “reale”. Cosa ben diversa è  l’equilibrio economico finanziario che riguarda l’impresa del gestore che,  valutata e accettata la validità del piano con la sottoscrizione della  convenzione, dovrà “attuare” una gestione industriale con proprie strategie che  consenta la sua conservazione e capacità di creare utile da una corretta  gestione del servizio, adottando autonomamente le scelte industriali e  finanziarie appropriate nel rispetto delle condizioni sancite dalla convenzione  di servizio”. E concludendo nel senso che “Pertanto, nel rilevare che già i  maggiori costi operativi sostenuti dal gestore nel periodo regolatorio 2003-2005  e ad esso riconosciuti a seguito del lodo arbitrale non dovevano gravare in  tariffa, si evidenzia che in nessun caso i maggiori costi sostenuti dal gestore  nel periodo 2006-2008 potranno essere imputati a tariffa”.
 
 Il Collegio ritiene pienamente condivisibile detta impostazione.
 
 L’ATI lamenta il difetto di istruttoria, alla luce del fatto che i maggiori  costi richiesti da SII in sede arbitrale (energia elettrica, acquisto acqua  potabile, trasporto acqua, maggiori mutui pagati ai Comuni, personale, etc.)  sono riconducibili a voci di costi operativi tariffabili.
 
 Ma l’aspetto critico, come chiaramente esposto da Conviri, non è la natura dei  costi, bensì la loro riferibilità al periodo gestionale pregresso rispetto a  quello oggetto del Piano e della relativa revisione tariffaria.
 
 Né, possono legittimare la scelta operata, le disposizioni che attribuiscono  alla tariffa (anche) la finalità di assicurare l’equilibrio economico  finanziario della gestione ed un’adeguata remunerazione del capitale investito.  L’ATI, in questa prospettiva, invoca:
 
 - l’articolo 117 (sulle tariffe dei servizi pubblici), comma 1, del d.lgs.  267/2000, secondo il quale “Gli enti interessati approvano le tariffe dei  servizi pubblici in misura tale da assicurare l'equilibrio economico-finanziario  dell'investimento e della connessa gestione. I criteri per il calcolo della  tariffa relativa ai servizi stessi sono i seguenti: a) la corrispondenza tra  costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi  compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario; b) l'equilibrato  rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito; c) l'entità dei  costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della  qualità del servizio; d) l'adeguatezza della remunerazione del capitale  investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato”;
 
 - l’articolo 149 (sul piano d’ambito del servizio idrico integrato), comma 4,  del d.lgs. 152/2006, secondo il quale “Il piano economico finanziario,  articolato nello stato patrimoniale, nel conto economico e nel rendiconto  finanziario, prevede, con cadenza annuale, l'andamento dei costi di gestione e  di investimento al netto di eventuali finanziamenti pubblici a fondo perduto.  Esso è integrato dalla previsione annuale dei proventi da tariffa, estesa a  tutto il periodo di affidamento. Il piano, cosi come redatto, dovrà garantire il  raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario e, in ogni caso, il  rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione,  anche in relazione agli investimenti programmati”;
 
 - il successivo articolo 154 (sulla tariffa del servizio idrico integrato),  comma 1, già sopra riportato, secondo il quale “La tariffa costituisce il  corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata (…) in modo che sia  assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio  secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina  paga". Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura  di corrispettivo”;
 
 - l’articolo 1, comma terzo, del d.m. 1 agosto 1996, secondo il quale “La  tariffa reale media è stabilita dall'Ambito in relazione al modello  organizzativo della gestione, alla quantità e alla qualità della risorsa idrica  e dal livello di qualità del servizio. La stessa è altresì fissata in funzione  del piano finanziario di cui all'articolo 11, comma 3, della legge 36/94, tenuto  conto dei costi reali, delle economie conseguenti al miglioramento di efficienza  e al superamento della frammentazione delle attuali gestioni”.
 
 Al Collegio sembra tuttavia evidente che dette disposizioni considerano il  rapporto tra tariffa e risultato gestionale nella (esclusiva) prospettiva della  previsione e programmazione delle attività da svolgere, e che l’equilibrio  economico da conseguire e la remunerazione del capitale da assicurare, anche  mediante la tariffa, siano quelli del periodo di gestione futuro cui si  riferisce il Piano.
 
 Altrimenti, come puntualmente sottolineato da Conviri, verrebbe stravolta la  struttura del contratto con il concessionario prevista dal Metodo, che da price  cap diverrebbe contratto con copertura dei costi a consuntivo, così azzerando il  rischio di impresa ed eliminando con esso anche l’incentivazione del gestore a  conseguire progressive riduzioni dei costi per massimizzare il profitto.
 
 In altri termini, l’equilibrio economico finanziario (e con esso la  remunerazione della gestione) sono obiettivi da conseguire, anche mediante una  corretta determinazione delle tariffe, all’interno dei periodi gestionali  oggetto del Piano; non invece dei postulati generali, che devono essere comunque  garantiti a posteriori. Se il Piano è basato su ipotesi corrette e lungimiranti,  esse troveranno conferma nella gestione e gli obiettivi verranno conseguiti,  nella misura prevista (o addirittura in misura maggiore); altrimenti, qualora  nel corso della gestione i parametri iniziali non trovino riscontro nella realtà  e non garantiscano l’equilibrio, ovvero sopravvengano fattori esterni tali da  mettere in discussione le previsioni, l’ATI ha a disposizione lo strumento della  modifica della tariffa, previsto dall’articolo 8 del Metodo. Ma tale modifica ha  effetto per il futuro.
 
 Infatti, il Metodo prevede due modalità di revisione del sistema tariffario da  parte dell’ATI. Quella c.d. ordinaria, che interviene ad ogni periodo  regolatorio triennale:
 
 - ai sensi dell’articolo 8, comma 1, punto 8, nella convenzione per la  concessione della gestione del servizio, deve essere stabilita “la revisione  triennale per la verifica dei miglioramenti di efficienza, per la verifica della  corrispondenza della tariffa media rispetto alla tariffa articolata, per la  verifica del raggiungimento dei traguardi di livello di servizio ovvero  dell'effettuazione degli investimenti”;
 
 - ai sensi dell’articolo 4, comma 7, “La tariffa reale media può subire  variazioni per effetto di: - disposizioni legislative o regolamentari che  modifichino le prescrizioni relative ai livelli di qualità del prodotto e del  servizio, previa deliberazione dell'Ambito; - verifiche periodiche sul  funzionamento delle gestioni; - variazioni al metodo normalizzato disposte dal  Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche.
 
 E quella c.d. straordinaria, ai sensi dell’articolo 8, comma 2, secondo cui  “L'Ambito, ferma restando la verifica triennale nell'applicazione della tariffa,  può in qualsiasi momento intervenire nel caso di significativi scostamenti dalle  previsioni del piano finanziario e gestionale in ordine a: a) raggiungimento dei  livelli di servizio previsti dal piano anche a seguito dei relativi  investimenti, valutando le variazioni al limite di prezzo "K" o le  penalizzazioni e i rimborsi , secondo quanto previsto nella convenzione di  gestione, specialmente in merito alle componenti "ammortamento" e "ritorno del  capitale" sulla tariffa; b) corrispondenza tra l'incasso derivante  dall'applicazione della struttura tariffaria e l'incasso previsto per effetto  della tariffa media stabilita nella convenzione di gestione, al fine di  apportare le conseguenti variazioni; c) rispondenza dei costi operativi alle  variazioni strutturali della produzione e della distribuzione e delle  conseguenti variazioni delle riduzioni di cui all'art. 6. “.
 
 Dunque, nella prospettiva di evitare squilibri di natura economico-finanziaria  nella gestione programmata, la norma prevede che qualora si registrino degli  scostamenti, si possa (debba) intervenire prontamente attraverso la revisione  straordinaria del piano, comunque applicabile esclusivamente per il futuro. In  particolare, l’articolo 8 prevede che, in vista di ogni periodo regolatorio,  l’ATI proceda alla revisione tariffaria, verificando che il gestore abbia  conseguito solo il livello di ricavo permesso (tetto sui ricavi ottenibili dalla  gestione del servizio, stabilito all’inizio del periodo ed aggiornato di anno in  anno, indipendentemente dai costi effettivamente sostenuti dall’impresa, che in  tal modo è incentivata ad accrescere l’efficienza produttiva perché ogni  riduzione di costo superiore ai miglioramenti minimi prefissati si tradurrebbe  in una rendita); se questo viene superato, il gestore restituirà i maggiori  ricavi a vantaggio delle tariffe del periodo successivo; viceversa, se ne resta  al di sotto, otterrà il mancato ricavo nelle tariffe degli anni successivi.
 
 Il sistema delineato dal Metodo non pregiudica il principio di remuneratività  della gestione (come più volte sopra ricordato, il Metodo, in base all’articolo  3.3., garantisce una remunerazione “secca” del 7% sul capitale investito), e  consente, a fronte di eventuali errori nella pianificazione e/o di fattori  sopravvenuti e imprevisti, l’attivazione di adeguati meccanismi di riequilibrio  (che, peraltro, risulterebbero inutili, qualora – come sostiene l’ATI – la  tariffa potesse essere determinata a consuntivo).
 
 Il ritardo nell’attivazione di detti meccanismi di riequilibrio è imputabile  esclusivamente all’ATI e al gestore, dovendo rimanere estraneo l’utente, al  quale non può essere richiesta una tariffa maggiorata retroattiva.
 
 Non sussiste quindi (come sostiene in via subordinata l’ATI ricorrente) nemmeno  l’illegittimità del Metodo per contrasto con le riportate disposizioni  normative, rispetto alle quali appare invece coerente.
 
 Le possibili conseguenze pratiche di detta ricostruzione, sottolineate dall’ATI  come prova della sua illogicità - quali l’abbandono del servizio da parte del  gestore e la necessità di indire una nuova gara, sulla base di un piano  economico finanziario che dovrà tener conto di una tariffa calcolata in  considerazione dei costi effettivamente sostenuti dal gestore uscente – appaiono  compatibili con un sistema di mercato nel quale l’operatore economico paga le  conseguenze di previsioni e calcoli rivelatisi erronei (senza contare che, se si  sono verificati maggiori costi operativi che il gestore ha diritto di recuperare  dall’ATI, sarà quest’ultimo a pagarne le conseguenze). In ultima analisi, i  costi non tariffati, per errore del Piano o per fatti sopravvenuti, graveranno  sul bilancio delle Amministrazioni che partecipano all’ATI, anziché gravare  (tramite le tariffe) sugli utenti del servizio idrico. Ed entreranno tra gli  elementi in base ai quali l’espletamento delle funzioni istituzionali da parte  degli enti locali verrà valutato dai cittadini, ai fini dell’attivazione di  quella che si definisce comunemente responsabilità politica.
 
 E la conseguenza appare logica, in quanto derivante da una imperfetta previsione  (o tempestivo adeguamento) dei costi e delle conseguenti tariffe del servizio –  previsione che spetta all’ATI, attraverso il confronto con il gestore.
 
 Può aggiungersi che l’inserimento in tariffa nel Piano d’Ambito 2006-2008 delle  somme dovute in base al precedente lodo arbitrale, senza rilievi da parte della  Conviri, non poteva suscitare alcun legittimo affidamento; e che, quanto al  relativo profilo di contraddittorietà della prescrizione impugnata, la Conviri  si è data carico di spiegarne puntualmente le ragioni, che dimostrano come  dovrebbe semmai ritenersi censurabile l’omissione di rilievi in occasione del  Piano precedente.
 
 In conclusione la censura deve ritenersi infondata.
 
 9.2.10. Conviri prescrive di escludere dal computo dei costi operativi il  “management fee” gli accantonamenti per svalutazioni crediti e le perdite su  crediti, in quanto non compresi nelle categorie di costi operativi ammissibili  in tariffa tassativamente indicate al punto 3.1. del Metodo;
 
 Quanto al primo aspetto, il Collegio osserva che, secondo l’articolo 3.1. del  Metodo, tra i costi operativi che compongono la tariffa, oltre alle categorie “B  6 - Costi per materie di consumo e merci (al netto di resi,abbuoni e sconti); B  7 - Costi per servizi; B 8 - Costi per godimento di beni di terzi; B 9 - Costo  del personale; B 11 - Variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie,  di consumo e merci; B 12 - Accantonamento per rischi, nella misura massima  ammessa dalle leggi e prassi fiscali; B 13 - Altri accantonamenti” è compresa un  ultima categoria (residuale) “B 14 - Oneri diversi di gestione”. Precisa la  disposizione che “In questa ultima voce deve essere iscritto ogni costo della  produzione non ricompreso in quelli specificatamente previsti dall'elencazione  di cui sopra e ogni altro componente negativo del reddito che non abbia natura  finanziaria, straordinaria o fiscale”.
 
 L’ATI ha chiarito che:
 
 - il “management fee” è una voce di costo derivante dall’offerta aggiudicataria  della gara indetta per l’individuazione del socio privato della SII. E’ infatti  accaduto che l’odierno socio privato, a fronte di obblighi assunti nell’offerta  (tra i quali, il reperimento risorse extra tariffa per garantire la  sostenibilità economica finanziaria del Piano d’Ambito), abbia chiesto di  vedersi corrisposto un compenso, stabilito come percentuale del fatturato  globale. Pertanto, detta previsione costituisce un obbligo contrattuale assunto  dall’ATI che il Piano ha conseguentemente dovuto considerare ai fini della  determinazione della tariffa.
 
 Non sembra quindi corretto ritenere, come fa la difesa dell’Amministrazione, che  rappresenti un’immobilizzazione immateriale, come tale destinata ad essere  remunerata all’interno del 7% forfettario fissato dal Metodo, essendo  inammissibile ogni altra modalità.
 
 L’accantonamento al fondo svalutazione crediti (inserito con riferimento ai  crediti verso gli utenti nella misura dello 0,5%, pari al limite massimo  consentito dalla normativa fiscale) consente di valutare un costo reale, qual è  quello fisiologico legato alla svalutazione di somme di cui, data la dinamicità  delle utenze, non è certa l’esigibilità concreta, né è dato conoscere il tempo  dell’introito.
 
 Il Collegio osserva che entrambi dette voci di costo erano contenute nel Piano  del periodo precedente e non erano stati oggetto di rilievi da parte della  Conviri; ma tale circostanza, come sopra esposto riguardo ad altre prescrizioni,  non appare di per sé dirimente.
 
 Piuttosto, la previsione dei costi ammissibili contenuta nell’articolo 3.1., pur  essendo tassativa per ciò che concerne l’articolazione nelle categorie  considerate, non configura in realtà un elenco chiuso di costi tipizzati, posto  che la voce B 14 è suscettibile di comprendere tutti quei costi che non abbiano  natura finanziaria, straordinaria e fiscale.
 
 Occorre quindi valutare se la considerazione, ai fini della composizione della  tariffa, di costi astrattamente riconducibili a detta voce – come sembrano  essere quelli in questione – contrasti con altre specifiche esigenze tutelate  dalla normativa.
 
 Pertanto, escluso che risulti di per sé preclusivo il principio di tassatività  dei costi, nel senso suindicato, una valutazione in termini di ammissibilità  avrebbe richiesto una puntuale motivazione di detti eventuali motivi di  contrasto.
 
 Risulta quindi fondata la censura di difetto di motivazione prospettata, in via  subordinata, dall’ATI ricorrente.
 
 9.2.11. Conviri prescrive di avviare il sistema informativo (SIG) di rilevazione  dei dati del s.i.i. e provvedere al conseguente aggiornamento dei dati della  ricognizione.
 
 L’ATI sostiene che un simile rilievo, nella misura in cui non concerne la  correttezza della revisione del Piano d’ambito, esuli dalle competenze della  Conviri, stabilite dall’articolo 161, comma 4, del d.lgs. 152/2006.
 
 Il Collegio ritiene invece che, essendo la disponibilità di un sistema  informativo efficiente, elemento strategico ai fini del rilevamento e della  disponibilità, in modo ordinato e tempestivo, dei dati della gestione, la  prescrizione si connoti come strumentale alla gran parte delle altre  prescrizioni, direttamente concernenti la correttezza della revisione.
 
 L’ATI, pur ammettendo che il ritardo nell’avvio del SIG impedisce la  registrazione dei dati su un supporto informativo (in questo senso, del resto, è  esplicito il riconoscimento contenuto nella Relazione al Piano), sottolinea che  ciò non significa indisponibilità dei dati, né incide sulla capacità dell’ATI di  “effettuare una corretta e puntuale pianificazione e di avere una perfetta  conoscenza delle dinamiche gestionali”.
 
 Il Collegio, sottolineando la natura strumentale e sollecitatoria della  prescrizione in esame, non la ritiene viziata, tenendo conto che, in base alla  comune esperienza, l’attivazione di meccanismi di riequilibrio come quelli  previsti dagli articoli 8 e 4 del Metodo, sopradescritti, presuppone non  soltanto una conoscenza rapida e continuamente aggiornata dei dati, ma anche che  ciò avvenga in forma elaborabile attraverso procedure gestionali computerizzate:  risultati che è ragionevole attendersi soltanto a seguito di una piena  attuazione del SIG.
 
 10. In conclusione, il ricorso deve essere parzialmente accolto, con conseguente  annullamento delle prescrizioni che risultano viziate, nei sensi e limiti sopra  indicati.
 
 11. Sussistono giustificati motivi per disporre l’integrale compensazione tra le  parti delle spese di giudizio.
 P.Q.M.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria, definitivamente pronunciando  sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente, e, per  l’effetto, annulla parzialmente i provvedimenti impugnati, nei sensi e limiti  indicati in motivazione.
 
 Spese compensate.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 
 Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2011 con  l'intervento dei magistrati:
 
 Cesare Lamberti, Presidente
 Carlo Luigi Cardoni, Consigliere
 Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 05/05/2011
 
                    




