T.A.R. Veneto Sez. II n. 698 del 26 aprile 2011
Acque.Distanze dagli argini
Il divieto di piantagione di alberi, di edificazioni o fabbriche e di movimento del terreno del piede esterno e interno degli argini ad una certa distanza dal corso d’acqua (che per i manufatti è da 4 a 10 metri “secondo l’importanza del corso d’acqua” medesimo) vale non solo per i corsi d’acqua superficiali, ma anche per le altre opere di bonificazione (primo comma [del citato art. 133]), tra le quali va certamente compresa anche la tombinatura che, come rileva il consorzio di bonifica, non può dirsi come tale opera definitiva, essendo possibile riportare in qualunque momento il corso d’acqua allo stato precedente. In definitiva, il rispetto delle distanze deve ritenersi inderogabile anche per i corsi d’acqua tombinati, al fine di consentire uno spazio di manovra nel caso di necessità di porre in essere attività di manutenzione delle condutture.
N. 00698/2011 REG.PROV.COLL.
N. 03811/1997 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
nel giudizio introdotto con il ricorso 3811/97, integrato da motivi aggiunti, proposto da Maria Sbrogiò, rappresentata e difesa dall'avv. R. Bucci, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R. Veneto, ex art. 25 c.p.a.;
contro
il Comune di Venezia, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. ti Gidoni e Venezian, con domicilio eletto presso la civica Avvocatura nella sede municipale;
il Consorzio di Bonifica Dese Sile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. G. Perulli, con domicilio eletto presso il suo studio in Venezia Mestre, via Torino 186;
per l'annullamento
quanto al ricorso principale:
del provvedimento 2 luglio 1997 prot. n. 4663/4130/00, con cui l'assessorato all'edilizia privata del Comune di Venezia ha respinto parzialmente la domanda di condono presentata dalla ricorrente;
quanto ai motivi aggiunti:
dell’atto 15 febbraio 2006, prot. 2006/70740 con cui è stata accertata l'inottemperanza all'ordinanza di demolizione, successivamente emessa.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Venezia e del Consorzio di Bonifica Dese Sile;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2011 il cons. avv. Gabbricci e uditi l’avv. Dal Prà, in sostituzione dell’avv. Bucci per la ricorrente, l’avv. Venezian per il Comune di Venezia e l’avv. Perulli per il Consorzio di bonifica Dese Sile;
ritenuto in fatto e considerato in diritto
che Maria Sbrogiò nel 1986 presentò domanda di condono edilizio, per un manufatto ad uso garage abusivamente costruito, in epoca non antecedente al 1970, in prossimità d’un corso d'acqua pubblico di scolo consorziale, che, in nello stesso periodo, era stato tombinato, cioè inserito in una condotta poi ricoperta di terra, trasformando così il fosso in una fascia di terreno calpestabile;
che, sulla domanda di condono, il Comune richiese, ex art. 32 l. 47/85, il parere di competenza del Consorzio di bonifica Dese Sile, nella cui disponibilità era il corso d’acqua in questione, e quest’ultimo espresse il parere contrario 12 novembre 1996 al mantenimento del garage, osservando che il manufatto era stato realizzato ad una distanza inferiore a quella stabilita per tali corsi d’acqua dall'art. 133 del r.d. 8 maggio 1904, n. 368, e dal regolamento di polizia idraulica adottato dallo stesso Consorzio di bonifica con deliberazione 29 settembre 1988, n. 16/88: né la tombinatura avrebbe fatto venir meno l’obbligo di rispettare tale distanza, comunque funzionale a consentire la periodica manutenzione della condotta interrata;
che, pertanto, il Comune di Venezia ha respinto la domanda di condono con provvedimento 2 luglio 1997, prot. n. 4663/4130/00, oggetto del ricorso principale;
che, in seguito, è stato emesso l’ordine di demolizione 20 marzo 1998, n. 97/3404/204, gravato con ricorso straordinario, il cui esito è ignoto, mentre è stato impugnato con successivi motivi aggiunti l’atto 15 febbraio 2006, prot. 2006/70740, con cui il Comune ha accertato la persistente inottemperanza all'ordinanza di demolizione,
che, per quanto concerne quest’ultimo atto, il ricorso è inammissibile, costituendo questo un mero atto d’accertamento, peraltro rispondente pacificamente al vero;
che, quanto al ricorso principale (violazione di legge ed eccesso di potere per falsità del presupposto), la tesi della ricorrente è che, una volta effettuata la tombinatura, non troverebbero più applicazione le previsioni sulle distanze dai corsi d’acqua;
che, in effetti, tale soluzione è stata condivisa da questa Sezione nella sentenza 29 giugno 2006 n. 1937, emessa su di una fattispecie affatto analoga, fin con riguardo alle parti resistenti ed al corso d’acqua interessato;
che, peraltro, va segnalato come tale pronuncia sia stata riformata in grado d’appello con la decisione 23 luglio 2009, n. 4663, della IV Sezione, nelle cui motivazione si legge: “il divieto di piantagione di alberi, di edificazioni o fabbriche e di movimento del terreno del piede esterno e interno degli argini ad una certa distanza dal corso d’acqua (che per i manufatti è da 4 a 10 metri “secondo l’importanza del corso d’acqua” medesimo) vale non solo per i corsi d’acqua superficiali, ma anche per le altre opere di bonificazione (primo comma [del citato art. 133]), tra le quali va certamente compresa anche la tombinatura che, come rileva il consorzio di bonifica, non può dirsi come tale opera definitiva, essendo possibile riportare in qualunque momento il corso d’acqua allo stato precedente. In definitiva, il rispetto delle distanze deve ritenersi inderogabile anche per i corsi d’acqua tombinati, al fine di consentire uno spazio di manovra nel caso di necessità di porre in essere attività di manutenzione delle condutture.”;
che – in una fattispecie obiettivamente incerta - appare opportuno al Collegio conformarsi alla decisione assunta in grado d’appello, per intuibili ragioni di uniformità delle pronunce;
che le spese di lite, per le stesse ragioni, vanno integralmente compensate tra le parti;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio addì 6 aprile 2011 con l'intervento dei signori magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Angelo Gabbricci, Consigliere, Estensore
Marina Perrelli, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/04/2011