Alimenti. Integratori alimentari
L'art. 20 D.P.R. n. 327/1980 consente il sequestro (delle sostanze destinate all’alimentazione) senza prelimari verifiche in laboratorio “ove risulti necessario per la tutela della salute pubblica”. Nella fattispecie la circostanza che dalle etichette dei prodotti era rilevabile la presenza nei medesimi di piante inserite nella lista delle non ammesse dal Min. Salute risultava di per se stessa idonea sia a dar conto della pericolosità per la salute pubblica sia a rendere superflue le “ulteriori specifiche indagini di laboratorio” (previste dal comma 5 dell’art. 20 citato per la fase procedimentale successiva all’istanza di dissequestro nell’ipotesi in cui il dissequestro non venga concesso poichè la merce non sia risultata conforme alle norme vigenti).
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE |
N. 860 REG. SENT. ANNO 2007 N. 1441 REG. RIC. |
PER LA TOSCANA
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ANNO 2006 |
- II^ SEZIONE -
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso n. 1441/2006 proposto da SOC. AMBROSIA s.a.s. di Daniela Veronesi & C., con sede in Firenze, in persona dei legale rappresentanti, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luca Babini e Luca Zini di Bologna, domiciliati in Firenze presso l’avv. Leonardo Bianchini;
- il COMUNE DI FIRENZE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Gianna Rogai e Andrea Sansoni, domiciliato presso l’Avvocatura Comunale in piazza Signoria (Palazzo Vecchio), nonchè la Direzione dell’Ambiente del Comune di Firenze, in persona del direttore, non costituito in giudizio;
p e r l ‘ a n n u l l a m e n t o
previa sospensione, del provvedimento 12 luglio 2006 n. 1797 con cui il Comune di Firenze ha respinto l’istanza 11.5.2006 presentata dalla ricorrente società al fine di ottenere il dissequestro dei prodotti erboristici, integratori dell’alimentazione indicati nei verbali di sequestro del 2-4 e 5 maggio 2006 (nn. 3-9 e 10) effettuati dagli Operatori di vigilanza ed ispezione dell’Ufficio Igiene alimenti e nutrizione dell’Azienda sanitaria di Firenze presso il deposito all’ingrosso, della società ricorrente posto in Firenze, Via Reims 12, nonchè di ogni altro atto;
nonchè per il risarcimento del danno
subito dalla ricorrente a causa del provvedimento impugnato e quantificabile in corso di causa e/o anche in via equitativa;
Visto l’atto di costituzione del Comune di Firenze, in persona del Sindaco;
Vista l’ordinanza cautelare 17.10.2006 n. 814 che ha respinto l’istanza di sospensione;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore designato il Cons. Lydia Ada Orsola SPIEZIA;
Uditi, alla pubblica udienza del 7 marzo 2007, gli avv.ti Luca Babini, Luca Zini ed Andrea Sansoni;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
1. Con determinazione del 26 gennaio 2006 (pubblicata anche su G.U. 8.3.2006) la Conferenza permanente Stato Regione ha adottato per il 2005 il Piano di vigilanza sugli integratori alimentari commercializzati come prodotti alimentari (vedi decreto leg.vo 21.5.2004 n. 169, art. 13), che prevede un’attività di controllo da effettuarsi con specifiche verifiche ispettive presso erboristerie, palestre e centri benessere con annessa vendita di integratori alimentari; i controlli (art. 2 Intesa) attraverso l’esame delle etichette, sono diretti a verificare che gli integratori alimentari con ingredienti vegetali non contengano le piante o gli estratti vegetali non ammessi dal Ministero della Salute ed elencati nell’all. 1 dell’intesa medesima; le Regioni devono fornire alle aziende sanitarie locali competenti apposite indicazioni per l’effettuazione dei controlli in questione (art. 3 dell’Intesa citata).
Pertanto, quando l’ASL di Teramo ha segnalato all’Azienda U.S.L. 10 di Firenze di aver trovato presso un erboristeria di Giulianova alcuni prodotti contenenti erbe non ammesse, importati dalla soc. Ambrosia s.a.s. di Firenze, gli ispettori dell’azienda sanitaria fiorentina (acquisiti ulteriori elementi di giudizio dal Min. Salute con nota 10.3.2006), provvedevano ad effettuare alcune ispezioni presso il deposito della società in Firenze, V.Reims 12 in contraddittorio con l’azienda in data 2-4 e 5 maggio 2006 e, quindi, procedevano in via d’urgenza al sequestro cautelativo provvisorio (ex art. 20 D.P.R. n. 327/1980) di alcuni prodotti erboristici della tradizione ayurvedica, commercializzati dalla soc. Ambrosia s.a.s., avendovi rilevato la presenza di erbe non ammesse dal Min. delle Sanità e cioè inserite nell’apposito elenco annesso al Piano di Controllo e trasmesso dalla Regione Toscana alle Aziende sanitarie unitamente a specifiche istruzioni di servizio con nota reg. 20.2.2006.
La soc. Ambrosia, quindi, in data 10 maggio 2006 trasmetteva al Comune di Firenze le proprie deduzioni (ai sensi dell’art. 20, D.P.R. 327/1980) chiedendo il dissequestro dei prodotti, ma il Min. della Salute (dopo apposita riunione svoltasi il 24 maggio 2006) con note del 25 e 29 maggio 2006 trasmesse alla Reg. Toscana ed all’Azienda sanitaria di Firenze, nonchè al Comune, confermava il sequestro, chiedendo altresì l’acquisizione dalla soc. Ambrosia nella lista di commercializzazione dei prodotti in questione (lista consegnata dalla società il 7 giugno 2006) nonchè il ritiro ed il richiamo dei prodotti dalla distribuzione.
Con atto del 6 giugno 2006, ritualmente notificato al Comune di Firenze, la soc. Ambrosia diffidava l’amministrazione comunale a procedere al dissequestro dei prodotti, ma (dato l’avviso all’interessata dell’orientamento negativo dell’amministrazione ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990) il Sindaco di Firenze (acquisito l’ulteriore avviso negativo da parte dell’Azienda sanitaria con nota 3 luglio 2006) ha respinto l’istanza di dissequestro dei prodotti indicati nei verbali del sequestro operato dagli ispettori sanitari in data 2-4 e 5 maggio 2006 confermando il sequestro medesimo.
1.1.Avverso tale provvedimento di rigetto la soc. Ambrosia ha proposto il ricorso in epigrafe, chiedendone l’annullamento, previa sospensione, per i seguenti vizi dedotti in un unico articolato motivo:
Violazione degli artt. 3, 4 e 97 Cost.ne, nonchè della legge n. 241/1990, art. 3, per difetto di motivazione mancata disponibilità dell’atto richiamato ed altri profili, unitamente all’art. 6, violazione del D.Lgs. 169/2004 artt. 5-10 e 19 e del d.leg.vo n. 155/1997 art. 3, ed infine eccesso di potere per illogicità, difetto d’istruttoria, violazione del giusto procedimento e sviamento.
Ad avviso della ricorrente illegittimamente il Comune di Firenze avrebbe negato il dissequestro dei prodotti senza previamente accertare per il tramite dell’azienda sanitaria, la realte sussistenza del prospettato pericolo per la salute pubblica attraverso appropriate analisi di laboratorio; in tal modo avrebbe violato il D.P.R. n. 327/1980, art. 20, e sarebbe incorso in carenza d’istruttoria poichè non avrebbe tenuto conto della pronuncia cautelare adottata il 17.3.2005 n. 1515 dal T.A.R. Lazio, Sez. 3° ter, che aveva sospeso per carenza d’istruttoria la nota ministeriale 13.7.2004 di analogo contenuto interdittivo rilevando che “la prevalente connotazione farmacologica dipende dalla concentrazione delle sostanze vegetali impiegate”.
Inoltre la lista delle piante non ammesse (cui si fa riferimento in tutto il procedimento relativo al sequestro ed al ritiro dal commercio dei prodotti) sarebbe illegittima poichè, in contrasto con l’art. 5 D.leg.vo n. 169/2004, non terrebbe conto dei livelli di sostanze vegetali ammessi nella confezione di prodotti da classificare solo come integratori alimentari, e cioè privi di connotazione farmacologica.
Illegittimamente, poi, il Min. della Salute avrebbe ritenuto che gli integratori in questione costituissero un pericolo per la salute pubblica (art. 10 D.leg.vo 169/2004) e non avrebbe consentito alla ricorrente di commercializzarli in via transitoria fino allo smaltimento scorte (v. art. 19 D.leg.vo 169/2004).
Infine la ricorrente chiede il risarcimento dei danni patrimoniali ed extra patrimoniali da liquidarsi, ai sensi dell’art. 205 6 cod.civ., nella misura da determinarsi in corso di causa, anche in via equitativa, dallo stesso T.A.R. adito, tenendo conto sia della perdita della clientela sia degli effetti negativi sulla rete di distribuzione sia della perdita di fatturato che per gli anni 2004 e 2005 sarebbero stati pari ad € 430.540,00 e 444.360,00 circa, oltre “corrispettivi dell’unità negoziale aziendale”; nello stesso atto introduttivo, inoltre, la ricorrente ha formulato istanza istruttoria per il deposito della documentazione amm.va, nonchè istanza di consulenza tecnica al fine di accertare l’esatto quantitativo delle erbe non ammesse presenti negli integratori sequestrati e, quindi, valutarne la caratteristica alimentare o farmacologica; viene, infine, fatta espressa riserva di depositare una consulenza tecnica di parte.
1.2. Si è costituito in giudizio il Comune di Firenze chiedendo il rigetto del ricorso.
Con ordinanza cautelare 17 ott. 2006 n. 814 questa Sezione ha respinto l’istanza di sospensione del diniego di dissequestro impugnato.
Con successiva memoria del febbraio 2007 il Comune di Firenze ha insistito per il rigetto del ricorso, svolgendo puntuali controdeduzioni, e si è opposto all’ammissione della consulenza tecnica.
Parte ricorrente ha depositato ulteriore documentazione.
Alla pubblica udienza del 7 marzo 2007, uditi i difensori presenti per le parti, la causa è passata in decisione.
2. Quanto sopra premesso in fatto, in diritto la controversia concerne il diniego di dissequestro pronunciato dal Comune di Firenze nei confronti della ricorrente con riguardo a degli integratori alimentari sequestrati nel deposito all’ingrosso della medesima (a seguito di ispezioni effettuati dalla Azienda Sanitaria di Firenze: unità Igiene degli alimenti) in data 2-4 e 5 maggio 2006, in quanto dall’esame delle etichette era emersa la presenza di “ingredienti non ammessi negli integratori alimentari” (il cui impiego è stato espressamente vietato, redigendone apposita lista, con intesa della conferenza permanente Stato-Regioni 26.1.2006 nell’ambito dell’attuazione del Piano di vigilanza sugli integratori alimentari, predisposto ai sensi del D.leg.vo 21.5.2004 n. 169).
Più precisamente si tratta del diniego di dissequestro di prodotti provenienti dall’India e preparati dalla Himalaya Drug Company, Makali, Bangalore e da Charak pharma centicals Put Ltd, Samalkha, Haryana; a dire della ricorrente, invece, si trattarebbe di prodotti della tradizione Ayurvedica nei quali sono presenti molteplici sostanze vegetali i cui principi attivi, data la quantità minimale, assumono connotazione salutistica, e non farmacologica; e per tali prodotti, commercializzati dalla medesima da oltre un ventennio; era stata effettuata la notifica delle etichette secondo la procedura di cui all’art. 7 D.leg.vo 111/1998, per cui, al momento dell’entrata in vigore del D.Leg.vo n. 169/2004, non era stata necessaria la ripetizione della procedura medesima prevista soltanto per i prodotti di prima commercializzazione.
2.1. Giova permettere alcuni sommari cenni del quadro normativo di riferimento in materia di integratori alimentari.
Premesso che a seguito dell’entrata in vigore del D.Leg.vo 27.1.1992 n. 111 (in recepimento di specifica direttiva CEE 89/1398) la commercializzazione degli integratori alimentari in ambito nazionale è stata subordinata alla procedura di notifica di etichette al Min. della Salute, con successivo D.Leg.vo 21.5.2004 n. 169 (Attuaz. direttiva 2002/46 CE) il legislatore nazionale ha disposto (art. 5) che (in attesa dell’adozione di specifiche disposizioni comunitarie) negli integratori alimentari (fonte concentrata di sostanze nutritive) i livelli ammessi di vitamine minerali ed altre sostanze sono definiti nelle linee guida pubblicate dal Min. della Salute; inoltre il Ministero suddetto, ove ritenga che i prodotti presentano un pericolo per la salute, ne dispone il divieto della commercializzazione (art. 10, comma 6, citato D.Leg.vo) e, comunque, definisce annualmente d’intesa con la conferenza permanente Stato-Regioni (art. 13 D.leg.vo citato) un piano di vigilanza sugli integratori alimentari; con intesa del 26.1.2006 (su G.U. 8.3.2006 n. 56) la Conferenza Stato-Regioni ha convenuto di adottare il piano di vigilanza sugli integratori alimentari per il 2005, nel cui ambito è prevista un’attività di controllo da effettuarsi con specifiche verifiche ispettive presso erboristerie, palestre, centri benessere con annessa vendita di tali integratori; tali controlli hanno lo scopo (art. 2 del Piano di vigilanza 2005) di verificare, attraverso l’esame della etichette, che gli integratori alimentari non contengano le piante o gli estratti vegetali non ammessi dal Min. Salute, evidenziati nell’allegato 1 del Piano medesimo; le Regioni forniscono alle AUSL competenti apposite indicazioni per l’effettuazione dei controlli in questione.
2.2. Passando dal quadro normativo all’esame della controversia, ed in particolare dei vari vizi dedotti, appaiono in primo luogo infondate le censure di violazione del D.P.R. n. 327/1980, art. 20, e del D.leg.vo n. 169/2004, artt. 5-10 e 19 (esaminate anche al p. 2.5).
Quanto alla pretesa inosservanza del D.P.R. n. 327/1980 la ricorrente lamenta che l’azienda sanitaria ed il Comune di Firenze avrebbe – senza specifica istruttoria – ritenuto che i prodotti in questione mettessero in pericolo la salute pubblica, pur omettendo di effettuare le analisi necessarie per verificare il livello di concentrazione delle piante non ammesse presente negli integratori alimentari sequestrati.
Invece, premesso che l’invocato art. 20 D.P.R. n. 327/1980, innanzitutto, consente il sequestro (delle sostanze destinate all’alimentazione) senza prelimari verifiche in laboratorio “ove risulti necessario per la tutela della salute pubblica”, nel caso specifico la circostanza che dalle etichette dei prodotti era rilevabile la presenza nei medesimi di piante inserite nella lista delle non ammesse dal Min. Salute risultava di per se stessa idonea sia a dar conto della pericolosità per la salute pubblica sia a rendere superflue le “ulteriori specifiche indagini di laboratorio” (previste dal comma 5 dell’art. 20 citato per la fase procedimentale successiva all’istanza di dissequestro nell’ipotesi in cui il dissequestro non venga concesso poichè la merce non sia risultata conforme alle norme vigenti).
Tra l’altro (contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente) i tecnici della azienda sanitaria non procedevano al sequestro di quei prodotti per i quali il T.A.R. Lazio con ordinanza cautelare 17.3.2005 n. 1515 aveva sospeso il divieto di commercializzazione disposto del Min. della Salute nei confronti della stessa Soc. Ambrosia (con nota 13.7.2004) con riguardo ad alcuni prodotti (notificati ai sensi della Circolare 18.7.2002 n. 3) dalle cui etichette si era rilevata la presenza di erbe non impiegabili come ingredienti alimentari, in quanto aventi una prevalente connotazione farmacologica; il sequestro veniva, infatti, limitato a quei prodotti che, invece, erano stati già ritenuti non conformi alla normativa previgente con nota Min. Salute del 5 febbraio 2004 non impugnata e, quindi, dotata di piena efficacia.
2.3. Quanto poi, alla portata cogente e vincolante della lista delle erbe non ammesse erroneamente la ricorrente ritiene che il Comune di Firenze avrebbe negato il dissequestro senza adeguata motivazione e, quindi, avrebbe vietato la commercializzazione dei prodotti in questione con determinazione puramente discrezionale e sull’apodittico presupposto di tutelare la salute pubblica: infatti, da un lato, il sequestro degli integratori ed il divieto di commercializzazione trovano il loro fondamento nella rilevata presenza di erbe non ammesse (e quindi non necessitano di ulteriore motivazione), mentre,, dall’altro, trattandosi di erbe non ammesse nella preparazione dei comuni integratori alimentari, la loro presenza in tale genere di prodotti è stata valutata dal Min. della Salute di per se stessa sufficiente a rappresentare un pericolo per la salute pubblica; peraltro, diversamente opinando, le apposite verifiche previste dal Piano di vigilanza annuale si risolverebbero in una mera rilevazione statistica preliminare ad ulteriori particolari analisi, mentre – in conformità al quadro normativo sopraesposto - la valutazione circa la non compatibilità di alcune piante con le caratteristiche alimentari, e non farmacologiche, degli integratori alimentari è stata effettuata per categorie specifiche dalle competenti autorità statali e regionali confluendo nell’allegato 1 del Piano di vigilanza predisposto nel 2005 per il settore integratori alimentari (presentati come prodotti alimentari, e non come prodotti farmacologici).
Risulta, pertanto, ininfluente l’osservazione della ricorrente che contesta la legittimità della lista in questione poichè si tratterebbe della stessa tabella A preparata anni addietro dal Min. della Salute (e non inserita in alcun testo legislativo e che non consentiva l’uso negli integratori di piante e sostanze naturali “di esclusiva utilizzazione farmacologica e terapeutica la cui vendita al dettaglio è riservata al farmacista”): infatti la lista delle erbe non ammesse presa in considerazione sia dagli ispettori sanitari sia dal Min. Salute e dal Comune di Firenze è quella allegata al Piano di vigilanza approvato con l’intesa del 26 gen. 2006 e, quindi, trova il suo autonomo fondamento in un atto di pianificazione che l’ha recepita e che non risulta impugnato in parte qua quale atto presupposto del diniego di dissequestro; appare non determinante, pertanto, la circostanza che nessuna delle erbe (non ammesse) presenti nei prodotti sequestrati rientri negli elenchi contenuti nelle due precedenti leggi sul comparto delle erbe officinali (R.D. 26 maggio 1932 n. 772 e legge 22 dic. 1975 n. 685 e succ. modificata dalla legge n. 146/1990 sugli stupefacenti), in quanto la limitazione dell’uso commerciale di alcune sostanze vegetali (escludendone l’utilizzazione per uso alimentare) può essere correttamente disposta anche con provvedimento amministrativo generale, non essendo la normazione in materia di commercio delle sostanze alimentari coperta da riserva assoluta di legge.
2.4. Per i motivi sopraesposti, pertanto, risultano infondate anche le censure di difetto d’istruttoria, irragionevolezza e sviamento nonchè di difetto di motivazione, anche con riguardo ai riferimenti dei verbali di sequestro alla nota della Regione Toscana 26 gen. 2006, atteso che gli ispettori, al momento del sopralluogo, avevano comunque esibito la lista delle erbe non ammesse; documento, peraltro, pubblicato sulla G.U. del 8.3.2006 n. 56, nonchè consultabile sul sito web del Min. della Salute – Integratori alimentari; quanto poi alla asserita omessa indicazione dell’autorità a cui ricorrere, va osservato che nel provvedimento di diniego di dissequestro i dati in questione sono correttamente riportati, mentre, per quanto riguarda il procedimento in contraddittorio previsto dopo il sequestro dal D.P.R. n. 327/1980, è agevole rilevare che nei verbali di sequestro viene precisamente richiamato l’art. 20 del citato D.P.R. n. 327/1980 che reca le indicazioni necessarie, a parte l’osservazione che la ricorrente non avrebbe neanche interesse alla censura avendo ritualmente presentato le proprie deduzioni nei prescritti 10 giorni.
2.5. Infine la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 19 del D.Leg.vo n. 169/2004, che – in via transitoria – consentiva la commercializzazione, fino allo smaltimento scorte, dei prodotti non conformi al decreto medesimo, ma conformi alle disposizioni preesistenti, purchè immessi sul mercato o etichettati prima del 1 agosto 2005 (termine poi prorogato al 1 febbraio 2006) vedi circolare Min. Salute 22.7.2005): ma è agevole rilevare che, trascorso tale periodo (vedi Circ. Min. Salute 25 nov. 2004 n. 2), per gli integratori alimentari l’entrata in vigore della nuova normativa comportava la necessità di una nuova trasmissione delle etichette (e non va dimenticato che i sequestri sono stati effettuati nel luglio 2006), mentre, con riguardo alla prescritta conformità delle scorte di magazzino almeno alle disposizioni preesistenti, gli ispettori – come già detto sopra – hanno comunque evitato di sequestrare quei prodotti che già nel 2004 erano stati ritenuti non conformi dal Min. Salute con la nota del 13.7.2004 n. 600/21687, che però era stata poi sospesa in via cautelare dal Tar Lazio nel marzo 2005 e si sono limitati a sequestrare i prodotti contenenti erbe non ammesse per i quali era già intervenuto nel 2004 esplicito divieto di commercializzazione con la nota Min. Salute del 5 febbraio 2004 n. 600/2455; d’altra parte lo stesso Min. Salute in una nota circolare 21 sett. 2006 diretta alle Regioni, avente ad oggetto l’intesa Stato-Regioni sulla attuazione del Piano di Vigilanza sugli integratori alimentari, precisava che la disposizione transitoria dell’art. 19 del D.Leg.vo n. 169/2004 non si applicava ai prodotti contenenti erbe non ammesse.
Nè, infine, sussistono le lamentate violazioni degli artt. 5 e 10 del citato D.Leg.vo n. 169/2004, poichè, da un lato, è indubitabile che “in attesa dell’adozione di specifiche disposizioni comunitarie” il potere di vigilanza in materia di “livelli ammessi” è attribuito al Min. della Salute che, allo stato, lo ha esercitato – tra l’altro – prevedendo la notifica delle etichette e la contestata lista delle piante non ammesse, mentre, dall’altro, dalle considerazioni finora svolte consegue che la indicazione nell’etichetta dell’integratore della presenza di erbe non ammesse è per se stessa sufficiente a far ritenere il prodotto in questione pericoloso per la salute pubblica con la conseguente adozione del divieto di commercializzazione.
2.6. Infine il collegio non prende in considerazione la censura di violazione degli artt. 3-4 e 97 Cost.ne in quanto in realtà la medesima, pur indicata nella rubrica dell’articolato unico motivo di censura, poi nel ricorso non viene illustrata.
3. Concludendo il provvedimento di dissequestro impugnato risulta immune dai vizi dedotti; in conseguenza va dichiarata inammissibile la domanda di risarcimento del danno che trovava il suo fondamento nella pretesa illegittimità del negato dissequestro, fermo restando che comunque mancavano i requisiti del danno risarcibile sia per carenza di prova della circostanza che la indicata perdita di fatturato andava ricondotta direttamente e totalmente al divieto di commercializzazione dei prodotti in questione sia per carenza dell’elemento soggettivo del Comune di Firenze che si è ottenuto alle indicazioni dettate dal Min. della Salute e dalla Regione Toscana in un contesto normativo di recente definizione e di laboriosa applicazione.
Per le esposte considerazioni, quindi, il ricorso va respinto quanto alla domanda di annullamento, mentre va dichiarato inammissibile per la restante parte.
In considerazione delle caratteristiche di fatto della controversia e delle specificità del quadro normativo vigente sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione II^, pronunciando sul ricorso in epigrafe in parte lo respinge ed in parte lo dichiara inammissibile nei sensi di cui in motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, il 7 marzo 2007, dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:
Giuseppe PETRUZZELLI - Presidente
Vincenzo FIORENTINO - Consigliere
F.to Lydia Ada Orsola Spiezia
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 12 GIUGNO 2007
Il Direttore della Segreteria
F.to Silvia Lazzarini