Sez. 3, Sentenza n. 19498 del 27/04/2004 (Ud. 16/03/2004 n.00482 ) Rv. 228458
Presidente: Zumbo A. Estensore: Grassi A. Imputato: Favero. P.M. Iacoviello F. (Parz. Diff.)
(Rigetta, Trib. Padova, 11 maggio 2001).
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Abbandono ripetuto di rifiuti da demolizione - Reato di cui all'art. 51 D.Lgs. n. 22 del 1997 - Configurabilità.
CON MOTIVAZIONE
Massima Fonte CED Cassazione
L'abbandono non occasionale di rifiuti provenienti da attività di demolizione e ristrutturazione di immobili integra, in difetto di autorizzazione, il reato di cui all'art. 51, comma primo, del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 (gestione di rifiuti non autorizzata), in considerazione della ripetitività della condotta ed indipendentemente dalla natura propria o meno dei rifiuti.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. ZUMBO Antonio - Presidente - del 16/03/2004
Dott. RAIMONDI Raffaele - Consigliere - SENTENZA
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere - N. 482
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - N. 34502/2001
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FAVERO MARIO, nato a S. Giorgio in Bosco il 29 Aprile 1945;
avverso la sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Padova - sez. dist. di Cittadella - in data 11/5/'01;
Letti gli atti, il provvedimento denunciato ed il ricorso;
Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Grassi;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del S. Procuratore Generale Dott. IACOVIELLO F. M., il quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, perché manifestamente infondato;
Ascoltato l'Avv. Giuseppe Antonini, difensore di fiducia del ricorrente;
La Corte Suprema di Cassazione:
OSSERVA
Con sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Padova - sez. dist. di Cittadella - datata 11/5/'00, Mario Favero veniva condannato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di otto milioni di lire d'ammenda in quanto colpevole del reato previsto dall'art. 51 co. 1 lett. a) D.Lgs. 5/02/'97, n. 22, del quale era chiamato a rispondere per avere, quale legale rappresentante della "Favero s.r.l." corrente in S. Giorgio in Bosco, effettuato, su un terreno agricolo sito lungo la via Kennedy di tale Comune, lo smaltimento - mediante interramento - di rifiuti non pericolosi, costituiti da materiali provenienti da scavi e demolizioni, nonostante sprovvisto della necessaria autorizzazione, come accertato il 18/1/'00.
Affermava, il Giudice di primo grado, che la responsabilità penale dell'imputato, in ordine alla contravvenzione ascrittagli, doveva ritenersi in atti provata, essendo emerso:
- che l'area, della dimensione di m. 30 x 50 circa, nella quale i detti rifiuti erano stati scaricati ed interrati per una profondità variabile da cinquanta centimetri ad un metro e mezzo, era di proprietà della stessa società ed era stata, da molti anni, adibita - senza autorizzazione - a deposito di materiali provenienti da scavi e demolizioni che costituivano l'attività d'impresa edile della "Favero s.r.l.";
- che in conseguenza di tale attività, protratta nel tempo, la natura morfologica del terreno era stata radicalmente mutata. Avverso tale decisione il difensore del Favero proponeva appello per chiedere l'assoluzione del proprio assistito con formula piena, in quanto il fatto non costituirebbe reato dal momento che:
- l'art. 51 co. 1 D.Lgs. 22/'97 punirebbe, al co. 1, lo smaltimento non autorizzato di rifiuti "provenienti da terzi" ed, al co. 2, l'abbandono o il deposito incontrollato, di rifiuti "propri";
- l'area in cui questi erano stati depositati era di proprietà della stessa società;
- il deposito di che trattasi non era avvenuto in maniera incontrollata, essendo stato effettuato in fondo rustico recintato e munito di cancello che ne vietava l'accesso ad estranei;
- i materiali da scavo e demolizione raccolti in detta area erano stati prodotti dalla medesima società che esercitava, appunto, attività di impresa edile.
La Corte d'Appello di Venezia, cui gli atti erano pervenuti, rilevato trattarsi di impugnazione di sentenza non appellabile, ai sensi dell'art. 593 co. 3 c.p.p., perché di condanna, per contravvenzione, alla sola pena dell'ammenda, con ordinanza del 18/9/'01, ha qualificato la stessa come ricorso in sede di legittimità ed ordinato la trasmissione del fascicolo a questa Corte, per l'ulteriore corso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è destituito di fondamento e, come tale, deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente - a mente dell'art. 616 c.p.p. - al pagamento delle spese processuali. L'estensore dell'impugnazione in esame ignora che il testo originario dell'art. 51 D.Lgs. 5/02/'97, n. 22, è stato modificato dall'art. 7 co. 6 e 7 D.Lgs. 8/9/'97, n. 389 e, poi, dall'art. 1 co. 24 L. 9/12/'98, n. 426, i quali hanno soppresso, al co. 1, le parole "(rifiuti) prodotti da terzi" ed, al co. 2, le parole "i propri (rifiuti)", nonché l'ultimo periodo "ovvero effettuano attività di gestione dei rifiuti....".
In conseguenza, l'abbandono - come nel caso in specie non occasionale e non autorizzato - di rifiuti provenienti da attività di demolizione e ristrutturazione di immobili integra, in considerazione della ripetitività della condotta, l'ipotesi di gestione e smaltimento di rifiuti sanzionata penalmente dall'art. 51 co. 1 lett. a) D.Lgs. 22/'97, anche se trattasi di rifiuti "propri" (v. conf. Cass. sez. 3^ pen., 10/11/'00, Duclos).
Nella fattispecie in esame il Giudice di merito, tenuto conto della reiterazione, per anni, della condotta, dell'estensione dell'area in cui i materiali venivano depositati e dell'ingente quantità di essi, ha legittimamente e motivatamente ritenuto non ipotizzabile giuridicamente la figura del deposito controllato e temporaneo di rifiuti, non sussistendo le condizioni dettate dall'art. 6 lett. m) D.Lgs. 22/'97, in particolare il raggruppamento dei rifiuti nel luogo di produzione e l'osservanza dei tempi di giacenza di essi (v. conf. Cass. sez. 3^ pen., 11/4/'02, Brustia).
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso proposto da Mario Favero avverso la sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Padova - sez. dist. di Cittadella - datata 11/5/'01 e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 16 marzo 2004.
Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2004