Cass. Sez. III n. 24723 del 22 giugno 2007 (Ud 15 mag. 2007)
Pres. Lupo Est. Squassoni Ric. Campolmi e altro.
Rifiuti. Gestione dei rifiuti - Esercizio di attività di recupero - Carattere personale dell'autorizzazione - Delega dell'esercizio dell'attività a terzi non autorizzati - Esclusione.

In tema di rifiuti, la natura personale dell'autorizzazione all'esercizio di una delle tipiche attività di gestione (raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione) non consente al titolare dell'autorizzazione di delegare l'esercizio dell'attività a terzi che ne siano privi. (Fattispecie nella quale il titolare di autorizzazione all'esercizio dell'attività di recupero di rifiuti speciali non pericolosi ne aveva delegato lo svolgimento a terzi non autorizzati che si avvalevano di materiali ed attrezzature di proprietà del titolare dell'autorizzazione).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 15/05/2007
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - SENTENZA
Dott. MANCINI Franco - Consigliere - N. 01448
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 040841/2006
ha pronunciato la seguente:



SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) CAMPOLMI MASSIMO, N. IL 28/05/1959;
avverso SENTENZA del 09/03/2006 TRIBUNALE di PRATO;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. SQUASSONI CLAUDIA;
Udito il Procuratore Generale in persona Dr. DI POPOLO Angelo, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza 9 marzo 2006, il Tribunale di Prato ha ritenuto Campolmi Massimo responsabile del reato previsto dal D.Lgs. 22 del 1997, art. 51, comma 1, lett. a, e lo ha condannato alla pena di giustizia ed al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile (Provincia di Firenze). Per giungere a tale conclusione, il Giudice ha passato in analitica rassegna le prove documentali e testimoniali dalle quali ha ricostruito i fatti storici posti alla base del processo: l'imputato in diverse occasioni ha consegnato a Baldassini Carlo (la cui posizione è stata stralciata) del materiale qualificabile come rifiuto speciale non pericoloso perché venisse sottoposto ad attività di recupero (mediante triturazione) con attrezzature fornite dal Campolmi. Costui - ha osservato il Tribunale - era in possesso della autorizzazione per l'esercizio della attività di recupero dei rifiuti a differenza del Baldassini; trattandosi di un titolo abilitativo non trasferibile, all'imputato non era consentito di delegare ad altri una attività che poteva svolgere solo in proprio ed avvalendosi di impianti ed attrezzature installate nella propria azienda.
Per l'annullamento della sentenza, l'imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo violazione di legge e difetto di motivazione, in particolare, rilevando:
- che la mancanza di autorizzazione della ditta del Baldassini non può comportare responsabilità penale del Campolmi che ha svolto una attività per la quale era autorizzato;
- che il reato per il quale si procede è reato proprio per cui non è ammissibile il concorso dello extraneus;
- che il danno della parte civile è stato individuato nel mancato controllo sul corretto uso dei beni ambientali: una tale lesione non può provenire dallo imputato in regola con le autorizzazioni amministrative.
Le censure non sono meritevoli di accoglimento. È emergenza acquisita agli atti, e non posta in discussione nella sentenza in esame, che l'imputato fosse munito di autorizzazione per la gestione ed il recupero dei rifiuti per cui è processo; la circostanza non è, però, influente dal momento che il Campolmi non ha svolto personalmente l'attività, ma l'ha delegata ad altra persona, priva di autorizzazione, alla quale ha conferito anche le attrezzature ad hoc. Di conseguenza, il ricorrente deve rispondere del reato secondo le normali regole codicistiche in materia avendo contribuito, con il suo efficiente apporto causale, alla commissione del reato. La conclusione non muta anche se fosse puntuale la tesi dello imputato (peraltro motivatamente disattesa dal Giudice di merito) che ha sostenuto come le attrezzature fossero state consegnate al Baldassini per una prova in vista di entrare con lui in società. In ogni caso, il Baldassini era privo di titolo autorizzatorio per il recupero dei rifiuti e l'imputato, dotandolo dei mezzi per la illecita attività, ha fornito un contributo materiale alla perpetrazione del reato. Dal momento che l'illecito penale è attribuibile al ricorrente, sono legittime le statuizioni nei suoi confronti emesse dal Giudice di merito a favore della costituita parte civile.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2007.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2007