Pres. Papa Est. Ianniello Ric. PG in proc. Pili ed altro
Rifiuti. Deposito temporaneo (luogo di produzione)
In tema di deposito temporaneo la contiguità tra luogo di produzione del rifiuto e luogo che sia comunque nella disponibilità dell'impresa produttrice dello stesso, ancorché il primo e non il secondo sia recintato, consente di estendere al secondo, ove funzionalmente legato al primo, la qualificazione utile per la individuazione della nozione di deposito temporaneo.
La nozione di deposito temporaneo dei rifiuti presuppone la predisposizione di servizi atti ad assicurarne l'avviamento sistematico alle operazioni di recupero o smaltimento legittime.
Svolgimento del processo
Con sentenza del 5 aprile 2006, il Tribunale
di Oristano ha assolto Ignazio Pili e Gianni Masala, perché il fatto
non
sussiste, dal reato di cui agli artt. 110 c.p., 14 e 51, 2° comma
D.Lgs. 5
febbraio 1997 n. 22, per avere disposto o comunque consentito, il primo
quale
legale rappresentante della Sud Granulati s.r.l., il secondo quale
responsabile
tecnico dell’impianto di Marrubiu di tale società, il deposito
incontrollato di
rifiuti (inerti, polveri e acque di lavaggio di betoniere) provenienti
dalla
fabbricazione di composti di cemento e principalmente calcestruzzo, in
Marrubiu
dall’agosto 2001 al maggio 2003.
Il Tribunale ha ritenuto che il deposito di
rifiuti in un terreno non recintato di proprietà o comunque nella
disponibilità
della Sud Granulati s.r.l., limitrofo alla strada statale e confinante
con
quello, non recintato, ove era situato l’impianto produttivo della
società,
fosse reale, ma poiché i rifiuti erano stati rimossi, non erano state
effettuate in precedenza misurazioni e non era certo il tempo di
permanenza del
cumulo, i giudici hanno affermato che non era possibile stabilire,
sulla base
delle sole fotografie, se si trattasse di deposito incontrollato o di
deposito
temporaneo.
Conseguentemente, nel dubbio, il Tribunale ha
assolto gli imputati.
Avverso tale sentenza propone ricorso per
cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte
d’appello
di Cagliari, deducendo la violazione di legge, in quanto il deposito di
rifiuti
era avvenuto non nel luogo di produzione, ma in un terreno non
recintato di
proprietà della società adiacente a quello in cui era ubicato lo
stabilimento
della società e inoltre non era risultato che fosse finalizzato ad una
successiva raccolta, smaltimento o recupero dei rifiuti.
Il ricorrente chiede pertanto l’annullamento
della sentenza impugnata, con i provvedimenti conseguenti.
Il ricorso è fondato.
E’ stato accertato nel caso in esame che il
materiale depositato nell’area indicata è qualificabile come rifiuto
non
pericoloso proveniente dalla lavorazione di prodotti di betonaggio, sul
quale
erano stati altresì riversati liquami di diversa intensità.
E’ inoltre risultato che tali rifiuti erano
stati accumulati, fino al giorno dell’accertamento da parte
dell’ispettore
della Forestale Pinna, in un terreno non recintato nella disponibilità
della
Sud Granulati s.r.l. limitrofo alla strada statale e confinante con
quello ove
era situato l’impianto produttivo della società.
E’ infine incontestato che tali cumuli di
rifiuti furono rimossi la sera stessa dell’ accertamento.
Sulla base di tali dati, il Tribunale ha
ritenuto di non poter stabilire, sulla scorta delle sole fotografie dei
cumuli
scattate dall’ispettrice della Forestale e in difetto di ulteriori
elementi, se
si sia trattato di deposito incontrollato dei. rifiuti (per la
distinzione tra
deposito temporaneo irregolare, messa in riserva irregolare e deposito
incontrollato o abbandono di rifiuti cfr., recentemente, Cass. 30
novembre 2006
n. 39544) oppure di deposito temporaneo, come tale esente dalla
necessità di
autorizzazione.
Quest’ultima tormentata nozione (la cui
ultima versione è oggi contenuta, con variazioni che non interessano in
questa
sede - cfr., al riguardo, Cass. sez. 3^, ud. 14 marzo 2007, Storace -,
nell’art.
183, lett. m) del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 emanato in forza della
delega
contenuta nella legge 15 dicembre 2004 n. 308) era definita dall’art.
6, lett.
m), del D.Lgs. n. 22/97 come “raggruppamento dei rifiuti effettuato,
prima
della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti alle seguenti
condizioni: …3) i
rifiuti... devono essere raccolti e avviati alle operazioni di recupero
o di
smaltimento con cadenza almeno trimestrale indipendentemente dalle
quantità in
deposito, ovvero, in alternativa, quando il quantitativo di rifiuti non
pericolosi in deposito raggiunge i venti metri cubi; il termine di
durata del
deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo dì rifiuti in
deposito non supera
i venti metri cubi nell’anno o se, indipendentemente dalle quantità, il
deposito temporaneo è effettuato in stabilimenti localizzati nelle
isole minori”.
La disposizione ha dato luogo ad
interpretazioni divergenti nel tempo con riferimento al requisito
quantitativo/temporale richiesto perché il raggruppamento dei rifiuti
nel luogo
in cui sono prodotti potesse essere definito deposito temporaneo,
divergenza in
via di superamento per effetto delle correzioni terminologiche
apportate alla
definizione nell’ultimo D.Lgs. citato (cfr., al riguardo, Cass. 30
novembre
2006 n. 39544).
In questa sede peraltro interessano
unicamente i requisiti del “luogo di produzione” in cui i rifiuti
devono essere
depositati e quello della destinazione degli stessi ad operazioni di
recupero o
smaltimento, la cui ricorrenza nel caso in esame è stata contestata dal
Procuratore ricorrente.
Al riguardo va rilevato in via di principio
che la contiguità tra luogo di produzione del rifiuto e luogo che sia
comunque
nella disponibilità dell’impresa produttrice dello stesso, ancorché il
primo e
non il secondo sia recintato, consente di estendere al secondo, ove
funzionalmente legato al primo, la qualificazione utile per la
individuazione
della nozione di deposito temporaneo.
Ciò posto, va rilevato che difetta nella
sentenza l’accertamento relativo a questo legame funzionale tra luogo
di
produzione dei rifiuti e contiguo terreno di deposito degli stessi,
desumibile
dall’assenza di una autonoma utilizzazione di quest’ultimo, diversa da
quella
accertata o da altre circostanze.
Quanto alla seconda censura mossa con il
ricorso, si rileva come la nozione di deposito temporaneo dei rifiuti
presupponga la predisposizione di servizi atti ad assicurarne
l’avviamento
sistematico alle operazioni di recupero o smaltimento legittime, della
presenza
delle quali non esiste alcuna traccia nella motivazione della sentenza
impugnata.
Ambedue le censure del ricorso appaiono pertanto
fondate.
La sentenza impugnata va pertanto annullata, con
rinvio al Tribunale di
Oristano per un nuovo esame.