Considerazioni sugli impianti di sterilizzazione di rifiuti infettivi nelle aziende sanitarie
di Giovanni TAPETTO
A seguito della entrata in vigore della Legge di conversione 5 giugno 2020, n. 40 del Decreto-Legge 8 aprile 2020, n. 23 (D.L. Liquidità) che ha introdotto l’art. 30-bis “Norme in materia di rifiuti sanitari”edel successivo DL 16 luglio 2020, n. 76 (D.L. Semplificazione) convertito in legge con modificazioni dalla Legge 11 settembre 2020 n. 120, che ha eliminato il riferimento al termine temporale di 30 giorni, è stata confermata la normale applicabilità della regola che prevede che i rifiuti prodotti dalla sterilizzazione dei rifiuti sanitari a rischio infettivo siano sottoposti alla disciplina dei rifiuti urbani.
Conseguentemente si è riattivato l’interesse di numerose aziende sanitarie all’adozione di impianti di sterilizzazione al fine di addivenire a concrete riduzioni della spesa per lo smaltimento dei rifiuti sanitari a rischio infettivo.
Questo rinnovato interesse alla realizzazione di impianti di sterilizzazione interni alle aziende sanitarie-ospedaliere ha generato la ripresa in considerazione delle premesse giuridiche che consentono l’adozione di tali impianti e dei diversi risvolti che presentano.
Il presente lavoro si prefigge l’obiettivo di fornire alcuni elementi di chiarezza nelle diverse situazioni generate dalla scelta operativa di adozione di un impianto di sterilizzazione.
Il quadro normativo riferibile all’argomento è riepilogato di seguito:
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D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e ss.mm.i recante norme in materia ambientale;
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D.P.R. 15 luglio 2003, n. 254 - “Regolamento recante disciplina della gestione dei rifiuti sanitari a norma dell’articolo 24 della legge 31 luglio 2002, n. 179” ;
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D.L. 8 aprile 2020, n. 23 - “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, non ché di interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali” convertito con modificazioni dalla L. 5 giugno 2020, n. 40;
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D.L. 16 luglio 2020, n. 76 - “Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale” convertito con modificazioni dalla L. 11 settembre 2020, n. 120;
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Decreto 4 aprile 2023 n. 59 - Regolamento recante: « Disciplina del sistema di tracciabilità dei rifiuti e del registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti ai sensi dell'articolo 188-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.
La realizzazione di impianti di sterilizzazione nelle aziende sanitarie è regolata dall’art. 7 del DPR 254/2003 che la disciplina secondo quanto segue:
comma 1. La sterilizzazione dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo è effettuata in impianti autorizzati ai sensi degli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni.
Comma 2. Gli impianti di sterilizzazione localizzati all'interno del perimetro della struttura sanitaria non devono essere autorizzati ai sensi degli articoli 27 e 28 del decreto legislativo n. 22 del 1997, a condizione che in tali impianti siano trattati esclusivamente rifiuti prodotti dalla struttura stessa.
A tali fini si considerano prodotti dalla struttura sanitaria dove è ubicato l'impianto di sterilizzazione anche i rifiuti prodotti dalle strutture sanitarie decentrate ma organizzativamente e funzionalmente collegate con la stessa.
Il primo comma stabilisce, come disposto generale, che la sterilizzazione dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo deve essere effettuata in impianti autorizzati (i riferimenti autorizzativi devono intendersi aggiornati all’art. 208 del D.lgs. 152/2006).
Il secondo comma introduce una deroga speciale per gli impianti di sterilizzazione localizzati all'interno del perimetro di una struttura sanitaria che non devono essere autorizzati come previsto dal comma 1, purché in tali impianti siano trattati esclusivamente rifiuti prodotti dalla struttura stessa .
Il riferimento a “struttura sanitaria” va approfondito dato che il DPR 254/2003 non definisce il termine “struttura sanitaria” ma la cita al comma 3 dell’art. 1 associandola alle autorità competenti (Le autorità competenti e le strutture sanitarie adottano…) esprimendo, in tal modo, la considerazione di struttura sanitaria quale entità organizzativa decisionale e, quindi, nelle “strutture pubbliche e private, individuate ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni,che svolgono attività medica e veterinaria di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di ricerca ed erogano le prestazioni di cui alla legge 23 dicembre 1978, n. 833.”come recita il disposto del comma 2 del medesimo art. 1.
Ancorché il DPR faccia riferimento a quanto disposto del Decreto Legislativo 502/1992, in tale D.L non è reperibile alcuna definizione di “struttura sanitaria”.
Un riferimento a tale termine lo si trova nella Legge 833/1972 che, all’art. 15, indica: “L'unità sanitaria locale (…) è una struttura operativa (…)”associando il termine di struttura alla complessiva Unità Sanitaria Locale (oggi, Azienda Sanitaria Locale) cioè ad una struttura amministrativamente e funzionalmente organizzata.
Tale lettura appare confermata dall’incipit dell’art. 17 del DPR 254/2003 che individua un “ responsabile della struttura sanitaria pubblica o privata”, cioè di una struttura organizzata quale ente o azienda, cui è attribuito il compito di sovrintendere all’applicazione delle disposizioni del regolamento.
Con riferimento ad altre fonti è possibile la correlazione di quanto esposto alla definizione data dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 13/e del 15/03/20047 che dispone che: “Per strutture sanitarie private s'intendono le società, gli istituti, le associazioni, i centri medici e diagnostici e ogni altro ente o soggetto privato, in qualsiasi forma organizzati, che operano nel settore dei servizi sanitari e veterinari.”, definizione idonea a individuare anche strutture pubbliche.
Ciò conduce a considerare che il disposto del comma 2 dell’art. 1 del DPR 254/2003 sia riferibile all’individuazione di due concetti di struttura sanitaria:
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il primo, riferito alla localizzazione degli impianti “all’interno del perimetro della struttura sanitaria” avrebbe significato di riferimento ad una struttura fisica, un immobile unitario che sarebbe identificabile in un presidio ospedaliero.
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il secondo, posto a precisare che “i rifiuti prodotti nella struttura sanitaria” si intendono tutti quelli prodotti dalle strutture sanitarie decentrate, organizzativamente e funzionalmente collegate , cioè alla integrale struttura territoriale cui riferisce un’Azienda sanitaria comprendente tutti i siti di produzione di rifiuti sanitari infettivi diversi dalla struttura fisica dove sarà installato l’impianto di sterilizzazione.
In base al disposto del comma 2 null’altro è previsto al fine di individuare modalità o criteri tecnici particolari attinenti alla realizzazione degli impianti di sterilizzazione che, pertanto, rientrano nell’ambito di autonomi progetti, diretti o indiretti, delle Aziende Sanitarie.
Nella valutazione delle premesse realizzative di un impianto di sterilizzazione rifiuti rimane aperta un’azione
correlata al fatto che detto impianto, ancorché realizzabile in regime di deroga dall’autorizzazione preventiva, rientra nella fattispecie degli impianti di trattamento di rifiuti pericolosi, ragion per cui si pone l’esigenza di verificare l’applicazione del disposto dell’art. 7-bis, comma 3, della parte II del D.lgs. 152/2006 e degli allegati III e IV alla Parte II del medesimo decreto ai fini della Valutazione d’Impatto Ambientale.
Gli impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi sono elencati sia nell’allegato III che nell’allegato IV alla parte II del D.lgs. 152/2006 con le seguenti descrizioni:
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Allegato III ( impianti soggetti a presentare la VIA )
m) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all'allegato B, lettere D1, D5, D9, D10 e D11, ed all'allegato C, lettera R1, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
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Allegato IV ( impianti soggetti a presentare verifica di assoggettabilità alla VIA )
z.a) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all'allegato B, lettere D2, D8 e da D13 a D15, ed all'allegato C, lettere da R2 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Sul punto va detto che l’individuazione del codice operazione in corrispondenza dell’attività di sterilizzazione 1 di rifiuti sanitari a rischio infettivo non è gestita in modo omogeneo dalle diverse Province che hanno rilasciato autorizzazioni agli impianti operanti nel proprio territorio.
Per l’attività di sterilizzazione di rifiuti infettivi, infatti, sono presenti, per i numerosi impianti che operano attività autonome 2 di sterilizzazione di rifiuti sanitari, i seguenti casi di assegnazione del codice operazione:
R3 - Riciclaggio/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche (**) (**Sono compresi la preparazione per il riutilizzo, la gassificazione e la pirolisi che utilizzano i componenti come sostanze chimiche e il recupero di materia organica sotto forma di riempimento).
R12 3 - Scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R1 a R11 .
D8 - Trattamento biologico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli che vengono eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12.
D9 - Trattamento fisico-chimico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12 (ad esempio evaporazione, essiccazione, calcinazione, ecc. )
Vale considerare che la diversità di codice operazione individuato comporta una non trascurabile diversità di applicazione del disposto di VIA dato che:
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per l’operazione R12 non è prevista la verifica di assoggettabilità né la VIA,
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per le operazioni R3 e D8 si applica la verifica di assoggettabilità.
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per l’operazione D9 si applica direttamente la VIA.
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per l’operazione D9 si applica direttamente la VIA.
Nel merito vale constatare una non trascurabile differenza di considerazione della potenzialità di impatto sull’ambiente di un’operazione di sterilizzazione in funzione del codice di operazione assegnato.
In ogni caso, si ritiene che la valutazione di assoggettabilità, di verifica di assoggettabilità o di esclusione dalla VIA sia, comunque, un atto dovuto correlato ad una adeguata individuazione del codice d’operazione che va effettuata in condivisione con la Provincia o altro ente competente ed esposto nella comunicazione di attivazione di cui al paragrafo seguente.
Per l’attivazione degli impianti di sterilizzazione si applica il disposto del comma 4 dell’art. 7 del DPR 254/003 che dispone:
“L'attivazione degli impianti di sterilizzazione localizzati all'interno delle strutture sanitarie deve essere preventivamente comunicata alla Provincia4 ai fini dell'effettuazione dei controlli periodici.”.
Ciò significa che le operazioni di costruzione/allestimento di un impianto di sterilizzazione non sono soggette ad alcuna disposizione autorizzatoria 5 fatta salva la comunicazione alla Provincia competente preventiva alla sola attivazione .
La realizzazione dell’impianto può, quindi, essere avviata e portata a termine ma non può entrare in funzione prima della comunicazione alla Provincia.
In tale prescrizione, derogatoria rispetto alla generale normativa applicabile alla realizzazione di un impianto di trattamento rifiuti (art. 208 D.lgs. 152/2006), l’avviamento dell’attività effettiva dell’impianto di sterilizzazione è reso plausibile nel periodo immediatamente successivo alla comunicazione alla Provincia alla quale viene assegnato il mero compito di controllo periodico dell’impianto che, per la modalità periodica indicata, va inteso come attività successiva all’entrata in funzione.
La modalità periodica (frequenza) dei controlli successivi non è descritta, ragion per cui si ritiene che la Provincia possa stabilirla autonomamente.
Nel contesto, a parere dello scrivente, va tenuto in debita considerazione che l’impianto proposto, ancorché oggetto di deroga dell’autorizzazione, rimane un impianto di trattamento biologico di rifiuti pericolosi la cui attività non può prescindere dal rispetto delle generali condizioni di conformità ambientale e operativa da garantire nel rispetto del disposto dell’art. 177, comma 4 del D.lgs. 152/2006 che stabilisce le regole generali di gestione dei rifiuti e costituisce regola generale superiore agli atti regolamentari:
“ I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:
a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;
b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;
c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.”
Regole che, per un impianto di recupero/smaltimento di rifiuti pericolosi, possono essere individuate, indicativamente, in:
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adozione di adeguate misure per il contenimento di rumori, odori e polveri;
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adozione di misure di contenimento e controllo delle emissioni in atmosfera;
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adozione di idonee misure per il controllo degli scarichi e/o dei reflui;
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adozione di misure idonee a non determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo nonché per fauna e flora;
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adozione di misure per il contenimento dei rumori a livelli di sicurezza per gli operatori ed entro i limiti di legge previsti;
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adozione di un adeguato dimensionamento del sistema di ventilazione in relazione al tipo di processo e alla presenza di personale addetto;
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adozione di adeguate misure per garantire la sicurezza sul lavoro;
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applicazione della normativa antincendio;
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valutazione dell’impianto sulla assoggettabilità, verifica di assoggettabilità o esclusione dalla VIA;
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eventuale valutazione di VINCA, in base alla localizzazione del progetto;
nonché negli interventi idonei a organizzare le aree necessarie alla funzionalità dell’impianto, quali:
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un’area per il deposito dei rifiuti a rischio infettivo prima del trattamento;
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un sistema di rilevamento della radioattività sui contenitori di rifiuti infettivi prima del deposito;
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un’area per il deposito temporaneo dei rifiuti prodotti dopo il trattamento;
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adeguato sistema di gestione dei contenitori dei rifiuti infettivi in funzione della loro caratteristica: monouso o riutilizzabili;
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nel caso di adozione di impianti di disinfezione dei contenitori riutilizzabili questi potranno/dovranno essere conformi alle norme UNI-EN-ISO 15883:2022, Parte 1 o Parte 2 a seconda se il procedimento avviene a caldo o a freddo6.
Quanto sopra esposto, in modo indicativo e non esaustivo, va a incidere, ad avviso dello scrivente, sulla configurazione del contenuto della “comunicazione” che, ancorché non sia previsto alcun dettaglio nel merito, può trovare riferimento nella analoga modalità di “comunicazione“ di cui agli artt. 214-216 del D.lgs. 152/2006.
Ciò non significa, data la legittimità della deroga, applicazione del disposto dei citati articoli bensì la necessità che la comunicazione abbia una forma e un contenuto che non possono essere semplicistici ma dovrebbero attestare la presa in considerazione, nella predisposizione e nel previsto funzionamento dell’impianto, delle generali condizioni di conformità ambientale e operativa da garantire nel rispetto del generale disposto del citato art. 177, comma 4 del D.lgs. 152/2006.
Il comma 5 introduce un ulteriore procedimento, da effettuare prima della messa in funzione di un impianto di sterilizzazione, individuato nella convalida :
“Il direttore o il responsabile sanitario o i soggetti pubblici istituzionalmente competenti devono procedere allaconvalida dell'impianto di sterilizzazione prima della messa in funzione degli stessi (…)”.
La convalida è definibile come “sinonimo di convalidazione nel senso di conferma, ratifica da parte di un organo superiore o di controllo7” mentre l’organo superiore di controllo è individuato, alternativamente, nel:
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direttore o responsabile sanitario o
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soggetti pubblici istituzionalmente competenti.
In questo precetto, i soggetti, “direttore o responsabile sanitario”, costituiscono, come vedremo in seguito, figure professionali di riferimento della struttura sanitaria mentre i “soggetti pubblici istituzionalmente competenti”sono individuabili, esclusivamente, nelle ARPA 8 Regionali alle quali è riconosciuto il ruolo di riferimento tecnico, cui le province possono avvalersi.
Ancora il comma 5 stabilisce che la convalida deve essere ripetuta ogni ventiquattro mesi e, comunque, ad ogni intervento di manutenzione straordinaria dell'impianto e la relativa documentazione deve essere conservata per cinque anni presso la sede della struttura sanitaria o presso l'impianto e deve essere esibita ad ogni richiesta delle competenti autorità.
Il comma 6 stabilisce che l'efficacia del processo di sterilizzazione deve essere verificata e certificata secondo i tempi, le modalità ed i criteri stabiliti nell'Allegato III da parte del direttore o responsabile sanitario o dal responsabile tecnico.
Ne consegue che l’atto di convalida riferisca alla verifica dell’efficacia del processo di sterilizzazione da effettuarsi in base a quanto previsto dall’Allegato III al DPR 254/2003, cioè:
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in applicazione della norma UNI 10384/94, parte I;
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con cadenza trimestrale, ma non oltre i 100 cicli di utilizzo;
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mediante l'impiego di bioindicatori adeguati al processo di sterilizzazione usato;
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il numero di bioindicatori dovrà essere almeno 1 ogni 200 litri di volume utile di camera della
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sterilizzazione, con un minimo di tre. I bioindicatori dovranno essere conformi alle norme CEN serie 8669.
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I controlli vanno effettuati sotto il controllo del responsabile sanitario e, nel caso di impianti esterni alla struttura sanitaria, sotto il controllo del responsabile tecnico .
(Si ritiene doveroso inserire un appunto sulla figura del responsabile tecnico, qui indicato, dato che tale riferimento è coerente solo con la norma vigente alla data di pubblicazione del DPR 254/2003.
Infatti, allora, trovava vigenza il D.M. 406/1998, istitutivo dell’Albo azionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, che introduceva la figura professionale del Responsabile Tecnico a garanzia della qualificazione tecnica delle imprese soggette ad iscrizione e includeva, alla categoria 6, le Imprese che gestiscono impianti di smaltimento o recupero dei rifiuti di titolarità di terzi .
In applicazione di questo quadro normativo, un’attività di gestione di impianti di smaltimento o recupero dei rifiuti di titolarità di terzi era tenuta all’iscrizione in categoria 6 dell’Albo con obbligo di nomina di un Responsabile Tecnico. L'iscrizione in categoria 6 è stata, successivamente sospesa, a seguito della circolare del Comitato Nazionale n. 108/2009, e abrogata, dal 25/12/2010, a seguito dell'entrata in vigore del D.lgs. 105/2010, atto di recepimento della Direttiva 2008/98/CE e modificativo del D.lgs. 152/2006.)
L’atto di convalida dovrà pertanto attestare che, in base alle verifiche di efficacia del processo di sterilizzazione, il medesimo garantisca l’effettiva sterilizzazione dei rifiuti sottoposti a tale trattamento.
Per efficacia della sterilizzazione si deve intendere la rispondenza alla definizione di sterilizzazione di cui all’art. 2, comma 1, lettera m):
“abbattimento della carica microbica tale da garantire un S.A.L. (Sterility Assurance Level) non inferiore a 10-6. La sterilizzazione è effettuata secondo le norme UNI 10384/9410 , parte prima, mediante procedimento che comprenda anche la triturazione e l'essiccamento ai fini della non riconoscibilità e maggiore efficacia del trattamento, nonché della diminuzione di volume e di peso dei rifiuti stessi.
Possono essere sterilizzati unicamente i rifiuti sanitari pericolosi a solo rischio infettivo .”
Il comma 7 prevede che gli impianti di sterilizzazione debbano essere sottoposti ad adeguati controlli periodici da parte delle autorità competenti.
Il riferimento all’autorità competente rimane assodato nella Provincia che si avvale delle ARPA, mentre la calendarizzazione dei controlli sarà adottata secondo un autonomo criterio.
Il primo riferimento alla gestione degli impianti di sterilizzazione interni alle strutture sanitarie è dato dal precetto del comma 3 dell’art. 7 che prescrive:
“ Il direttore o il responsabile sanitario e il gestore degli impianti di sterilizzazione localizzati all'interno delle strutture sanitarie sono responsabili dell'attivazione degli impianti e dell'efficacia del processo di sterilizzazione in tutte le sue fasi.”
In tale disposto si rileva l’individuazione di una responsabilità diretta in soggetti, “direttore o responsabile sanitario”, di riferimento della struttura sanitaria e individuabili, verosimilmente, nel Direttore sanitario o Direttore medico.
In tale responsabilità i funzionari sono accomunati ad un “gestore” che appare soggetto individuabile solo quale responsabile di un’impresa esercitante un’attività appaltata che, nel caso, si identifica con la gestione dell’impianto di sterilizzazione.
Un secondo riferimento è dato dal precetto del comma 6 dove dispone che:
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I controlli vanno effettuatisotto il controllo del responsabile sanitarioe, nel caso di impianti esterni alla struttura sanitaria,sotto il controllo del responsabile tecnico .
Su quest’ultima prescrizione la figura del responsabile sanitario è, verosimilmente, individuabile nel Direttore sanitario o Direttore medico della struttura sanitaria, diverso dal “responsabile della struttura sanitaria pubblica o privata”di cui all’art. 17 del medesimo decreto.
La figura del “responsabile tecnico” è correlata, nel precetto di legge, al caso di “ impianti esterni alla struttura sanitaria” che, in assenza di maggiori dettagli, pare debbano essere individuati negli impianti “esterni al perimetro della struttura sanitaria” e, quindi, rientranti nel regime di autorizzazione ordinaria di cui al primo comma dell’art. 7 ed esulanti dal regime di deroga.
In ragione di ciò, nella valutazione delle esigenze correlate ad un impianto interno alla struttura sanitaria ed oggetto di deroga, tale figura non assume alcun riferimento oggettivo.
Sull’esecuzione dei controlli previsti dal comma 6 in applicazione del disposto dell’allegato III vanno fatte alcune considerazioni di dettaglio dato che, nella successiva descrizione dei commi dell’art. 7, si individua una duplice possibilità operativa e gestionale di un impianto di sterilizzazione rifiuti interno alla struttura sanitaria:
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La prima, esclusivamente interna alla struttura (Azienda Sanitaria), che individua le funzioni e le responsabilità esecutive all’interno dell’organico aziendale;
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La seconda che individua un gestore e quindi rende appaltabile la gestione dell’impianto di sterilizzazione ad un’impresa esterna con conseguente esigenza di individuare i ruoli e i compiti previsti dalla normativa.
Nel merito va fatto riferimento alle prescrizioni che accomunano le responsabilità dei soggetti dell’Azienda sanitaria al gestore 11 e a quelle che prevedono attività da eseguire, necessariamente, in contraddittorio con il gestore.
Ciò in ragione del fatto che nel momento in cui la gestione dell’impianto viene affidata, in appalto, a terza parte quest’ultima sarà individuata come responsabile diretta sia della ordinaria funzionalità e gestione sia della continuità di rispondenza dell’impianto alle caratteristiche oggetto di convalida periodica.
Ricadono in questa seconda fattispecie i controlli di cui all’Allegato III del DPR 254/2003 che vanno effettuati per la verifica dell’efficacia del processo di sterilizzazione e “vanno effettuatisotto il controllo del responsabile sanitario”, figura cui viene assegnato il “controllo dell’esecuzione dei controlli”.
Conseguentemente, se in considerazione dell’ipotizzato rapporto appaltante/appaltatore detto “controllo dell’esecuzione dei controlli” dovrà essere effettuato in presenza e contradditorio con il gestore dell’impianto, quale sarà il soggetto incaricato dei controlli: un tecnico del gestore o un tecnico terzo?
A nostro avviso la terzietà del tecnico è preferibile dato che, dovendo dare riscontro a due diversi soggetti in rapporto contraddittorio, l’affidabilità dei controlli si presenta più efficace.
L’attività di sterilizzazione dei rifiuti infettivi produce due fattispecie di rifiuti:
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i rifiuti, solidi e liquidi, generati come scarti e reflui dall’attività meccanica e biochimica;
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i rifiuti solidi originati dallo specifico trattamento di sterilizzazione.
La prima fattispecie individua rifiuti speciali che dovranno essere gestiti secondo le regole generali date dalla disciplina di rifiuti di cui alla parte IV del D.lgs. 152/2006.
La seconda fattispecie costituisce interesse particolare in ragione del fatto che la loro classificazione è oggetto di specifica deroga e il merito va considerato in modo adeguato.
Infatti, come accennato in premessa, la deroga prevista dal DPR 254/2003 è stata recentemente aggiornata ed integrata dalla Legge di conversione 5 giugno 2020, n. 40 del Decreto-Legge 8 aprile 2020, n. 23 (D.L. Liquidità) che ha introdotto l’art. 30-bis “Norme in materia di rifiuti sanitari”edel successivo DL 16 luglio 2020, n. 76 (D.L. Semplificazione) convertito in legge con modificazioni dalla Legge 11 settembre 2020 n. 120.
Tale innovazione ha aggiornato e integrato la regola dell’art. 11 del DPR 254/200312, che prevede che i rifiuti prodotti dalla sterilizzazione dei rifiuti sanitari a rischio infettivo siano oggetto di destinazione in impianti di produzione di CDR o direttamente utilizzati come mezzo per produrre energia, assegnando a tali rifiuti l’esclusiva applicazione della disciplina dei rifiuti urbani13.
Sul punto permaneva il dubbio se rimanesse in vigore il disposto dell’art. 11 del DPR 254/2003 sulla limitazione della destinazione di tali rifiuti “ in impianti di produzione di CDR o direttamente utilizzati come mezzo per produrre energia”.
Tale interrogativo è stato presentato, dalla Regione Toscana, al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica che ha risposto in modo inequivoco:
“ai sensi della normativa sopra richiamata, i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo sono sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani se preliminarmente assoggettati ad un procedimento di sterilizzazione, effettuato, secondo lo specifico procedimento di cui agli artt. 2, comma 1, lettera m) e 7, comma 2, del D.P.R. n. 254/2003, presso le strutture sanitarie pubbliche e private,senza alcun condizionamento nelle modalità di smaltimento successive14 .”
Nella medesima risposta il MASE riscontrava anche il secondo quesito posto dalla Regione Toscana nel merito della classificazione del rifiuto con riferimento all’assegnazione del codice dell’Elenco Europeo dei rifiuti, nel cui merito dava la seguente indicazione:
“ (…) si rappresenta che tali rifiuti, una volta “assimilati agli urbani” possono essere conferiti al servizio pubblico di raccolta come rifiuto indifferenziato (codice EER 20.03.01) ai sensi dell’articolo 9, comma 1, del D.P.R. n. 254 del 2003 a norma del quale: “i rifiuti sanitari sterilizzati di cui all'articolo 2, comma 1, lettera g), numero 8), assimilati ai rifiuti urbani, devono essere raccolti e trasportati con il codice CER 200301, utilizzando appositi imballaggi a perdere, anche flessibili, di colore diverso da quelli utilizzati per i rifiuti urbani e per gli altri rifiuti sanitari assimilati, recanti, ben visibile, l'indicazione indelebile "Rifiuti sanitari sterilizzati" alla quale dovrà essere aggiunta la data della sterilizzazione.”
Ai nostri fini vale considerare che quanto indicato nelle risposte del MASE conferma che:
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il rifiuto prodotto dall’attività di trattamento mediante sterilizzazione dei rifiuti sanitari a rischio infettivo è classificato, ex lege, come rifiuto urbano indifferenziato e individuato con il codice 20 03 01;
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la destinazione di tale rifiuto è esente da condizionamenti o limitazioni di attività di destinazione regolarmente autorizzate allo smaltimento o recupero;
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il confezionamentoe la raccolta devono rispettare le prescrizioni date dall’art. 9, comma 1, del DPR 254/2003, cioè l’uso di imballaggi a perdere, anche flessibili, di colore diverso da quelli utilizzati per i rifiuti urbani e per gli altri rifiuti sanitari assimilati, recanti, ben visibile, l'indicazione indelebile "Rifiuti sanitari sterilizzati" alla quale dovrà essere aggiunta la data della sterilizzazione .
Dette regole dovranno essere applicate dai gestori degli impianti di sterilizzazione dei rifiuti sanitati infettivi nel conferimento dei rifiuti urbani generati dall’attività di trattamento.
L’ultimo aspetto normativo da considerare è relativo all’applicazione della Tariffa sulla Gestione dei Rifiuti Urbani 15 (TARI) in considerazione dell’attività di produzione di rifiuti urbani, ex lege,dagli impianti di trattamento sopra descritti.
L’esigenza di considerare quest’aspetto è stata originata dalla risposta data dall’ARERA 16 ad un’impresa di gestione rifiuti che poneva il seguente quesito:
“ se, nel caso in cui la struttura sanitaria dovesse sterilizzare, mediante impianto di sterilizzazione installato in situ, i rifiuti sanitari a rischio infettivo da questa prodotti - che (…) sarebbero assoggettati allo stesso regime giuridico dei rifiuti urbani – le aree oggi escluse dal calcolo dei mq. rilevanti ai fini della quantificazione della quota fissa della TARI-Tassa Rifiuti sarebbero considerate ai fini del relativo conteggio, con relativo incremento della predetta tassa”.
Il relatore ARERA, dopo una dettagliata premessa sulla normativa applicabile, concludeva che:
“Alla luce di quanto rappresentato, si ritiene che, presumibilmente, all’aumento della superficie assoggettabile alla TARI (che potrebbe derivare dall’installazione in situ, da parte di una struttura sanitaria, di un apposito impianto di sterilizzazione mediante il quale sterilizzare i rifiuti sanitari a rischio infettivo da questa prodotti),possa conseguire un incremento della quota di tributo commisurata alla superficie dell’attività produttiva dell’utenza non domestica, con la precisazione che – nelle more di una specifica disciplina in materia di corrispettivi stabilita dall’Autorità (ai fini della quale è stata avviata un’apposita indagine conoscitiva con deliberazione 41/2024/R/RIF) –la normativa vigente rimette comunque ai Comuni le specifiche determinazioni al riguardo, anche prevedendo talune forme di flessibilità ”.
Nel merito, pur condividendo il quadro normativo di riferimento illustrato dal relatore, riteniamo sia necessario integrare il quadro di analisi delle situazioni oggettive.
In primis, va considerata la necessaria individuazione del produttore dei rifiuti urbani generati dall’impianto di sterilizzazione e del gestore dell’area sulla quale è installato l’impianto che può essere:
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L’Azienda sanitaria, qualora gestisca l’impianto di sterilizzazione in completa autonomia;
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Il Gestore dell’impianto di sterilizzazione, qualora sia un’impresa assegnataria (appaltatrice) della gestione.
Nel caso a) va considerato che il rifiuto prodotto, classificato dal MASE nel codice EER 20 03 01, e l’attività che lo produce (ospedale17) fanno rientrare il tutto nell’applicazione del combinato disposto degli allegati L-quater e L-quinquies per il riconoscimento del rifiuto urbano prodotto da attività diverse dalle domestiche.
Con riferimento alla TARI, su detto rifiuto si rende applicabile il comma 10 dell’art. 238 del D.lgs. 152/2006 che determina la facoltà di conferimento di tali rifiuti alla raccolta urbana da parte del produttore non domestico18.
Prendendo in considerazione l’indicazione del MASE sul successivo conferimento dei rifiuti infettivi sterilizzati“senza alcun condizionamento nelle modalità di smaltimento successive19 ” si evince che l’esclusione della corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti sia applicabile senza alcuna dimostrazione di consegna a soggetti terzi in assenza di obbligo di conferimento alla pubblica raccolta.
Nel caso b) va tenuto in considerazione che l’impianto di sterilizzazione è gestito dal soggetto appaltatore del servizio, il quale è individuato come:
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gestore di rifiuti, ancorché in deroga autorizzativa,
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produttore dei rifiuti generati dall’attività di trattamento e
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affidatario dell’area sulla quale viene svolta l’attività.
In tal caso:
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la posizione della struttura (Azienda) sanitaria è affatto esclusa dall’assoggettamento alla TARI in quanto mera proprietaria dell’area sulla quale opera un soggetto terzo affidatario sia dell’area che di un’attività diversa dalla propria istituzionale;
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la posizione del gestore rientra nell’esclusione dall’applicazione della TARI in ragione dei seguenti presupposti:
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le aree dedicate al trattamento di rifiuti sono aree di attività industriale escluse dalla TARI;
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le attività di trattamento di rifiuti sono escluse dal combinato disposto degli allegati L-quater e L-quinquies alla parte IV del D.lgs. 152/2006;
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l’indicazione del MASE sul successivo conferimento dei rifiuti infettivi sterilizzati prevede che possa essere effettuato“senza alcun condizionamento nelle modalità di smaltimento successive”confermando lo svincolo dal conferimento alla raccolta urbana;
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il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5257 del 24 maggio 2023, ha escluso l’esistenza di alcun diritto di privativa a favore del Comune da parte di chiunque.
Come precedentemente considerato, il gestore dell’impianto di sterilizzazione dei rifiuti sanitari, ancorché operante in deroga autorizzatoria, è tenuto alla tenuta del registro di carico e scarico rifiuti con le integrazioni previste dal comma 8 dell’art. 7:
“ Fatto salvo l'obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 22 del 1997, e successive modificazioni, presso l'impianto di sterilizzazione deve essere tenuto un registro con fogli numerati progressivamente nel quale, ai fini dell'effettuazione dei controlli, devono essere riportate le seguenti informazioni:
a) numero di identificazione del ciclo di sterilizzazione;
b) quantità giornaliera e tipologia di rifiuti sottoposti al processo di sterilizzazione;
c) data del processo di sterilizzazione.”
Ovviamente, il riferimento all'articolo 12 del decreto legislativo n. 22 del 1997 deve, oggi, intendersi riferito all’art. 190 del D.lgs.152/2006 e, data l’imminenza della sua entrata in vigore, dovrà intendersi riferito all’articolo 188-bis e al Decreto 4 aprile 2023, n. 59, introduttivo del R.E.N.T.RI., al momento della sua entrata in vigore.
Le annotazioni da riportare sul registro sono le medesime applicabili ad un impianto di trattamento, cioè:
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Una riga di carico per l’accettazione del rifiuto;
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Una riga di scarico per l’immissione nel ciclo di trattamento (con indicazione del nr. del ciclo di sterilizzazione);
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Una riga di carico per la quantità di rifiuto (20 03 01) prodotto (con indicazione del nr. del ciclo di sterilizzazione di provenienza) e posto nel Deposito Temporaneo;
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Una riga di scarico relativa al conferimento al successivo impianto di trattamento/smaltimento con riferimento al formulario di accompagnamento.
Il numero di identificazione del ciclo di sterilizzazione sarà riportato nel campo annotazioni sia del registro vigente sia del RENTRI.
Per l’utilizzo del formulario è da prendere in considerazione il comma 11 20 dell’art. 193 del D.lgs. 152/2006 che lo esclude quando il trasporto e conferimento dei rifiuti avviene all’interno di un’area privata nel qual caso costituisce movimentazione e non trasporto.
In applicazione di tale disposto, quando l’impianto di sterilizzazione è ubicato nella medesima struttura sanitaria (presidio ospedaliero) che produce i rifiuti infettivi, il conferimento di quest’ultimi può essere effettuata con un documento interno (bolla di consegna).
Ciò al fine di poter gestire correttamente i conferimenti da parte dell’Azienda sanitaria riportandone i dati nelle righe di scarico del registro dell’Azienda sanitaria.
Il formulario accompagnatorio rimane obbligatorio solo in due frangenti:
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per l’uscita finale del rifiuto prodotto (EER 20 03 01) e la sua consegna a destino, dato che il conferimento iniziale dei rifiuti a rischio infettivo, dall’azienda sanitaria all’impianto di sterilizzazione,
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per il conferimento dei rifiuti provenienti da sedi aziendali diverse da quella in cui è localizzato l’impianto di sterilizzazione. Ciò in ragione del fatto che, in tale frangente, si effettua trasporto di rifiuti e non è applicabile l’esenzione di cui al comma 11 dell’art. 193.
1 DPR 254/2003, art. 2 comma 1 lettera m) sterilizzazione: abbattimento della carica microbica tale da garantire un S.A.L. (Sterility Assurance Level) non inferiore a 10-6. La sterilizzazione è effettuata secondo le norme UNI 10384/94, parte prima, mediante procedimento che comprenda anche la triturazione e l'essiccamento (…) – In considerazione dei diversi trattamenti cui viene sottoposto il rifiuto (triturazione, macinazione, shock termico, essicazione) la sterilizzazione viene considerata un trattamento chimico-fisico-biologico.
2 Autonome nel senso di attività escluse dalla deroga di cui al DPR 254/2003
3 L’operazione R12, per come descritta, si qualifica affatto inidonea a identificare un’attività di sterilizzazione che è una oggettiva attività di trattamento multiplo.
4 Il riferimento alla Provincia come Ente competente va aggiornato alle successive modifiche normative intervenute e quindi, con riferimento alle diverse organizzazioni di governo territoriale intervenute, l’ente competente può essere individuato in: Regione, Provincia, Città Metropolitana o ARPA regionale.
5 Ciò non esclude l’ottenimento dei permessi edilizi in caso di necessità di costruzione o modifica di immobili a ciò dedicati.
6 L‘indicazione di adozione di tale norma rientra in una scelta opzionale dell’Azienda sanitaria al fine di dare maggiore garanzia applicativa alle norme di igiene medica a tutela del rischio biologico.
7 ex www.treccani.it
8 Le ARPA sono coinvolte nelle funzioni di controllo affidate alle Province in applicazione del disposto del comma 2 dell’art. 197 del D.lgs. 152/2006 che dispone: Ai fini dell'esercizio delle proprie funzioni le province possono avvalersi, mediante apposite convenzioni, di organismi pubblici, ivi incluse le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente (ARPA), con specifiche esperienze e competenze tecniche in materia (…).
Nella medesima definizione vanno incluse anche le APPA che costituiscono le corrispondenti agenzie provinciali organizzate nelle Province autonome.
9 La norma UNI EN specifica i requisiti relativi ai supporti inoculati e agli indicatori biologici di cui è previsto l'impiego nella valutazione delle prestazioni delle sterilizzatrici a calore secco che operano a temperature comprese tra 140 °C e 250 °C
10 UNI 10384-1:1994 - Impianti e processi di sterilizzazione dei rifiuti ospedalieri. Requisiti generali
11 Art. 7 comma 3: Ildirettore o il responsabile sanitario e il gestore degli impianti di sterilizzazione localizzati all'interno delle strutture sanitarie sono responsabili dell'attivazione degli impianti e dell'efficacia del processo di sterilizzazione in tutte le sue fasi.”
12 DPR 254/2003, art. 11, comma 1. I rifiuti sanitari sterilizzati:
a) possono essere avviati in impianti di produzione di CDR o direttamente utilizzati come mezzo per produrre energia;
b) nel rispetto delle disposizioni del decreto del Ministro dell'ambiente 19 novembre 1997, n. 503, e successive modificazioni, possono essere smaltiti in impianti di incenerimento di rifiuti urbani o in impianti di incenerimento di rifiuti speciali alle stesse condizioni economiche adottate per i rifiuti urbani;
c) qualora nella regione di produzione del rifiuto non siano presenti, in numero adeguato al fabbisogno, né impianti di produzione di CDR,ne' impianti che utilizzano i rifiuti sanitari sterilizzati come mezzo per produrre energia, ne' impianti di termodistruzione, previa autorizzazione del presidente della regione, possono essere sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani e alle norme tecniche che disciplinano lo smaltimento in discarica per rifiuti non pericolosi. L'autorizzazione del presidente della regione ha validità temporanea sino alla realizzazione di un numero di impianti di trattamento termico adeguato al fabbisogno regionale
13 Art. 30-bis del decreto-legge n. 23 del 2020, come aggiornato dall’art. 63-bis del DL 76/2020 “I rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati a procedimento di sterilizzazione, effettuato secondo le previsioni dell’articolo 2, comma 1, lettera m) , del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254, presso le strutture sanitarie pubbliche e private ai sensi dell’articolo 7, comma 2, del citato regolamento, sono sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani”
14 Risposta MASE Prot. n. 0043348 – 06.23
15 D.lgs. 152/2006 - Art. 238 Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani
16 ARERA: Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente – Prot. 0051822/2024 del 16/07/2024 - DTACS
17 Allegato L-quinquies Pos.10 - “ospedali”
18 “Le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani di cui all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter), numero 2., che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessisono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti .
19 Risposta MASE Prot. n. 0043348 – 06.23
20 La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all'interno di aree private non è considerata trasporto ai fini della Parte quarta del presente decreto e non necessita di formulario di identificazione.