Cass. Sez. I n. 33072 del 5 settembre 2011 (Ud 15 lug. 2011)
Pres. Chieffi Est. Mazzei Ric. Varini
Rumore. Attività di fornaio
Nell'ipotesi di esercizio di professione o mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'Autorità la carica di lesività del bene giuridico protetto sia dall'art. 659, comma secondo, cod. pen., sia dall'art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995 n. 447 (legge quadro sull'inquinamento acustico), consistente nella quiete e tranquillità pubblica, è presunta “ope legis" ed è racchiusa, per intero, nel precetto della disposizione codicistica, che tuttavia cede, di fronte alla configurazione dello speciale illecito amministrativo previsto dall'art. 10 citato, qualora l'inquinamento acustico si concretizzi nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. I Penale
Composta dagli lll.mi Sigg.:
Severo Chieffi Presidente
Massimo Vecchio -Consigliere
Aldo Cavallo -Consigliere
Antonella Patrizia Mazzei Relatore
Lucia La Posta Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da VARINI Renato, nato a Piazzola sul Brenta il 16 aprile 1940,
avverso la sentenza in data 17/09/2008 del Tribunale di Vicenza;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei; _
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Carmine Stabile, il quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso; .
udito il difensore del ricorrente, avvocato Franco Condoleo in sostituzione delI'avvocato Paolo Mele, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 17 settembre 2008, depositata il successivo 23 dicembre, il Tribunale di Vicenza, in composizione monocratica, ha dichiarato Varini Renato responsabile del reato di cui all'art. 659 cod. pen., nella ritenuta Ipotesi attenuata di cui al comma secondo della stessa norma, "perché, esercitando attività di panificazione, turbava la tranquillità ed il riposo dei vicini abusando in ora notturna di strumenti sonori (carrelli di trasporto ed elettroventilazione a servizio dei forni), superando il limite di emissioni sonore di cui al D.P.C.M. 14/11/1997 e L. n. 447 del 1995; in Camisano Vicentino dall'inizio 2003 a fine luglio 2007”.
A sostegno della decisione il Tribunale ha addotto sia l'accertato superamento, nell'attività del panificio gestito dal Varini, limitrofo all'abitazione del denunciante, Bastianello Silvano, dei valori limite di cui alla legge quadro n. 447 del 1995 in materia di inquinamento acustico ambientale e al D.P.C.M. 14 novembre 1997, come da misurazioni effettuate da un tecnico dell'A.R.P.A.V. di Vicenza nel corso dl un sopralluogo eseguito nell'abitazione del Bastianello il 22 e il 25 aprile del 2006; sia il provato disturbo del denunciante e dei suoi familiari conviventi, non essendo rilevante la circostanza che il Bastianello fosse stato l'unico a dolersi del rumore sofferto, trattandosi di reato di mero pericolo e non di danno, per la cui integrazione è sufficiente la potenziale compromissione della tranquillità pubblica ancorché emergente dalla denuncia di un singolo individuo.
2. Avverso la predetta sentenza il Varini, tramite il suo difensore, avvocato Paolo Mele del foro di Vicenza, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo alcuni motivi.
2.1. Il ricorrente lamenta, innanzitutto, l'inosservanza dl norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità, poiché l'ccertamento fonometrico sarebbe stato eseguito dal tecnico dell'A.R.P.A.V. in presenza del solo denunciante, senza che il Pubblico ministero avesse avvertito l'imputato, e, addirittura, dopo la scadenza del termine per la conclusione delle indagini preliminari. 2.2. Il ricorrente denuncia, inoltre, la nullità della sentenza per mancanza e contraddittorietà della motivazione e per violazione della legge penale.
Quanto al vizio motivazionale, l'affermazione di responsabilità sarebbe apodittica e, comunque, smentita dai precedenti accertamenti compiuti sia dal Comune sia dal Carabinieri, secondo i quali il rumore era trascurabile, come confermato dal fatto che nessuno dei compaesani, pur vicini al panificio, si era mai lamentato al riguardo, con l'eccezione del solo Bastianello; il Tribunale avrebbe, inoltre, omesso di considerare che l'illegittima misurazione del rumore, in violazione del principio del contraddittorio, aveva interessato soltanto la cucina dell'abitazione del Bastianello, che è il locale più vicino al panificio, e non anche le camere da letto del denunciante e del suoi congiunti che non affacciano verso l'opificio, donde la non significatività dei valori accertati per affermare il denunciato disturbo, peraltro attribuito ad un'attività produttiva radicata da lungo tempo nella piccola comunità territoriale e per essa essenziale; il tecnico dell'A.R.P.A.V. avrebbe, comunque, accertato un leggero superamento della soglia amministrativamente imposta e solo a finestra aperta della cucina dell'abitazione del Bastianello, il quale, evidentemente, non dorme in quella stanza e con le finestre costantemente aperte. Quanto al pur denunciato vizio di violazione di legge, il ricorrente osserva che l'accertata inidoneità dell'attività dl panificazione ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone esclude la sussistenza del contestato reato di cui all'art. 659, comma 1, cod. pen., secondo la costante giurisprudenza di legittimità.
Aggiunge che il Tribunale, dopo avere qualificato la fattispecie criminosa come rispondente a quella prevista dall'art. 659, comma 2, cod. pen., non ha precisato le disposizioni di legge o le prescrizioni dell'autorità in contrasto con le quali il Varini avrebbe esercitato il suo mestiere rumoroso, donde l'illegittimità della pronunciata condanna per omessa individuazione della disposizione che sarebbe stata violata, pur necessaria ad integrare la norma penale in bianco ravvisata nella fattispecie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. E' fondato il motivo di ricorso che denuncia la violazione della legge penale. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'art. 659 cod. pen. prevede due autonome fattispecie contravvenzionali: il reato di cui al primo comma -disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone- richiede l'accertamento che i rumori superino la normale tollerabilità ed investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni o il riposo; mentre quello previsto dal secondo comma -esercizio di professione o mestiere rumoroso- prescinde dalla verificazione del disturbo, essendo tale evento presunto "iuris et de iure" ogni volta che l'esercizio del mestiere rumoroso si verifichi fuori dal limiti di tempo, di spazio e di modo imposti dalla legge, dai regolamenti o da altri provvedimenti adottati dalle competenti autorità (c.f.r., tra le molte, Sez. 1, n. 532 del 28/09/1994, dep. 20/01/1995, Amato, Rv. 200022; Sez. 1, n. 4820 del 17/12/1998, dep. 16/04/1999, Marinelli, Rv. 213395).
Nell'ipotesi di esercizio di professione o mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'Autorità, questa Corte ha, inoltre, precisato che la carica di lesività del bene giuridico protetto sia dall'art. 659, comma secondo, cod. pen., sia dall'art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995 n. 447 (legge quadro sull'inquinamento acustico), consistente nella quiete e tranquillità pubblica, è presunta “ope legis" ed è racchiusa, per intero, nel precetto della disposizione codicistica, che tuttavia cede, di fronte alla configurazione dello speciale illecito amministrativo previsto dall'art. 10 citato, qualora l'inquinamento acustico si concretizzi nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia (Sez. 1, n. 23866 del 09/06/2009, dep. 10/06/2009, Valvassore, Rv. 243807).
La contravvenzione di cui al secondo comma dell'art. 659 cit., dunque, a differenza di quella prevista dal primo comma, deve intendersi parzialmente depenalizzata, in forza del principio di specialità di cui all'art. 9 della legge n. 689 del 1981, laddove si accerti, come nella specie, la perfetta identità fattuale della violazione contestata ai sensi della menzionata norma del codice penale e di quella sanzionata solo in via amministrativa (superamento dei limiti di emissioni sonore), a norma dell'art. 10, comma 2, legge n. 447/1955, cit. (c.f.r. , in termini, anche Sez. 1, n. 44167 del 27/10/2009, dep. 18/11/2009, Fiumara, Rv. 245563).
Nel caso in esame, pertanto, il Tribunale è incorso in un doppio errore giuridico, per avere ritenuto la ravvisata ipotesi di cui al capoverso dell'art. 659, comma secondo, cod. pen., alla stregua di una circostanza attenuante della violazione prevista dal comma primo della medesima norma, mentre essa costituisce, come si è detto, una fattispecie criminosa autonoma; e per avere stimato sufficiente ad integrare la medesima violazione, prevista dall'art. 659, comma secondo, cod. pen., il mero superamento del limite di emissioni sonore di cui al D.P.C.M. del 14/11/1997 e alla legge 26/10/1995, n. 447 (legge quadro sull'inquinamento acustico).
Discende che il fatto ritenuto in sentenza come integrante la fattispecie di cui al comma secondo del citato art. 659 cod. pen., esauritosi -a termini di contestazione- nel superamento del limite di emissioni sonore di cui al D.P.C.M. 14/11/1997 e alla legge n. 447 del 1995, costituisce una violazione amministrativa e non un reato. Con riguardo, poi, alla pur ritenuta concorrente sussistenza della violazione di cui al comma primo dell'art. 659 cod. pen., la decisione impugnata fonda il ritenuto disturbo al riposo delle persone sul superamento dei limiti prescritti di emissioni sonore, che, come si è detto, nei termini contestati, è fattispecie depenalizzata, e sulle dichiarazioni del Bastaniello circa il disturbo notturno sofferto da lui e dai suoi congiunti conviventi (moglie e due figli) a causa delle lavorazioni attuate nel vicino panificio, senza alcun apprezzamento in concreto dell'idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, ciò che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, costituisce elemento essenziale del ritenuto reato previsto dall'art. 659, comma primo, cod. pen. (c.f.r., tra le molte, Sez. 1, n. 246 del 13/12/2007, dep. 07/01/2008, Guzzi, Rv. 238814).
In conclusione, alla stregua di quanto precede, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Così deciso in Roma il 10 maggio 2011.
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