Inquinamento di origine fisica: rumore ed inquinamento elettromagnetico

di Alessio SCARCELLA

Relazione di Alessio Scarcella, magistrato presso il Ministero della Giustizia, Capo dell’Ufficio per il Coordinamento dell’Attività Internazionale tenuta presso la Scuola Superiore della Magistratura in occasione del corso «“Il diritto penale dell’ambiente” 30 gennaio al 1 febbraio 2013

Sommario:

  1. L’inquinamento acustico: generalità

  2. L’inquinamento acustico: il quadro legislativo ed istituzionale

  3. Il D.P.C.M. 1º marzo 1991

  4. La legge quadro sull’inquinamento acustico: principi generali

  5. Il D.P.C.M. 14 novembre 1997: generalità

  6. Il D. Lgs. 19 agosto 1995, n. 194: cenni

  7. Normativa comunitaria: cenni

  8. Sanzioni amministrative e penali: l’art. 659 c.p.

  9. Sanzioni amministrative e penali: la legge n. 447/1995

  10. L’inquinamento elettromagnetico: generalità

  11. L’inquinamento elettromagnetico: riferimenti normativi

  12. Effetti dei campi elettromagnetici sulla salute umana

  13. La rilevanza penale dei campi elettromagnetici (rinvio)







  1. L’inquinamento acustico: generalità



Il rumore oggi è fra le principali cause del peggioramento della qualità della vita nelle città. Infatti, sebbene la tendenza in ambito comunitario negli ultimi 15 anni mostri una diminuzione dei livelli di rumore più alti nelle zone maggiormente a rischio (definite zone nere), si è verificato contestualmente un ampliamento delle zone con livelli definiti di attenzione (chiamate zone grigie) che ha comportato un aumento della popolazione esposta ed ha annullato le conseguenze benefiche del primo fenomeno.

Il rumore viene comunemente identificato come un "suono non desiderato" o come "una sensazione uditiva sgradevole e fastidiosa"; il rumore infatti, dal punto di vista fisico, ha caratteristiche che si sovrappongono e spesso si identificano con quelle del suono, al punto che un suono gradevole per alcuni possa essere percepito da altri come fastidioso.

Il suono è definito come una variazione di pressione all'interno di un mezzo che l'orecchio umano riesce a rilevare. Il numero delle variazioni di pressione al secondo viene chiamata frequenza del suono ed è misurata in Hertz (Hz).

L'intensità del suono percepito nel punto di misura, corrispondente fisicamente con l'ampiezza dell'onda di pressione, viene espressa in decibel con il livello di pressione sonora (Lp).

I suoni che l'orecchio umano è in grado di percepire sono quelli che si trovano all'interno della cosiddetta banda udibile, caratterizzata da frequenze comprese tra 20 Hz e 16.000 Hz.

In relazione alle sue specifiche modalità di emissione, un rumore può essere definito come continuo o discontinuo (se intervallato da pause di durata apprezzabile), stazionario o fluttuante (se caratterizzato da oscillazioni rapide del suo livello di pressione sonora superiori a ± 1 dB), costante o casuale (se presenta una completa irregolarità dei tempi e dei livelli di emissione), impulsivo (se il fenomeno sonoro determina un innalzamento del livello di pressione in tempi rapidissimi, ossia meno di 0,5 secondi).

Il rumore, specialmente quello esistente in ambito urbano, viene considerato di tipo complesso in quanto è dovuto alla presenza di numerose sorgenti quali le infrastrutture di trasporto (strade, ferrovie, aeroporti, porti) e le attività rumorose che si svolgono nelle aree considerate (ad esempio attività industriali e artigianali, presenza di discoteche, etc).

L'esame delle diverse sorgenti di rumore può essere utile a fornire indicazioni sulla comprensione del fenomeno "rumore" presente sul territorio nonché per trovare le giuste modalità per combatterlo.

La lotta contro il rumore può essere attuata secondo tre possibili interventi:

  1. agendo sulle sorgenti di rumore (riducendo le emissioni alla fonte o migliorando le condizioni di mobilità all'interno di una certa porzione di territorio);

  2. agendo sulla propagazione del rumore (allontanando il più possibile le aree residenziali dalle aree di maggiore emissione acustica);

  3. adottando dei sistemi di protezione passiva (barriere antirumore) agli edifici maggiormente esposti alle immissioni di rumore.



I fattori che possono condizionare la lesività dell'impatto sonoro nei soggetti esposti sono: il livello di pressione sonora (intensità del rumore), il tempo di esposizione, la frequenza del rumore.

Altri fattori, ritenuti accessori, ma che sembrano influenzare gli effetti del rumore sull'uomo sono: la sensibilità e la reattività individuale, la saturazione sensoriale, il timbro del rumore, la possibilità di controllo dell'emissione sonora, l'atteggiamento motivazionale del soggetto esposto, il numero e la distribuzione spaziale delle sorgenti, l'identificabilità della natura del rumore e della localizzazione della sorgente, l'età, l'acuità uditiva e, secondo alcuni studi, anche il sesso dei soggetti esposti.

L'impatto può manifestarsi sotto 3 forme: danno, disturbo, fastidio (per gli anglosassoni annoyance). Per danno si deve intendere ogni alterazione anche parzialmente non reversibile dell'apparato uditivo. Il disturbo è definito come un'alterazione reversibile delle condizioni psicofisiche dei soggetti esposti al rumore. L'annoyance è un fastidio causato dal rumore sugli individui, ma anche dalla combinazione di fattori di natura psicologica e sociologica.



  1. L’inquinamento acustico: il quadro legislativo ed istituzionale

Fino all'anno 2002 nella legislazione comunitaria mancava una disciplina normativa specifica delle sorgenti fisse di emissioni acustiche, quali quelle costituite dagli impianti industriali, ed una considerazione complessiva dei livelli di esposizione ambientale da consentire. Sulla G.U.C.E. del 28 novembre 2000, n. C337 era stata peraltro pubblicata la Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale, proposta sulla quale il Comitato delle Regioni aveva espresso un parere motivato (G.U.C.E. del 18 maggio 2001, n. C148).

In attesa dell'emanazione della direttiva quadro in materia di inquinamento acustico, il legislatore comunitario aveva dettato singoli atti normativi diretti a disciplinare soltanto i limiti di emissione sonora delle sorgenti mobili ovvero: a) aeromobili subsonici; b) autoveicoli; c) motocicli; d) macchine di movimento terra, escavatori, apripiste, pale caricatrici; e) macchine e materiali per cantieri; f) gru a torre; g) gruppi elettrogeni; h) martelli pneumatici; i) motocompressori; l) tosaerba; m) trattori; n) apparecchi domestici.

Il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, per il completamento dell'ordinamento regionale, definiva per la prima volta gli ambiti di competenza statali, regionali e locali in materia di inquinamento acustico, secondo disposizioni da ritenersi implicitamente abrogate dalla nuova legge n. 447/1995 che aveva compiutamente ed organicamente disciplinato l'intera materia.

La legge n. 349/1986, istitutiva del Ministero dell'ambiente, assegnava al nuovo ministero una competenza generale in materia di tutela contro il rumore (art. 2, comma 1, lett. c), in precedenza attribuita al Ministero della sanità.

Lo Stato provvedeva all'emanazione di un decreto recante la fissazione dei limiti di accettabilità del rumore negli ambienti di vita e nell'ambiente esterno solo con il D.P.C.M. 1º marzo 1991, mentre per gli ambienti di lavoro (materia che esula dalla presente relazione) veniva adottato il D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277, e successivamente, il D.Lgs. n. 626/1994 e, da ultimo, il D. Lgs. n. 81/2008.

Il D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, nuovo codice della strada, dettava disposizioni in materia di requisiti acustici e prestazioni d'impiego degli autoveicoli e dei motocicli (in specie, agli artt. 72, 155-156, 227), richiamate anche nel regolamento di esecuzione, emanato con il d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (art. 350).

Infine, la L. 26 ottobre 1995 n. 447, c.d. Legge quadro sull'inquinamento acustico (G.U. 30 ottobre 1995, n. 254, Suppl.Ord.), ha introdotto una normativa organica, che tuttavia convive con la disciplina transitoria di cui al D.P.C.M. 1º marzo 1991 (art. 8, comma 1, D.P.C.M. 14 novembre 1997).

Sono state emanate alcune delle normative attuative o integrative previste dalla legge n. 447/95, con riferimento ai requisiti acustici delle discoteche e dei locali di pubblico spettacolo (D.P.C.M. 18 settembre 1997, abrogato e sostituito dall'art. 8, D.P.C.M. 16 aprile 1999, n. 215), ai requisiti acustici passivi degli edifici (D.P.C.M. 5 dicembre 1997), al regolamento sull'inquinamento acustico degli aeromobili civili (D.P.R. 11 dicembre 1997, n. 496)2, sugli aeroporti (D.M. 31 ottobre 1997), all'applicazione del criterio differenziale agli impianti a ciclo continuo (D.M. 11 dicembre 1996), sul rumore ferroviario (d.P.R. 18 novembre 1998, n. 459), e altre ancora.

Deve, peraltro, essere segnalato l’intervento legislativo finalizzato all'attuazione dei principi di "delegificazione", di semplificazione dei procedimenti amministrativi e degli adempimenti connessi attuato con la L. 24 novembre 2000, n. 340 (G.U. n. 275 del 24 novembre 2000) con contestuale previsione della futura emanazione di atti regolamentari destinati a dettare la nuova disciplina nelle materie oggetto di delegificazione e semplificazione procedimentale. Tra le materie legislative indicate nell'allegato A alla legge n. 340/2000 oggetto di futura delegificazione, il punto 15 elenca le seguenti norme in materia di "Tutela dall'inquinamento acustico; Rumore nell'ambiente esterno e determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore; Tecnico competente acustica ambientale":

- legge 26 ottobre 1995, n. 447;

- art. 659 c.p.;

- art. 844 cod. civ.;

- d.P.R. 19 marzo 1956, n. 303;

- D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277;

- D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285.

Con il D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 194 (G.U. 23 settembre 2005, n. 222), ancora, è stata attuata la direttiva 2002/49/CE del Parlamento e del Consiglio del 25 giugno 2002 relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi dell'esposizione allo stesso.

  1. Il D.P.C.M. 1º marzo 1991

Come si è accennato, il D.P.C.M. 1º marzo 1991 ha rappresentato il primo intervento dello Stato per disciplinare l'inquinamento ambientale avente origine da sorgenti stazionarie e nel contempo sottoporre a controllo i livelli di esposizione acustica della popolazione e dell'ambiente (in specie nelle aree urbane). Le nuove disposizioni rivestivano carattere transitorio, nell'attesa dell'approvazione di una legge quadro, così che anche i limiti di esposizione al rumore erano fissati a titolo sperimentale.

Il decreto era destinato ad applicarsi soltanto agli impianti industriali (comprese le imprese artigianali) (arg. ex art. 1, comma terzo) ed alle attività temporanee (art. 1, comma quarto). Le imprese interessate potevano realizzare un "graduale adeguamento" previa presentazione alla regione di un apposito "piano di risanamento", da realizzarsi entro il termine massimo di trenta mesi (art. 3, primo comma).

La Corte costituzionale dichiarava illegittime diverse disposizioni del decreto, conservando soltanto i limiti di accettabilità, le zone acustiche comunali, l'obbligo per le imprese che non presentassero (entro sei mesi) il piano di risanamento di conformarsi ai limiti di accettabilità definitivi e provvisori, inclusi quelli differenziali (art. 6, secondo comma).

Agli impianti a ciclo produttivo continuo, in esercizio nelle zone non esclusivamente industriali, era concesso il termine di cinque anni per l'adeguamento al limite differenziale.

Sono state abrogate, dalla normativa sopravvenuta (D.P.C.M. 14 novembre 1997, art. 9), le disposizioni del D.P.C.M. che escludevano l'applicabilità alle sorgenti sonore limitanti i loro effetti all'interno di locali adibiti ad attività industriali o artigianali (art. 1, comma 3, D.P.C.M. 1º marzo 1991).



  1. La legge quadro sull’inquinamento acustico: principi generali

La L. 26 ottobre 1995, n. 447 si configura espressamente come legge organica, che nei confronti delle Regioni a statuto ordinario ha valore di legge quadro, contenente i principi fondamentali in materia di tutela dell'ambiente esterno e dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico, assumendo anche il carattere di norma fondamentale di riforma economico-sociale nei confronti delle Regioni a statuto speciale (art. 1).

I beni giuridici che la legge intende proteggere dall'inquinamento acustico sono - per espressa previsione legislativa - l'ambiente esterno e l'ambiente abitativo (art. 1), definito come l'ambiente interno agli edifici destinati ad attività umane e dunque con permanenza di persone (art. 1, comma 1, lett. b), mentre restano esclusi gli ambienti destinati ad attività produttive.

La definizione di inquinamento acustico adottata dal legislatore (art. 2, comma 1, lett. a) richiama, oltre alle nozioni di pericolo per la salute umana o di deterioramento di beni pubblici e privati, anche quella più tradizionale di fastidio o disturbo alle attività umane ed al riposo (già assunta a parametro di intervento penale dall'art. 659 cod. pen.).

La legge sottopone alla disciplina sia le sorgenti sonore fisse (art. 2, comma 1, lett. c) che quelle mobili (art. 2, comma 1, lett. d).

Le prime sono descritte analiticamente (impianti ed installazioni industriali, infrastrutture, parcheggi, depositi di mezzi di trasporto, e finanche aree adibite ad attività sportive e ricreative), mentre le seconde sono menzionate in via residuale (ogni sorgente sonora che non è fissa). Viene così ampliato l'ambito della normativa precedente, dato che il D.P.C.M. 1º marzo 1991 non si occupava delle fonti mobili autoveicolari, tenendo presente il traffico ai soli fini della zonizzazione e degli interventi di bonifica (art. 4, comma secondo, lett. a), D.P.C.M. 1º marzo 1991).

Le sorgenti mobili sono regolamentate secondo un duplice criterio: quello della omologazione (del prototipo) e quello delle modalità d'impiego. Dei veicoli a motore si occupa il codice della strada, con una disciplina riferita tanto all'inquinamento atmosferico che a quello acustico.

Tutte le sorgenti sonore sono sottoposte a valori limite, distinti in:

- limiti di emissione, intesi come i valori massimi che possono essere emessi da una qualsiasi sorgente sonora, sia fissa che mobile; sono misurati in prossimità della stessa, in corrispondenza degli spazi utilizzati dalle persone (art. 2, comma 1, lett. e), L. n. 447/1995); "si applicano a tutte le aree del territorio circostanti". I valori limite di emissione sono destinati ad essere sostituiti, al momento dell'emanazione di apposita norma UNI (art. 2, D.P.C.M. 14 novembre 1997);

- limiti di immissione, intesi come i valori massimi emessi dal complesso delle sorgenti sonore considerate, misurati in prossimità dei ricettori (cioè dei bersagli) (art. 2, comma 1, lett. f), L. n. 447/1995). Essi si distinguono in valori limite assoluti (riferiti al rumore risultante "dall'insieme di tutte le sorgenti" sonore attive nell'ambiente) e differenziali (riguardano la differenza tra il rumore ambientale, ovvero il livello di pressione sonora prodotta da tutte le sorgenti acustiche esistenti (ed attive) in un dato luogo e durante un determinato tempo (D.P.C.M. 1º marzo 1991, all. A, punto 4), che consiste nell'insieme del rumore residuo e di quello prodotto dalle sorgenti disturbanti, ed il rumore residuo, rappresentato dal livello di pressione sonora che si rileva dopo l'esclusione delle specifiche sorgenti sonore considerate) (art. 2, comma 3, L. n. 447/1995).

Sono anche fissati valori di attenzione (che segnalano un potenziale rischio per la salute umana o per l'ambiente: lett. g) e valori di qualità (che costituiscono obiettivi di tutela graduati nel tempo, secondo le tecnologie disponibili: lett. h) (cfr. tab. D, D.P.C.M. 14 novembre 1997). Tali valori sono stabiliti in funzione di criteri oggettivi: tipologia della sorgente, periodo della giornata (in particolare, giorno/notte), destinazione d'uso della zona da proteggere (art. 2, comma 2, L. n. 447/1995).

I valori di attenzione corrispondono ai valori d’immissione fissati nella Tab. C, allegata al D.P.C.M. 14 novembre 1997, aumentati di 10dB per il periodo diurno e 5dB per quello notturno, con riferimento ad un'ora di esposizione. Il tempo di riferimento a lungo termine, invece, è variabile in funzione dei fattori da considerare e delle esigenze di valutazione delle realtà specifiche locali. Il superamento dei valori di attenzione riferiti ad un'ora o, nel lungo termine, ai valori di immissione della tabella C, costituisce evento che obbliga all'adozione dei piani di risanamento; per le aree esclusivamente industriali è sufficiente il superamento dei valori di immissione per determinare tale obbligo.

Il D.P.C.M. 14 novembre 1997 determina i valori limite delle sorgenti sonore, riferiti alle 6 classi di destinazioni d'uso del territorio, allegate al decreto e da adottarsi da parte dei comuni. Tali classi coincidono con quelle già individuate con il D.P.C.M. 1º marzo 1991. Nei confronti della disciplina precedente, le differenze di maggiore rilievo riguardano la fissazione di valori limite differenziati per emissione (tab. B), immissione (tab. C) e qualità sonora (tab. D).

La legge n. 447/1995 individua le competenze dello Stato, delle Regioni, delle Province, le funzioni e i compiti dei Comuni. Lo Stato indirizza, coordina o regolamenta la normativa tecnica ed emana atti legislativi su argomenti specifici. Le Regioni promulgano apposite leggi definendo i criteri per la suddivisione in zone del territorio comunale (zonizzazione acustica). Inoltre, definiscono i criteri da seguire per la redazione della documentazione di impatto acustico, delle modalità di controllo e l'organizzazione della rete dei controlli da parte dei Comuni (applicazione dell'articolo 8 della Legge Quadro n. 447/95). I Comuni hanno competenze di carattere programmatico e decisionale. Devono procedere alla classificazione acustica del territorio, verificano il rispetto della normativa per la tutela dall'inquinamento acustico all'atto del rilascio delle concessioni edilizie, la regolamentazione dello svolgimento di attività temporanee e manifestazioni, l'adeguamento dei regolamenti locali con norme per il contenimento dell'inquinamento acustico e, soprattutto, l'adozione dei piani di risanamento acustico nei casi in cui le verifiche dei livelli di rumore effettivamente esistenti sul territorio comunale evidenzino il mancato rispetto dei limiti fissati. I Comuni con popolazione oltre i 50.000 abitanti sono tenuti a produrre una relazione biennale sullo stato acustico del Comune.

  1. Il D.P.C.M. 14 novembre 1997: generalità

Il decreto stabilisce i valori limite delle sorgenti sonore distinguendoli in:

- Valori limite di emissione: il valore massimo di rumore che può essere emesso da una sorgente sonora, misurato in prossimità della sorgente stessa;

- Valori limite assoluti di immissione: il valore massimo di rumore immesso nell'ambiente esterno dall'insieme di tutte le sorgenti;

- Valori di qualità: i valori di rumore da conseguire nel breve, nel medio e nel lungo periodo con le tecnologie e le metodiche di risanamento disponibili.

I diversi valori limite sono riportati nelle tabelle A, B e C.

Tabella A : valori limite di emissione - Leq in dB(A)

CLASSI DI DESTINAZIONE D'USO DEL TERRITORIO

TEMPI DI RIFERIMENTO

 

Diurno (06.00 - 22.00)

Notturno (22.00 - 06.00)

I aree particolarmente protette

45

35

II aree prevalentemente residenziali

50

40

III aree di tipo misto

55

45

IV aree di intensa attività umana

60

50

V aree prevalentemente industriali

65

55

VI aree esclusivamente industriali

65

65



Tabella B: valori limite assoluti di immissione - Leq in dB(A)

CLASSI DI DESTINAZIONE D'USO DEL TERRITORIO

TEMPI DI RIFERIMENTO

 

Diurno (06.00 - 22.00)

Notturno (22.00 - 06.00)

I aree particolarmente protette

50

40

II aree prevalentemente residenziali

55

45

III aree di tipo misto

60

50

IV aree di intensa attività umana

65

55

V aree prevalentemente industriali

70

60

VI aree esclusivamente industriali

70

70



Tabella C: valori di qualità - Leq in dB(A)

CLASSI DI DESTINAZIONE D'USO DEL TERRITORIO

TEMPI DI RIFERIMENTO

 

Diurno (06.00 - 22.00)

Notturno (22.00 - 06.00)

I aree particolarmente protette

47

37

II aree prevalentemente residenziali

52

42

III aree di tipo misto

57

47

IV aree di intensa attività umana

62

52

V aree prevalentemente industriali

67

57

VI aree esclusivamente industriali

70

70





  1. Il D. Lgs. 19 agosto 1995, n. 194: cenni

Nel D.Lgs. 19 agosto 2005 n. 194, recante “Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale” (G.U. 23 settembre 2005, n. 222), sono indicate le competenze e le procedure per l'elaborazione della mappatura acustica, delle mappe acustiche strategiche e l'elaborazione e l'adozione dei piani di azione per evitare o ridurre il rumore ambientale.

Il decreto prevede l'informazione e la partecipazione della popolazione sul rumore ambientale e i suoi effetti.

Si riporta di seguito un quadro riassuntivo di diverse norme redatte in base alla tipologia della sorgente:

TIPOLOGIA DI SORGENTE

RIFERIMENTO LEGISLATIVO

RUMORE DA TRAFFICO STRADALE

D.P.C.M. 14 novembre 1997: Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore in attuazione dell'art. 3, comma 1, lett. a), L. n. 447/1995.

D.M. 16 marzo 1998: Tecniche di rilevamento e di misurazione dell'inquinamento acustico.

D.M. 3 dicembre 1999: Procedura antirumore e zone di rispetto negli aeroporti.

D.M. 20 maggio 1999: Criteri per la progettazione dei sistemi di monitoraggio per il controllo dei livelli di inquinamento acustico in prossimità degli aeroporti nonché criteri per la classificazione degli aeroporti in relazione al livello di inquinamento acustico.

D.M. 13 aprile 2000: Recepimento della direttiva 1999/101/CE della Commissione del 15 dicembre 1999 che adegua al progresso tecnico la direttiva 70/157/CEE del Consiglio relativa al livello sonoro ammissibile e al dispositivo di scappamento dei veicoli a motore.

D.M. 30 marzo 2004 n° 142: Regolamento recante disposizioni per il contenimento e la prevenzione dell'inquinamento acustico derivante dal traffico veicolare, a norma dell'art. 11 della legge 26 ottobre 1995, n. 447.

D.M. 4 aprile 2008: Ministero dei Trasporti. Rettifica del decreto 14 dicembre 2007 di recepimento della direttiva 2007/34/CE della Commissione del 14 giugno 2007, che modifica, ai fini dell'adattamento al progresso tecnico, la direttiva 70/157/CEE del Consiglio relativa al livello sonoro ammissibile e al dispositivo di scappamento dei veicoli a motore.

RUMORE FERROVIARIO

D.P.C.M. 14 novembre 1997: Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore in attuazione dell'art. 3, comma 1, lett. a), L. n. 447/1995.

d.P.R. 18 novembre 1998, n. 459: Regolamento recante norme di esecuzione dell'art. 11, L. 447/1995, in materia di inquinamento acustico derivante da traffico ferroviario.

RUMORE AEROPORTUALE

D.M. ambiente 31 ottobre 1997: Metodologia di misura del rumore aeroportuale ai fini del contenimento dell'inquinamento acustico negli aeroporti civili e negli aeroporti militari aperti al traffico civile.

d.P.R. 11 dicembre 1997, n. 496: Regolamento recante norme per la riduzione dell'inquinamento acustico prodotto dagli aeromobili civili.

D.M. ambiente 20 maggio 1999: Criteri per la progettazione dei sistemi di monitoraggio per il controllo dei livelli di inquinamento acustico in prossimità degli aeroporti nonché criteri per la classificazione degli aeroporti in relazione al livello di inquinamento acustico.

d.P.R. 9 novembre 1999, n. 476: Regolamento recante modificazioni al d.P.R. n. 496/97, concernente il divieto di voli notturni.

D.M. ambiente 3 dicembre 1999: Procedure antirumore e zone di rispetto negli aeroporti.

L. 21 novembre 2000, n. 342: Misure in materia fiscale, Artt. 90-91-92-93-94-95 (imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili).

D. Lgs. 17 gennaio 2005, n. 13: Attuazione della direttiva 2002/30/CE relativa all'introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti comunitari.

L. 23 dicembre 2005, n. 266: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006; v., in particolare il comma 94: Delocalizzazione centri abitati che insistono sul sedime aeroportuale di Malpensa 2000).

IMPIANTI INDUSTRIALI

D.M. 11 dicembre 1996: Applicazione del criterio differenziale per gli impianti a ciclo produttivo continuo ubicati nelle zone diverse da quelle esclusivamente industriali o le cui attività producono i propri effetti in zone diverse da quelle esclusivamente industriali.

D.P.C.M. 14 novembre 1997: Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore in attuazione dell'art. 3, comma 1, lett. a), L. n. 447\1995.

D.M. 16 marzo 1998: Tecniche di rilevamento e di misurazione dell'inquinamento acustico.

SORGENTI SONORE NEI LUOGHI DI INTRATTENIMENTO DANZANTE, DI PUBBLICO SPETTACOLO E NEI PUBBLICI ESERCIZI

D.P.C.M. 26 aprile 1999, n. 215: Regolamento recante norme per la determinazione dei requisiti acustici delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante e di pubblico spettacolo e nei pubblici esercizi.

ATTIVITÀ MOTORISTICHE

d.P.R. 3 aprile 2001, n. 304: Regolamento recante disciplina delle emissioni sonore prodotte nello svolgimento delle attività motoristiche, a norma dell'articolo 11 della legge 26 novembre 1995, n. 447.

SORGENTI SONORE SPECIFICHE

D.P.C.M. 14 novembre 1997: Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore in attuazione dell'art. 3, comma 1, lett. a), L. n. 447/1995.

D.M. 16 marzo 1998: Tecniche di rilevamento e di misurazione dell'inquinamento acustico.

Norma UNI 10855: 1999 (Misura e valutazione del contributo acustico di singole sorgenti).

APPARECCHI DOMESTICI

D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 134: Attuazione delle Direttiva 86/594/CEE relativa al rumore aereo emesso dagli apparecchi domestici (G.U. 19 febbraio 1992, n. 41).

CARATTERIZZAZIONE ACUSTICA DEL TERRITORIO

Norma UNI 9884: 1997 (Caratterizzazione acustica del territorio mediante la descrizione del rumore ambientale)

PIANI DI RISANAMENTO ACUSTICO PER LE INFRASTRUTTURE DI TRASPORTO

D. M. 29 novembre 2000: Criteri per la predisposizione, da parte delle società e dagli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, dei piani degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore.



In ambito lavorativo, infine, il riferimento legislativo di tutela per la salute dei lavoratori esposti a rumore è il D. Lgs. 9 Aprile 2008, n. 81. In particolare, al capo 2 del titolo VIII del citato decreto vengono definiti i valori limite di esposizione, i valori di azione, gli obblighi dei soggetti preposti alla sicurezza, l'obbligo di utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, ecc.

In base ai livelli di esposizione lavoratori sono sottoposti a sorveglianza sanitaria con l'esecuzione di esami strumentali (in genere l'audiometria per evidenziare la diminuzione dell'udito) con cadenza annuale.

  1. Normativa comunitaria: cenni

Con la direttiva 49/2002/CE del 25/06/2002 ("Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale") la Comunità Europea ha inteso uniformare le definizioni ed i criteri di valutazione del rumore ambientale.

La direttiva è stata recepita a livello nazionale con il D.Lgs. 19 agosto 2005 n. 194 che stabilisce l'uso di specifici indicatori acustici e metodologie di calcolo.

Il decreto prevede, anche, la valutazione del grado di esposizione al rumore mediante mappature acustiche, la maggiore attenzione all'informazione della popolazione e l'identificazione e la conservazione di "aree di quiete".

La L. 7 luglio 2009, n. 88 ("Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti all'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2008"), aveva attribuito dato, con l'art.11, delega al Governo per il riordino della disciplina in materia di inquinamento acustico. Pertanto, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, mediante decreto legislativo, sarebbero dovute essere armonizzate le previsioni contenute nella L. 26 ottobre 1995, n. 447, con quelle recate dal D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 194, nel rispetto della normativa comunitaria in materia. A oggi tale decreto non è stato ancora emanato.

Il Sesto Programma d'Azione per l'Ambiente dell'Unione Europea "Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta", riprendendo l'obiettivo generale per la politica comunitaria in materia di inquinamento acustico del Quinto programma la cui finalità era garantire che nessuna persona fosse esposta a livelli sonori troppo elevati, prevede un'ulteriore riduzione del numero di persone esposte a livelli elevati di inquinamento acustico.

  1. Sanzioni amministrative e penali: l’art. 659 c.p.

La protezione penale dal rumore ha finora trovato la sua espressione nell'art. 659 cod. pen., che configura due distinte ed autonome ipotesi di reato contravvenzionale: la prima si manifesta mediante una condotta "tipica" (schiamazzi o rumori, abuso di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, strepiti di animali) che superi la normale tollerabilità arrecando così disturbo alle persone, e che può essere commessa da "chiunque" (comma 1); la seconda integra una forma di reato "proprio" (esercizio di professione o mestiere rumoroso contro le disposizioni di legge o le prescrizioni dell'autorità: comma 2).

La fattispecie di cui all'art. 659, 1° co., è integrata quando l'agente, con uno dei mezzi sopra descritti, disturbi le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi e i trattenimenti pubblici. Il disturbo arrecato costituisce l'evento causalmente riconducibile alla condotta, il verificarsi del quale segna la consumazione del reato 3. Per unanime opinione trattasi di evento di danno: le condotte descritte, cioè, acquistano penale rilevanza solo ove abbiano arrecato un effettivo pregiudizio a carico di più persone4.

Diversamente si esprime la giurisprudenza, secondo la quale è sufficiente che l'evento di disturbo, in relazione alla capacità diffusiva dei rumori, sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone5, pur se di fatto se ne lamentino solo alcune 6 o addirittura nessuna7. La contravvenzione, dunque, costituisce secondo la giurisprudenza reato di pericolo e non di danno, per la cui sussistenza non è necessario che un disturbo generalizzato si sia in concreto verificato 8. La potenzialità dannosa diffusa dei rumori, cioè la capacità di ledere il bene protetto costituito dalla tutela delle occupazioni e del riposo di un numero indeterminato di persone, costituisce, comunque, la soglia minima di offensività necessaria per la configurabilità della contravvenzione, da escludersi quando, per la intensità dell'immissione, per la conformazione dei luoghi o per l'inesistenza della pluralità di soggetti potenzialmente esposti alla fonte nociva, venga ad essere necessariamente interessato dalla immissione un solo soggetto 9.

I rumori prodotti ricadono nella previsione dell'art. 659 c.p. quando superino, per intensità o frequenza, la soglia della normale tollerabilità. La valutazione relativa all'accertamento in concreto del superamento dei limiti di tollerabilità del rumore deve essere effettuato con criteri oggettivi riferibili alla sensibilità media delle persone che vivono nell'ambiente ove i rumori vengono percepiti, per cui le lamentele di singole persone non sono, di per sé sole, sufficienti ad integrare il reato in esame10.

Tali accertamenti non necessitano di perizia fonometrica allorché il giudice possa formarsi il convincimento che il superamento della soglia della normale tollerabilità vi sia stato basandosi su altri elementi probatori già acquisiti agli atti11.

Per quanto riguarda, invece, la seconda fattispecie di reato (art. 659, comma 2, c.p.), la giurisprudenza penale è divisa tra chi ritiene che la condotta vada riferita al superamento dei limiti di emissione fissati dalla legge (o da prescrizioni amministrative adottate in base alla legge) che fissano la soglia legale della normale tollerabilità, e chi intende affermare la tutela contro il disturbo della pubblica quiete come reato di pericolo indipendente dall’inosservanza dei limiti, allorché venisse superata la normale tollerabilità con la potenziale lesività nei confronti di una pluralità di persone.

Il D.P.C.M. 1º marzo 1991, in quanto fissa i limiti massimi di esposizione al rumore per le varie zone territoriali ed acustiche considerate, con specifico riferimento alle attività industriali rumorose, è diretto a disciplinare le modalità di esercizio delle stesse, ed è dunque idoneo a riempire "la norma penale in bianco" di cui all'art. 659, comma 2, cod. pen.

Pur disciplinando ipotesi diverse, la giurisprudenza di legittimità ritiene applicabile il concorso materiale o formale tra le due fattispecie contemplate al comma 1 ed al comma 2 dell'art. 659 cod. pen., in quanto nell'ipotesi di esercizio di attività fisiologicamente rumorose, solo in caso di superamento dei limiti di intensità delle sorgenti sonore, oltre i quali sussiste inquinamento acustico, secondo la soglia di rumorosità imposta dalla normativa speciale, può procedersi all'accertamento se, nel caso concreto, sia stato arrecato anche un effettivo disturbo alle occupazioni ed al riposo delle persone12.

La giurisprudenza di legittimità è conforme nel ritenere penalmente rilevante la sola fattispecie del comma 1 dell'art. 659 cod. pen.13

In particolare, si enuncia il principio per il quale la contravvenzione in esame mira a sanzionare gli effetti negativi della rumorosità in funzione della tranquillità pubblica laddove, quella dell'art. 10, comma 2, legge n. 447/1995, essendo diretta a stabilire unicamente i limiti di rumorosità delle sorgenti sonore oltre i quali deve ritenersi sussistente l'inquinamento acustico, prende in considerazione per sanzionarlo in via amministrativa solo il superamento di una certa soglia di rumorosità indipendentemente dall'accertamento che sia stato arrecato o meno un effettivo disturbo alle persone14.

Sintesi degli orientamenti richiamati è quella pronuncia della S.C. che, nel ribadire la rilevanza penale ex art. 659, comma 1 c.p., stabilisce che ai fini della compiuta integrazione è sufficiente dimostrare che la condotta posta in essere dal reo sia tale da disturbare il riposo e le occupazioni di un numero indeterminato di persone anche se una sola di esse si sia in concreto lamentata ed, ancora, che la valutazione relativa all'effettiva sussistenza del concreto pericolo di disturbo deve essere effettuata con criteri oggettivi riferibili alla media sensibilità delle persone che vivono nell'ambiente ove i rumori vengono percepiti, senza quindi che sia necessaria una perizia fonometrica per accertare l'intensità dei rumori laddove il giudice possa avvalersi di elementi probatori diversamente emergenti dagli atti che lo convincano che la sorgente sonora emetta rumori fastidiosi di tale intensità da superare i limiti di normale tollerabilità15.

Sulla rilevanza penale della condotta punita dall'art. 659, comma 1 c.p., peraltro, la stessa giurisprudenza di legittimità tende a valorizzare l'elemento soggettivo che deve necessariamente assistere il comportamento colposo dell'autore del reato; in tale contesto, ad esempio, si è ritenuto che non può essere ritenuto responsabile del reato contravvenzionale in questione il proprietario di un appartamento che, dopo aver inserito un antifurto collegato a sistema antintrusione, si allontani lasciandolo incustodito, con improvvisa attivazione dell'allarme sonoro che provocava molestia ai vicini. La Corte, soffermandosi sul fatto che nel caso in esame mancasse la prova di un difetto di manutenzione o di gestione dell'impianto imputabile al proprietario dell'appartamento, ha assolto quest'ultimo, peraltro operando un distinguo nel caso in cui analoga situazione si fosse verificata con riferimento ad un'autovettura: in quest'ultimo caso, infatti, la mancata sorveglianza del proprietario dell'autovettura il cui allarme sonoro siasi attivato improvvisamente, sarebbe idonea a determinare la responsabilità penale16.

Numerosi, poi, sono gli esempi di applicazione dell'art. 659 c.p. nei confronti dei gestori di locali pubblici, per aver impedito l'abuso di emissioni sonore promananti dal locale.

Tra le più recenti, ad esempio, si segnala quella decisione della Cassazione che ribadisce il principio secondo cui risponde della contravvenzione di cui all'art. 659, comma 1, c.p. il gestore di un locale che ometta di controllare il volume delle emissioni sonore musicali prodotte all'interno del locale e di impedire schiamazzi da parte degli avventori del locale stesso, in particolare durante l'orario notturno17. Trattasi di una decisione che si inserisce in un filone giurisprudenziale rodato.

Invero, la giurisprudenza della Corte ha costantemente affermato che è configurabile il reato di cui all'art. 659 c.p., comma 1, a carico del gestore di un pubblico locale, sia per la diffusione di rumori e musiche ad alto volume sia per gli schiamazzi prodotti dagli avventori all'esterno del locale senza che il gestore medesimo cerchi di impedirli, anche mediante ricorso alla competente autorità, nulla rilevando in contrario che trattisi di esercizio regolarmente autorizzato di un'attività da ritenere per sua natura rumorosa, atteso che una tale autorizzazione non può giustificare qualsiasi effusione sonora anche quando questa sia intollerabile e non necessaria 18.

Nello stesso senso, vanno segnalate altre decisioni della Suprema Corte.

Ed invero, si è affermato che è configurabile il reato previsto dall'art. 659, comma primo, cod. pen. nei confronti del gestore di un pubblico locale - nella specie, un "pub" - la cui attività, per l'abuso di strumenti sonori, disturbi il riposo delle persone, a nulla rilevando che l'attività stessa, da ritenere per sua natura rumorosa, sia stata autorizzata dalla competente autorità amministrativa19. Analogamente, si afferma che risponde del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone il gestore di un pubblico esercizio (nella specie, una pizzeria) che non impedisca i continui schiamazzi provocati degli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne20. Infine, nello stesso senso, la Corte ha affermato21 che il rilascio da parte del Comune di un'autorizzazione per l'esercizio dell'attività, non esclude il reato di disturbo della quiete, qualora sia superata la soglia della normale tollerabilità.

  1. Sanzioni amministrative e penali: la legge n. 447/1995

La legge quadro sull’inquinamento acustico configura un’ampia serie di illeciti amministrativi (art. 10), ulteriormente specificati nelle singole fattispecie da parte dei decreti attuativi.

La mancata menzione dell'art. 659 cod. pen. ha determinato interpretazioni divergenti nella giurisprudenza della Suprema Corte, tra la tesi che l'omissione legislativa significa abrogazione implicita della norma, configurandosi una figura di abolitio criminis, e quella opposta che la fattispecie penale contemplata dall'art. 659 c.p. resta ferma ed applicabile, eventualmente in concorso con le sanzioni amministrative22.

Pertanto, la prima tendenza ritiene che la condotta di chi esercita una professione o un mestiere rumoroso in violazione delle prescrizioni dell'autorità, già punita ai sensi dell'art. 659, comma 2, cod. pen., deve ritenersi ora depenalizzata e punibile ex art. 10, comma 2, della legge n. 447/1995, in forza del principio di specialità statuito dall'art. 9 della legge 24 novembre 1981, n. 68923.

Al contrario, l'avverso orientamento afferma che l'art. 659 cod. pen. e la legge n. 447/1995 tutelano beni giuridici diversi e pertanto deve escludersi ogni implicita abrogazione dell'art. 659. In sostanza si ritiene che la fattispecie contemplata dall'art. 10, comma secondo, della legge n. 447 del 1995 (legge quadro sull'inquinamento acustico), tutela genericamente la salubrità ambientale, limitandosi a stabilire, e a sanzionarne in via amministrativa il superamento, i limiti di rumorosità delle sorgenti sonore oltre i quali deve ritenersi sussistente l'inquinamento acustico. L’elemento differenziale della fattispecie penale sarebbe rappresentato da quella concreta idoneità della condotta rumorosa a recare disturbo al riposo e alle occupazioni di una pluralità indeterminata di persone, che determina la messa in pericolo del bene della pubblica tranquillità tutelato da entrambi i commi dell'art. 659 cod. pen.24

Un orientamento intermedio, peraltro, sembra essere emerso di recente nella giurisprudenza di legittimità. La Corte di Cassazione ha, infatti, affermato che nell'ipotesi di esercizio di professione o mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'Autorità, la carica di lesività del bene giuridico protetto sia dall'art. 659, comma secondo, cod. pen., sia dall'art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995 n. 447 (legge quadro sull'inquinamento acustico), consistente nella quiete e tranquillità pubblica, è presunta "ope legis" ed è racchiusa, per intero, nel precetto della disposizione codicistica, che tuttavia cede, di fronte alla configurazione dello speciale illecito amministrativo previsto dall'art. 10 citato, qualora l'inquinamento acustico si concretizzi nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia25.

In tal senso, si è precisato che l'art. 659 cod. pen. prevede due distinte ipotesi di reato: quella contenuta nel comma 1, ha ad oggetto il disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone e richiede l'accertamento in concreto dell'avvenuto disturbo; mentre, quella previsto nel comma 2, riguardante l'esercizio di professione o mestiere rumoroso, prescinde dalla verificazione del disturbo, essendo tale evento presunto "iuris et de iure" ogni volta che l'esercizio del mestiere rumoroso si verifichi fuori dai limiti di tempo, di spazio e di modo imposti dalla legge, dai regolamenti o da altri provvedimenti adottati dalle competenti autorità26.

Infine, per completezza, segnaliamo le fattispecie d’illeciti amministrativi previsti dalla normativa richiamata:

a) il superamento dei limiti di emissione o di immissione (nell'esercizio o nell'impiego di sorgenti fisse o mobili) (art. 10, comma 2, L. n. 447/1995);

b) il superamento dei limiti provvisori fissati dal D.P.C.M. 1º marzo 1991 (art. 8, comma 2, D.P.C.M. 14 novembre 1997);

c) la violazione del regolamento statale di esecuzione o delle altre disposizioni statali, regionali o locali (art. 10, comma 3, L. n. 447/1995);

d) l'inottemperanza al limite differenziale per gli impianti a ciclo continuo (art. 5, D.M. 11 dicembre 1996);

e) la violazione delle procedure antirumore da parte degli aeromobili civili (art. 2, comma 3, D.P.R. n. 496/1997).

Le sanzioni amministrative previste dalla legge sono di tipo pecuniario, variabili da un minimo di € 258 ad un massimo di € 10.329.

L'eventuale chiusura dell'impianto per eccessiva rumorosità che comporti il superamento dei valori fissati dal D.P.C.M. 1º marzo 1991 non è contemplata dalla legge come specifica sanzione, ma può essere disposta mediante l'adozione delle ordinanze di necessità previste dall'art. 9, con le quali può essere ordinata l'inibizione totale o parziale dell'attività, previa diffida con la quale vengano prescritte le misure tecniche da adottare per la conformazione delle emissioni acustiche, assegnando a tal fine un congruo termine per provvedere.

  1. L’inquinamento elettromagnetico: generalità

I campi elettromagnetici hanno assunto un'importanza crescente legata allo sviluppo dei sistemi di telecomunicazione diffusi capillarmente sul territorio. Anche l'intensificazione della rete di trasmissione elettrica nonché la diffusa urbanizzazione, hanno contribuito a destare interesse circa i possibili effetti sulla salute derivanti dalla permanenza prolungata in prossimità di queste fonti di emissioni di onde elettromagnetiche27.

Il fenomeno definito "inquinamento elettromagnetico" è legato alla generazione di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici artificiali, cioè non attribuibili al naturale fondo terrestre o ad eventi naturali, ad esempio il campo elettrico generato da un fulmine.

La propagazione di onde elettromagnetiche come gli impianti radio-TV e per la telefonia mobile, o gli elettrodotti per il trasporto e la trasformazione dell'energia elettrica, da apparati per applicazioni biomedicali, da impianti per lavorazioni industriali, come da tutti quei dispositivi il cui funzionamento è subordinato a un'alimentazione di rete elettrica, come gli elettrodomestici. Mentre i sistemi di teleradiocomunicazione sono progettati per emettere onde elettromagnetiche, gli impianti di trasporto e gli utilizzatori di energia elettrica, emettono invece nell'ambiente circostante campi elettrici e magnetici in maniera non intenzionale.

I campi elettromagnetici si propagano sotto forma di onde elettromagnetiche, per le quali viene definito un parametro, detto frequenza, che indica il numero di oscillazioni che l'onda elettromagnetica compie in un secondo. L'unità di misura della frequenza è l'Hertz (1 Hz equivale a una oscillazione al secondo). Sulla base della frequenza viene effettuata una distinzione tra:

a) inquinamento elettromagnetico generato da campi a bassa frequenza (0 Hz - 10 kHz), nel quale rientrano i campi generati dagli elettrodotti che emettono campi elettromagnetici a 50 Hz;

b) inquinamento elettromagnetico generato da campi ad alta frequenza (10 kHz - 300 GHz) nel quale rientrano i campi generati dagli impianti radio-TV e di telefonia mobile.

Questa distinzione è necessaria in quanto le caratteristiche dei campi in prossimità delle sorgenti variano al variare della frequenza di emissione, così come variano i meccanismi di interazione di tali campi con gli esseri viventi e quindi le possibili conseguenze per la salute.

In risposta alla necessità, oramai da tempo avvertita sia a livello nazionale ma ancor più a livello locale, di un censimento delle sorgenti inquinanti e sulla base anche di quanto previsto dal nuovo scenario normativo (legge quadro n. 36/2001), è in corso la costituzione di specifici catasti (nazionale e regionali) delle sorgenti di campo elettromagnetico come supporto per le attività di controllo, di informazione della cittadinanza e, soprattutto, per l'attività di pianificazione. Alcune regioni, in considerazione soprattutto del proliferare degli impianti per la telefonia cellulare, hanno già da qualche tempo avviato specifiche attività per la loro realizzazione.

Sia nel settore delle radiofrequenze che in quello delle frequenze estremamente basse (Elf: Extremely Low Frequency) l'entità delle attività di controllo è in fase di continua crescita; ciò è dovuto sia alla crescente pressione sul territorio che alle richieste da parte della popolazione.

Attualmente, infatti, l'attività di controllo dell'inquinamento elettromagnetico rappresenta una delle principali emergenze per gli enti competenti (Agenzie regionali per l'ambiente). La tendenza futura va verso l'adozione di nuove tecnologie che modificheranno l'assetto ambientale e paesaggistico, principalmente dei siti urbani. L'adozione di tecnologie a basso impatto e una buona pianificazione territoriale consentiranno di raggiungere un buon compromesso tra la diffusione delle sorgenti impattanti e la tutela dell'ambiente.

  1. L’inquinamento elettromagnetico: riferimenti normativi

Una prima regolamentazione della materia, si è avuta con il D.P.C.M. 23 Aprile 1992 che fissava limiti massimi di esposizione ai campi elettrico e magnetico generati alla frequenza industriale di 50 Hz negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno28. Con D.P.C.M. 28 settembre 199529 sono state emanate le norme tecniche di attuazione del predetto decreto relativamente agli elettrodotti30.

Nel 1998, viene emanata una importante norma in materia, ovvero il Decreto del Ministero dell'Ambiente 10 Settembre 1998, n. 381 il quale stabiliva i cosiddetti tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana, ovvero le frequenze a cui i cittadini possano essere esposti31. Le disposizioni di questo decreto fissavano, inoltre, i valori limite di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici connessi al funzionamento ed all'esercizio dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell'intervallo di frequenza compresa fra 100 kHz e 300 kHz32.

Tuttavia è solo nel Febbraio del 2001 che si ha una prima legge organica di settore, la L. 22 Febbraio 2001, n. 36 "Legge Quadro sulla protezione della popolazione dalla esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici"33.

Questa ha avuto lo scopo di dettare i principi fondamentali diretti a: a) assicurare la tutela della salute dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione dagli effetti dell'esposizione a determinati livelli di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici ai sensi e nel rispetto dell'Articolo 32 della Costituzione Italiana; b) promuovere la ricerca scientifica per la valutazione degli effetti a lungo termine e attivare misure di cautela da adottare in applicazione al principio di precauzione di cui all'Articolo 174, Paragrafo 2, del trattato istitutivo dell'Unione Europea; c) assicurare la tutela dell'ambiente e del paesaggio e promuovere l'innovazione tecnologica e le azioni di risanamento volte a minimizzare l'intensità e gli effetti dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici secondo le migliori tecnologie disponibili.

La Legge Quadro ha allargato gli obiettivi di tutela, non limitandosi alla tutela della salute, ma tutelando anche l'ambiente e il paesaggio.

I provvedimenti attuativi principali della Legge Quadro, entrambi relativi alla protezione della popolazione, fanno riferimento solo ad alcuni intervalli di frequenza e ad alcune sorgenti. In particolare i decreti attuativi sono il D.P.C.M. 8 Luglio 200334, riguardante i campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra i 100 kHz e 300 GHz e il D.P.C.M. 8 Luglio 200335, recante disposizioni in materia di esposizione a campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodi.

Per alcuni intervalli di frequenza (le frequenze estremamente basse diverse da quella industriale e le frequenze intermedie) valgono invece le raccomandazioni dell'ICNIRP - Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti - (ancorché in contrasto con la Legge Quadro), mentre alcune sorgenti e tecnologie (ad esempio telefoni cellulari o radar) non sono ancora normate.

Per gli ambienti di lavoro, com’è noto si applica invece il D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (Titolo VIII, Capo IV “Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro: Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici”). Il testo normativo recepisce la direttiva europea 2004/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici)36. Questa direttiva si basa, sia nell'impostazione sia nella scelta dei limiti di esposizione, sulle linee guida dell'ICNIRP ed è quindi difforme dalle indicazioni della Legge Quadro37.

  1. Effetti dei campi elettromagnetici sulla salute umana

E' pratica ormai diffusa distinguere gli effetti dovuti ai CEM in due categorie: quelli indotti dai campi a bassa frequenza e quelli indotti dai campi a radiofrequenza (RF) e microonde (MW)38.

È quanto mai opportuno notare che gli elettrodomestici più comuni, presenti ormai in qualunque casa, sono fonte di CEM pericolosa alla salute dell'uomo, se usati indiscriminatamente. La percezione del rischio (concetto questo fondamentale ai fini della valutazione della reale entità dei rischi associati ai CEM) assume un ruolo focale, come dimostrato dal peso trascurabile assegnato al rischio indotto da questi elettrodomestici se confrontato con il ben più elevato rischio assegnato dalla popolazione a similari sorgenti di CEM (elettrodomestici, ecc).

È bene sottolineare che i campi elettrici sono prodotti da qualunque dispositivo collegato ad una presa elettrica, anche se non acceso, e che possono essere facilmente schermati da materiali comuni (mattoni, legno, metalli). I campi magnetici, al contrario, sono prodotti solo da apparecchi elettrici in funzione e sono difficilmente schermabili (ad eccezione dei metalli ad alta conduttività, di elevato costo).

Un'ulteriore distinzione tra i possibili effetti dei CEM è operata tra effetti termici e effetti specifici o non termici. I primi sono effetti causati da un innalzamento della temperatura del sistema esposto, dovuto alla cessione di energia da parte del CEM al tessuto biologico. I secondi invece non sono legati all'innalzamento della temperatura, ma sono caratterizzati da disturbi di vario tipo (neoplasie, interazioni con il Sistema Nervoso Centrale, ecc).

In generale, tali effetti riguardano i vari stadi della scala biologica (dalla singola molecola all'intero corpo).

Altra classificazione degli effetti dei CEM è operata tra effetti acuti o immediati (dovuti ad un'esposizione di media-alta intensità in un breve periodo di tempo) ed effetti ritardati o cronici (dovuti ad un'esposizione di bassa intensità in un lungo periodo).

Sembra comunque dimostrata l'assenza di cumulabilità degli effetti, invero presente nel campo delle radiazioni ionizzanti.

Per i CEM a bassa frequenza il contributo degli effetti termici è trascurabile e tutti gli effetti, anche quelli acuti, sono riportabili ad effetti di tipo specifico.

I meccanismi più noti sono quelli che sottostanno ad effetti macroscopici acuti come, ad esempio, bruciature, fibrillazione ventricolare, fosfeni: tutti sono dovuti alla presenza di una corrente indotta dal campo nel corpo esposto. In particolare per valori del campo elettrico di 2 - 10 kV/m (kilovolt/metro) il soggetto si accorge del campo (vibrazione del sistema pilifero), mentre per E superiore a 10 - 20 kV/m (kilovolt/metro) e di B di 5 - 10 mT (micro Tesla) si manifestano effetti sul sistema visivo e nervoso, stimolazione dei muscoli, ecc.

Nel documento del National Institute for Environmental Health Sciences (Portiere Wolfe, 1998) che effettua una valutazione di tali evidenze utilizzando i criteri proposti dall'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), emerge che esiste una evidenza limitata di cancerogenicità per la leucemia infantile in relazione all'esposizione residenziale ai campo di bassa frequenza e per la leucemia linfatica cronica in relazione all'esposizione professionale per valori superiori a 0,4 pT (pico Tesla).

Sulla base di queste valutazioni i campi a bassa frequenza vengono classificati nella categoria dei "possibili cancerogeni" (gruppo B dello IARC).

Il dato epidemiologico non è stato ancora verificato e confermato dal nesso causale in laboratorio, soprattutto per la mancata comprensione del meccanismo biologico coinvolto. Tuttavia, a meno che studi futuri indichino che i riscontri sinora osservati siano dovuti al caso, rimane la possibilità che esposizioni intense e prolungate a campi magnetici a bassa frequenza possano accrescere il rischio di leucemia infantile. I risultati degli studi sinora condotti concorrono comunque a sostenere che si adotti come valore di attenzione 0,5 pT (pico Tesla).

Per quanto riguarda, invece, i campi elettromagnetici ad alta frequenza, i meccanismi di azione dei CEM nel range 100 kHz - 300 GHz sono un po’ più chiari di quelli relativi alle basse frequenze, in quanto si tratta molto spesso di effetti termici acuti, legati all'eccitazione delle molecole d'acqua (che di fatto costituiscono dei minuscoli dipoli elettrici) sotto l'azione del CEM ad elevata frequenza. Il CEM cede parte della sua energia sia sotto forma di perdite per conduzione che di perdite elettriche.

Il tessuto biologico si comporta come conduttore o come dielettrico a seconda della frequenza del CEM considerato. Normalmente a frequenze inferiori ad 1 MHz il tessuto biologico è un buon conduttore, per frequenze maggiori di 30 GHz esso è un buon dielettrico, mentre per le frequenze intermedie, il tessuto biologico è un dielettrico tanto più cattivo quanto minore è la frequenza.

L'aumento di temperatura di alcuni organi critici può indurre a seri effetti biologici; per l'occhio, ad esempio, a causa della scarsa irrorazione sanguigna e della modesta conducibilità termica del mezzo circostante il cristallino, si possono presentare fenomeni di coagulazione con perdita di trasparenza del cristallino (cataratta).

Gli organi di riproduzione sono sensibili agli aumenti di temperatura, tanto che si può giungere alla sterilità temporanea o alterazioni fisiologiche permanenti. Inoltre si registrano anche alterazioni del sangue, danni ai cromosomi, disturbi al sistema digestivo e cardiovascolare.

Gli studi degli effetti a lungo termine sulla popolazione ad oggi disponibili, però, sono da considerarsi insufficienti in numero, qualità, consistenza o potenza statistica per poter permettere conclusioni relativamente alla presenza o assenza di un'associazione causale tra l'esposizione ai tipici livelli delle radiofrequenze presenti negli ambienti di vita e di lavoro e l'insorgenza di effetti sanitari a lungo termine.

Tuttavia questi studi rappresentano già una base di dati sufficienti per giustificare l'adozione di politiche cautelative.

Questa è la conclusione che si legge nel documento congiunto redatto dall'istituto Superiore della Sanità e l'istituto Superiore per la Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro, che proprio per la mancanza di elementi di valutazione attendibili dei possibili effetti a lungo termine associati con queste frequenze a fronte di un continuo e crescente aumento dell'esposizione per lo sviluppo in atto del sistema delle telecomunicazioni, raccomanda di utilizzare il principio cautelativo per la definizione di regole e strategie per minimizzare i livelli di esposizione della popolazione a questo tipo di inquinamento.

  1. La rilevanza penale dei campi elettromagnetici (rinvio)

Non contemplando né il nostro codice penale né la legislazione speciale un meccanismo sanzionatorio penale per le violazioni della disciplina in materia di inquinamento elettromagnetico, l’unica norma posta a presidio penale della attuale disciplina è rappresentata dall’art. 674 c.p.

In giurisprudenza si è posto, com’è noto, il tema dell’estensione del campo di applicazione della norma penale in questione alla materia dei capi elettromagnetici. In particolare, per quanto d’interesse in questa sede, due sono i problemi di maggior rilievo che interessano il settore penale: a) se sia astrattamente configurabile il reato di cui all’art. 674 cod. pen. (nell’una o nell’altra delle due ipotesi da esso previste) nel caso di propagazione delle onde elettromagnetiche; b) nell’ipotesi di risposta positiva al quesito sub a), quale sia il rapporto tra il detto reato e l’illecito amministrativo previsto dall’art. 15 della L. 22 febbraio 2001, n. 36.

Quanto al punto a), il tema è stato risolto dalla ormai nota sentenza39 della Corte di Cassazione sul caso di “Radio Vaticana”, che sul punto ha affermato il principio secondo cui il fenomeno della creazione, emissione e propagazione di onde elettromagnetiche rientra nella contravvenzione di cui all'art. 674, comma primo, cod. pen., per effetto di un'interpretazione estensiva dell'espressione "getto di cose", non comportando tale esegesi un'estensione analogica "in malam partem" della predetta disposizione (Rv. 240769). La Corte ha, altresì, aggiunto che il reato di getto pericoloso di cose è configurabile solo quando sia stato provato, in modo certo ed oggettivo, il superamento dei limiti d'esposizione o dei valori d'attenzione previsti dalle norme speciali (D.M. Ambiente 10 settembre 1998, n. 381; d.P.C.M. 8 luglio 2003) e sia stata obiettivamente accertata un'effettiva e concreta idoneità delle emissioni ad offendere o molestare persone, ravvisabile non in astratto ma in concreto (Rv. 240770).

Per gli approfondimenti ed i rilievi critici sulla decisione, mi permetto di rinviare – per comodità e per evitare inutili ripetizioni – alla lettura dell’allegata nota redatta dal sottoscritto e distribuita come materiale di studio (in Cass. pen. 2009, II, 927 Getto pericoloso di cose ed inquinamento elettromagnetico).

Per completezza, occorre solo aggiungere che l’epilogo definitivo della vicenda si è avuto solo nel 2011 con la sentenza della Corte di Cassazione40 (Sez. 4, n. 23262 del 24/2/2011 – dep. 9/6/2011, Borgomeo ed altro, non ufficialmente massimata), che ha rigettato i ricorsi proposti avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma del 14/5/2009 in sede di rinvio stabilito dalla Corte Suprema con la richiamata sentenza n. 36845/2008. In particolare, la Corte capitolina ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del Borgomeo perché estinto per morte dell'imputato il reato a lui addebitato (revocando le statuizioni civili già rese nei suoi confronti) ed ha, parimenti, dichiarato non doversi procedere nei confronti del Tucci perché estinto per intervenuta prescrizione il reato a lui addebitato, confermando le già rese statuizioni civili ed ha, infine, confermato nel resto la sentenza impugnata.

Resta, ovviamente, aperta la questione sub b) inerente al rapporto tra il reato di cui all’art. 674 c.p. e l’illecito amministrativo previsto dall’art. 15 della L. 22 febbraio 2001, n. 36, non affrontata dalla Cassazione con la sentenza in esame e sulla quale valgano le riflessioni svolte nella parte finale del § 5 dell’allegata nota di commento della sentenza n. 36845/2008 redatta dal sottoscritto.41

1 Relazione di Alessio Scarcella, magistrato presso il Ministero della Giustizia, Capo dell’Ufficio per il Coordinamento dell’Attività Internazionale. Le opinioni espresse non impegnano la Scuola superiore della magistratura. La Scuola è peraltro, quale organizzatrice dell’iniziativa formativa e per intesa con il relatore che ne assevera l’originalità, titolare di ogni diritto sul testo. La riproduzione non autorizzata sarà perseguita nelle forme di legge.

 

2 In relazione a tale provvedimento, v. la Circolare del Ministero dei trasporti e della navigazione 16 ottobre 1998, n. 13775AC.

3 CHIAROTTI, Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, in Enciclopedia del diritto, XIII, Varese, 1964, 344; VIGNA, BELLAGAMBA, Le contravvenzioni nel codice penale, Milano, 1974, 274.

4 DE VERO, Inosservanza di provvedimenti di polizia e manifestazioni sediziose e pericolose (Contravvenzioni), in Digesto pen., VII, Torino, 1993, 86; MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, X, agg., 5a ed., a cura di Nuvolone, Pisapia, Torino, 1986, 168, secondo il quale, peraltro, della produzione dell'evento non sarebbe necessario dare prova, essendo sufficiente l'accertamento delle condotte descritte dall'art. 659, 1° co. e la verifica della idoneità di esse a disturbare la pubblica quiete, dovendosi in tal caso presumere sino a prova contraria che si sia effettivamente verificato; SABATINI, Le contravvenzioni nel codice penale vigente, Milano, 1961, 243. Sul tema cfr. altresì FAVINO, Il disturbo ex art. 659 prima parte c.p. è da considerarsi un illecito civile per le ipotesi di ridotta diffusività, in Rivista penale, 1998, 371).

5 Cass. pen. Sez. I, 08-10-2004, n. 40393 (rv. 23643).

6 Cfr., ex multis: Cass. pen. Sez. I, 29-11-2011, n. 47298 (rv. 251406); Cass. pen. Sez. I, 08-07-2004, n. 36241, in Guida al Diritto, 2004, 40, 90; Cass. pen. Sez. III, 23-05-2001, n. 27366, in Cass. Pen., 2002, 3085; Cass. pen. Sez. I, 06-03-1997, n. 3000, in Riv. Pen., 1997, 586 ed in Riv. Pen., 1998, 371 nota di FAVINO; Cass. pen. Sez. I, 28-11-1995, n. 568, in Cass. Pen., 1997, 405 ed in Riv. Polizia, 1997, 33; Cass. pen. Sez. I, 09-06-1989, Riv. Pen., 1990, 669; Cass. pen. Sez. I, 11-11-1985, in Riv. Pen., 1986, 992.

7 Cass. pen. Sez. I, 17-06-1993, n. 2895 (rv. 195088), in Mass. Pen. Cass., 1993, fasc.12, 40 ed in Cass. Pen., 1994, 2989: i suoni erano stati nel caso di specie rilevati soltanto dagli organi di polizia.

8 Così espressamente sulla natura della contravvenzione: Cass. pen. Sez. I, 11-11-2011, n. 44905 (rv. 251462); Cass. pen. Sez. I, 21-10-1996, n. 1284, in Cass. Pen., 1997, 3414; Cass. pen. Sez. I, 24-04-1996, n. 5714, in Cass. Pen., 1997, 1715; Cass. pen. Sez. I, 05-07-1995, n. 9704, in Cass. Pen., 1996, 3657; Cass. pen. Sez. I, 27-09-1993, n. 9854 (rv. 195335), in Mass. Pen. Cass., 1994, fasc.1, 11, in Cass. Pen., 1994, 2990 ed in Giust. Pen., 1994, II, 264; Cass. pen. Sez. I, 03-03-1993, n. 4140 (rv. 193737), in Mass. Pen. Cass., 1993, fasc.7, 136, in Cass. Pen., 1994, 1520 ed in Giust. Pen., 1993, II, 687; Cass. pen. Sez. I, 15-01-1992, in Giur. It., 1992, II, 648 ed in Riv. Pen., 1992, 850; Cass. pen. Sez. VI, 12-07-1985, in Riv. Pen., 1986, 828.

9 Cass. pen. Sez. I, 18-10-2007, n. 40502, inedita; Cass. pen. Sez. I, 11-04-2003, n. 23362. In Arch. Locazioni, 2003, 627; v. tuttavia per l'orientamento minoritario secondo cui sarebbe protetto dall'art. 659 anche il bene della quiete privata, ricompreso nel più ampio bene della quiete pubblica, Cass. pen. Sez. I, 24-05-1993, n. 2486 (rv. 196915), in Mass. Pen. Cass., 1994, fasc.6, 9 ed in Cass. Pen., 1995, 1836.

10 Cass. pen. Sez. I, 23-05-1996, n. 6761, in Cass. Pen., 1997, 1714.

11 Cass. pen., 15 gennaio 2013, n. 1787, inedita; Cass. pen. Sez. I, 18-01-2011, n. 20954 (rv. 250417), che fanno riferimento alle dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti.

12 Sez. 1, n. 23072 del 25/05/2005 - dep. 17/06/2005, Chisari, Rv. 232330 (Fattispecie in cui è stata affermata la responsabilità del direttore di un tronco autostradale per il reato di cui all'art. 659 cod. pen., responsabilità fondata sull'obbligo di attivarsi in base alla speciale disciplina normativa in materia di inquinamento acustico derivante dal traffico veicolare, dettata in particolare dal D.P.C.M. 1º marzo 1991, dalla legge n. 447/1995 e dal D.P.R. n. 142/2004).

13 Sez. 1, n. 953 del 7 marzo 2001, inedita, secondo cui il reato configurato dall'art. 659 cod. pen. è un reato di pericolo, per la sussistenza del quale è sufficiente la dimostrazione che la condotta posta in essere dall'imputato è potenzialmente idonea ad infastidire una pluralità di persone, anche se nessuna di queste si sia lamentata o a lamentarsi sia, invece, una sola persona (Fattispecie nella quale è risultato che i rumori prodotti al cane dell'imputato possedevano un'indubbia potenzialità lesiva, al punto da indurre il denunciante ad una formale diffida e a continui esposti al questore e all'ufficio igiene).

14 Sez. 1, n. 443 del 19/09/2000 - dep. 19/01/2001, Piccoli, Rv. 217815; conformi: Sez. 1, n. 32468 del 01/04/2004 - dep. 26/07/2004, P.M. in proc. Gavio ed altri, Rv. 229285, secondo cui integra il reato previsto dal secondo comma dell'art. 659 cod. pen. il superamento dei limiti di immissioni sonore prescritti dalla legge per l'esercizio di una professione o di un mestiere rumoroso, sempre che sia in concreto accertata l'offesa del bene tutelato della quiete pubblica, giacché l'art. 10 della legge 26 ottobre 1995, n. 447 non ha implicitamente abrogato il reato anche se punisce con una sanzione amministrativa il superamento dei limiti delle immissioni sonore (La Corte ha rilevato che le due disposizioni tutelano due beni giuridici diversi: la quiete pubblica e l'inquinamento acustico); Sez. 1, n. 33413 del 07/06/2012 - dep. 29/08/2012, Girolimetti, Rv. 253483, per la quale il superamento dei valori soglia di rumorosità, stabiliti dalle competenti autorità amministrative, prodotta dall'attività di esercizio di una discoteca integra il reato previsto dal comma secondo dell'art. 659 cod. pen., che tutela la quiete pubblica, che non è stato implicitamente abrogato dall'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma secondo, legge 26 ottobre 1995 n. 447, che è posto a tutela del diverso bene della salute umana.

15 Sez. 1, n. 23130 del 22/06/2006 - dep. 05/07/2006, Ferrantelli, Rv. 234160, ed in Nuovo dir. 2006, II, 838, con nota di MEO Condizionatori d'aria rumorosi e diritto al riposo.

16 Sez. 1, n. 6283 del 24/01/2003 – dep. 7/02/2003, in Ambiente & Sicurezza, 2003, 19, 82 ed in Guida al Diritto, 2003, 18, 69.

17 Sez. 1, n. 13599 del 23 marzo 2011, G.G., in Diritto & Giustizia 2011, con nota di MEO Il silenzio è d'oro: spetta al gestore regolare il volume delle emissioni sonore ed in Guida al diritto 2011, 25, 71.

18 Sez. 1, n. 45484 dell’11 novembre 2004, D. R. e altro, in D&G - Dir. e giust. 2005, 1, 81 con nota di PEZZELLA Locali pubblici, basta rumori molesti.

19 Sez. 1, n. 11310 del 26/02/2008 - dep. 13/03/2008, Fresina e altro, Rv. 239165.

20 Sez. 1, n. 48122 del 03/12/2008 - dep. 24/12/2008, Baruffaldi, Rv. 242808 (La Corte ha precisato che la qualità di titolare della gestione dell'esercizio pubblico comporta l'assunzione dell'obbligo giuridico di controllare, con possibile ricorso ai vari mezzi offerti dall'ordinamento come l'attuazione dello "ius excludendi" e il ricorso all'autorità, che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell'ordine e della tranquillità pubblica). V. anche, Sez. 1, 4 aprile 2001, Spadoni, in Foro it. 2001, II, 385, secondo cui dal momento che l'attività di ristorazione non costituisce mestiere di per sé rumoroso, nel caso in cui da essa derivi un disturbo della quiete pubblica si integra la fattispecie contravvenzionale prevista dal comma 1 e non dal comma 2 dell'art. 659 c.p., con la conseguenza che il giudice non deve valutare il superamento dei livelli di rumorosità indicati in tabelle predeterminate dalla legge, ma soltanto accertare che, in concreto, i rumori prodotti superino la normale tollerabilità; in senso conforme: Sez. 6, n. 7980 del 24/05/1993 - dep. 24/08/1993, Papez, Rv. 194904; Sez. 1, n. 16686 del 28/03/2003 - dep. 08/04/2003, PM in proc. Massazza, Rv. 224802.

21 Sez. 1, n. 4743 del 13/01/2011 – dep. 09/02/2011, Portioli, inedita.

22 Sull'interferenza fra la L. 26.10.1995, n. 447 e l'art. 659 e, in generale, sul tema della tutela dall'inquinamento acustico si leggano, in dottrina, BUSETTO, La recente legge-quadro sull'inquinamento acustico, in Diritto e giurisprudenza agraria, 1996, 93; Butti, Impresa e repressione dell'inquinamento acustico, in Rivista trimestrale di diritto penale dell’economia, 1994, 499; CIMINI, La tutela dall'inquinamento acustico tra norme di azione e norme di relazione, in Rivista giuridica dell’edilizia, 2003, 710; Id., nota a T. Catania 13.12.2001, in Il Foro italiano, 2003, I, 673; CUVA, Prevenzione da rumore: disciplina normativa (contenuti del d.l.g. 277/91 e rapporti col DPR 303/56), in Giustizia penale, 1994, II, 336; DE FALCO, La tutela normativa dall'inquinamento acustico. I reati di cui all'art. 659 c.p. ed i nuovi illeciti amministrativi, in Cassazione penale, 1998, 92; FRACCHIA, L'inquinamento acustico, Padova, 2001; RAMACCI, Inquinamento acustico: la Cassazione individua l'ambito di applicazione della legge quadro e dell'art. 659 c.p., in Rivista penale, 1997, 372; Id., Inquinamento acustico e tutela penale, in Rivista penale, 1999, 809; Id., I reati ambientali ed il principio di offensività, in Giurisprudenza di merito, 2003, 1073; VACCARO, La tutela del silenzio e la disciplina del rumore, in Consiglio di Stato, 2004, 791.

23 Sull’applicabilità della sola sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall'art. 10, comma 2, legge n. 447/1995 con conseguente depenalizzazione del reato originariamente previsto dall'art. 659, comma 2, cod. pen., peraltro limitatamente alla condotta costituita dal superamento dei limiti di accettabilità di emissioni sonore derivanti dall'esercizio di professioni o mestieri rumorosi (cfr., tra le tante: Sez. 1, n. 2359 del 21/01/1997 - dep. 12/03/1997, Marasco Petromilli, Rv. 206992; Sez. 1, Sentenza n. 4199 del 19/06/1997 - dep. 08/09/1997, P.G.in proc. Sansalone, Rv. 208495; Sez. 1, n. 1295 del 03/03/1998 - dep. 08/04/1998, Herpel, Rv. 210237; Sez. 1, n. 1789 del 26/03/1998 - dep. 08/05/1998, Girolimetti, Rv. 210425; Sez. 1, n. 6291 del 18/03/1999 - dep. 19/05/1999, De Mitri, Rv. 213461; Sez. 1, n. 10518 del 26/04/2000 - dep. 09/10/2000, Mirarchi, Rv. 217043; Sez. 1, n. 3123 del 26/04/2000 - dep. 16/06/2000, Civiero, Rv. 216200; Sez. 3, n. 29651 del 29/04/2004 - dep. 08/07/2004, Tridici, Rv. 229352; v. ancora: Sez. 1, n. 530 del 03/12/2004 - dep. 14/01/2005, P.M. in proc. Termini ed altro, Rv. 230890 - Sez. 1, n. 44167 del 27/10/2009 - dep. 18/11/2009, Fiumara, Rv. 245563 - Sez. 3, n. 2875 del 21/12/2006 - dep. 25/01/2007, Roma, Rv. 236091 che, in particolare, circoscrivono la rilevanza penale della condotta prevista dal secondo comma dell'art. 659 cod. pen. alla violazione di prescrizioni diverse da quelle concernenti i limiti delle emissioni o immissioni sonore.

24 V., in tal senso: Sez. 1, n. 33413 del 07/06/2012 - dep. 29/08/2012, Girolimetti, Rv. 253483; Sez. 1, n. 25103 del 16/04/2004 - dep. 03/06/2004, Amato, Rv. 228244; Sez. 1, n. 1561 del 05/12/2006 - dep. 19/01/2007, Rey ed altro, Rv. 235883.

25 Sez. 1, n. 23866 del 09/06/2009 - dep. 10/06/2009, P.M. in proc. Valvassore e altro, Rv. 243807.

26 Sez. 1, n. 39852 del 12/06/2012 - dep. 09/10/2012, P.M. in proc. Minetti, Rv. 253475 (Fattispecie nella quale la Corte ha annullato la sentenza di merito atteso che il giudice, senza dare al fatto una qualificazione giuridica diversa, aveva ritenuto integrato l'illecito amministrativo previsto dall'art. 10, comma secondo, legge 26 ottobre 1995, n. 447).

28 Limiti massimi di esposizione ai campi elettrico e magnetico generati alla frequenza industriale nominale (50 Hz) negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno (G.U. 6 maggio 1992, n. 104).

29 Norme tecniche procedurali di attuazione del D.P.C.M. 23 aprile 1992 relativamente agli elettrodotti (Gazz. Uff. 4 ottobre 1995, n. 232).

30 Successivamente, l'art. 8, D.P.C.M. 8 luglio 2003 ha stabilito che le disposizioni contenute sia nel D.P.C.M. 23 Aprile 1992 che nel D.P.C.M. 28 settembre 1995 non sono più applicabili in quanto incompatibili con le norme dello stesso D.P.C.M. 8 luglio 2003.

31 Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana (G.U. 3 novembre 1998, n. 257).

32 Sull'applicabilità delle disposizioni di cui al predetto decreto, v. l'art. 16, L. 22 febbraio 2001, n. 36.

33 Pubblicata nella G.U. 7 marzo 2001, n. 55.

34 Pubblicato nella G.U. 28 agosto 2003, n. 199.

35 Pubblicato nella G.U. 29 agosto 2003, n. 200.

36 Diciottesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE (G.U.U.E. L 159 del 30 aprile 2004).

37 Solo per completezza, si segnala che è stata posticipata dal Parlamento Europeo l’entrata in vigore della nuova direttiva CE 2004/40 sui campi elettromagnetici; il nuovo termine stabilito con la direttiva 2012/11/UE del 19 aprile 2012 è il 31 ottobre 2013 che proroga la precedente scadenza originariamente prevista per il 30 aprile 2012. Ciò vale anche per il nostro ordinamento, in quanto l’art. 306, comma 3, del D. Lgs. n. 81/2008 prevede espressamente che le disposizioni di cui al titolo VIII, capo IV entrano in vigore alla data fissata dal primo comma dell'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2004/40/CE, e successive modificazioni: dunque, allo stato, in Italia la data di entrata in vigore è fissata per il 31 ottobre 2013.

38 Per questi rilievi, M.R. Boni, P.Tedesco, Dispense del Corso di Ecologia e Fenomeni di Inquinamento degli Ambienti Naturali, Università di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Ingegneria, Corso di Laurea di Primo Livello in Ingegneria per ['Ambiente e il Territorio, reperibili sul sito web dell’Ateneo romano al seguente indirizzo web http://w3.uniroma1.it/mariarosaria.boni/pdf/Maria%20Rosaria%20Boni%20-%20Inquinamento%20elettromagnetico.pdf.

39 Sez. 3, n. 36845 del 13/05/2008 - dep. 26/09/2008, P.G. e P.C. in proc. Tucci e altro, edita in Cass. pen. 2009, II, 927 con nota di SCARCELLA Getto pericoloso di cose ed inquinamento elettromagnetico; in Cass. pen. 2009, II, 969 con nota di GIZZI La rilevanza penale dell'emissione di onde elettromagnetiche ai sensi dell'art. 674 c.p.: interpretazione estensiva o applicazione analogica della norma incriminatrice?; in Riv. trim. dir. pen. econ. 2009, 287 con nota di MATERIA Tutela penale dell'ambiente ed elettromagnetismo: tempi biblici per la vicenda di radio vaticana?. Conforme la giurisprudenza successiva: Sez. 3, n. 15707 del 09/01/2009 - dep. 15/04/2009, Abbaneo, Rv. 243430 – 243431.

40 Edita in Cass. pen. 2011, II, 4228 con nota di GIZZI La configurabilità del reato di cui all'art. 674 c.p. nel caso d’inquinamento elettromagnetico; v. anche in Ambiente & Sviluppo, 2011, 741, con nota di LABARILE Elettrosmog e getto pericoloso di cose: il caso Radio Vaticana (nota a Cass. pen. n. 23262/2011).

41 Per ulteriori approfondimenti, mi permetto di rinviare a SCARCELLA Getto di campi elettromagnetici: un reato di pericolo concreto per il principio di legalità, in Criminalia Annuario di scienze penalistiche 2011, 493.