Cass. Sez. III n. 33884 del 9
ottobre 2006 (c.c. 12 lug. 2006)
Pres. Papa Est. Fiale
Ric. Ferrara
Urbanistica. Trasferimento di
cubatura e lotto minimo
Deve ritenersi inammissibile il
trasferimento di cubatura a fronte di una norma di piano che, per la
zona
agricola, non ammette costruzioni in lotti di dimensioni inferiori ad
un limite
massimo fissato dal piano medesimo, in quanto la ratio di una
disposizione
siffatta si connette al prefigurato regime di edificazione nelle zone
agricole
ed al nesso di funzionalità delle costruzioni ammissibili
rispetto alla
gestione di aziende agricole.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. PAPA Enrico - Presidente - del 12/07/2006
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Consigliere - SENTENZA
Dott. MIRANDA Vincenzo - Consigliere - N. 812
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE Aldo - est. Consigliere - N. 18562/2006
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FERRARA Pietro Domenico, nato a Senise il 28/7/1957;
avverso l'ordinanza 11/4/2006 del Tribunale per il riesame di Potenza;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Mirando V.;
udito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. Passacantando G.,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
essendo stato incaricato per la relazione della presente sentenza il
Consigliere Dott. Fiale Aldo.
FATTO E DIRITTO
Con ordinanza del 11.4.2006 il Tribunale per il riesame di Potenza
respingeva l'appello proposto nell'interesse di Ferrara Pietro Domenico
avverso il provvedimento 31.1.2006 con cui il G.I.P. del Tribunale di
Lagonegro aveva rigettato la richiesta di revoca del sequestro
preventivo del piano terra di un immobile sito in agro di Senise,
contrada Piano delle Maniche, assoggettato alla misura cautelare reale,
in data 24.6.2003, in relazione agli ipotizzati reati di cui al D.P.R.
6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c);
D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163 e art. 323 cod. pen. (tale delitto in
concorso con Bulfaro Giovanni, responsabile dell'area tecnica del
Comune di Senise).
Il Tribunale dava atto che, per l'immobile in oggetto, era stata
rilasciato dal Comune di Senise, in data 14.8.2003, permesso di
costruire in sanatoria D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ex art. 36;
considerava però irrilevante tale provvedimento
amministrativo, per la ritenuta illegittimità dello stesso,
in quanto l'intero manufatto abusivo era in contrasto con la disciplina
urbanistica ed edilizia vigente al momento del rilascio del titolo
sanante, non risultando sussistente il requisito del "lotto
edificatorio minimo", fissato in mq. 4.000 dal programma di
fabbricazione approvato in data 3.6.1999. Per il raggiungimento di
detto "lotto minimo", si era proceduto ad un "accorpamento di fondi",
la cui legittimità quel giudice disconosceva, ritenendo
consentita una procedura siffatta soltanto "in funzione della cubatura
realizzabile e non anche per individuare l'inderogabile misura minima
del lotto".
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il Ferrara, il quale ha
eccepito che:
a) sarebbe del tutto legittimo il permesso di costruire rilasciato ai
sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 36 in quanto il programma
di fabbricazione vigente, "nel prevedere un lotto minimo di mq. 4.000,
non esclude affatto che nel calcolo dello stesso non possa essere
conteggiato anche l'eventuale asservimento di altro appezzamento", pure
se non immediatamente confinante;
b) le opere edilizie in oggetto, in ogni caso, "erano già
state realizzate, anche se in difformità, ben prima della
entrata in vigore del piano" approvato in data 3.6.1999 e le nuove
previsioni pianificatorie non sarebbero applicabili agli interventi
antecedenti rispetto alla loro approvazione;
c) alla stregua del medesimo provvedimento edilizio sanante il G.I.P.,
del resto, aveva già autorizzato il dissequestro di altri
due piani dell'immobile;
d) il sequestro risulterebbe attualmente correlato, in modo incongruo,
ad un ipotizzato reato di abuso di ufficio nel rilascio del titolo
abilitativo in sanatoria, laddove la misura reale cautelare era stata
adottata in relazione alla violazione edilizia, che oggi non
sussisterebbe più, poiché l'opera sarebbe stata
sanata.
Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato. 1. La
vicenda in esame, in punto di fatto, risulta caratterizzata dalle
seguenti scansioni essenziali:
- l'indagato aveva ottenuto concessione edilizia in data 3.5.1991, per
la realizzazione di un edificio ad uso agricolo non residenziale;
- egli - in difformità rispetto a tale titolo abilitante -
aveva realizzato un manufatto costituito da piano interrato e da due
piani fuori terra, con aumento di superficie pari a mq. 32 per ciascuno
dei due piani fuori terra ed incremento volumetrico di mc. 98,27 per il
primo piano e di mc. 96,27 per la seconda elevazione;
- in data 14.8.2003 il Ferrara ha ottenuto, per l'intero fabbricato,
(il contestato) permesso di costruire in sanatoria D.P.R. 6 giugno
2001, n. 380, ex art. 36;
- il G.I.P. dei Tribunale di Lagonegro, in data 5.12.2003, ha disposto
il dissequestro dell'immobile, con esclusione del primo piano, per il
quale si configurava un mutamento di destinazione d'uso (da deposito di
prodotti agricoli a residenziale);
- in seguito a domanda di condono, presentata del D.L. n. 269 del 2003,
ex art. 32 il Comune di Senise, con provvedimento del 28.11.2005, ha
autorizzato il mutamento di destinazione dell'unità
immobiliare "da uso agricolo non residenziale ad uso residenziale". 2.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, la L. n. 47 del
1985, artt. 13 e 22 (le cui previsioni sono state trasfuse nel D.P.R. 6
giugno 2001, n. 380, artt. 36 e 45) vanno interpretati in stretta
connessione ai fini della declaratoria di estinzione dei "reati
contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti" e il
giudice penale, pertanto, ha il potere-dovere di verificare la
legittimità della concessione edilizia rilasciata "in
sanatoria" e di accertare che l'opera realizzata sia conforme alla
normativa urbanistica.
In mancanza di tale conformità, infatti, la concessione non
estingue i reati ed il mancato effetto estintivo non si ricollega ad
una valutazione di illegittimità del provvedimento della
P.A. cui consegua la disapplicazione dello stesso ex art. 5 della L. 20
marzo 1865, n. 2248, all. E), bensì alla effettuata verifica
della inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto dell'estinzione
del reato in sede di esercizio del doveroso sindacato della
legittimità del fatto estintivo incidente sulla fattispecie
tipica penale (vedi Cass., Sez. 3^: 15.2.2005, Scollato; 30.5.2000,
Marinaro; 7.3.1997, n. 2256, Tessari e altro; 24.5.1996, Buratti e
altro). Ai fini del corretto esercizio di tale controllo deve
ricordarsi che si pone quale presupposto indispensabile, per il
rilascio della concessione in sanatoria della L. n. 47 del 1985, ex
art. 13 la necessità che l'opera sia "conforme agli
strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati e non in
contrasto con quelli adottati, sia al momento della realizzazione
dell'opera, sia al momento della presentazione della domanda" (secondo
l'attuale formulazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art 36
l'intervento deve risultare "conforme alla disciplina urbanistica ed
edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia
al momento della presentazione della domanda).
Il rilascio del provvedimento sanante, inoltre, consegue ad
un'attività vincolata della P.A., consistente
nell'applicazione alla fattispecie concreta di previsioni legislative
ed urbanistiche a formulazione compiuta e non elastica, che non
lasciano all'Amministrazione medesima spazi per valutazioni di ordine
discrezionale.
Quanto alle condizioni ed ai limiti del trasferimento di cubatura, va
evidenziato che esso può avvenire solo tra fondi:
- compresi nella medesima zona urbanistica ed aventi la stessa
destinazione urbanistica, in quanto, se così non fosse,
nella zona in cui viene aggiunta cubatura potrebbe determinarsi un
superamento della densità edilizia massima consentita dallo
strumento urbanistico (vedi C. Stato, sez. 5^: 3 marzo 2003, n. 1172;
11.4.1991, n. 530);
- contigui, nel senso che, anche qualora non si riscontri la
continuità fisica tra tutte le particelle catastali
interessate dalla nuova costruzione, sussista pur sempre, comunque, una
"effettiva e significativa vicinanza tra i fondi asserviti" (vedi C.
Stato, sez. 5^: 30.10.2003, n. 6734; 1.4.1998, n. 400). Nella
fattispecie in esame le opere realizzate ricadevano in una zona a
destinazione agricola e, per lo loro tipologia e destinazione d'uso, si
ponevano in contrasto con tale previsione di piano all'epoca della loro
realizzazione. Esse, inoltre, erano state realizzate con un aumento di
volumetria, sulla cui compatibilità con le prescrizioni di
piano all'epoca vigenti nulla è dato conoscere.
L'intervento, in ogni caso, appare già non conforme alla
disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della
realizzazione dello stesso.
3. Il Tribunale ha considerato, altresì, lo stesso
intervento non conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente
al momento della presentazione della domanda di accertamento di
conformità, in quanto detto accertamento è stato
riferito dall'ufficio tecnico comunale ad un fondo, di
proprietà dell'indagato, non avente l'estensione prevista
nella zona per il "lotto minimo edificatorio" e che tale dimensione
minima si assume abbia raggiunto attraverso l'asservimento della
volumetria realizzabile su altro e diverso lotto, attuato mediante
trasferimento di cubatura. Va rilevato, in proposito, che la pratica
contrattuale conosce da tempo accordi fra privati proprietari (cd.
"trasferimenti di cubatura") mediante i quali uno di essi "cede" ad un
altro la facoltà di edificare, esistente sul suo terreno
secondo le norme urbanistiche, affinché il cessionario possa
avvalersi di tale facoltà per ottenere dal Comune, in sede
di rilascio del permesso di costruire, l'autorizzazione a realizzare un
volume edilizio madore di quello che gli spetterebbe, sul terreno di
sua proprietà, secondo le previsioni della pianificazione
vigente.
Tale pratica - considerata legittima dalla giurisprudenza
amministrativa - è stata talora recepita e disciplinata in
Leggi Regionali o in strumenti urbanistici, ma è opinione
corrente che ad essa possa farsi ricorso anche a prescindere da un
riconoscimento da parte di norme urbanistiche regionali e/o comunali.
Il fenomeno in esame invero - come si rileva in dottrina - non lede, di
regola, alcun interesse pubblico in quanto generalmente non si
riconnettono conseguenze negative al solo fatto che la
densità edilizia massima fissata dallo strumento urbanistico
venga sfruttata dal proprietario di un'ampia estensione di terreno, o
da più proprietari associati o da uno dei proprietari che
abbia ottenuto la cessione di facoltà edificatorie dei suoi
vicini, purché comunque sia impedito il superamento, nella
zona complessivamente considerata, degli standards consentiti dai piano.
Diverso è, però, il caso in cui lo strumento
urbanistico contenga specifiche limitazioni in ordine a tipologie
edilizie o alla densità abitativa, perché in
presenza di limitazioni siffatte il trasferimento di cubatura deve
ritenersi non consentito. Ciò significa che deve ritenersi
inammissibile il trasferimento di cubatura a fronte di una norma di
piano che per le zone agricole, non ammette costruzioni in lotti di
dimensioni inferiori ad un limite minimo fissato dal piano medesimo, in
quanto la ratio di una disposizione siffatta si connette al prefigurato
regime di edificazione nelle zone agricole ed al nesso di
funzionalità delle costruzioni ammissibili rispetto alla
gestione di aziende agricole (per un precedente, seppure remoto, in tal
senso, vedi TAR Lazio, 28.11.1979, n. 941).
Nel caso che ci riguarda, inoltre, le previsioni di piano vigenti dal
giugno del 1999 nel Comune di Senise consentono "l'accorpamento dei
singoli appezzamenti dei terreni non aventi una distanza fra loro
superiore ai 500 metri in linea d'aria", ma, nelle norme tecniche di
attuazione del programma di fabbricazione tale possibilità
di accorpamento viene prevista "alfine di aumentare la cubatura
utilizzabile" (par. B, punto n. 2), mentre nessun cenno alla
possibilità medesima si rinviene nel successivo par. B,
punto 7, riguardante la determinazione del lotto minimo indispensabile
per l'edificazione nella zona in oggetto.
In conclusione, legittimamente il Tribunale non ha riconosciuto effetti
al trasferimento di cubatura attuato in concreto, poiché
derogatorio delle tipologie edilizie previste nella zona ed influente -
con modalità non consentite - sulla densità
abitativa, da intendersi come rapporto tra popolazione residente e
superficie relativo alla superficie ed agli indici di
fabbricabilità territoriali (e non alla superficie ed agli
indici di fabbricabilità fondiari).
Nella situazione dianzi descritta nessuna efficacia può
riconoscersi alla procedura di condono, che ha avuto ad oggetto non il
manufatto abusivo nella sua complessiva entità strutturale,
bensì esclusivamente il mutamento di destinazione d'uso di
una unità immobiliare.
4. Nei confronti dell'indagato risulta ipotizzato anche il reato di cui
al D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163 (come trasfuso nelle previsioni del
D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 antecedenti agli inasprimenti
introdotti dalla L. n. 308 del 2004), che in ogni caso - secondo
l'orientamento costante di questa Corte Suprema (vedi, tra le
molteplici pronunzie, Cass., Sez. 3^: 12.1.2006, Antonelli;
25.10.2002, n. 35864; 11.2.1998, n. 1658; 30.5.1996, n. 5404) - non si
estingue per effetto della sanatoria D.P.R. 6 giugno 2001, n. 389, ex
art. 36 e art. 45, trattandosi di reato avente oggettività
giuridica diversa rispetto a quella che riguarda l'assetto del
territorio sotto il profilo della tutela urbanistica ed edilizia. 5. Il
provvedimento di sequestro non risulta correlato esclusivamente al
delitto di cui all'art. 323 cod. pen. (ma ben potrebbe esserlo in linea
di principio) e nessun rilievo assume la circostanza che, sulla base
del medesimo provvedimento edilizio sanante di cui è stata
evidenziata l'illegittimità, il G.I.P. abbia in precedenza
autorizzato il dissequestro di altri due piani dell'immobile: con
esatta notatone il Tribunale ha rilevato al riguardo, nell'ordinanza
impugnata, che l'insussistenza dei presupposti di sanabilità
determinerebbe, "più che la mera insanabilità del
solo piano terra, ... posta l'unitarietà dell'intera opera,
la generale e piena legittimità del vincolo reale".
Alla stregua di tutte le considerazioni dianzi svolte, il ricorso - in
conclusione - deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 127 e 325 c.p.p..,
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 12 luglio 2006.
Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2006
Urbanistica. Trasferimento cubatura e lotto minimo
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