Cass. Sez. III n. 21351 del 4 giugno 2010 (Cc 6 mag. 2010)
Pres. Lupo Est. Lombardi Ric. Savino
Urbanistica. Tettoia e necessità del permesso di costruire
Integra il reato di cui all'art. 44, comma primo, lett. b). d.P.R. n. 38 del 2001 la realizzazione, in mancanza del preventivo rilascio del permesso di costruire, di una tettoia di copertura di un manufatto, non essendo sufficiente la semplice D.I.A.. (In motivazione la Corte ha precisato, da un lato, che costituisce "nuova costruzione" anche qualsiasi manufatto edilizio fuori terra o interrato e, dall'altro, che non può farsi ricorso alla nozione di ampliamento di edificio esistente, poiché la tettoia costituisce una nuova costruzione, sia pure accessoria a quest'ultimo, tenuto altresì conto che nella nozione di sagoma rientra anche lo sviluppo in altezza dell'immobile).
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio SENTENZAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 06/05/2010
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 722
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 5294/2010
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso proposto da:
Avv. Pezzullo Luigi, difensore di fiducia di Savino Rosario, n. a Napoli l'1.6.1953;
avverso l'ordinanza in data 1.12.2009 del Tribunale di Napoli, con la quale è stato confermato il provvedimento di sequestro preventivo di un manufatto emesso dal G.I.P. del Tribunale di Napoli in data 13.10.2009.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
Visti gli atti, la ordinanza denunciata ed il ricorso;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Passacantando Guglielmo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore, Avv. Luigi Pezzullo, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN FATTO E DRITTO
Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo di un manufatto emesso dal G.I.P. del medesimo Tribunale in data 13.10.2009 nei confronti di Savino Rosario, indagato del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44.
L'ordinanza ha rilevato che il manufatto di cui alla contestazione è costituito da una tettoia in legno, occupante la superficie di mq. 24, realizzata sul terrazzo a livello di un appartamento ed, in particolare, che la struttura dello stesso è costituita da sei pilastri in legno, sormontati da traverse e longheroni di analogo materiale con copertura a falde inclinate.
Il Tribunale del riesame ha escluso che tale manufatto possa essere qualificato come gazebo e che, conseguentemente, lo stesso potesse essere realizzato previa presentazione di una DIA ai sensi dell'art. 2 del Regolamento Edilizio del Comune di Napoli.
Il Tribunale ha escluso, altresì, che si tratti di un'opera costituente pertinenza dell'edificio esistente e che la stessa fosse assentibile mediante la semplice DIA.
L'ordinanza ha, infine, affermato l'esistenza del periculum in mora, osservando che le opere di cui alla contestazione sono suscettibili di ulteriore completamento, non avendo una volumetria definita ed essendo in corso di sostituzione i materiali di chiusura di uno dei lati.
Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell'indagato, che la denuncia per violazione di legge.
Con il primo mezzo di annullamento si denuncia la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 10, 22 e 44 e dell'art. 2 del Regolamento Edilizio del Comune di Napoli.
Il ricorrente ripropone la tesi secondo la quale il manufatto di cui alla contestazione, per le sue caratteristiche strutturali, deve essere qualificato gazebo ed era pertanto realizzabile mediante la presentazione di una DIA, ai sensi dell'art. 2 del Regolamento Edilizio del Comune di Napoli che consente la costruzione di opere di tale tipo.
Si deduce, poi, che in ogni caso il manufatto costituisce una pertinenza dell'edificio esistente, avendo le caratteristiche di opera pertinenziale e, pertanto, anche sotto l'indicato profilo poteva essere realizzato mediante la DIA ai sensi del citato Regolamento Edilizio comunale.
Si osserva, infine, che l'ordinanza impugnata ha erroneamente qualificato la DIA presentata come DIA semplice, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 1, in quanto la modulistica comunale adoperata non contiene alcuna precisazione al riguardo; inoltre che il manufatto non può essere considerato una nuova costruzione, poiché, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. e1), sono definite nuova costruzione le opere che costituiscono ampliamento della sagoma esterna dell'edificio, mentre il manufatto di cui alla contestazione rientra nei limiti della sagoma dell'edificio esistente.
Con un secondo mezzo di annullamento si contesta l'esistenza del periculum in mora.
Si osserva che, contrariamente a quanto potrebbe evincersi dall'ordinanza impugnata, il manufatto oggetto dell'imputazione era ultimato, così risultando dal certificato di collaudo finale rilasciato dal direttore dei lavori; che l'ordinanza fa immotivatamente riferimento a chiusure perimetrali di cui non vi è traccia, mentre gli interventi di sostituzione citati nell'ordinanza devono riferirsi a grillages preesistenti ed appoggiati sui muretti perimetrali che delimitano la terrazza.
Si deduce, quindi, che in caso di ultimazione dell'opera le esigenze cautelari devono essere ravvisate solo nell'ipotesi di effettiva compromissione degli interessi attinenti al territorio che possano risultare pregiudicati dall'uso della cosa in sequestro;
compromissione che deve escludersi, considerate le caratteristiche del manufatto.
Il ricorso non è fondato.
Va in primo luogo osservato che la qualificazione della natura dell'opera, come tettoia, costituisce oggetto dell'accertamento di fatto demandato ai giudici del riesame e, pertanto, non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità.
Peraltro, la definizione del manufatto contenuta nella impugnata ordinanza corrisponde alle caratteristiche strutturali dello stesso descritte in motivazione.
Correttamente, pertanto, il Tribunale del riesame ha escluso che a detto manufatto potesse applicarsi l'art. 2 del Regolamento Edilizio del Comune di Napoli.
Correttamente, inoltre, è stato escluso che la tettoia possa essere qualificata come pertinenza.
È stato, infatti, reiteratamente affermato dall'indirizzo interpretativo assolutamente prevalente di questa Suprema Corte che la costruzione di una tettoia di copertura di un terrazzo, di un immobile non può qualificarsi come pertinenza, in quanto si tratta di un'opera priva del requisito della individualità fisica e strutturale propria della pertinenza, costituendo parte integrante dell'edificio sul quale viene realizzata, (cfr. sez. 3^, 9.1.2003 n. 239).
La costruzione di una tettoia, pertanto, in difetto del preventivo rilascio del permesso di costruire, integra il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44. (cfr. sez. 3, 200540843,, Daniele, RV 232363; conf. sez. 3^, 18.5.2006 n. 17083; sez. 3^, 199502533, Iocca ed altri, RV 202714; sez. 3, 199201108, Cappello, RV 191019). La realizzazione del manufatto oggetto della misura cautelare, pertanto, necessitava del rilascio del permesso di costruire e questo non poteva essere costruito mediante semplice DIA.
Sul punto è appena il caso di rilevare che costituisce nuova costruzione ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. e1), qualsiasi manufatto edilizio fuori terra o interrato. Nè può farsi ricorso alla nozione di ampliamento dell'edificio preesistente, trattandosi di nuova costruzione, sia pure accessoria a detto edificio, mentre nella nozione di sagoma rientra anche lo sviluppo in altezza dell'immobile.
In proposito è appena il caso di osservare che, nel caso di diversa interpretazione, dovrebbe ritenersi consentita qualsiasi sopraelevazione dei fabbricati esistenti.
Sono altresì infondate le deduzioni del ricorrente afferenti alla possibilità di qualificare la DIA presentata ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 3.
Lo strumento citato, infatti, può essere utilizzato solo nelle ipotesi di conformità dell'intervento edilizio ai piani attuativi, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive (art. 22, comma 3, lett. b) ovvero costituiscano diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche (art. 22, comma 3, lett. c).
Orbene, il ricorrente non ha neppure dedotto, in sede di riesame, l'esistenza dei requisiti citati e, peraltro, è stato già rilevato che la realizzazione di una tettoia non rientra, neppure nelle previsioni del Regolamento Edilizio comunale.
È, infine, manifestamente infondata la doglianza afferente alla inesistenza del periculum che giustifica la misura cautelare. La incompletezza del manufatto di cui alla contestazione e, tra l'altro, l'esecuzione ancora in corso di interventi di sostituzione di elementi destinati a far parte dell'opera costituisce un accertamento di fatto che non può formare oggetto di contestazione in sede di legittimità, non essendo, peraltro, neppure deducibili, ai sensi dell'art. 325 c.p.p., eventuali vizi di motivazione sul punto.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 maggio 2010. Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2010