TAR Campania (NA) Sez. II sent. 2043 del 20 aprile 2010
Urbanistica. Zone agricole
La destinazione a verde agricolo di un'area, che rientra nell'ampia discrezionalità del comune di orientare gli insediamenti urbani in determinate direzioni, ovvero di salvaguardare precisi equilibri dell'assetto territoriale, può, quindi, legittimamente anche essere preordinata ad un uso non strettamente agricolo, ma alla finalità di conservazione dei valori naturalistici ed ambientali e di contenimento del fenomeno di espansione dell'aggregato urbano, con una finalità che non è preclusa in radice dall'esecuzione di attività costruttive sull'area medesima, ma, anzi, concretizzabile nell'arresto di tali attività.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02043/2010 REG.SEN.
N. 07107/2008 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 7107 del 2008, proposto da:
Temistocle NUNZIATA, rappresentato e difeso dall'avv. Gaetano Rosario Porcaro, con domicilio eletto in Napoli, Centro Direzionale Is. E/2;
contro
- il Comune di San Gennaro Vesuviano, in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;
- la Provincia di Napoli, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Luciano Scetta, con domicilio eletto in Napoli, piazza Matteotti, 1;
- la Regione Campania, in persona del Presidente p.t.,. rappresentato e difeso dall'avv Maria Vittoria De Gennaro, con domicilio eletto in Napoli, via Santa Lucia, n. 81.
per l'annullamento
- del decreto n. 392 del 6.08.2008 con il quale il Presidente della Provincia di Napoli ha approvato la Variante al Piano Regolatore Generale del Comune di San Gennaro Vesuviano, adottata con deliberazione della Commissione Straordinaria n. 29 del 19.03.2004;
- del Decreto dirigenziale n. 5 del 20.02.2008, pubblicato sul B.U.R.C. n. 11 del 17.03.2008, con cui il Dirigente del Settore Urbanistica - A.G.C. 16 Governo Territorio, Tutela Beni paesistico ambientali e culturali della Regione Campania ha ammesso al visto di conformità condizionato la Variante al P.R.G. del Comune di San Gennaro Vesuviano;
- della delibera del Consiglio Comunale n. 29 del 10.07.2008 con cui il Comune di San Gennaro Vesuviano ha preso atto delle modifiche progettuali rese in conformità al Decreto dirigenziale n. 5 del 20.02.2008;
- della delibera del Consiglio Provinciale n. 98 del 29.10.2007 con cui la Provincia di Napoli ha approvato la variante al P.R.G. del Comune di San Gennaro Vesuviano, con la conferma “delle prescrizioni avanzate con la precedente deliberazione consiliare n. 118 del 23.11.2006;
- del provvedimento n. 3 del 4.07.2007 con cui la Sezione Provinciale del C.T.R. di Napoli ha espresso parere in merito alle controdeduzioni di cui alla deliberazione n. 18 del 13.3.2007 della Commissione Straordinaria del Comune di San Gennaro Vesuviano e confermato il proprio precedente parere n. 14/2006 espresso nella seduta del 6 luglio 2006;
- della deliberazione della Commissione Straordinaria del Comune di San Gennaro Vesuviano n. 18 del 13.3.2007 recante le controdeduzioni alla deliberazione del Consiglio Provinciale n. 118 del 23.11.2006;
- della deliberazione del Consiglio Provinciale n. 118 del 23.11.2006 con cui l’Amministrazione Provinciale di Napoli ha approvato con prescrizioni la variante al P.R.G. adottata con deliberazione della Commissione Straordinaria del Comune di San Gennaro Vesuviano n. 29 del 19.03.2004;
- del parere n. n. 14 del 6 luglio 2006 espresso dalla Sezione Provinciale del C.T.R. di Napoli in relazione alla Variante al Prg;
- della deliberazione della Commissione Straordinaria del Comune di San Gennaro Vesuviano n. 69 dell’11 giugno 2004 recante “Variante al Piano Regolatore Esame osservazioni”;
- della deliberazione del Consiglio Comunale n. 10 dell’11.3.2006 con cui il Comune di San Gennaro Vesuviano ha formulato controdeduzioni alle osservazioni inerenti alla Variante al P.R.G.;
- della deliberazione della Commissione Straordinaria del Comune di San Gennaro Vesuviano n. 29 del 19.03.2004 di adozione della Variante al Piano Regolatore Generale del Comune di San Gennaro Vesuviano.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e della Provincia di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2010 il dott. Dante D'Alessio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Il signor Temistocle Nunziata è proprietario di un appezzamento di terreno sito nel Comune di San Gennaro Vesuviano, alla Via Sarno, censito nel N.C.T. del Comune al Foglio n. 7, p.lla n. 114 di mq. 4.128, classificato nel P.R.G. approvato con decreto dell’Amministrazione Provinciale di Napoli n. 294 del 29.11.1994 come zona E a destinazione Agricola.
2. Con il ricorso in esame il signor Nunziata ha impugnato i provvedimenti, specificati in epigrafe, con i quali è stata approvata la Variante al Piano Regolatore Generale del Comune di San Gennaro Vesuviano e classificato ancora in zona E (Agricola) il fondo di cui è proprietario, nonostante l’elevato grado di urbanizzazione dell’area.
Il ricorrente ha sostenuto l’illegittimità degli indicati atti per i seguenti motivi:
travisamento dei fatti, difetto dei presupposti, illogicità, difetto di istruttoria, carenza di motivazione, contraddittorietà, sviamento, eccesso di potere: in quanto i provvedimenti impugnati si fondano su un’errata ricognizione dell’area e delle relative caratteristiche urbanistiche tenuto conto che il fondo di proprietà è ubicato in zona completamente urbanizzata strettamente a ridosso del centro storico/urbano e lungo un’arteria (via Sannio) di primaria importanza. La scelta operata penalizza il ricorrente anche perché per le zone agricole è stata prevista un’unità minima di intervento di 5.000 mq. mentre il ricorrente ha una proprietà di mq. 4.128 con la conseguente impossibilità di realizzare un qualsiasi corpo di fabbrica anche a destinazione agricola. Devono considerarsi inoltre errati i parametri utilizzati per l’individuazione e la quantizzazione della zona B2 (per numero di vani occorrenti e calcolo dei volumi esistenti). Immotivato è risultato inoltre il rigetto dell’osservazione al Piano presentata dal ricorrente.
Violazione della Direttiva 42/2001Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 27/6/2001, violazione degli artt. 45 e 47 della legge della Regione Campania n. 16 del 2004, difetto di istruttoria, violazione del giusto procedimento di legge, travisamento ed eccesso di potere perché la Variante impugnata è stata approvata senza che fosse mai stata effettuata una Valutazione Ambientale Strategica (VAS);
Violazione del Punto 4, Titolo II della legge della Regione Campania n. 14 del 1982, violazione dell’art. 10 della legge n. 1150 del 1942, contraddittorietà, violazione del’art. 118 della Costituzione, violazione del principio di sussidiarietà verticale, violazione del giusto procedimento di legge, sviamento, eccesso di potere in quanto l’Amministrazione provinciale ha approvato la Variante stravolgendo completamente le scelte urbanistiche effettuate dall’ente locale al momento dell’adozione in particolare disponendo lo stralcio di tutte le destinazioni produttive e attribuendo alle aree ricadenti nelle zone G1, G2; D1 e D3 destinazione agricola;
Ulteriore violazione del Punto 4, Titolo II della legge della Regione Campania n. 14 del 1982, violazione dell’art. 10 della legge n. 1150 del 1942, violazione dell’art. 4 della legge n. 59/97, contraddittorietà, violazione art. 118 Costituzione, violazione del principio di sussidiarietà verticale, violazione del giusto procedimento di legge, sviamento, eccesso di potere in quanto le modifiche apportate dall’Amministrazione provinciale in sede di approvazione della Variante costituiscono manifestazione di indebita ingerenza dell’Ente Provinciale nelle prerogative proprie dell’amministrazione comunale nell’esercizio del potere pianificazione urbanistica;
Ulteriore violazione del Punto 4, Titolo II della legge della Regione Campania n. 14 del 1982, violazione dell’art. 10 della legge n. 1150 del 1942, contraddittorietà, violazione art. 118 Costituzione, violazione del principio di sussidiarietà verticale, violazione del giusto procedimento di legge, sviamento, eccesso di potere in quanto l’approvazione della Variante contrasta con strumenti di pianificazione urbanistica sovra-comunale e con atti deliberativi adottati dalla stessa amministrazione provinciale tenuto conto che il dimensionamento delle zone produttive riportato nel piano adottato dal Comune era coerente con le strategie dettate dal P.C.T.P. della Provincia di Napoli e dalla delibera della Giunta Provinciale n. 37/06.
Ulteriore violazione del Punto 4, Titolo II della legge della Regione Campania n. 14 del 1982, violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, violazione dell’art. 10 della legge n. 1150 del 1942, carenza di motivazione, difetto di istruttoria, contraddittorietà, violazione art. 118 Costituzione, violazione del principio di sussidiarietà verticale, violazione del giusto procedimento di legge, sviamento, eccesso di potere in quanto la scelta di stralciare tutte le zone con destinazione produttiva, per i suoi contenuti e la sua estensione, è debordante rispetto alle finalità rappresentate.
Violazione della legge regionale n. 16 del 2004, violazione della delibera di G.R. 234/2005, violazione dell’art. 97 della Costituzione,violazione art. 1 della legge n. 241 del 1990, contraddittorietà, violazione del principio di economicità e violazione del principio di buon andamento in quanto la Variante è stata approvata seguendo l’iter della legge regionale del 1982 nonostante fosse entrata in vigore la nuova legge urbanistica regionale con la conseguenza che entro due anni il Comune dovrà dotarsi di un nuovo PUC vanificando gli sforzi compiuti per l’approvazione della contestata Variante.
3.- Al riguardo si deve preliminarmente ricordare in punto di fatto che:
- il Comune di San Gennaro Vesuviano era dotato di Piano Regolatore approvato con D.P.A.P. n. 294 del 29.11.1994;
- la Commissione Straordinaria del Comune di San Gennaro Vesuviano ha adottato la variante oggetto di impugnazione con atto n. 29 del 19 marzo 2004;
- a seguito della (prima) pubblicazione della variante venivano presentate 91 osservazioni (più una fuori termine) che il Comune valutava con atto dell’11 giugno 2004 trasmettendo quindi la variante alla Provincia per l’approvazione;
- l’Amministrazione Provinciale di Napoli il 16 luglio 2004 rilevava peraltro la mancanza di alcuni atti e un difetto nella fase di pubblicazione (riguardante la mancata coincidenza di alcune date) e ne chiedeva l’integrazione al Comune;
- l’Amministrazione Provinciale con nota del 14 aprile 2005 ribadiva poi l’improcedibilità istruttoria per difetto di pubblicazione e il 21 luglio 2005 diffidava il Comune ad adempiere la fase di pubblicazione carente, pena la nomina di un commissario ad acta;
- il Comune procedeva quindi ad una nuova pubblicazione del Piano a far tempo dal 28 settembre 2005 e riceveva 110 osservazioni;
- il Comune pertanto con delibera n. 10 dell’11 marzo 2006 formulava le proprie valutazioni in ordine alle osservazioni presentate (con parere favorevole all’accoglimento per 16 osservazioni e all’accoglimento parziale per una osservazione) e con nota n. 3246 del 22 marzo 2006 ritrasmetteva gli atti all’Amministrazione Provinciale per l’approvazione della variante;
- l’Amministrazione Provinciale con delibera del Consiglio n. 118 del 23 novembre 2006, viste anche le valutazioni espresse dal Comitato Tecnico Regionale nella seduta del 6 luglio 2006 (parere n.14/2006), procedeva all’approvazione della variante, peraltro con modifiche stralci e integrazioni;
- il Comune con delibera n. 18 del 18 marzo 2007 approvava le proprie controdeduzioni alla delibera del Consiglio Provinciale n. 118 del 23 novembre 2006;
- la Sezione Provinciale del C.T.R. di Napoli, con provvedimento n. 3 del 4.07.2007, esprimeva il suo parere in merito alle controdeduzioni di cui alla deliberazione n. 18 del 13.3.2007 della Commissione Straordinaria del Comune di San Gennaro Vesuviano e confermava il proprio precedente parere n. 14/2006 espresso nella seduta del 6 luglio 2006;
- il Consiglio Provinciale con delibera n. 98 del 29.10.2007 (su proposta della Giunta del 5 ottobre 2007) approvava quindi con prescrizioni la variante al P.R.G. del Comune di San Gennaro Vesuviano, confermando il dispositivo di cui alla precedente deliberazione consiliare n. 118 del 23.11.2006;
- la Regione Campania con Decreto del Dirigente del Settore Urbanistica - A.G.C. 16 Governo Territorio, Tutela Beni paesistico ambientali e culturali n. 5 del 20.02.2008, pubblicato sul B.U.R.C. n. 11 del 17 marzo 2008, ha quindi ammesso al visto di conformità condizionato la Variante al P.R.G. del Comune di San Gennaro Vesuviano;
- il Presidente della Provincia di Napoli con decreto n. 392 del 6 agosto 2008, pubblicato sul B.U.R.C. n. 39 del 29.9.2008, ha infine approvato la variante al Piano Regolatore Generale del Comune di San Gennaro Vesuviano, a seguito dell’atto consiliare comunale (delibera n. 29 del 10 luglio 2008 e successiva trasmissione degli elaborati modificati in data 22 luglio 2008) di conformazione alle prescrizioni di cui al Decreto Regionale n. 5 del 20/2/2008 di ammissione al visto di conformità condizionato.
4.- Ciò precisato nella ricostruzione dei fatti si può ora passare all’esame delle questioni sollevate con il ricorso in esame.
Si deve allora preliminarmente ricordare che, nelle scelte di pianificazione, la valutazione dell’idoneità delle singole aree a soddisfare, con riferimento alle possibili destinazioni, specifici interessi urbanistici, costituisce espressione del potere discrezionale dell’amministrazione (fra le più recenti: Consiglio Stato, sez. IV, 4 dicembre 2009, n. 7654), e nell’esercizio di tale potere l’amministrazione non ha la necessità di dare una motivazione specifica sulle scelte adottate in ordine alla destinazione delle singole aree in quanto le stesse trovano giustificazione nei criteri generali di impostazione del piano (Consiglio di Stato, sez. IV, 24 aprile 2009, n. 2630; sez. V, 2 marzo 2009, n. 1149), con la conseguenza che tali scelte possono essere censurate soltanto in presenza di evidenti vizi logico-giuridici nel quadro delle linee portanti della pianificazione.
5.- Il privato che si ritenga leso da una scelta di piano non favorevole ai suoi interessi in ordine alla destinazione data ad una certa area di sua proprietà, non può censurare pertanto, se non per evidenti vizi logici, le ragioni specifiche della singola scelta operata dall’amministrazione perché il sistema non richiede una giustificazione analitica delle singole scelte operate ma solo delle ragioni di insieme che hanno portato alle complessive scelte di pianificazione.
Coerentemente si è affermato che la regola dell'inesistenza di un obbligo specifico di motivazione delle scelte urbanistiche vale anche per le osservazioni presentate al piano. Secondo l'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato le osservazioni proposte dai cittadini nei confronti degli atti di pianificazione urbanistica non costituiscono infatti veri e propri rimedi giuridici ma semplici apporti collaborativi e, pertanto, il loro rigetto o il loro accoglimento non richiede una motivazione analitica, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e confrontate con gli interessi generali dello strumento pianificatorio (Consiglio di Stato, sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4024 cit.).
6.- Le scelte urbanistiche circa la disciplina del territorio possono quindi formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi di arbitrarietà, irrazionalità o irragionevolezza ovvero di palese travisamento dei fatti, che costituiscono i limiti della discrezionalità amministrativa (Consiglio di Stato, sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4024 cit.), con la conseguenza che, a meno che non siano riscontrabili errori di fatto o abnormi illogicità, non è configurabile neppure il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento basata sulla comparazione con la destinazione impressa ad altre zone adiacenti (fra le tante: Consiglio di Stato, sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4024).
7.- Stabilito che l’amministrazione, per regola generale, ha la più ampia discrezionalità nell’individuare le scelte ritenute migliori per disciplinare l’uso del proprio territorio (ed anche nel rivedere le proprie precedenti previsioni urbanistiche) e che non deve dare motivazione specifica delle singole scelte urbanistiche, si deve peraltro aggiungere che tale regola generale subisce un'eccezione in alcune situazioni specifiche in cui il principio della tutela dell’affidamento impone che il piano regolatore dia conto del modo in cui è stata effettuata la ponderazione degli interessi pubblici e sono state operate le scelte di pianificazione (rendendole quindi sindacabili davanti al giudice amministrativo).
Ciò si verifica nei casi in cui la modifica progettata (della precedente destinazione urbanistica) va ad incidere su singole posizioni, connotate da una fondata aspettativa sulla destinazione dell’area, che per questo si differenziano dalle posizioni degli altri soggetti interessati.
L’amministrazione in tali casi ha il dovere di valutare con attenzione l’opportunità di modificare la precedente destinazione urbanistica di un’area e, se ritiene di dover diversamente disciplinare tale area e sacrificare comunque gli interessi dei soggetti coinvolti, deve indicare le ragioni logiche che hanno portato a tale nuova scelta pianificatoria.
8.- Come è stato chiarito dalla giurisprudenza, meritevoli di questa particolare forma di tutela sono peraltro solo quelle situazioni caratterizzate da un affidamento “qualificato” (Consiglio di Stato, sez. IV, 7 aprile 2008, n. 1476). E tale posizione è stata riconosciuta: a) nel superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l'avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree; b) nella lesione dell'affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree, dalle aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia (oggi permesso di costruire) o di silenzio-rifiuto su una domanda di concessione; c) nella modificazione in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 22 dicembre 1999, n. 24, Consiglio di Stato, sez. III, 6 ottobre 2009, n. 1610; sez. V, 2 marzo 2009, n. 1149; sez. VI, 18 aprile 2007, n. 1784).
Negli altri casi l’esistenza di una precedente diversa previsione urbanistica non comporta invece per l’amministrazione la necessità di fornire particolari spiegazioni sulle ragioni delle diverse scelte operate anche quando queste sono nettamente peggiorative per i proprietari (e per le loro aspettative), dovendosi (in tali altri casi) dare prevalente rilievo all’interesse pubblico che le nuove scelte pianificatorie intendono perseguire.
9.- Nel caso di specie si deve peraltro osservare che la destinazione di piano (E agricola) impressa all’area del ricorrente risulta confermativa della precedente destinazione e la scelta (confermativa) del Comune non risulta censurabile, non sussistendone motivi, per le ragioni che si sono su ampiamente esposte riguardo all’ampia discrezionalità che ha l’amministrazione comunale nell’individuare le destinazioni più appropriate da dare alle singole parti del territorio comunale.
10.- Sostiene peraltro il ricorrente che l’amministrazione avrebbe dovuto diversamente provvedere tenendo conto che il fondo di sua proprietà è ubicato in zona completamente urbanizzata, strettamente a ridosso del centro storico/urbano e posto lungo un’arteria (via Sannio) di primaria importanza.
11.- Tali circostanze non sono tuttavia sufficienti per far ritenere manifestamente illogica o viziata da evidenti errori di fatto la scelta del Comune di conservare al suolo in questione la destinazione agricola.
Né in relazione alle circostanze indicate il ricorrente può ritenersi portatore di un affidamento qualificato ad una diversa destinazione del suolo di sua proprietà, secondo i principi affermati dalla giurisprudenza che si è in precedenza richiamato, con la conseguenza che l’amministrazione non aveva la necessità di compiere particolari valutazioni sullo stato dei luoghi e sulle scelte operate né tantomeno di esprimere i risultati di tali valutazioni particolari in una puntuale motivazione. Come si è visto in precedenza sono infatti altre le situazioni che in sede di pianificazione urbanistica possono determinare un affidamento “qualificato”.
12.- Né può avere particolare incidenza sulle scelte urbanistiche l’esistenza di uno stato di urbanizzazione di un’area o di attività in essere. La giurisprudenza amministrativa ha infatti sul punto chiarito che l'esistenza di fabbricati, anche di recente costruzione, non può essere considerata di ostacolo all'introduzione di destinazioni urbanistiche difformi da quelle previgenti sulle corrispondenti aree di sedime (T.A.R. Lombardia Brescia, 12 gennaio 2001 , n. 2; Consiglio di Stato, sez. IV, 2 novembre 1995, n. 887).
Per quanto riguarda poi l’esistenza di immobili in zona agricola si è anche affermato che, nonostante la realizzazione di interventi edilizi sul suolo, la destinazione a verde agricolo può considerarsi pur sempre rispondente ad apprezzabili esigenze funzionali di sviluppo equilibrato e sostenibile dell'agglomerato, nonché di salvaguardia della vivibilità urbana (TAR Lombardia, Brescia, 20 ottobre 2005, n. 1043), della salubrità (Consiglio di Stato, sez. V, 19 aprile 2005, n. 1782; sez. IV, 20 settembre 2005, n. 4818 e n. 4828) e della qualità ambientale.
La destinazione a verde agricolo di un'area, che rientra nell'ampia discrezionalità del comune di orientare gli insediamenti urbani in determinate direzioni, ovvero di salvaguardare precisi equilibri dell'assetto territoriale, può, quindi, legittimamente anche essere preordinata ad un uso non strettamente agricolo, ma alla finalità di conservazione dei valori naturalistici ed ambientali e di contenimento del fenomeno di espansione dell'aggregato urbano (Consiglio di Stato, sez. IV, 25 luglio 2007, n. 4149; 3 novembre 2008, n. 5478), con una finalità che non è preclusa in radice dall'esecuzione di attività costruttive sull'area medesima, ma, anzi, concretizzabile nell'arresto di tali attività (T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 17 settembre 2009, n. 4977).
13.- In conseguenza non può ritenersi illegittima la classificazione a verde agricolo dell’area di proprietà del ricorrente e pertanto la censura centrale sollevata (soprattutto) con il primo motivo di ricorso risulta quindi infondata.
14.- Con il terzo, con il quarto, con il quinto e con il sesto motivo il ricorrente ha sostenuto, sotto diversi profili, che, nel caso in esame, la Provincia, in sede di approvazione della variante al PRG ha valicato tutti i limiti imposti dall’ordinamento in ordine all’esercizio delle funzioni conferite, con la violazione del principio di sussidiarietà verticale affermato dall’art. 118 della Costituzione.
Tali censure che possono essere esaminate congiuntamente, devono ritenersi preliminarmente inammissibili per carenza di interesse tenuto conto che al suolo di proprietà del ricorrente era stata data la destinazione E (agricola) già dal Comune, con l’atto di adozione della Variante urbanistica, e tale determinazione non è poi mutata in relazione alla complessa fase di approvazione dello strumento urbanistico, alla quale hanno partecipato anche la Provincia di Napoli e la Regione Campania, che ha portato allo stralcio di ampie aree fra le quali tutte quelle a destinazione produttiva (G1, G2, D1 e D3).
15.- In ogni caso la censura è anche infondata.
Si deve al riguardo innanzitutto escludere che gli atti della Provincia (e della Regione) siano stati emessi in violazione delle norme che regolano i rapporti fra i diversi soggetti (Comune, Provincia e Regione) che a diversi livelli operano nel complesso procedimento attraverso il quale si giunge alla definitiva approvazione di un nuovo strumento urbanistico o ad una variante del precedente strumento di pianificazione territoriale.
Del resto il procedimento di approvazione di uno strumento urbanistico (o di una sua variante) costituisce un atto complesso ineguale in ragione del fatto che deve intendersi la risultante del concorso di diversi atti di volontà, quello di livello comunale, esponenziale e rappresentativo della collettività e degli interessi locali, e quello regionale (e provinciale), espressione di un più ampio potere di indirizzo e coordinamento in materia urbanistica.
Ciò comporta che sul piano procedimentale, la dialettica che si instaura tra i diversi livelli di governo non ha una dimensione statica ed immutabile bensì presenta margini di variabilità in ragione della misura di convergenza delle valutazioni effettuate nei due diversi stadi decisori.
16.- Per quanto riguarda poi, in particolare, la questione riguardante lo stralcio, in sede di approvazione, di intere zone del Piano adottato, si deve osservare che questa Sezione (con le sentenze n. 5107, n. 5114, n. 5115 e n. 5116 del 30 settembre 2009) ha di recente affrontato la questione riguardante la legittimità degli atti di approvazione degli strumenti urbanistici con lo “stralcio” di alcune aree ed ha ricordato che la giurisprudenza ha da tempo ritenuto ammissibile l’approvazione del Piano Regolatore con lo stralcio, con o senza raccomandazioni (fra le tante: Consiglio di Stato, sez. IV, 7 settembre 2006, n. 5203; sez. IV, 2 marzo 2004, n. 960).
L'approvazione di uno strumento urbanistico con uno o più «stralci» costituiva, originariamente, un espediente escogitato per non procrastinare eccessivamente, o addirittura sine die, l'entrata in vigore di un piano che, nel suo insieme appariva meritevole di approvazione, tranne che per qualche limitato particolare aspetto.
Ciò avveniva in un quadro normativo, anteriore alla legge n. 765 del 1967, che non prevedeva la possibilità di un'approvazione «con modifiche». Lo «stralcio» veniva quindi legittimato con riferimento al principio secondo cui l'autorità cui compete approvare un atto o un provvedimento può approvarlo anche parzialmente, riservandosi un riesame per le parti residue. E poiché per il piano regolatore generale vigeva e vige la regola secondo cui esso deve riguardare la totalità del territorio comunale, si ammetteva lo «stralcio» a condizione che non lasciasse indefinito o incerto l'impianto generale dello strumento urbanistico caratterizzato dalle scelte fondamentali.
Una volta che la legge n. 765 del 1967, modificando la legge urbanistica, ha ampliato i poteri dell'autorità competente all'approvazione, consentendole, entro certi limiti ed a certe condizioni, di introdurre direttamente talune modifiche d’ufficio al piano, con lo stesso atto di approvazione, si poteva forse ritenere venuta meno quella necessità che aveva indotto ad escogitare la figura dello «stralcio».
Ma, di fatto, questa figura non è scomparsa dalla prassi e la giurisprudenza ha continuato a riconoscerne la legittimità nella considerazione che chi avrebbe il potere d'introdurre direttamente una modifica allo strumento urbanistico, facendolo entrare in vigore modificato, può anche limitarsi a sospenderne, in parte, l'approvazione, invitando il Comune a rinnovare l'esame della situazione delle aree stralciate e a formulare per le stesse una nuova proposta (Consiglio di Stato, sez. IV, 7 settembre 2006, n. 5203 cit.; sez. IV, 6 settembre 2005, n. 4563).
17.- Lo stralcio costituisce quindi uno strumento alternativo alla non approvazione del Piano, determinato dall'esigenza di economizzare attività amministrativa e di attribuire una regolamentazione urbanistica definitiva anche solo ad una parte (comunque prevalente) del territorio oggetto delle previsioni comunali.
In tale quadro, lo stralcio lascia integro ed impregiudicato il potere del Comune di riproporre una nuova disciplina urbanistica diretta a completare la pianificazione relativamente alle aree oggetto di stralcio e l'autorità comunale resta libera nell'attività di completamento della disciplina urbanistica, costituendo la motivazione dello stralcio una "raccomandazione" in funzione del (rinnovato) esercizio della potestà pianificatoria da parte dell'Ente (Consiglio di Stato, Sezione IV, 29 ottobre 2002, n. 5912).
Non assumendo poi la "raccomandazione" natura di atto autoritativo, vincolante, il Comune può recepire le indicazioni provenienti dall'autorità cui l'ordinamento riconosce il potere di approvare la strumentazione urbanistica, condividendo le considerazioni esposte da tale autorità, ovvero discostarsene motivatamente in sede di variante integrativa.
18.- La scelta di stralciare le aree destinate ad attività produttive non può peraltro ritenersi manifestamente illogica sulla base delle ragioni che sono state indicate negli atti del procedimento di approvazione della variante (in particolare nei due pareri del Comitato Tecnico Regionale e nelle relazioni allegate ai provvedimenti dell’amministrazione provinciale).
In tali atti viene infatti evidenziata la necessità che il dimensionamento delle stesse debba essere rivisto sulla base di più corrette modalità di calcolo degli spazi occupati dalle attività già esistenti e per la necessità di operare il corretto dimensionamento con riferimento a precisi indirizzi di pianificazione su scala sovra comunale (non potendosi sul punto ritenere pertinente il riferimento al P.T.C.P. adottato nel 2003 e poi ritirato dall’amministrazione provinciale per la successiva rielaborazione).
19.- In conseguenza la destinazione data all’area di proprietà del ricorrente non può ritenersi illegittima dovendosi ritenere che tale destinazione sia stata dettata per il perseguimento dell’interesse pubblico ad una migliore complessiva organizzazione del territorio comunale. Né la posizione del ricorrente può ritenersi così “qualificata”, secondo i canoni che si sono su indicati, da poter giustificare una particolare specifica motivazione sulle ragioni che hanno condotto alla impugnata scelta urbanistica.
20.- Resta da esaminare il secondo motivo di ricorso con il quale il sig. Nunziata ha lamentato la violazione della Direttiva 42/2001CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27/6/2001, la violazione degli artt. 45 e 47 della legge della Regione Campania n. 16 del 2004, difetto di istruttoria, violazione del giusto procedimento di legge, travisamento ed eccesso di potere perché la Variante impugnata è stata approvata senza che fosse mai stata effettuata una Valutazione Ambientale Strategica (VAS).
Tale censura deve ritenersi inammissibile per carenza di interesse.
Si deve infatti ricordare che la valutazione ambientale strategica (VAS) è volta a garantire che gli effetti sull’ambiente di determinati piani e programmi siano considerati durante l'elaborazione e prima dell'adozione degli stessi, così da anticipare nella fase di pianificazione e programmazione quella valutazione di compatibilità ambientale che, se effettuata (come avviene per la valutazione di impatto ambientale) sulle singole realizzazioni progettuali, non consentirebbe di compiere un'effettiva valutazione comparativa, mancando in concreto la possibilità di disporre di soluzioni alternative per la localizzazione degli insediamenti e, in generale, per stabilire, nella prospettiva dello sviluppo sostenibile, le modalità di utilizzazione del territorio (T.A.R. Umbria Perugia, 19 giugno 2006, n. 325).
Ciò chiarito non si ritiene che il ricorrente possa vantare un interesse giuridicamente rilevante a contestare l’eventuale carenza della VAS nel procedimento di approvazione della variante urbanistica impugnata, tenuto conto che il suo interesse è volto ad ottenere una destinazione non più agricola del fondo di sua proprietà e si pone quindi in un’ottica completamente contraria alle indicate finalità della VAS.
21.- Infondato risulta infine anche il settimo motivo di ricorso con il quale il signor Nunziata ha lamentato la violazione della legge regionale n. 16 del 2004 (e di altre disposizioni) in quanto la Variante è stata approvata seguendo l’iter della legge regionale del 1982 nonostante fosse entrata in vigore la nuova legge urbanistica regionale.
Il regime giuridico della variante in questione deve essere infatti mutuato dalle disposizioni di cui alla legge regionale n. 14/82 in ragione della chiara previsione di cui all’art. 45 della legge regionale n. 16 del 2004 che reca la disciplina transitoria della strumentazione in itinere al momento di entrata in vigore del precitato provvedimento normativo e prevede espressamente che gli strumenti di pianificazione urbanistica comunale, ivi comprese le varianti al P.R.G., adottati e non ancora approvati alla data di entrata in vigore della presente legge, concludono il procedimento di formazione secondo le disposizioni di cui alla disciplina previgente.
22.- Per tutti gli esposti motivi il ricorso deve essere respinto.
Si ritiene di dover tuttavia disporre la compensazione integrale fra le parti delle spese e competenze di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sede di Napoli, Sez. II, respinge il ricorso in epigrafe n. 7107 del 2008 R.G., proposto da Temistocle Nunziata.
Dispone la compensazione integrale fra le parti delle spese e competenze di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.