TAR Lombardia (MI) Sez. II n. 718 del 13 marzo 2018
Urbanistica.Somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione
Laddove i rapporti tra il privato e l’Amministrazione siano regolati da un’apposita convenzione, occorre verificare attentamente quale sia stato l’effettivo intento delle parti in ordine alla corresponsione del contributo di costruzione. In particolare, occorre chiedersi se le modalità di assolvimento dell’obbligazione del privato siano direttamente funzionalizzate all’attuazione delle trasformazioni oggetto della convenzione, ovvero non presentino tale correlazione. In tutte tali ipotesi, le obbligazioni attinenti al contributo di costruzione (e soprattutto quelle relative agli oneri di urbanizzazione) trovano la propria giustificazione causale non solo e non tanto nel carico urbanistico specificamente riconducibile alla quantità di edificazione che forma oggetto di ciascun titolo edilizio rilasciato in esecuzione della convenzione, bensì nel disegno relativo al complessivo assetto urbanistico stabilito dalla stessa convenzione quale risultato finale derivante dalla relativa attuazione. Al contrario, laddove la convenzione si limiti a disciplinare le modalità di corresponsione del contributo di costruzione, senza far emergere la specifica correlazione delle prestazioni del privato rispetto all’attuazione delle trasformazioni previste dal piano, l’obbligazione inerente al contributo rimane correlata soltanto al carico urbanistico ascrivibile allo specifico intervento oggetto di ciascun titolo edilizio, secondo i principi sopra richiamati.
Pubblicato il 13/03/2018
N. 00718/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01504/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1504 del 2014, proposto da:
Penta Re s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Massimo Giavazzi, con domicilio ex lege presso la Segreteria del Tribunale Amministrativo Regionale, in Milano, Via Filippo Corridoni, 39;
contro
Comune di Bernareggio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Umberto Grella, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Via Cesare Battisti, 21;
per la condanna
del Comune di Bernareggio a pagare alla ricorrente la somma di euro 189.944,54 o la diversa somma che risultasse in corso di causa, oltre agli interessi legali dal 19 luglio 2013 al saldo effettivo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Bernareggio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2017 la dott.ssa Floriana Venera Di Mauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso portato alla notifica il 9 maggio 2014 e depositato il successivo 13 maggio, la società Penta RE a r.l. ha agito per ottenere la condanna del Comune di Bernareggio al pagamento in suo favore della somma di euro 189.944,54 o della diversa somma che risultasse dovuta in corso di causa, maggiorata degli interessi legali dal 19 luglio 2013 al saldo effettivo; somma pretesa dalla ricorrente a titolo di parziale rimborso degli oneri di urbanizzazione secondaria corrisposti in relazione all’intervento edificatorio oggetto del permesso di costruire n. 7/2009 e successive varianti, a causa della mancata realizzazione di parte delle opere assentite.
2. Secondo quanto esposto nel ricorso e risultante dalla documentazione a esso allegata, il Comune di Bernareggio ha rilasciato alle società Palam s.p.a. e Robbiati s.r.l. il permesso di costruire n. 7/2009 del 23 giugno 2009, avente ad oggetto la realizzazione di due corpi di fabbrica nell’ambito di un piano per gli insediamenti produttivi (PIP), regolato da una convenzione precedentemente prorogata con deliberazione del Consiglio comunale n. 23 del 22 aprile 2009.
L’intervento oggetto del permesso di costruire presentava una superficie lorda di pavimento (SLP) di progetto di 16.685,76 e, a fronte di tale prevista realizzazione, il Comune aveva quantificato il contributo di costruzione in complessivi euro 647.240,25, di cui euro 558.138,34 per oneri di urbanizzazione secondaria ed euro 89.101,90 per contributo per lo smaltimento dei rifiuti. Non era, invece, dovuta la corresponsione di alcuna somma a titolo di oneri di urbanizzazione primaria.
Il permesso di costruire è stato poi volturato in favore dell’odierna ricorrente Penta RE ed è stato, quindi, oggetto di numerose varianti, per cui l’assetto finale dell’intervento prevedeva la realizzazione non più di due corpi di fabbrica, bensì di quattro lotti, denominati A, B, C e D.
Quest’ultimo lotto, tuttavia, non è stato realizzato entro i termini di efficacia del titolo edilizio.
Con provvedimento del 9 agosto 2013, emesso in relazione a un’istanza di permesso di costruire in variante presentata dalla società, il Comune ha poi affermato – tra l’altro – l’impossibilità di prorogare il permesso di costruire.
Secondo quanto allegato nel ricorso, la realizzazione dell’intervento sarebbe stata poi preclusa dalla sopravvenienza del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) di Monza e della Brianza, che avrebbe reso l’area inedificabile.
Va, infine, evidenziato che, con nota inviata mediante posta elettronica certificata in data 19 luglio 2013, Penta RE ha chiesto al Comune il rimborso della quota degli oneri versati, al rilascio del titolo edilizio del 2009, con riferimento alla parte di intervento non realizzata.
3. Non avendo ottenuto il rimborso richiesto, la società ha proposto il presente giudizio, con il quale ha allegato il carattere indebito delle somme versate in relazione al rilascio del permesso di costruire del 2009 e commisurate alle superfici non realizzate, e ha domandato la condanna del Comune alla restituzione dei relativi importi.
Più in dettaglio, la ricorrente ha affermato che:
- la SLP prevista dal permesso di costruire del 2009 e in relazione alla quale sono stati corrisposti a suo tempo gli oneri di urbanizzazione secondaria e il contributo per lo smaltimento dei rifiuti era pari, come detto, a 16.685,76 mq;
- a seguito delle varianti al titolo, la superficie in progetto si è ridotta a 13.420,41 mq, dei quali 1.853,40 mq imputabili al lotto D, non realizzato;
- la superficie non effettivamente realizzata, rispetto a quanto previsto dal permesso di costruire originario, ammonterebbe a mq 4.896,74 (al netto di due atti di cessione di volumetria agli acquirenti degli immobili effettivamente realizzati, per complessivi mq 220,00);
- conseguentemente, la società sarebbe creditrice del Comune per il complessivo importo di euro 189.944,54 derivante dalla somma dei maggiori oneri di urbanizzazione secondaria versati per 163.795,95 euro (4.896,74 x 33,45) e della maggior somma pagata a titolo di contributo per lo smaltimento dei rifiuti per euro 26.148,59 (4.896,74 x 5,34).
4. In data 24 dicembre 2014 il Comune di Bernareggio si è costituito in giudizio, con mera memoria formale.
5. L’11 ottobre 2017, in prossimità dell’udienza pubblica fissata per la trattazione della causa, Penta Re ha depositato una memoria corredata da documentazione.
5.1 In particolare – per quanto qui rileva – la ricorrente ha depositato copia delle reversali di incasso dei pagamenti effettuati.
5.2 Ha, inoltre, precisato nella suddetta memoria l’importo del credito vantato nei confronti del Comune in euro 198.555,92. Al riguardo, la parte ha affermato che l’indicazione di una somma minore nel ricorso (come detto, euro 189.944,54) fosse stata dovuta allo scomputo delle SLP che Penta Re aveva alienato, mediante cessione di volumetria, agli acquirenti dei fabbricati realizzati. Tuttavia, la suddetta cessione non sarebbe stata ritenuta dall’Amministrazione quale modalità idonea ad assolvere gli oneri dovuti da parte dell’acquirente, per cui i relativi importi sarebbero stati nuovamente posti a carico della ricorrente. Da ciò la necessità di rideterminare in aumento le superfici in relazione alle quali sarebbero stati corrisposti oneri non dovuti.
5.3 Infine, la ricorrente ha sottolineato la circostanza che, nella delibera di costituzione in giudizio, il Comune aveva affermato di non ravvisare l’immediata esigenza di restituzione degli oneri, perché l’eventuale accoglimento del ricorso proposto dalla stessa Penta RE contro il PTCP avrebbe consentito di completare l’intervento edificatorio progettato. Tuttavia, la pretesa di trattenere gli oneri versati in eccesso dalla ricorrente sarebbe stata mantenuta dall’Amministrazione anche dopo che il Comune e la società – in un momento successivo alla proposizione del ricorso – hanno acclarato la compatibilità dell’intervento con il PTCP, avviando quindi la stipulazione di un nuovo piano attuativo relativo alle sole opere non ancora eseguite.
In altri termini, la parte stigmatizza la circostanza che, a seguito della stipulazione della nuova convenzione, gli oneri relativi a tali opere verrebbero ad essere pretesi due volte dall’Amministrazione (una prima volta per effetto dei pagamenti effettuati in dipendenza del permesso di costruire del 2009 e una seconda volta a seguito della stipulazione della nuova convenzione).
6. La stessa ricorrente ha, poi, depositato una ulteriore memoria il 31 ottobre 2017.
7. Il 14 novembre 2017 la difesa comunale ha depositato una memoria, con la quale:
- ha chiesto il rinvio della causa per la trattazione congiunta con il ricorso RG 177/2014, avente ad oggetto il diniego di proroga del permesso di costruire n. 7/2009;
- ha affermato che la ricorrente avrebbe accettato di espungere dal testo della nuova convenzione urbanistica il riferimento agli importi già versati in dipendenza del precedente titolo edilizio, con ciò prestando acquiescenza alla pretesa comunale di trattenere definitivamente gli oneri già corrisposti, senza alcun rimborso o alcuna compensazione in dipendenza del rinnovato accordo inerente alla realizzazione delle opere non eseguite;
- ha sostenuto che, in ogni caso, gli importi originariamente versati non potrebbero essere restituiti, in quanto l’intervento non era legittimato da un titolo edilizio “semplice”, ma era oggetto di una convezione urbanistica, nella quale la parte privata aveva assunto l’obbligazione di pagare gli oneri dipendenti dall’attuazione del PIP; conseguentemente, il Comune avrebbe contato sull’incasso degli importi pattuiti ai fini della realizzazione degli ulteriori interventi resi necessari dalla realizzazione dell’insediamento produttivo.
8. Con un ulteriore scritto difensivo, depositato il 18 novembre 2017, la ricorrente ha eccepito l’inammissibilità della memoria comunale, in quanto esorbitante dai contenuti tipici assegnati dalla disciplina processuale alle repliche.
In subordine, in caso di ritenuta ammissibilità della produzione avversaria, la società ha chiesto di reputare ammissibile anche le proprie ulteriori difese. In questa prospettiva, Penta RE ha contestato le tesi dell’Amministrazione e le stesse circostanze da questa allegate, e ha, inoltre, prodotto ulteriore documentazione, comprendente – tra l’altro – l’originaria convenzione urbanistica del 1998, accessoria al PIP.
La ricorrente ha, infine, chiesto la condanna del Comune per lite temeraria.
9. A ciò è seguita l’ulteriore produzione di documenti da parte del Comune, in data 30 novembre 2017.
10. La causa è stata, infine, chiamata e discussa all’udienza pubblica del 5 dicembre 2017 ed è quindi passata in decisione.
11. Il Collegio non può esimersi, preliminarmente, dal riscontrare la fondatezza dell’eccezione di tardività della memoria comunale del 14 novembre 2017.
11.1 La suddetta memoria è stata, infatti, depositata nel termine stabilito, ai sensi dell’articolo 73, comma 1 c.p.a., per la presentazione delle repliche. Queste ultime, tuttavia, devono essere riferite “ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell'udienza”. Si tratta, quindi, di scritti difensivi che – per ragioni di pienezza del diritto alla difesa e, in particolare, di garanzia della parità delle armi tra le parti – non hanno contenuto libero, ma possono soltanto controbattere alle produzioni avversarie (cfr., ex multis, Cons. Stato, 15 aprile 2013, n. 2042 sull’inammissibilità della produzione di repliche in assenza di memorie difensive depositate dalla controparte), salva la possibilità per il Collegio di accordare la presentazione tardiva di memorie e documenti, pur sempre nel rispetto del contraddittorio, “qualora la produzione nel termine di legge sia risultata estremamente difficile” (articolo 54, comma 1 c.p.a.).
11.2 La memoria censurata esorbita palesemente dai limiti di contenuto assegnati dalla legge alle repliche, atteso che lo scritto non controbatte specificamente alle produzioni effettuate dalla parte ricorrente in vista dell’udienza, ma costituisce l’atto processuale mediante il quale l’Amministrazione resistente articola per la prima volta le proprie difese, prendendo posizione su quanto dedotto nel ricorso introduttivo del giudizio.
Né può ravvisarsi alcuna ragione – peraltro, neppure prospettata dalla parte – per la quale la produzione entro il termine per il deposito delle memorie sia risultata particolarmente difficile.
11.3 Il Collegio deve perciò rimarcare che il comportamento processuale della parte resistente non può considerarsi espressione di una legittima strategia difensiva, poiché le norme concernenti i termini a difesa assegnati alle parti, come detto, sono poste a presidio di interessi di rango costituzionale, primo fra tutti il diritto alla difesa (art. 24 Cost.), che è assicurato anzitutto dall’ordinato svolgimento del processo e dalla fissazione di tempi adeguati e uguali per tutti i contendenti per le rispettive produzioni.
Nel caso oggetto del presente giudizio, la memoria tardiva del Comune ha comportato, nei fatti, un ulteriore deposito difensivo (memoria e documenti) della parte ricorrente, con totale stravolgimento delle previsioni dell’articolo 73 c.p.a.
11.4 Va, invece, autorizzato il deposito documentale del Comune del 30 novembre 2017, concernente la deliberazione della Giunta comunale di approvazione del piano attuativo avente ad oggetto la realizzazione del lotto D, assunta solo il 23 novembre 2017, con l’allegata bozza di convenzione e la planimetria dell’intervento definitivamente approvato.
12. Ciò posto, il Collegio ritiene comunque di non poter accedere alla richiesta dell’Amministrazione di rinviare l’udienza ai fini della trattazione congiunta della causa con il ricorso R.G. 177 del 2014.
Quest’ultimo giudizio non è diretto, infatti, a ottenere l’annullamento del diniego di proroga del permesso di costruire, ma reca soltanto una domanda di risarcimento del danno, correlata all’adozione del predetto provvedimento. La situazione di fatto e di diritto prospettata da Penta RE nel presente giudizio non verrebbe, perciò, a essere modificata in caso di accoglimento di quel ricorso, atteso che, anche in una tale eventualità, non verrebbero meno gli effetti del diniego di proroga.
Da ciò l’insussistenza di ragioni che impongano la trattazione congiunta delle cause.
13. Nel merito il ricorso è fondato e va accolto. E, al riguardo, deve pure aggiungersi che, in ogni caso, tale conclusione non è confutata, ma è anzi avvalorata, dalle pur tardive produzioni della difesa comunale.
Per completezza espositiva tali difese verranno quindi prese comunque in considerazione nel prosieguo della trattazione, come pure le conseguenti ulteriori produzioni della ricorrente, che vanno anch’esse esaminate, a garanzia della pienezza del contraddittorio, unitamente alle prime. Ciò ferma restando la valutazione del comportamento processuale della parte resistente ai fini della decisione sulle spese.
14. La questione oggetto del giudizio attiene all’accertamento della sussistenza del diritto alla restituzione delle maggiori somme versate a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria e di contributo per lo smaltimento dei rifiuti per la parte riferita alle opere non realizzate nell’ambito di quelle assentite con il permesso di costruire n. 7/2009, avente ad oggetto la costruzione di capannoni industriali a seguito di assegnazione di aree nell’ambito di un PIP.
15. Va preliminarmente escluso che la ricorrente abbia prestato acquiescenza alla pretesa comunale di trattenere tali maggiori importi.
L’acquiescenza è infatti configurabile, sul piano logico e giuridico, soltanto a fronte dell’esercizio di poteri autoritativi dell’Amministrazione. Laddove, invece, si faccia questione, come nel caso oggetto del presente giudizio, di rapporti di diritto-obbligo tra le parti, potrà – al più – parlarsi di rinuncia al proprio diritto o di riconoscimento del debito, ma non di accettazione degli effetti del provvedimento eventualmente illegittimo.
Peraltro, anche tali eventualità non sono riscontrabili nel caso di specie.
Il nuovo accordo si limita, infatti, a disciplinare le obbligazioni nascenti dalle previsioni del nuovo piano, senza nulla dire in ordine ai pregressi rapporti tra le parti. Le pattuizioni sono, quindi, del tutto neutre sotto tale profilo. Circostanza, questa, che è del resto comprensibile, stante la pendenza del contenzioso oggetto del presente giudizio al tempo della negoziazione della nuova convenzione e, quindi, l’esistenza di una situazione non definita tra le parti in relazione ai rapporti preesistenti.
16. Escluso, pertanto, che la ricorrente abbia comunque acconsentito alla pretesa comunale, deve ricordarsi che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, il contributo di costruzione è strettamente correlato all'attività di trasformazione del territorio. Conseguentemente, ove tale circostanza non si verifichi, il relativo pagamento risulta privo della causa dell'originaria obbligazione di dare. Da ciò l’ulteriore corollario che, allorché si dia luogo alla rinuncia al permesso di costruire o questo rimanga inutilizzato, ovvero nelle ipotesi di intervenuta decadenza del titolo edilizio, sorge in capo alla p.a., anche ai sensi dell’articolo 2033 c.c. o, comunque, dell’articolo 2041 c.c., l'obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, e il diritto del privato a pretenderne la restituzione (Cons. Stato, Sez. V, 23 giugno 2003 n. 3714; Id., 12 giugno 1995, n. 894; Id. 2 febbraio 1988, n. 105; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 1° marzo 2017, n. 496; Id., 7 gennaio 2016, n. 12; Id., 15 dicembre 2015, n. 2642; Id. 22 ottobre 2014, n. 2527; TAR Lazio, Sez. II bis, 10 novembre 2015, n. 12693; TAR Umbria, 27 febbraio 2014, n. 135).
La giurisprudenza ha, poi, avuto modo di chiarire che il diritto alla restituzione del contributo di costruzione sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente (in questo senso: TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 496 del 2017, cit.; Id. n. 12 del 2016, cit.; Id., n. 2642 del 2015, cit.; Id. 24 marzo 2010, n.728; TAR Lazio, n. 12693 del 2015, cit.; per il diritto al rimborso del contributo in caso di mancata costruzione di uno dei tre edifici previsti nel complessivo intervento edilizio: Cons. Stato, Sez. V, 23 giugno 2003, n. 3714).
17. Ciò posto, deve pure tenersi presente che, se ciò vale, in linea di principio, nelle ipotesi di rilascio di un ordinario permesso di costruire, tuttavia la situazione dei rapporti di diritto-obbligo gravanti tra le parti può atteggiarsi diversamente quando il titolo edilizio sia chiesto e ottenuto in esecuzione di previsioni contenute in una convenzione urbanistica.
17.1 Laddove, infatti, i rapporti tra il privato e l’Amministrazione siano regolati da un’apposita convenzione, occorre verificare attentamente quale sia stato l’effettivo intento delle parti in ordine alla corresponsione del contributo di costruzione.
In particolare, occorre chiedersi se le modalità di assolvimento dell’obbligazione del privato siano direttamente funzionalizzate all’attuazione delle trasformazioni oggetto della convenzione, ovvero non presentino tale correlazione. Esempi del primo caso sono riscontrabili tipicamente nelle ipotesi di realizzazione di opere di urbanizzazione a scomputo degli oneri dovuti, o di opere che il privato accetti di realizzare in aggiunta agli oneri dovuti, o ancora laddove la convenzione disciplini le opere da realizzarsi da parte dell’Amministrazione, prevedendo tuttavia l’accollo del relativo onere economico, con varie modalità, a carico del privato.
In tutte tali ipotesi, le obbligazioni attinenti al contributo di costruzione (e soprattutto quelle relative agli oneri di urbanizzazione) trovano la propria giustificazione causale non solo e non tanto nel carico urbanistico specificamente riconducibile alla quantità di edificazione che forma oggetto di ciascun titolo edilizio rilasciato in esecuzione della convenzione, bensì nel disegno relativo al complessivo assetto urbanistico stabilito dalla stessa convenzione quale risultato finale derivante dalla relativa attuazione.
Al contrario, laddove la convenzione si limiti a disciplinare le modalità di corresponsione del contributo di costruzione, senza far emergere la specifica correlazione delle prestazioni del privato rispetto all’attuazione delle trasformazioni previste dal piano, l’obbligazione inerente al contributo rimane correlata soltanto al carico urbanistico ascrivibile allo specifico intervento oggetto di ciascun titolo edilizio, secondo i principi sopra richiamati.
17.2 Le diverse modalità di atteggiarsi della volontà delle parti nella strutturazione delle obbligazioni nascenti dalla convenzione urbanistica non possono che riflettersi sulle conseguenze dell’eventuale mancata realizzazione, in tutto o in parte, delle trasformazioni previste dai titoli edilizi rilasciati in esecuzione dell’accordo.
Ove, infatti, gli impegni assunti dal privato siano funzionali alla complessiva realizzazione dell’assetto urbanistico stabilito dal piano attuativo, la mancata esecuzione degli interventi privati non farà venir meno la causa giustificativa delle obbligazioni attinenti alla realizzazione di opere pubbliche, essendo queste obbligazioni stabilite in funzione dell’attuazione del piano, e non del singolo e specifico intervento edificatorio assentito con il titolo edilizio.
Nel caso opposto, ossia laddove (e per la parte in cui) le obbligazioni previste a carico del privato dalla convenzione urbanistica non presentino tale correlazione, dovrà concludersi per l’applicazione degli ordinari principi e, quindi, per la ripetibilità delle eventuali quote di contributo commisurate (esclusivamente) alle parti di intervento non effettivamente realizzate.
18. Nel caso oggetto del presente giudizio, emerge chiaramente dalla lettura della convenzione urbanistica che, al momento dell’assegnazione delle aree, il Comune aveva assunto su di sé la realizzazione delle necessarie opere di urbanizzazione primaria del contesto produttivo e che il prezzo dell’assegnazione includeva la quota dovuta dal privato in dipendenza della realizzazione di tali infrastrutture.
Quanto, invece, alla quota di contributo commisurata alle opere di urbanizzazione secondaria e agli oneri connessi allo smaltimento dei rifiuti, questa era dovuta al rilascio dei singoli titoli edilizi, in correlazione con le quantità di edificazione ivi previste, e non era posta in relazione con la realizzazione di alcuno specifico intervento funzionale all’insediamento industriale o ad altre finalità di interesse pubblico comunque indicate dall’Amministrazione.
19. Dalla lettura della convenzione emerge, perciò, che lo stretto nesso di correlazione di cui si è detto tra le obbligazioni del privato e le trasformazioni previste dal piano e dalla convenzione è riscontrabile soltanto con riferimento alle quote versate dall’assegnatario a titolo di contributo per l’urbanizzazione primaria.
Quanto agli oneri commisurati alle opere di urbanizzazione secondaria e allo smaltimento dei rifiuti, tale nesso non è, invece, ravvisabile. Conseguentemente, con riguardo a queste quote di contributo non possono che trovare applicazione gli ordinari principi, in base ai quali – come detto – la giustificazione causale dell’obbligazione risiede nell’attuazione dell’intervento oggetto del permesso di costruire.
Deve aggiungersi, poi, che questa conclusione non muta in considerazione della circostanza che, nel caso di specie, trattandosi di permesso di costruire per interventi da realizzare su aree oggetto di assegnazione nell’ambito di un PIP, il privato fosse obbligato a costruire i capannoni industriali progettati. Va, infatti, tenuto concettualmente distinto il profilo attinente all’inadempimento dell’obbligazione di realizzazione dei capannoni (inadempimento le cui conseguenze trovano la propria disciplina in specifiche previsioni della convenzione, oltre che negli ordinari principi), da quello concernente l’obbligazione relativa alle quote di contributo sopra dette; obbligazione che mantiene la propria causa giustificativa nella circostanza di fatto dell’effettiva realizzazione dei manufatti industriali. In altri termini, l’eventuale possibilità per l’Amministrazione di reagire all’incompleta realizzazione degli interventi non fa venir meno il dato di fatto della mancanza di giustificazione causale del contributo versato dal privato in relazione a opere non eseguite e, quindi, in difetto del presupposto dell’incremento del carico urbanistico.
20. Alla luce delle considerazioni sin qui esposte, deve perciò ritenersi sussistente il diritto del privato, ai sensi dell’articolo 2033 c.c., alla restituzione delle somme a suo tempo versate per le opere non effettivamente realizzate, a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria e di contributo per lo smaltimento dei rifiuti.
L’Amministrazione va, quindi, condannata al pagamento dei relativi importi, maggiorato degli interessi legali, dovuti fino al soddisfo, e decorrenti, in conformità al disposto dell’articolo 2033 c.c., dalla domanda giudiziale (Cass. civ., Sez. III, 7 maggio 2007, n. 10297; Cons. Stato, Sez. IV, 26 maggio 2006, n. 3189; TAR Lombardia, Sez. II, 7 gennaio 2016, n. 12).
21. L’Amministrazione soccombente va, inoltre, condannata al pagamento delle spese oggetto del presente giudizio.
Al riguardo, il Collegio non ravvisa i presupposti per l’applicazione della disciplina sulla lite temeraria, invocata da Penta RE.
Le spese vanno, tuttavia, liquidate tenendo conto del complessivo comportamento processuale delle parti e, specificamente, dell’aggravio difensivo determinato, a carico della ricorrente, dalle produzioni tardive del Comune. In considerazione di quanto precede, il relativo importo va, perciò, determinato in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre IVA, c.p.a., oneri per spese generali nella misura del quindici per cento e rimborso del contributo unificato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, condanna il Comune di Bernareggio al pagamento, in favore della ricorrente, delle somme di cui in motivazione, maggiorate degli interessi legali dalla domanda giudiziale sino al soddisfo.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida nell’importo di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre IVA, c.p.a., oneri per spese generali nella misura del quindici per cento e rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Mario Mosconi, Presidente
Stefano Celeste Cozzi, Consigliere
Floriana Venera Di Mauro, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Floriana Venera Di Mauro Mario Mosconi