 T.A.R. SICILIA (CT) Sez.II n.57 del 14 gennaio 2011
T.A.R. SICILIA (CT) Sez.II n.57 del 14 gennaio 2011
Urbanistica.Risanamento conservativo
Non può integrare la tipologia del restauro conservativo un intervento edilizio che si sia sviluppato attraverso la cospicua (o maggioritaria) realizzazione di elementi strutturali del tutto nuovi, che si affiancano a pochi relitti murari preesistenti e costituiscono larga percentuale della complessiva superficie muraria, soprattutto allorquando siano lasciati integri solo alcuni elementi strutturali preesistenti allo scopo di costituire un simbolico paravento della nuova costruzione.
N. 00057/2011 REG.PROV.COLL.
 
 N. 03086/2008 REG.RIC.
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
 
 sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 sul ricorso numero di registro generale 3086 del 2008, proposto da: 
 Impresa Ruggeri Francesco, rappresentato e difeso dall'avv. Nazareno Pergolizzi,  con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar Catania; 
 contro
 Comune di Milazzo in persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall'avv.  Salvatore Amato, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar; 
 per l'annullamento
 dell’ordinanza n. 239 del 26.09.2008 con la quale è stato denegato il rilascio  della C.E. in sanatoria richiesta ex art. 13 L. 47/1985;
 
 Visti il ricorso e i relativi allegati;
 Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Milazzo in persona del  Sindaco P.T.;
 Viste le memorie difensive;
 Visti tutti gli atti della causa;
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2010 il dott. Francesco  Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO
 La ricorrente impresa Ruggeri Francesco ha acquistato la proprietà di un  immobile di antica costruzione sito in territorio del Comune di Milazzo; ha  successivamente ottenuto a proprio favore la voltura della autorizzazione n.  269/06, già rilasciata alla precedente proprietaria dell’edificio, avente ad  oggetto il restauro conservativo dell’immobile; ha infine comunicato l’avvio dei  lavori così autorizzati.
 A seguito di un sopralluogo della Polizia Municipale è stata contestata  l’illegittima attività di demolizione e contestuale ricostruzione dell’edificio,  cui è seguito il sequestro del cantiere.
 L’impresa ricorrente ha allora presentato domanda ex art. 13 della L. 47/1985  per ottenere l’autorizzazione edilizia in sanatoria; ma il Comune ha respinto  l’istanza con provvedimento n. 239 del 26.09.2008 - intimando anche la  demolizione dell’abuso - rilevando che, sebbene sia stata mantenuta la sagoma e  la volumetria del preesistente edificio, l’intervento realizzato rientra nel  concetto di “ricostruzione edilizia” e non di “restauro conservativo” che è  l’unica forma di trasformazione del territorio consentita nella zona dalle  N.T.A. del PRG.
 Avverso tale provvedimento è stato ritualmente proposto il ricorso in epigrafe,  con il quale si denuncia:
 violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della L. 47/1985 - violazione e  falsa applicazione dell’art. 31, co. 1, lett. c) della L. 457/1978 - eccesso di  potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria;
 In sintesi, la ricorrente ritiene che il provvedimento impugnato si basi su una  istruttoria erronea e/o incompleta, dato che i lavori realmente eseguiti sono  consistiti solo nella parziale sostituzione di alcune parti del preesistente  edificio che, in quanto fatiscenti, si stavano disgregando già con l’inizio dei  lavori. L’attività espletata, quindi, prosegue la ricorrente, integra pienamente  il concetto giuridico di restauro conservativo per il quale era stato rilasciato  dal Comune apposito titolo.
 Si è costituito in giudizio per resistere l’intimato Comune di Milazzo.
 Con ordinanza n. 314/09 è stata respinta la domanda cautelare allegata al  ricorso.
 Con ordinanza istruttoria n. 494/09 questa Sezione ha disposto verificazione  nominando il Dirigente dell’Ufficio del Genio civile di Messina, con il compito  di accertare “la effettiva sussistenza e, in caso affermativo, la rilevanza  quantitativa - nell’ambito dell’edificio oggetto di causa - di elementi  strutturali preesistenti (muri perimetrali od altro), residuati dalla vecchia  struttura dell’immobile, che sarebbero stati lasciati intatti nel corso dei  lavori eseguiti dalla ditta ricorrente, ed ai quali sarebbero state accorpate ed  aggiunte le nuove costruzioni in c.a. e laterizi costituenti il novum della  costruzione”.
 In data 17 giugno 2010 il verificatore ha depositato la relazione, munita di  allegati, e la propria nota spese.
 In vista dell’udienza pubblica del 2 dicembre 2010 la ricorrente ha depositato  in data 10 novembre 2010 una perizia giurata ed il successivo giorno 18 una  memoria difensiva; quest’ultima è stata però messa in busta chiusa dagli uffici  di Segreteria in quanto ritenuta tardiva.
 All’udienza, la causa è passata in decisione.
 DIRITTO
 1. Preliminarmente, deve essere valutata la tempestività del deposito della  memoria difensiva eseguito in data 18.11.2010 in vista dell’udienza pubblica  fissata per il 2.12.2010.
 La memoria è da ritenere senz’altro depositata fuori termine, e non può essere  quindi tenuta in considerazione ai fini della decisione. Al riguardo va  ricordato che l’art. 73 del nuovo codice del processo amministrativo approvato  col D. Lgs. 104/2010 prevede che le memorie difensive debbano essere depositate  almeno 30 giorni liberi antecedenti l’udienza di trattazione, termine che nel  caso di specie non risulta evidentemente rispettato. Né potrebbe sostenersi  l’applicabilità del “vecchio” termine di dieci giorni previsto dalla previgente  legislazione (art. 23 L. Tar), come argomentato oralmente in udienza dal  difensore della ricorrente. In proposito, si rileva che il regime transitorio  dettato dall’art. 2, della parte IV del c.p.a., stabilisce che solo “Per i  termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice continuano a  trovare applicazione le norme previgenti.”. Orbene, partendo dalla premessa che  il termine del “vecchio rito” per il deposito delle memorie difensive pari a  dieci giorni liberi antecedenti l’udienza non era “in corso” (ossia, pendente)  alla data di entrata in vigore del nuovo codice (16 settembre 2010), viene meno  il presupposto di diritto che consentirebbe l’applicabilità del regime  processuale previgente. Si ribadisce al riguardo che non è la data dell’atto di  fissazione dell’udienza pubblica, ma la condizione di “pendenza” del termine, a  determinare l’applicazione del vecchio regime processuale.
 Né potrebbe invocarsi - come anche sostenuto - l’istituto dell’errore scusabile,  atteso che i termini processuali per il deposito delle memorie d’udienza sono  chiari, non possono determinare dubbi interpretativi, e soprattutto erano  pienamente vigenti (e rispettabili) in considerazione del fatto che il decreto  di fissazione dell’udienza pubblica è del 2.09.10, il nuovo codice è entrato in  vigore in data 16.09.2010, l’udienza pubblica è stata fissata per dopo circa tre  mesi dalla decretazione, ossia il 2.12.2010; ne consegue che parte ricorrente  avrebbe ben potuto conoscere la vigenza delle nuove norme ed avrebbe goduto  pacificamente dei tempi tecnici ivi stabiliti per approntare le proprie difese.
 2. Nel merito, il ricorso è infondato e va respinto.
 Dalla relazione di verificazione è emerso che “l’unico elemento strutturale  preesistente residuato dalla vecchia struttura dell’immobile (…) è un muro che  adesso si trova a tergo della struttura realizzata (…) e il muro di perimetro  della cisterna (…) che in gran parte risulta interrato e giace su terreno  fortemente scosceso.”.
 Si può, quindi, concludere - anche grazie all’ausilio dei grafici allegati alla  relazione - che solo il muro di fondo della vecchia costruzione è rimasto  inalterato, mentre gli altri lati dell’edificio, le tramezzature interne e le  coperture sono elementi costruttivi assolutamente nuovi.
 Tale conclusione risulta peraltro avallata anche dai dati evidenziati nella  consulenza di parte depositata dalla ricorrente, nella quale si corrobora  (involontariamente) la tesi dell’amministrazione resistente laddove si  sottolinea che la parte residua è pari a circa il 50% della superficie muraria,  mentre oltre il 40% della stessa sarebbe di nuova costruzione.
 Per di più, si evince dalla pianta allegata alla relazione di verificazione che  il muro preesistente lasciato integro solo a tergo della costruzione non sia  stato inglobato nell’edificio fino a costituire una parte integrante (seppur  minore) della superficie muraria, ma è stato lasciato in piedi con funzione  quasi simbolica (a voler testimoniare un “restauro” più presunto che reale),  dato che in aderenza alla vecchia parete risulta tracciata in pianta una  muratura nuova che corre parallela e si chiude in cerchio con le altre nuove  pareti.
 Quindi, non si è in presenza - come si assume in ricorso - di un restauro  conservativo, definito dall’art. 20, lett. c, della L.R. 71/1978 come  “interventi di restauro e di risanamento conservativo: quelli rivolti a  conservare l' organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un  insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici,  formali e strutturali dell' organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso  con essi compatibili.”.
 E’ stato, infatti, precisato che “Devono considerarsi interventi di restauro e  di risanamento conservativo quelli che rispettano gli elementi tipologici,  formali e strutturali del complesso edilizio sul quale è opportuno agire, così  come stabilito dall'art. 20 l. reg. sic. 27 dicembre 1978 n. 71” (C.G.A.  356/1994), e che “Sono qualificabili interventi di restauro e risanamento  conservativo gli interventi sistematici che, pur con rinnovo di elementi  costitutivi dell'edificio preesistente, ne conservano tipologia, forma e  struttura; per contro, rientrano nella nozione di ristrutturazione edilizia le  opere rivolte a creare un organismo in tutto o in parte diverso da quello  oggetto di intervento.” (Cons. Stato, IV, 2981/2008).
 In conclusione, non può integrare la tipologia del restauro conservativo un  intervento edilizio che si sia sviluppato attraverso la cospicua (o  maggioritaria) realizzazione di elementi strutturali del tutto nuovi, che si  affiancano a pochi relitti murari preesistenti e costituiscono larga percentuale  della complessiva superficie muraria, soprattutto allorquando siano lasciati  integri solo alcuni elementi strutturali preesistenti allo scopo di costituire  un simbolico paravento della nuova costruzione.
 Il ricorso va pertanto respinto, e la ricorrente sopporterà le spese processuali  indicate in dispositivo, comprese le spese concernenti la verificazione che  saranno liquidazione con separato decreto presidenziale ai sensi dell’art. 66,  co. 4, del c.p.a.
 P.Q.M.
 definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
 Spese a carico dell’impresa ricorrente per Euro 2.500 oltre IVA, CPA e spese  generali.
 Dispone l’invio del fascicolo al Presidente della Sezione, a cura della  Segreteria, per la liquidazione del compenso del verificatore
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2010 con  l'intervento dei magistrati:
 Salvatore Schillaci, Presidente FF
 Pancrazio Maria Savasta, Consigliere
 Francesco Bruno, Primo Referendario, Estensore
 
 
 L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 14/01/2011
 
                    




