Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Cass. Sez. III n.29226 del 7 agosto 2025 (UP 2 lug 2025)
Pres. Ramacci Est. Bucca Ric.Mattiace
Caccia e animali.Caratteristiche della caccia di selezione
La caccia di selezione non postula né comporta un periodo di caccia generalizzata, rispondendo invece ad altri criteri e ad altre finalità, che prevedono piani di abbattimento ed in genere un'attività di programmazione per tenere inalterato un determinato ambiente naturale
Consiglio di Stato Sez. III n. 6840 del 1 agosto 2025
Caccia e animali.Presupposti del divieto di detenzione di armi
A prescindere dalle risultanze e dagli esiti penali, la valutazione sull’affidabilità dell’interessato può essere fondata su fatti significativi ai fini dell'applicazione dell'art. 39 TULPS (r.d. n. 773 del 1931). In particolare, qualora risultino circostanze comunque connesse all'uso delle armi e alla finalità di detenzione delle stesse (ad esempio, come nel caso in esame, caccia con strumenti proibiti e deposito improprio delle munizioni), si può desumere la insussistenza in capo al titolare dell'autorizzazione delle sufficienti garanzie di non abusare. L'art. 39 TULPS attribuisce infatti alla Prefettura la facoltà di vietare la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti quando sia riscontrabile una capacità “di abusarne”, mentre il successivo art. 43 consente alla competente autorità - in sede di rilascio o di ritiro dei titoli abilitativi - di valutare non solo tale capacità di abuso, ma anche, in alternativa, l'assenza di una buona condotta, per la commissione di fatti, pure se estranei alla gestione delle armi, che non rendano i richiedenti meritevoli di ottenere o di mantenere la licenza di polizia, non occorrendo al riguardo un giudizio di pericolosità sociale dell'interessato. L'inaffidabilità all'uso delle armi è idonea a giustificare il ritiro, o il mancato rilascio, della licenza, senza che occorra dimostrarne l'avvenuto abuso, essendo sufficiente l'esistenza di elementi che fondino solo una ragionevole previsione di un uso inappropriato. La valutazione del Prefetto è caratterizzata da ampia discrezionalità ed ha lo scopo di prevenire, per quanto possibile, non solo i delitti, ma anche i sinistri involontari, che potrebbero avere occasione per la disponibilità di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili. Il giudizio alla base di tale provvedimento di divieto non è quindi un giudizio di pericolosità sociale bensì un giudizio prognostico sull'affidabilità del soggetto e sull'assenza di rischio di abusi, atteso che il divieto può fondarsi anche, come detto, su situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma che risultano genericamente non ascrivibili a buona condotta.
Cass. Sez. III n.28569 del 5 agosto 2025 (CC 10 lug 2025)
Pres. Ramacci Est. Galanti Ric.Lecchi
Urbanistica.Nozione di carico urbanistico
Il carico urbanistico costituisce un concetto non «statico», ma «relazionale» e il relativo aggravio deve essere valutato in modo dinamico avuto riguardo alle conseguenze dell'attività edilizia sul territorio. Esso consiste nell'effetto incrementale prodotto dall'insediamento primario in termini di domanda di strutture e di opere collettive in relazione al numero delle persone insediate su un determinato territorio, il che si verifica, a titolo esemplificativo, in caso di concreta e sostanziale alterazione dell'originaria consistenza del manufatto in termini di metratura, volumetria e destinazione d'uso tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee (come tra locali accessori e vani ad uso residenziale, il passaggio di destinazione d'uso da agricola a residenziale, ecc.), ovvero anche nel caso di utilizzo dell'opera in conformità alle destinazioni di zona, allorquando il manufatto presenti una consistenza volumetrica tale da determinare comunque un'incidenza negativa concretamente individuabile sul carico urbanistico, sotto il profilo dell'aumentata esigenza di infrastrutture .e di opere collettive correlate.
Consiglio di Stato Sez. IV n. 6778 del 31 luglio 2025
Rifiuti.Abbandono e modalità di accertamento della responsabilità
L'art. 192, co. 3, d.lgs. 152/2006 si limita a prescrivere che la responsabilità da abbandono di rifiuti deve essere constatata in base ad accertamenti svolti in contraddittorio con il soggetto indagato, ma non richiede che vi sia un confronto pre-procedimentale, antecedente all'avvio del procedimento stesso. L'effettuazione di un primo sopralluogo in assenza del responsabile non genera alcun vulnus al principio del giusto procedimento, visto che questi non è comunque destinatario di un provvedimento a sua insaputa, ma ha la possibilità di difendersi durante l'istruttoria procedimentale.
Cass. Sez. III n.27671 del 28 luglio 2025 (UP 2 lug 2025)
Pres. Ramacci Est. Scarcella Ric.Bertelli
Rifiuti.Illecita gestione e forza maggiore
Le condotte penalmente rilevanti possono essere attribuite a forza maggiore solo quando derivino da fatti non imputabili all’imprenditore, il quale non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico. La forza maggiore postula la individuazione di un fatto imponderabile, imprevisto ed imprevedibile, che esula del tutto dalla condotta dell’agente, sì da rendere ineluttabile il verificarsi dell’evento, non potendo ricollegarsi in alcun modo ad un’azione od omissione cosciente e volontaria dell’agente. In relazione al reato di illecita gestione di rifiuti le difficoltà gestionali riconducibili alla carenza di personale non integrano gli estremi della forza maggiore, poiché, il reato è punito a titolo di colpa, ravvisabile anche nel non aver implementato il personale a seguito di tali vicissitudini.
Consiglio di Stato Sez. IV n. 6417 del 21 luglio 2025
Rifiuti.Siti di interesse nazionale
L’inclusione di una data area, che potrebbe coincidere anche con il territorio di un Comune, all’interno di un SIN non significa che ciascuna di esse all’interno del relativo perimetro sia contaminata e debba essere sottoposta a bonifica; l’inclusione nel SIN infatti ha di per sé una sola conseguenza, ovvero l’accentramento in capo al Ministero delle competenze per la bonifica stessa, che deve poi avvenire applicando le relative norme generali: ciò si ricava dall’art. 1 commi 3 e 5 della citata l. 426/1998, che demandano appunto al Ministero di predisporre il programma di bonifica e di attuarlo. Quest’affermazione va però precisata ed approfondita nella sua esatta portata. L’inclusione nel SIN di un dato terreno assorbe, e quindi ne rappresenta un equivalente normativo, il presupposto indicato dall’art. 242 d.lgs. 152\06 del “verificarsi di un evento … potenzialmente in grado di contaminare il sito” che obbliga ad attivare le relative procedure di bonifica: ciò si desume dalla lettera dell’art. 252 d.lgs. 152/2006, che prevede appunto l’individuazione del SIN sulla base di presupposti inerenti la pericolosità degli inquinanti presenti nonché sulla base dell’impatto ambientale in termini di rischio sanitario ed ecologico. In questo modo, l’inclusione di un terreno nel SIN viene a costituire un vero e proprio vincolo ambientale, del quale si deve tener conto, ad esempio, nel momento in cui si rilasci un permesso di costruire
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