TAR Sicilia (PA) Sez. I sent.82 del 21 gennaio 2008
Acque. Scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo

L’art. 104 del d.lgs. 1522006, al terzo comma, prevede una deroga al generale divieto di scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo contenuto nel primo comma. Dunque, per assentire un’autorizzazione che si pone quale eccezione al generale divieto di scarico nel sottosuolo, il legislatore delegato ha previsto un modulo procedimentale, quale è l’intesa, destinato a sfociare in un atto complesso, risultato della manifestazione di volontà di diverse Amministrazioni titolari della cura di interessi pubblici diversi; a tutte si imputa l’atto finale.  Quest’ultimo coinvolge, intuitivamente, interessi pubblici di varia natura, spesso –in astratto- confliggenti tra di loro, come quelli legati alla tutela dell’ambiente e del territorio e quelli legati allo sviluppo economico ed all’approvvigionamento energetico del Paese. Nel caso del citato comma terzo dell’art. 104 il legislatore delegato, chiamando a concorrere, attraverso lo strumento dell’intesa, tutte le Amministrazioni latrici dei differenti interessi pubblici coinvolti alla decisione in ordine alla possibilità di autorizzare uno scarico nel sottosuolo –generalmente vietato- in occasione di particolari fasi della coltivazione degli idrocarburi, ha fatto mostra di ben tenere presente sia la naturale contrapposizione dialettica di tali interessi, che la pari dignità da riconoscere, in astratto, a ciascuno di essi, che, infine, la necessità che sia raggiunta una sintesi finale tra tali interessi. Tale sintesi deve concretarsi in un atto che ha natura discrezionale mista, in quanto deve esprimere sia la scelta sull’an (ossia sul punto se nel singolo caso concreto si possa, o non, effettuare lo scarico), che –in caso di risposta positiva- sul quomodo (quali debbano essere le modalità di effettuazione dello scarico).


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Prima, ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 82 /08 Reg. Sent.
N. 1148 R.G.
ANNO 2007


sul ricorso n. 1148/07, Sezione Prima, proposto dalla SOCIETA’ ENI MEDITERRANEA IDROCARBURI s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Pier Giuseppe Torrani, domiciliata in Palermo, via F. P. Di Blasi n. 16 presso lo studio dell’Avv. Guido Contrada, come da procura speciale del 4 aprile 2007, in pari data autenticata nella firma per Notar Cancilleri di Gela al numero di repertorio 98590;
C O N T R O
il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo presso cui domicilia per legge in via A. De Gasperi n. 81;
E NEI CONFRONTI
del Ministero dello Sviluppo Economico in persona del Ministro pro tempore, della Regione Siciliana in persona del Presidente pro tempore, della Raffineria di Gela s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituiti in giudizio;
PER L’ANNULLAMENTO
previa tutela cautelare, del provvedimento del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio, Direzione per la qualità della vita del 14 marzo 2007, n. 7336, nonchè di ogni altro atto connesso e conseguenziale.
NONCHE’ PER IL RISARCIMENTO
dei danni arrecati dal provvedimento impugnato.
VISTI il ricorso introduttivo del giudizio e la memoria prodotta dalla ricorrente;
VISTI l’atto di costituzione in giudizio e la memoria prodotta dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio;
VISTA l’ordinanza n. 13342007 del 19 giugno 2007, depositata in segreteria in pari data, con la quale è stato ordinato al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio di riesaminare il provvedimento impugnato sotto i profili specificati nell’ordinanza medesima;
VISTI gli atti tutti della causa;
DESIGNATO relatore il Referendario Achille Sinatra;
UDITI, alla pubblica udienza del 4 dicembre 2007 e l’Avv. Buiani in sostituzione dell’Avv. Torrani per la ricorrente, l’Avvocato dello Stato R. Di Maggio per il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:
FATTO
Con il ricorso in esame, notificato in data 11 maggio 2007 e depositato il successivo giorno 27, la Societa’ Eni Mediterranea Idrocarburi s.p.a., che opera nel settore della ricerca e dell’estrazione di idrocarburi, e che coltiva in regime di concessione alcuni giacimenti petroliferi nella Piana di Gela, ha impugnato il decreto del 14 marzo 2007, con il quale il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio, Direzione per la qualità della vita, ha respinto la sua istanza di rinnovo dell’autorizzazione allo scarico in unità geologiche profonde (ossia in strutture porose, di adeguata capacità, isolate dalla circolazione idrica sotterranea mediante appropriate barriere geologiche impermeabili, accuratamente isolate dalla biosfera in modo che la probabilità di rientro naturale nel ciclo delle sostanze pericolose sia pari a zero) delle acque di strato provenienti dalla attività estrattiva presentata ai sensi dell’art. 104 d.lgs. 1522006.
Nell’occasione il Ministero ha rilevato che le acque derivanti dall’estrazione degli idrocarburi che la richiedente intenderebbe immettere nelle unità geologiche profonde vengono sottoposte ad un trattamento preventivo (c.d. pretrattamento) che comporta l’utilizzazione di biocidi, inibitori di corrosione e di altri prodotti, immessi al fine di evitare conseguenze che potrebbero pregiudicare l’attività del sistema estrattivo, e, sulla scorta di ciò, ha ritenuto che la richiesta autorizzazione non potesse essere assentita a tenore dell’art. 104 citato, il cui terzo comma prevede che le acque di scarico non possano contenere sostanze pericolose diverse, per quantità e qualità, da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi.
Il provvedimento riguarda i pozzi denominati “Gela 16” e “Gela 18”.
Riferisce la ricorrente che l’immissione degli additivi citati alle acque di scarico nella minima quantità da essa indicata (0,05%) costituirebbe operazione imprescindibile, condizionante la possibilità stessa di procedere all’attività estrattiva nel suo complesso, che l’impugnato diniego finirebbe, quindi, per inibire.
Tali sostanze, infatti, impedirebbero la corrosione degli impianti, sicchè la loro immissione si rivelerebbe indispensabile, sia al fine di tutelare adeguatamente l’ambiente circostante (evitando rotture negli impianti, e, quindi, dispersioni delle acque, ed evitando, altresì, che le acque stesse siano smaltite altrove a seguito di trasporto su gomma o rotaia), sia al fine di non pregiudicare l’efficienza del sistema estrattivo; tanto che la delibera del Comitato dei Ministri del 4 gennaio 1977 ne richiede l’utilizzo.
Tale pretrattamento delle acque di scarico, soggetto ad autorizzazione quadriennale (di competenza della Regione sino all’entrata in vigore del d.lgs. 1522006) era già praticato dalla ricorrente riguardo ai pozzi denominati “Gela 16” e “Gela 18”, che aveva ottenuto i relativi assensi mediante decreti dell’Assessore regionale al Territorio ed all’Ambiente datati 28 maggio 2003 e 11 febbraio 2004.
Il processo in questione, inoltre, era già stato autorizzato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio per altri giacimenti (relativi, tuttavia, a scarichi in mare) fra il 2003 ed il 2004.
Sul presupposto che non sia possibile lo scarico a terra mediante reiniezione senza il pretrattamento delle acque in questione, e che quest’ultimo sia operazione indispensabile all’attività di coltivazione degli idrocarburi, la Societa’ Eni Mediterranea Idrocarburi s.p.a. impugna il diniego in epigrafe affidando il gravame ai seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione di legge (art. 104 d.lgs. 2 aprile 2006, n. 152); Eccesso di potere per carenza istruttoria e violazione di norme procedurali; Eccesso di potere per illogicità; Incompetenza.
Il rilascio della negata autorizzazione, ai sensi della norma in epigrafe, avrebbe dovuto essere valutato dal Ministero procedente d’intesa con il Ministero dello Sviluppo Economico e – trattandosi di giacimento a terra- con la Regione; tale intesa, tuttavia, nel caso in esame non sarebbe stata neppure ricercata.
L’apporto procedimentale delle indicate Amministrazioni avrebbe potuto evidenziare sia profili tecnici messi in luce dalla ricorrente (e valutati dalla Regione in sede di emissione delle precedenti autorizzazioni, avvenuta sotto il vigore del d.lgs. 1521999; e la stessa Regione, prima del diniego ministeriale, aveva richiesto chiarimenti sulla situazione dei pozzi alla Società), che la rilevanza dell’intervento per l’economia pubblica.
2) Violazione e falsa applicazione di legge (art. 10 bis L. 24190); Eccesso di potere per carenza istruttoria e violazione di norme procedurali; Eccesso di potere per illogicità e travisamento.
Nel caso in esame, inoltre, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio non avrebbe dato alla ricorrente comunicazione del c.d. preavviso di rigetto.
3) Violazione e falsa applicazione di legge (art. 104 d.lgs. 2 aprile 2006, n. 152); Eccesso di potere per insufficienza ed erroneità della motivazione; Eccesso di potere per illogicità, travisamento e perplessità; Sviamento.
Il provvedimento gravato sarebbe altresì illegittimo per non avere tenuto in considerazione che il c.d. pretrattamento, per le ragioni evidenziate in narrativa, costituisce fase necessaria del processo estrattivo.
Inoltre, pure volendo ritenere che esso non sia fase necessaria dell’attività, il provvedimento avrebbe dovuto evidenziare indicare quali sostanze impiegate nel processo, ed in quali quantità, risulterebbero pericolose per l’ambiente.
L’atto gravato, infine, sarebbe affetto da sviamento, perchè, non comprendendo che il pretrattamento è fase necessaria dell’attività di coltivazione del giacimento, nega, di fatto, la stessa possibilità della coltivazione.
La ricorrente ha chiesto l’annullamento del decreto ministeriale in epigrafe, previa concessione di misura cautelare.
Nella camera di consiglio del 19 giugno 2007 l’istanza cautelare è stata accolta, ed è stato ordinato al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio di riesaminare il provvedimento impugnato sotto i profili sollevati in ricorso e specificati nell’ordinanza medesima; tale riesame, tuttavia, non è stato compiuto.
Si è costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio, che, con memoria, ha contrastato gli avversi motivi d’impugnazione, evidenziando che nel caso in esame, in cui la deroga al divieto assoluto di scarico nel sottosuolo (di cui all’art. 104 d.lgs. 1522006) non è stata autorizzata, non sarebbe stata necessaria l’intesa con le altre Amministrazioni contemplate dalla norma al terzo comma; che la pericolosità delle sostanze chimiche impiegate nel pretrattamento –specie di quelle ulteriori rispetto a quelle necessarie al processo di separazione- implicherebbe un’attività vincolata dell’Amministrazione nel senso del diniego, di guisa che non sarebbe utilmente invocabile l’art. 10 bis L. 24190; che, infine, l’individuazione degli additivi pericolosi, non effettuata dalla legge, è demandata alla discrezionalità tecnica dell’Amministrazione procedente, sicchè essa sarebbe sottratta al sindacato di legittimità del Giudice Amministrativo.
La Societa’ Eni Mediterranea Idrocarburi s.p.a. ha depositato memoria conclusionale con la quale ha insistito nei motivi di censura.
Non si sono costituite in giudizio le altre Amministrazioni intimate (ritualmente) dalla società ricorrente.
All’udienza pubblica del 4 dicembre 2007 il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
1. – Con il ricorso in esame la Societa’ Eni Mediterranea Idrocarburi s.p.a. chiede l’annullamento del provvedimento in epigrafe, con cui il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio le ha negato l’autorizzazione allo scarico nelle unità geologiche profonde delle acque derivanti dal c.d. pretrattamento operato nel processo di separazione e reiniezione degli idrocarburi, richiesta ai sensi dell’art. 104 d.lgs. 1521996.
Assume la ricorrente che tale processo sarebbe operazione ineludibile dell’attività estrattiva, cui questa è –in ultima analisi- subordinata, in quanto consente di tutelare l’ambiente dal rischio di dispersione delle acque nel sottosuolo, e da quello connesso al loro smaltimento previo trasporto in superficie.
Riveste valore assorbente il primo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente censura l’atto impugnato per non essere stato preceduto dalla –neppure ricercata- intesa con il Ministero dello Sviluppo Economico e con la Regione Siciliana, la quale, se raggiunta, avrebbe potuto evidenziare i profili di necessità del processo per cui l’autorizzazione era stata richiesta.
Esso è fondato, e va accolto.
2. - L’art. 104 del d.lgs. 1522006, al terzo comma, prevede una deroga al generale divieto di scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo contenuto nel primo comma.
La disposizione derogatoria è articolata come segue:
“In deroga a quanto previsto dal comma 1, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con il Ministro delle attività produttive per i giacimenti a mare ed anche con le regioni per i giacimenti a terra, può altresì autorizzare lo scarico di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti, oppure in unità dotate delle stesse caratteristiche, che contengano o abbiano contenuto idrocarburi, indicando le modalità dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.”
Dunque, per assentire un’autorizzazione che si pone quale eccezione al generale divieto di scarico nel sottosuolo, il legislatore delegato ha previsto un modulo procedimentale, quale è l’intesa, destinato a sfociare in un atto complesso, risultato della manifestazione di volontà di diverse Amministrazioni titolari della cura di interessi pubblici diversi; a tutte si imputa l’atto finale.
Quest’ultimo coinvolge, intuitivamente, interessi pubblici di varia natura, spesso –in astratto- confliggenti tra di loro, come quelli legati alla tutela dell’ambiente e del territorio e quelli legati allo sviluppo economico ed all’approvvigionamento energetico del Paese.
Nel caso del citato comma terzo dell’art. 104 il legislatore delegato, chiamando a concorrere, attraverso lo strumento dell’intesa, tutte le Amministrazioni latrici dei differenti interessi pubblici coinvolti alla decisione in ordine alla possibilità di autorizzare uno scarico nel sottosuolo –generalmente vietato- in occasione di particolari fasi della coltivazione degli idrocarburi, ha fatto mostra di ben tenere presente sia la naturale contrapposizione dialettica di tali interessi, che la pari dignità da riconoscere, in astratto, a ciascuno di essi, che, infine, la necessità che sia raggiunta una sintesi finale tra tali interessi.
Tale sintesi deve concretarsi in un atto che ha natura discrezionale mista, in quanto deve esprimere sia la scelta sull’an (ossia sul punto se nel singolo caso concreto si possa, o non, effettuare lo scarico), che –in caso di risposta positiva- sul quomodo (quali debbano essere le modalità di effettuazione dello scarico).
3. - Ciò premesso, osserva il Collegio che non può essere condivisa l’eccezione formulata dall’Amministrazione resistente, la quale assume che nel caso in esame, il modulo procedimentale basato sull’intesa non avrebbe potuto essere adottato, in quanto la (asserita) presenza di additivi non consentiti nelle acque oggetto di pretrattamento avrebbe dovuto condurre al diniego dell’autorizzazione.
In astratto, l’eccezione avrebbe colto nel segno qualora l’inciso contenuto nel terzo comma dell’art. 104 per cui “Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi” avesse condizionato in assoluto (come pare affermare la difesa erariale) la possibilità stessa di autorizzare la deroga.
In realtà l’inciso in questione, per la sua collocazione nell’ambito della disposizione in esame e per la natura stessa del procedimento –coinvolgente anche interessi diversi ed equiordinati a quello alla tutela ambientale- non ha necessariamente la assoluta valenza preclusiva annessagli dal Ministero resistente, ma, al contrario, è inserito nella parte della norma che impone di prevedere le modalità dello scarico che si è deciso di autorizzare; modalità che, per l’appunto, non devono prevedere l’impiego di sostanze pericolose, e che, inoltre (ultimo periodo) devono sottostare a precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad ecosistemi.
Naturalmente, qualora –in astratto- sotto il profilo tecnico non sia possibile scaricare nel sottosuolo le acque se non attraverso modalità ritenute pericolose (e tra queste la norma indica le “altre acque di scarico”, lasciando, per il resto, la nozione di “pericolosità” alla stregua di concetto giuridico indeterminato), l’autorizzazione dovrà essere negata: ma prima di addivenire a tale conclusione è indispensabile condurre le valutazioni che la scelta del richiamato modulo procedimentale impone.
Peraltro, l’interpretazione del comma terzo proposta dall’Amministrazione conduce, in definitiva, ad una interpretazione abrogatrice della stessa, in quanto se l’intesa ha la funzione di fare emergere e comporre dialetticamente i diversi e pari ordinati interessi pubblici in gioco (eventualmente, ove ne ricorrevano i presupposti, anche nella forma di un provvedimento finale di diniego), non ha senso ritenere che essa debba essere praticata soltanto allorchè il segno finale del provvedimento discrezionale da assumere sia positivo per l’istante.
E’ del tutto evidente, infatti, che soltanto percorrendo la strada che conduce a fare emergere e a soppesare i diversi interessi pubblici in gioco sarà possibile, per le Amministrazioni coinvolte, addivenire ad un assenso o ad un diniego; altrimenti la previsione del particolare modulo procedimentale non avrebbe alcun senso logico.
4. – Il provvedimento impugnato è stato assunto, invece, sulla base di una unilaterale valutazione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio, che non ha neppure ricercato l’intesa prescritta dalla norma attributiva del potere, dalla quale sarebbe potuta emergere una compiuta valutazione delle istanze proposte dalla Societa’ Eni Mediterranea Idrocarburi s.p.a. in ordine a tutti i profili sopra indicati; pertanto esso è illegittimo, e va annullato.
5. – In conclusione –assorbito ogni altro profilo- il ricorso va accolto, con il conseguente annullamento dell’atto ministeriale impugnato, salvi gli eventuali ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione a seguito della conduzione del procedimento nei sensi indicati dalla norma attributiva del potere.
6. - Non deve essere esaminata la domanda risarcitoria contenuta in ricorso, che la ricorrente aveva espressamente subordinata alla mancata sospensione del provvedimento gravato (sospensione che è stata concessa con ordinanza n. 13342007).
7. - Le spese seguono come d’ordinario la soccombenza, e si liquidano nella misura di cui al dispositivo.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima, accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.----------------------------------------------
Condanna il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio al pagamento delle spese di lite nei confronti della ricorrente, che liquida complessivamente in euro 2.000,00 (duemila