Inquinamento da odori.
Le linee guida statali e la problematica delle sanzioni applicabili.
Primi appunti

di Gianfranco AMENDOLA

pubblicato su osservatorioagromafie.it.Si ringraziano Autore ed Editore

1. - Premessa. - 2. Il testo unico leggi sanitarie. Cenni. - 3. L’art. 674 c.p. cenni. - 4. L’art 272 bis del tua sulle emissioni odorigene. - 5. Il decreto direttoriale 28 giugno 2023 sulle emissioni odorigene. - 6. Ambito di applicazione. - 7. Il contenuto degli indirizzi in esame: cenni. - 8. La problematica delle sanzioni applicabili e i rapporti con l’art. 674 c.p. - 9. Conclusione.

1. - Premessa. C’è un tipo di inquinamento di cui si parla poco anche se, a volte, può rendere addirittura impossibile una normale vita di relazione. Ci riferiamo all’inquinamento provocato da emissioni odorifere, ben più comune di quanto si pensi, sia in centri abitati sia nelle campagne. C’è gente che deve vivere, ad esempio, con le finestre sempre chiuse per attutire esalazioni moleste provenienti da manifatture come torrefazioni di caffè o da terreni agricoli abbondantemente ricoperti di concimi e immondi fanghi da depurazione.

Eppure, di fronte a questi veri e propri attentati alla nostra qualità della vita, i rimedi legislativi sono scarsi ed abbastanza generici, tanto è vero che, nella prima stesura del T.U.A. (d.lgs. n. 152 del 2006) questo tipo di inquinamento non era previsto di per sé ma solo richiamato incidentalmente nell’art. 177, comma 4, lett. b), il quale prescrive che i rifiuti devono essere gestiti «senza causare inconvenienti da rumori o odori»; e negli artt.237 septies e 237 octies i quali, con riferimento agli impianti di incenerimento e co-incenerimento, prescrivono di evitare o limitare al massimo gli effetti negativi, inclusi gli odori.Solo nel 2017, infatti, l’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 183 aggiungeva al T.U.A. un generico art. 272 bis (emissioni odorigene1) demandando alla normativa regionale o alle autorizzazioni per le emissioni la facoltà di prevedere misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti, riservando, nel secondo comma, allo Stato la facoltà di elaborare indirizzi e proporre integrazioni della normativa tecnica in proposito. E proprio con riferimento a questo secondo comma, ci sono voluti sei anni, ma finalmente, pochi giorni, fa è stato pubblicato il decreto direttoriale del Ministero dell’ambiente, il quale indica indirizzi tecnici di riferimento principalmente alle autorità, per l’elaborazione dei dati e dei limiti per le emissioni odorifere2. Ed è questo l’oggetto del presente lavoro anche se, ovviamente, questo decreto va letto nel quadro normativo più generale, in qualche modo riferibile alle predette emissioni. E, soprattutto, anche se si tratta di un documento assolutamente non chiaro e, come vedremo, in parte contraddittorio rispetto alle indicazioni della legge quadro. Motivo per cui vogliamo subito premettere che le considerazioni che seguono non hanno alcuna pretesa di essere esaustive e vogliono solo costituire una prima base di discussione al fine di apportare un piccolo contributo per la concreta applicazione di una normativa strettamente collegata alla qualità della nostra vita.

2. - Il testo unico leggi sanitarie. Cenni.E allora evidenziamo subito che un primo strumento normativo (anche) contro le emissioni odorigene è certamente costituito dal T.U.LL.SS. (Testo unico leggi sanitarie) del 1934 (tutt’ora vigente) dove il legislatore già all’epoca approntava una prevenzione dagli inquinamenti anche se finalizzata alla tutela della salute pubblica, specie con riferimento ai poteri-doveri dei sindaci nei confronti delle industrie insalubri individuate dalla legge con appositi allegati. In particolare va ricordato l’art. 216 il quale stabilisce, con sanzioni amministrative, che «le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute degli abitanti sono indicate in un elenco diviso in due classi», aggiungendo che «la prima classe comprende quelle che debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni; la seconda quelle che esigono speciali cautele per la incolumità del vicinato»; cui fa riscontro l’art. 217, a norma del quale «quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbriche, possono riuscire di pericolo o di danno per la salute pubblica, il sindaco prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno o il pericolo e si assicura della loro esecuzione ed efficienza», provvedendo d’ufficio in caso di inadempienza. Normativa, purtroppo, ampiamente disapplicata, nonostante la giurisprudenza amministrativa, anche di recente, abbia ricordato che «le disposizioni degli artt. 216 e 217 r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, attribuiscono al sindaco, ausiliato dalla struttura sanitaria competente, il cui parere tecnico ha funzione consultiva ed endoprocedimentale, un ampio potere di valutazione della tollerabilità o meno delle lavorazioni provenienti dalle industrie, classificate “insalubri” per contemperare le esigenze di pubblico interesse con quelle pur rispettabili dell’attività produttiva, anche prescindendo da situazioni di emergenza. Inoltre, l’autorizzazione per l’esercizio di un’industria classificata insalubre è concessa e può essere mantenuta a condizione che l’esercizio non superi i limiti della più stretta tollerabilità»3.

3. - L’art. 674 c.p. cenni. Restando sempre al quadro generale anteriore al 2017, si deve evidenziare che, comunque, in assenza di una norma dedicata, la giurisprudenza, dopo qualche esitazione 4 e dopo notevoli oscillazioni relative soprattutto alla interpretazione dell’inciso sui casi non consentiti dalla legge5, ha ritenuto applicabile alle emissioni odorigene l’art. 674 c.p. («Getto pericoloso di cose») che punisce con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a euro 206 «chiunque getta o versa in luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone ovvero,nei casi non consentiti dalla legge,provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti».

In estrema sintesi e rinviando ad altri scritti per approfondimenti e richiami6, sembra sufficiente, in questa sede, ricordare che la Suprema Corte ha motivato l’applicabilità della norma, affermando che «le esalazioni maleodoranti (...) costituiscono offesa al benessere dei vicini e grave pregiudizio, tutelato dalla norma penale, ed integrano, pertanto, il reato di cui all’ art. 674 c.p7, precisando, altresì, che «le esalazioni di “odore” moleste, nauseanti o puzzolenti, in tanto possono configurare il reato di cui all’art. 674 c.p. in quanto presentino un carattere non del tutto momentaneo e siano intollerabili o almeno idonee a cagionare un fastidio fisico apprezzabile (es. nausea, disgusto) ed abbiano un impatto negativo, anche psichico, sull’esercizio delle normali attività quotidiane di lavoro e di relazione (es. necessità di tenere le finestre chiuse, difficoltà di ricevere ospiti, ecc.)»8.

Anzi, a questo proposito, la Cassazione ha aggiunto che «la percezione di un determinato odore costituisce il risultato della liberazione da una determinata materia (nella fattispecie, deiezioni animali) di prodotti volatili, come tali percepibili anche all’olfatto e definibili, secondo il linguaggio comune, anche come gas»9, per cui «il reato previsto dall’art. 674 c.p. è integrato dalle esalazioni maleodoranti provenienti da stalle, gabbie o promananti da escrementi di animali in numero rilevante o quelle dovute alla presenza di numerosi cani tenuti in condizioni di sporcizia»10; aggiungendo che «laddove, trattandosi di odori, manchi la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l’intensità delle emissioni, il giudizio sull’esistenza e sulla non tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni dei testi, soprattutto se si tratta di persone a diretta conoscenza dei fatti, come i vicini, o particolarmente qualificate, come gli agenti di polizia e gli organi di controllo della USL. Ove risulti l’intollerabilità, non rileva, al fine di escludere l’elemento soggettivo del reato, l’eventuale adozione di tecnologie dirette a limitare le emissioni, essendo evidente che non sono state idonee o sufficienti ad eliminare l’evento che la normativa intende evitare e sanziona. Quel che conta è che le testimonianze non si risolvano nell’espressione di valutazioni meramente soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito da dichiaranti medesimi»11 .

Più volte e più in generale, peraltro, la Suprema Corte, in sintonia con il Consiglio di Stato, ha precisato in proposito, che «in tema di getto pericoloso di cose, l’evento molestia provocato dalle emissioni di gas, fumi o vapori si ha non solo nei casi di emissioni inquinanti in violazione dei limiti di legge, ma anche nel caso di superamento del limite della normale tollerabilitàexart. 844 c.c., la cui tutela costituisce laratiodella norma incriminatrice; in caso di “molestie olfattive”, poi, quando non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, la Corte di cassazione ha individuato il criterio della “stretta tollerabilità” quale parametro di legalità dell’emissione, attesa l’inidoneità ad approntare una protezione adeguata all’ambiente ed alla salute umana di quello della “normale tollerabilità”, previsto dall’art. 844 c.c.»12.

Resta solo da aggiungere che, secondo la giurisprudenza già ricordata, «il limite della “normale tollerabilità”, valicato il quale le immissioni e/o emissioni diventano moleste, con conseguente pericolo per la salute pubblica la cui tutela costituisce laratiodella norma incriminatrice, è quello indicato nell’art. 844 c.c. (...)» 13 mentre il criterio della «stretta tollerabilità» vale ad «escludere dal campo applicativo della norma le sole condotte prive di offensività in concreto»14.

4. - L’art 272bisdel tua sulle emissioni odorigene.Si giunge, così, nel 2017, alla introduzione nel TUA dell’art. 272 bis che adesso vale la pena di leggere integralmente.

Art. 272 bis (Emissioni odorigene).

« 1. La normativa regionale o le autorizzazioni possono prevedere misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti di cui al presente titolo. Tali misure possono anche includere, ove opportuno, alla luce delle caratteristiche degli impianti e delle attività presenti nello stabilimento e delle caratteristiche della zona interessata, e fermo restando, in caso di disciplina regionale, il potere delle autorizzazioni di stabilire valori limite più severi con le modalità previste all’articolo 271:

a ) valori limite di emissione espressi in concentrazione (mg/Nm³) per le sostanze odorigene;

b ) prescrizioni impiantistiche e gestionali e criteri localizzativi per impianti e per attività aventi un potenziale impatto odorigeno, incluso l’obbligo di attuazione di piani di contenimento;

c ) procedure volte a definire, nell’ambito del procedimento autorizzativo, criteri localizzativi in funzione della presenza di ricettori sensibili nell’intorno dello stabilimento;

d ) criteri e procedure volti a definire, nell’ambito del procedimento autorizzativo, portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento;

e ) specifiche portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento.

2. Il Coordinamento previsto dall’articolo 20 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, può elaborare indirizzi in relazione alle misure previste dal presente articolo. Attraverso l’integrazione dell’allegato I alla parte V, con le modalità previste dall’articolo 281, comma 6, possono essere previsti, anche sulla base dei lavori del Coordinamento, valori limite e prescrizioni per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti di cui al presente titolo, inclusa la definizione di metodi di monitoraggio e di determinazione degli impatti » .

Come appare subito evidente, quindi, si tratta di una disposizione che non stabilisce direttamente una disciplina «statale» con limiti certi, uniformi e predeterminati per le emissioni odorigene ma attribuisce alla normativa regionale o alle singole autorizzazioni la facoltà di prevedere misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti con uno o più impianti o una o più attività che producono emissioninell’atmosfera.

E, pertanto, sembrano del tutto giustificati i timori di chi dubita che questa disposizione «possa effettivamente aiutare ad ancorare la valutazione di merito a dati più oggettivi; certo è che la previsione di una facoltà di stabilire limiti da parte delle Regioni o all’interno delle autorizzazioni rischia di condurre a situazioni assai diverse a seconda del luogo in cui l’emissione si verifichi, non dimenticando poi che la norma si applica solo agli impianti previsti dal titolo I della parte V del T.U.A.»15.

In proposito, tuttavia, si deve rilevare che questa diversità può certamente essere attenuata in presenza di indirizzi nazionali elaborati, ai sensi del secondo comma, dal Coordinamento tra Ministero, Regioni ed autorità competenti in materia di aria ambiente previsto dall’art. 20 del d.lgs. 13 agosto 2010, n. 15516. Esattamente, quindi, gli indirizzi che sono appena stati emanati e che costituiscono l’oggetto del presente lavoro. Ed è appena il caso di precisare, in proposito, che, ovviamente, il documento oggi in esame riguarda la prima parte del secondo comma (quella sugli «indirizzi», appunto) e non la possibilità, prevista subito appresso, di integrazione dell’allegato I alla parte V17.

Così come è altrettanto evidente che la introduzione dell’art. 272 bis ha creato immediatamente un problema di rapporti, sotto il profilo penale, tra le sue disposizioni e quelle dell’art. 674 c.p.; problematica affrontata tempestivamente ed esaurientemente dalla Cassazione la quale, come vedremo, ritiene «possibile il concorso con il reato di cui all’art. 674 cod. pen., stante la diversità delle condotte sanzionate e l’oggetto della tutela, pur dovendosi distinguere, al fine di definire il concetto di “molestia” che integra la contravvenzione, tra attività produttiva svolta in assenza dell’autorizzazione dell’autorità preposta, per la quale il contrasto con gli interessi tutelati va valutato secondo criteri di “stretta tollerabilità” e quella esercitata in conformità all’autorizzazione e senza superamento dei limiti consentiti, per la quale si deve far riferimento alla “normale tollerabilità” delle persone, che si ricava dall’art. 844 cod. civ. e che ricorre sempre che l’azienda abbia adottato gli accorgimenti tecnici ragionevolmente utilizzabili per abbattere l’impatto delle emissioni»18. Ma su questo torneremo.

5. - Il decreto direttoriale 28 giugno 2023 sulle emissioni odorigene. Come abbiamo anticipato, recentemente è stato pubblicato il decreto direttoriale del Ministero dell’ambiente del 28 giugno 2023, che, ai sensi dell’art. 272 bis, comma 2, offre indirizzi tecnici di riferimento principalmente alle autorità, per la elaborazione dei dati e dei limiti emissivi odorigeni. Si tratta, cioè, come si legge nelle premesse, di «un importante quadro di indirizzi di natura tecnica che potrà essere utilizzato come riferimento nei procedimenti istruttori e decisionali delle autorità competenti in materia e per il futuro sviluppo della normativa regionale e statale in materia».

Secondo l’allegato documento esplicativo, essi «si applicanoin via direttaagli stabilimenti oggetto della parte quinta del d.lgs. n. 152/2006 (soggetti ad autorizzazione unica ambientale - AUA, autorizzazione alle emissioni o regimi autorizzativi in deroga) ein via indiretta, come criterio di tutela da utilizzare nell’istruttoria autorizzativa, alle installazioni soggette ad autorizzazione integrata ambientale - AIA19».Essi «si applicano, altresì, nei casi in cui l’autorizzazione alle emissioni venga assorbita nelle AUA od in altre autorizzazioni uniche (come quelle in materia di rifiuti o di fonti rinnovabili) e nei casi in cui l’autorizzazione alle emissioni (o l’AUA in cui questa sia stata assorbita) è rilasciata per impianti in cui sono attivate le procedure autorizzative semplificate in materia di rifiuti». Pertanto, secondo il documento in esame, questi indirizzi «più in generale, possono rappresentare un riferimento utilizzabile in tutte le procedure di verifica e/o di autorizzazione ambientale che considerino le emissioni in atmosfera e la cui istruttoria sia legittimata a mutuare criteri e parametri di valutazione dalle normative di settore (come avviene per la procedura di screening, per la procedura di VIA, ecc.)».

Proprio per questo, il MASE conclude, nelle premesse del decreto di approvazione in esame, che «sono adottati, come documento tecnico di indirizzo per le autorità aventi competenza in materia di emissioni odorigene, gli “Indirizzi per l’applicazione dell’articolo 272bisdel d.lgs. n. 152/2006 in materia di emissioni odorigene di impianti e attività”, predisposti dal “Coordinamento emissioni” di cui all’articolo 281, comma 9, del decreto legislativo n. 152/2006, riportati in allegato al presente decreto direttoriale».

Correlativamente, nei cinque allegati agli indirizzi sono contenute le regole tecniche per lo svolgimento delle attività di predisposizione della domanda autorizzativa, per lo svolgimento delle istruttorie e per le attività di controllo.

Sotto il profilo sanzionatorio, infine, seguendo l’insegnamento della Suprema Corte, dovrà essere verificato, caso per caso, il modo in cui questi criteri vengono resi cogenti nell’esercizio di uno stabilimento. Se ciò avviene tramite autorizzazione, in caso di violazione dei valori limiti di emissione, sarà applicabile l’arresto fino a 1 anno o l’ammenda fino a euro 10.000 (art. 279, comma 2); mentre, per la inosservanza di prescrizioni diverse, sarà applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 10.000 euro (art. 279, comma 2 bis). Se, tuttavia, si tratta di specifiche prescrizioni imposte con l’AIA, dovrà farsi riferimento all’impianto sanzionatorio di cui all’art. 29 quaterdecies .

6. - Ambito di applicazione.Come abbiamo visto, l’art. 272-bis riguarda, letteralmente, «le emissioni odorigene deglistabilimenti di cui al presente titolo»20, con i relativi impianti: nozioni specificate dall’ art. 268, comma 121; tenendo presente, tuttavia, che, ai sensi dell’art. 267, comma 1, il titolo richiamato («Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti ed attività») «si applica agli impianti, inclusi gli impianti termici civili non disciplinati dal titolo II, ed alleattivitàche producono emissioni in atmosfera (...)» (art. 267, comma 1) e che, comunque, l’ambito è quello della parte V del T.U.A. («Norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera»)22.

Ambito ovviamente riconfermato dal documento di indirizzi, secondo cui «la base giuridica dei presenti “Indirizzi” implica che il relativo ambito istituzionale di applicazione sia costituito dalla parte quinta del d.lgs. n. 152/2006», con l’aggiunta, tuttavia, che resta ferma «la possibilità di essere utilizzatianche in altri ambiti23per effetto di norme di rinvio e di collegamento». Cui segue la precisazione che essi «più in generale, possono rappresentare un riferimento utilizzabile in tutte le procedure di verifica e/o di autorizzazione ambientale che considerino le emissioni in atmosfera e la cui istruttoria sia legittimata a mutuare criteri e parametri di valutazione dalle normative di settore (come avviene per la procedura di screening, per la procedura di VIA, ecc.)».

Sembra, quindi, che nel documento ministeriale l’ambito di applicazione degli indirizzi appena pubblicati in tema di emissioni odorigene sia ben più ampio di quello previsto dalla legge e, in sostanza, sia considerato utilizzabile senza molte limitazioni in presenza di qualsiasi situazione in cui vi siano non solo stabilimenti ed impianti (con relative attività) ma anche «attività» che possano produrle, pur se non derivanti direttamente né da stabilimenti né da impianti. Tanto è vero che prevede espressamente la titolarità delle autorità regionali ad individuare (attraverso circolari, delibere, ecc., in base al proprio ordinamento di riferimento) «le categorie generali diimpianti e di attivitàaventi un potenziale impatto odorigeno e la cui domanda autorizzativa deve pertanto prevedere la descrizione e valutazione delle emissioni odorigene». Dove, ovviamente, l’uso dei due termini («impianti» ed «attività») porta a ritenere che deve trattarsi di «attività» diverse da quelle connesse e ricomprese con l’esercizio di un impianto o di uno stabilimento.

Tuttavia, a questo proposito, si deve considerare che, «attesa la natura di documento “tecnico” di indirizzo per autorità e per operatori del settore, l’elaborato contiene una serie di orientamenti che si sviluppano nei soli ambiti di discrezionalità tecnica ammessi dalla normativa della parte quinta del d.lgs. n. 152/2006 e che rinviano, per quanto necessario, alle azioni di titolarità delle autorità regionali e delle autorità competenti per modulare e attuare tali orientamenti».

Insomma, sembra di capire che, con il documento in esame, lo Stato detta per le emissioni odorigene indirizzi generali di tipo tecnico con ambito molto vasto, lasciando alle autorità locali il compito di valutarne l’applicabilità e l’estensione in sede locale.

7. - Il contenuto degli indirizzi in esame: cenni. È, quindi, del tutto giustificata l’affermazione sopra riportata secondo cui spetta alle autorità regionali individuare impianti ed attività interessati; e, pertanto, se pure gli Indirizzi ne stilano un primo elenco, si tratta di un elenco con «naturaindicativae può essere sempre aggiornato, integrato e modificato dalle autorità regionali, in funzione delle specificità territoriali e delle concrete casistiche riscontrate, anche introducendo altre categorie generali di impianti e di attività e/o facendo riferimento solo ad alcune tipologie nell’ambito delle categorie generali della tabella».

Con queste premesse, quindi si può leggere l’elenco di cui alla tabella 1 che elenca «Impianti e attività aventi un potenziale impatto odorigeno»:

Tabella 1.

Produzione di conglomerati bituminosi e/o di bitumi e/o bitumi modificati

Produzione di concimi, fertilizzanti, prodotti fitosanitari in cui sono impiegate sostanze aventi potenziale impatto odorigeno

Impianti di produzione, su scala industriale, di prodotti chimici organici o inorganici di base

Produzione di piastrelle ceramiche con applicazione di tecniche di stampa digitale

Lavorazione materie plastiche

Fonderie e produzione di anime per fonderia

Impianti di produzione di biogas o biometano da biomasse e/o reflui zootecnici o da rifiuti

Produzione di pitture e vernici

Impianti e attività ricadenti nel campo di applicazione dell’articolo 275 del d.lgs. n. 152/2006 con consumo annuo di solvente non inferiore a 10 t.

Allevamenti zootecnici con soglie superiori a quelle previste per le autorizzazioni generali alle emissioni o soggetti ad AIA

Allevamenti larve di mosca carnaria o simili

Lavorazione di scarti di macellazione, di sottoprodotti di origine animale o di prodotti ittici (come produzione di farine proteiche, estrazione di grassi, essiccazione, disidratazione, idrolizzazione, macinazione, ecc.)

Lavorazione scarti di prodotti vegetali (ad esempio vinacce, ecc.)

Linee di trattamento fanghi che operano nell’ambito di impianti di depurazione delle acque con potenzialità superiore a 10.000 abitanti equivalenti

Essiccazione pollina e/o letame e/o fanghi di depurazione

Tipologie di impianti di trattamento rifiuti individuate dall’autorità regionale in relazione alla capacità di produrre emissioni odorigene

Torrefazioni di caffè ed altri prodotti tostati

Concerie

Industrie petrolifere

Industrie farmaceutiche e cosmetiche

Industrie alimentari

Sansifici

Impianti di produzione della carta

Impianti orafi

Mangimifici produzione di pet food

Impianti dell’industria geotermica

Seguono indicazioni di massima per la procedura autorizzatoria da seguire, che può essere estesa o semplificata nonché riferita ad impianti ed attività nuovi o esistenti.

A questo proposito e per le procedure di controllo, si rinvia alla lettura dettagliata degli Indirizzi in esame, sempre ricordando che si tratta di indicazioni tecniche di massima.

Una segnalazione particolare, tuttavia, merita la tabella 3 la quale indica ivalori di accettabilità dell’impatto olfattivo 24 (espressi come concentrazioni orarie di picco di odore al 98° percentile, calcolate su base annuale) che devono essere rispettati presso i ricettori sensibili in funzione delle cinque classi di sensibilità dei ricettori definite sulla base della classificazione ISTAT delle località e delle Zone territoriali omogenee di cui al d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, e s.m.i.

Perché, a questo punto, in presenza di nuove disposizioni con valori di accettabilità, appare necessario verificare se siano ancora valide le conclusioni cui era giunta la Suprema Corte con la (già citata) sentenza Galleri n. 20204 del 21 maggio 2021 suirapporti tra le sanzioni previste dal T.U.A. e quelle di cui all’art. 674 c.p.

8. - La problematica delle sanzioni applicabili e i rapporti con l’art. 674 c.p. In proposito, deve rilevarsi, in primo luogo, che, pur dopo l’introduzione degli Indirizzi in esame, non vi sono motivi per escludere, in nome del principio di specialità, il concorso tra la normativa del T.U.A. e l’art. 674 c.p. Restano del tutto valide, cioè, le considerazioni della Cassazione sulla diversità del contenuto precettivo in quanto la prima si riferisce all’apprestamento di determinate cautele ed al rispetto delle prescrizioni e limiti indicati dalla legge e dagli atti abilitativi, mentre l’art. 674 c.p. è incentrato sulle conseguenze per la pubblica incolumità di emissioni di gas, vapori e fumi atti a offendere o molestare le persone.

In questo quadro, resta, altresì, del tutto valida anche l’affermazione secondo cui la contravvenzione dell’art. 674 c.p. è ipotizzabile indipendentemente dal superamento dei valori limite di emissione eventualmente stabiliti dalla legge, poiché anche un’attività produttiva di carattere industriale autorizzata può procurare molestie alle persone, per la mancata attuazione dei possibili accorgimenti tecnici. Tuttavia, a questo proposito, abbiamo già ricordato che, secondo la Suprema Corte, la violazione delle misure imposte ai sensi dell’art. 272 bis per stabilimenti che producono emissioni in atmosfera configura la contravvenzione di cui all’art. 279, comma 2, d.lgs. n. 152/06 se riferita a valori limite di emissione mentre negli altri casi saranno applicabili le sanzioni amministrative di cui al comma 2 bis del medesimo articolo. E pertanto occorre stabilire, in primo luogo, quale valore attribuire al superamento dei valori di accettabilità dell’impatto olfattivo indicati nella tabella 3. A nostro sommesso avviso, considerato l’intento non cogente degli Indirizzi in esame, non sembra (ma il condizionale è d’obbligo) che si possa parlare di superamento di valori limite di emissione, come, peraltro, potrebbe desumersi dalla affermazione ivi contenuta secondo cui «i valori di concentrazione di odore (ouE/m3) e portata di odore (ouE/s) (...) introdotti, modificati o confermati nell’autorizzazione in sede di aggiornamento, non costituiscono valori limite di emissione secondo la definizione legale dell’articolo 268 deld.lgs. n.152/2006 e, pertanto, il relativo superamento è soggetto alla sanzione amministrativa prevista dall’articolo 279, comma 2bis, per la violazione delle prescrizioni autorizzative» e non alla sanzione penale di cui al comma 2.

Così come deve tenersi presente che le sanzioni di cui all’art. 279, comma 2 e 2 bis, si riferiscono all’«esercizio di uno stabilimento» mentre, come abbiamo visto, gli Indirizzi in esame riguardano anche «attività» diverse da quelle connesse e ricomprese con l’esercizio di un impianto o di uno stabilimento.

A nostro sommesso avviso, in tal caso (inosservanza degli Indirizzi nell’esercizio di «attività» non autorizzata o diversa da quella connessa all’esercizio di uno stabilimento), così come nel caso di attività autorizzata che rispetti tutte le prescrizioni e i valori di accettabilità della tabella 3, ma idonea a procurare molestie alle persone, per la mancata attuazione dei possibili accorgimenti tecnici e dell’osservanza del principio di precauzione, seguendo le conclusioni già riportate della Cassazione si dovrebbe applicare, ricorrendone i presupposti, solo l’art. 674 c.p. facendo riferimento, quale parametro di legalità, al criterio della «normale tollerabilità», ovvero a quello della «stretta tollerabilità».

Ed è appena il caso di ribadire che, comunque, nello stesso quadro, anche in questi casi la sussistenza della contravvenzione di cui all’art. 674 c.p. può essere provata attraverso testimonianze che non si risolvano nell’espressione di valutazioni meramente soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito da dichiaranti medesimi.

9. - Conclusione. In conclusione, ci sembra doveroso ribadire ancora una volta che le considerazioni di cui sopra non pretendono affatto di essere esaustive ma vogliono solo costituire una possibile base di discussione per l’applicazione in concreto delle indicazioni statali con relative sanzioni. Soprattutto in presenza di una normativa complessa, contraddittoria, in parte tecnica e in parte giuridica quale è quella in esame. Esattamente il contrario di quello che dovrebbe essere una normativa volta a garantire una reale tutela dell’ambiente e della qualità della vita di noi tutti.

1 L’art. 268, comma 1, lett. f bis) del T.U.A. (introdotto dal d.lgs. 30 luglio 2020, n. 102), definisce «emissioni odorigene» quelle «convogliate o diffuse aventi effetti di natura odorigena».

2 Il decreto direttoriale è reperibile al link https://www.mase.gov.it/pagina/indirizzi-lapplicazione-dellarticolo-272-bis-del-dlgs-1522006-materia-di-emissioni-odorigene.

3 Cons. Stato, Sez. II 11 maggio 2020, n. 2964, in www.tuttoambiente.it .

4 Cass. Sez. I Pen. 24 aprile 1991, n. 4539, Garzia, in Riv. pen., 1992, secondo cui «le esalazioni maleodoranti o comunque sgradevoli non rientrano nella tutela penalmente apprestata dall’art. 674 c.p. per le emissioni moleste di gas, vapori e fumo, ma possono esser fonte di responsabilità civile, ove eccedono i limiti posti dall’art. 844 c.c.».

5 Per approfondimenti e richiami si rinvia al nostroOdori molesti ed emissioni odorigene. La prima sentenza della Cassazione,in Questione giustizia, 7 febbraio 2022

6 In dottrina, cfr. per tutti Paone, Emissioni in atmosfera, molestia alle persone e intervento giudiziario, in Ambiente e sviluppo,2012, 4, 313 ss., nonché Id., Art. 674 cod. pen.: le molestie olfattive e il «bilanciamento di opposti interessi»,ivi, 2018, 3, 149 ss.,cui si rinvia anche per citazioni più aggiornate di dottrina e giurisprudenza . Più in generale sull’applicazione dell’art. 674 c.p. all’inquinamento atmosferico, cfr. Ramacci, Articolo 674 cod. pen. e inquinamento atmosferico nella giurisprudenza della Cassazione , ivi, 2009, 620; Id., Articolo 674 codice penale, emissioni in atmosfera e giurisprudenza di legittimità , in www.lexambiente.it ., 20 giugno 2012.

7 Cass. Sez. I Pen. 4 febbraio 1993, n. 1293, Sperotto ed a., in Cass. pen ., 1995, 928, n. 546; nello stesso senso e nello stesso periodo, tra le tante, per esalazioni maleodoranti provenienti da impianto di depurazione, cfr. Cass. Sez. I Pen. 10 gennaio 1995, n. 138, Composto ed a., in Cass. pen. 1996, 1161, n. 636; Cass. Sez. I Pen. 22 gennaio 1996, n. 678, P.M. in proc. Viale, in Cass. e ambiente, 1996, 2, 58, per esalazioni provenienti da detenzione di animali da cortile nell’abitazione senza adeguata pulizia, nonché più di recente, Cass. Sez. III Pen. 31 marzo 2006, n. 11556, Davito, in questa Riv., 2007, 183, secondo cui «la percezione di un determinato odore costituisce il risultato della liberazione da una determinata materia (nella fattispecie, deiezioni animali) di prodotti volatili, come tali percepibili anche all’olfatto e definibili, secondo il linguaggio comune, anche come gas».

8 Cass. Sez. III Pen. 31 gennaio 2006, n. 3678 (c.c.), Giusti, rv. 233.291, in www.lexambiente.it , cui si rinvia anche per il richiamo di precedenti.

9 Cass. Sez. III Pen. 31 marzo 2006, n. 11556, cit., ove si aggiunge che «nel reato di cui all’art. 674 c.p., il superamento del limite di normale tollerabilità delle emissioni può desumersi anche dal carattere abusivo dell’attività da cui origina l’emissione, dalle reiterate denunce e segnalazioni da parte dei vicini e dai ripetuti accertamenti dell’autorità preposta ai controlli».

10 Cass. Sez. III Pen. 3 novembre 2014, n. 45230, Benassi, in www.lexambiente.it , 21 novembre 2014.

11 Cass. Sez. III Pen. 14 settembre 2015, n. 36905, Maroni, rv. 265.188.

12 Cass. Sez. III Pen. 30 novembre 2020, n. 33817, Schipichetti, in Riv. giur. amb. , gennaio 2021, con nota di Sanson, nonché Cass. Sez. III Pen. 4 dicembre 2018, n. 54209, ivi, 28 dicembre 2018, secondo cui «in tema di emissioni, l’art. 674 del codice penale vieta le emissioni di gas, di vapori o di fumo idonei ad arrecare disturbo alle persone, molestia che, ricomprende tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo e comunque di turbamento della tranquillità e della quiete che producono un impatto negativo, anche psichico, sull’esercizio delle normali attività quotidiane di lavoro e di relazione, situazioni che non comprendono il danno o anche il pericolo di danno alla salute e/o all’ambiente, casi nei quali altre sono le fattispecie incriminatrici applicabili. Infatti, occorre distinguere: le emissioni effettuate in assenza di autorizzazione, perché non prevista o perché non richiesta o ottenuta, devono essere valutate secondo un criterio di “stretta tollerabilità”; diversamente, in occasione di emissioni originate nell’ambito di un’attività esercitata in conformità alle previste autorizzazioni, e senza superamento dei limiti di queste, si deve fare riferimento alla normale tollerabilità delle persone, quale si ricava dal contenuto dell’art. 844 del codice civile. Tuttavia, nel caso in cui l’attività sia autorizzata, ed esercitata nel rispetto dei limiti dell’autorizzazione, una responsabilità potrà comunque sussistere qualora l’azienda non adotti quegli accorgimenti tecnici ragionevolmente utilizzabili per abbattere ulteriormente l’impatto sulla realtà esterna».

13 Cass. Sez. III Pen. 24 ottobre 2005, n. 38936, Riva ed a., rv. 232.359.

14 Sanson, op. loc. cit. , il quale evidenzia, comunque, «il punto dolente che la giurisprudenza ha finora dovuto fondare ildiscrimendella rilevanza penale sul superamento di una soglia, quella della tollerabilità, “stretta” o “normale” che sia, che di fatto si traduce in una valutazione estremamente soggettiva dei soggetti coinvolti, con buona pace della certezza del diritto».

15 Sanson, op. loc. cit. Peraltro, già prima della introduzione dell’art. 272 bis alcune Regioni si erano dotate di una normativa per prevenire emissioni odorigene.

16 Art. 20, d.lgs. n. 155/2010 (Coordinamento tra Ministero, Regioni ed autorità competenti in materia di aria ambiente):

« 1. È istituito, presso il Ministero dell’ambiente, un Coordinamento tra i rappresentanti di tale Ministero, del Ministero della salute, di ogni Regione e Provincia autonoma, dell’Unione delle Province italiane (UPI) e dell’Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI). Partecipano al Coordinamento rappresentanti dell’ISPRA, dell’ENEA e del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e di altre autorità competenti all’applicazione del presente decreto, e, su indicazione del Ministero della salute, rappresentanti dell’Istituto superiore di sanità, nonché, su indicazione della Regione o Provincia autonoma di appartenenza, rappresentanti delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente. Il Coordinamento opera attraverso l’indizione di riunioni periodiche e la creazione di una rete di referenti per lo scambio di dati e di informazioni.

2. Il Coordinamento previsto dal comma 1 assicura, anche mediante gruppi di lavoro, l’elaborazione di indirizzi e di linee guida in relazione ad aspetti di comune interesse e permette un esame congiunto di temi connessi all’applicazione del presente decreto, anche al fine di garantire un’attuazione coordinata e omogenea delle nuove norme e di prevenire le situazioni di inadempimento e le relative conseguenze. (Il Coordinamento assicura inoltre un esame congiunto e l’elaborazione di indirizzi e linee guida in relazione ad aspetti di comune interesse inerenti la normativa vigente in materia di emissioni in atmosfera).

3. Ai soggetti che partecipano, a qualsiasi titolo, al Coordinamento previsto al comma 1 non è dovuto alcun compenso o rimborso spese o altro tipo di emolumento per tale partecipazione » .

In proposito, si segnala che, ai sensi dell’art. 281, comma 9 T.U.A. «il Coordinamento previsto dall’articolo 20 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, assicura un esame congiunto e l’elaborazione di indirizzi e linee guida in relazione ad aspetti di comune interesse inerenti la normativa vigente in materia di emissioni in atmosfera e inquinamento dell’aria ambiente ed assicura, anche sulla base dello scambio di informazioni previsto dall’articolo 6, comma 10, della direttiva 2015/2193/UE, le attività necessarie per la raccolta, l’elaborazione e la diffusione, tra le autorità competenti, dei dati e delle informazioni rilevanti ai fini dell’applicazione della parte quinta del presente decreto e per la valutazione delle migliori tecniche disponibili di cui all’articolo 268, comma 1, letteraaa)».

17 Cfr. altresì, in proposito Corte cost. 24 luglio 2019, n. 178, punto 5.4.2, in Foro it., 2019, 10, I, 2994, secondo cui con l’art. 272 bis «il legislatore statale non ha inteso introdurre una disciplina organica e complessiva dei profili inquinanti correlati alle emissioni odorigene, lasciando alle Regioni il compito di regolamentare il settore, ma si è riservato la possibilità, con le modalità previste dal comma 2 del citato art. 272bis, di introdurre valori limite e prescrizioni generali destinate a valere per l’intero territorio nazionale in modo uniforme» .

18 Cass. Sez. III Pen. 21 maggio 2021, n. 20204 (c.c.), Galleri, in www.lexambiente.it , 24 maggio 2021, alla cui lettura integrale si rinvia anche per il puntuale richiamo della giurisprudenza pregressa. In dottrina, ci permettiamo rinviare, per approfondimenti e richiami, al nostro Odori molesti ed emissioni odorigene. La prima sentenza della Cassazione cit.

19 «(l’articolo 29bisprevede che le condizioni dell’AIA sono definite avendo a riferimento i Bref e le BAT Conclusion di settore e l’articolo 29sexies, comma 4ter, prevede che l’AIA può fissare valori di emissione più rigorosi di quelli associati alle BAT-AEL quando lo richiede la normativa vigente nel territorio in cui è localizzata l’installazione)» . Subito dopo si precisa che «la disciplina delle emissioni odorigene, prevista dall’articolo 272bisdel d.lgs. n. 152/2006, rappresenta infatti un livello di tutela ambientale non derogabilein peiusche deve essere assicurato dall’istruttoria AIA ai sensi dell’articolo 29sexies, comma 4ter, di tale decreto (i valori di emissione stabiliti dall’AIA devono permettere il rispetto della normativa vigente nel territorio in cui è localizzata l’installazione, vale a dire la normativa statale o regionale di settore)».

20 Titolo 1 (Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti ed attività).

21 Lett. h ): «stabilimento: il complesso unitario e stabile, che si configura come un complessivo ciclo produttivo, sottoposto al potere decisionale di un unico gestore,in cui sono presenti uno o più impiantio sono effettuateuna o più attivitàche producono emissioni attraverso, per esempio, dispositivi mobili, operazioni manuali, deposizioni e movimentazioni. Si considera stabilimento anche il luogo adibito in modo stabile all’esercizio di una o più attività» mentre per impianto si intende «il dispositivo o il sistema o l’insieme di dispositivi o sistemi fisso e destinato a svolgere in modo autonomo una specifica attività, anche nell’ambito di un ciclo più ampio»[lett. l)].

22 Cfr. anche Cass. Sez. III Pen. 21 maggio 2021, n. 20204 (c.c.), Galleri,cit., secondo cui la lettura dell’art. 272 bis «evidenzia un ambito di applicazione limitato ai soli impianti che producono emissioni in atmosfera disciplinati dal Titolo I della parte V del d.lgs. n. 152/06» .

23 Evidentemente diversi da quello della parte V.

24 In particolare, ouE/m3 e ouE/s sono rispettivamente, ai sensi dalla norma tecnica UNI EN 13725 e secondo i criteri ivi previsti, le unità di misura della concentrazione di odore e della portata di odore.