TAR Toscana Sez. II sent. 670 del 17 aprile 2009
Rumore. Potere di ordinanza
Lo strumento che la legislazione di settore mette a disposizione per reprimere le violazioni della disciplina sull’inquinamento acustico è specificamente - nonché unicamente - il potere di ordinanza ex art. 9 della l. n. 447/1995: rimedio ordinario in materia di inquinamento acustico, non attribuendo la citata legge speciale altri strumenti alle Amministrazioni comunali. Per conseguenza, è sufficiente, per l’esercizio del suddetto potere, anche la segnalazione di un solo cittadino
Rumore. Potere di ordinanza
Lo strumento che la legislazione di settore mette a disposizione per reprimere le violazioni della disciplina sull’inquinamento acustico è specificamente - nonché unicamente - il potere di ordinanza ex art. 9 della l. n. 447/1995: rimedio ordinario in materia di inquinamento acustico, non attribuendo la citata legge speciale altri strumenti alle Amministrazioni comunali. Per conseguenza, è sufficiente, per l’esercizio del suddetto potere, anche la segnalazione di un solo cittadino
N. 00670/2009 REG.SEN.
N. 01649/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso, con motivi aggiunti, numero di registro generale 1649 del 2005, proposto dalla società
Tormalera S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. Marco Torelli, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giacomo Cresci e Paolo Sanchini e con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Firenze, via G. Richa n. 56
contro
Comune di Firenze, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Sansoni e Debora Pacini ed elettivamente domiciliato presso la Direzione Avvocatura, in Firenze, p.zza della Signoria (Palazzo Vecchio);
Sindaco del Comune di Firenze, in qualità di Ufficiale di Governo
nei confronti di
Annino Giuseppe, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Torricelli e Jacopo Bandinelli e con domicilio eletto presso lo studio degli stessi, in Firenze, via delle Mantellate n. 9
e con l\'intervento di
Torricelli Francesca, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Torricelli e Jacopo Bandinelli e con domicilio eletto presso lo studio degli stessi, in Firenze, via delle Mantellate n. 9
a) quanto al ricorso originario
per l’annullamento
- dell’ordinanza del Sindaco di Firenze n. 514/2005 del 28 giugno 2005, recante inibitoria immediata e totale dell’attività del pubblico esercizio “Kitsch” ubicato in via Gramsci n. 1-3-5/R, fino alla definitiva esclusione delle sorgenti sonore disturbanti o alla realizzazione di opere di mitigazione atte a garantire il rispetto dei limiti di rumore previsti dalla normativa vigente;
- dell’ordinanza del Sindaco di Firenze n. 520/2005 del 30 giugno 2005, recante sospensione temporanea dell’efficacia dell’ordinanza n. 514/2005, sotto la condizione dell’osservanza delle prescrizioni dettate dalla medesima ordinanza n. 520/2005;
- di tutti gli atti del procedimento necessari, connessi e/o conseguenti, ivi compresi, per quanto occorrer possa:
- il provvedimento dirigenziale n. 2005/DD/02157 del 7 marzo 2005, recante diffida a contenere immediatamente la rumorosità prodotta dal pubblico esercizio “Kitsch” entro il limite di immissione differenziale in periodo notturno;
- il verbale di accertamento e contestazione prot. n. 4527/L/2005 del 17 giugno 2005, emesso dalla Polizia Municipale del Comune di Firenze e relativo alle misurazioni effettuate il 27 maggio 2005
e per la declaratoria ed il riconoscimento
del diritto all’apertura del pubblico esercizio “Kitsch” sia in periodo diurno che in orario notturno successivo alle ore 22.00, quand’anche nel rispetto dei limiti di capienza specificati dal Comune relativamente allo spazio all’aperto
nonché per la condanna al risarcimento del danno
b) quanto ai motivi aggiunti, depositati il 22 febbraio 2006
per l’annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione,
- dell’ordinanza del Sindaco di Firenze n. 40/2006 del 16 gennaio 2006, recante immediata inibitoria dell’attività esterna al pubblico esercizio “Kitsch”, su suolo pubblico oggetto di occupazione, e dell’attività di intrattenimento musicale (musica riprodotta) del citato pubblico esercizio, fino alla realizzazione delle opere di mitigazione atte a garantire il rispetto dei limiti di rumore previsti dalla normativa vigente;
- del provvedimento (rectius, rapporto) della Polizia Municipale prot. n. 31347/12/2005/M6, con cui è stato asserito (l’ulteriore) superamento del limite di immissione differenziale in periodo notturno provocato dall’attività del pubblico esercizio;
- di tutti gli atti del procedimento necessari connessi e/o conseguenti, ivi compresi:
- i verbali di accertamento e contestazione n. 4546/L/2005S e n. 4549/L/2005S, di data 12 dicembre 2005, con cui è stata accertata la violazione dell’art. 10, comma 2, della l. n. 447/1995 per il superamento del livello differenziale di rumorosità prodotta in periodo notturno dal pubblico esercizio “Kitsch”;
- le risultanze istruttorie e le misurazioni effettuate in data 4 dicembre 2005, mai comunicate alla società ricorrente;
- il verbale di accertamento n. 013022/C/2005, emesso dal Corpo di Polizia Municipale in data 21 dicembre 2005, con cui è stata accertata la violazione dell’art. 20 del Codice della Strada, per avere i gestori del pubblico esercizio mantenuto in opera l’occupazione di suolo pubblico dotandola di chiusura perimetrale mediante fogli di plastica trasparenti, in difformità da quanto autorizzato
e per la declaratoria ed il riconoscimento
del diritto alla piena utilizzazione per l’attività del pubblico esercizio dello spazio di suolo pubblico antistante il locale “Kitsch” oggetto di occupazione assentita alla ricorrente dall’Amministrazione con provvedimento del 24 ottobre 2005, nonché allo svolgimento dell’attività di intrattenimento musicale (musica riprodotta), sia in orario diurno che notturno, quand’anche nel rispetto dei limiti di capienza stabiliti per lo spazio all’aperto in regime di occupazione di suolo pubblico
nonché per la condanna al risarcimento del danno.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Firenze e del sig. Giuseppe Annino;
Visti il ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 22 febbraio 2006 e la domanda di sospensione degli atti impugnati, presentata con questo dalla società ricorrente;
Viste l’ordinanza n. 26/2006 del 2 marzo 2006, con cui è stata temporaneamente accolta l’istanza di sospensione e sono stati disposti incombenti istruttori, nonché le risultanze di detta istruttoria, di cui alla documentazione depositata dal Comune di Firenze il 20 marzo 2006;
Viste, altresì, l’ordinanza n. 345/2006 del 13 aprile 2006, con cui è stata parzialmente accolta la domanda di sospensione, disponendosi ulteriori incombenti istruttori, nonché l’ordinanza n. 419/2006 del 17 maggio 2006, con cui sono stati nuovamente disposti gli incombenti istruttori già oggetto dell’ordinanza n. 345/2006;
Vista l’ordinanza n. 642/2006 del 27 luglio 2006, con cui è stata accolta la domanda di sospensione;
Visto l’atto di intervento ad opponendum della sig.ra Francesca Torricelli;
Visti le memorie ed i documenti depositati dalle parti a sostegno delle rispettive tesi e difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore, nell’udienza pubblica del 2 aprile 2009, il dr. Pietro De Berardinis;
Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
La società ricorrente, Tormalera S.n.c., espone di svolgere, regolarmente autorizzata, attività commerciale di bar con somministrazione di alimenti e bevande nel locale denominato “Kitsch”, ubicato in Firenze, v.le Gramsci n. 1-3-5/r, al piano terra di uno stabile multipiano in una zona della città posta lungo il viale di circonvallazione all’altezza di piazza Beccaria, caratterizzata da un’alta densità di traffico diurno e notturno.
In data 2 marzo 2005 il Comune di Firenze irrogava alla società una sanzione amministrativa per superamento dei limiti differenziali di rumorosità in orario notturno, riscontrato nelle rilevazioni effettuate nella notte tra il 12 e il 13 febbraio 2005. A ciò seguiva un provvedimento comunale di formale diffida dell’esponente a contenere la rumorosità prodotta entro il limite di immissione differenziale in periodo notturno previsto dalla normativa, mediante interventi di bonifica acustica. A questo punto la Tormalera S.n.c. incaricava una società di professionisti del settore di predisporre una relazione tecnica per la valutazione dell’impatto acustico e per gli eventuali accorgimenti da adottare. Dalle verifiche effettuate sarebbero emerse la non necessità di ulteriori misure di bonifica acustica del locale ed il contenimento delle emissioni acustiche nei limiti di legge (come si evince dalla relazione tecnica inviata dall’esponente al Comune in data 23 maggio 2005). Tuttavia, in data 27 e 28 maggio 2005 la Polizia Municipale provvedeva ad effettuare ulteriori accertamenti fonometrici, dai quali emergeva un nuovo superamento del limite differenziale di immissione in orario notturno: la nota del 17 giugno 2005, prot. n. 31347/04/05/m6, di inoltro delle risultanze degli accertamenti, precisava che la rumorosità proveniva prevalentemente dagli avventori presenti all’esterno del locale, sul suolo pubblico da questo occupato. Per conseguenza, con ordinanza n. 514/2005 del 28 giugno 2005, adottata ai sensi dell’art. 9 della l. n. 447/1995, il Sindaco di Firenze disponeva l’inibitoria totale ed immediata dell’attività del pubblico esercizio “Kitsch”, fino alla definitiva esclusione delle sorgenti sonore disturbanti o all’adozione di opere di mitigazione atte a garantire il rispetto dei limiti di rumorosità normativamente consentiti.
L’esponente presentava allora istanza di riesame, facendo rilevare come il superamento dei livelli di rumorosità consentiti fosse limitato all’orario notturno ed in particolare alla fascia compresa tre le ore 0.00 e le ore 3.00 e perciò chiedendo l’immediata riapertura del locale, con la sola limitazione relativa alla suddetta fascia oraria. La società presentava inoltre all’Amministrazione una perizia recante la valutazione di impatto acustico relativa all’attività svolta dal pubblico esercizio all’aperto (sul suolo pubblico oggetto di occupazione debitamente assentita): siffatta perizia elencava, in particolare, una serie di prescrizioni per la limitazione delle emissioni (utilizzo dei bicchieri in plastica, limitazione dei posti a sedere a trenta, ecc.), il cui rispetto avrebbe garantito un impatto acustico nei limiti di legge. Prendendo atto di quanto indicato nella predetta perizia ed in specie degli accorgimenti ivi illustrati per garantire il rispetto dei limiti di legge, il Sindaco di Firenze, con ordinanza n. 520/2005 del 30 giugno 2005 sospendeva l’efficacia della precedente ordinanza inibitoria n. 514/2005, imponendo nel contempo il rispetto di talune prescrizioni (diminuzione a trenta del numero di posti a sedere e degli avventori all’aperto; utilizzo di bicchieri in plastica; inibizione dell’accesso degli avventori dalle ore 0.30). La definitiva revoca dell’ordinanza n. 514/2005 veniva peraltro subordinata al compimento di ulteriori misurazioni fonometriche, così ingenerando – a detta della società esponente – incertezze circa i futuri sviluppi della vicenda e le sorti dell’attività in essere.
Avverso le succitate ordinanze sindacali nn. 514/2005 e 520/2005 è pertanto insorta la Tormalera S.n.c., impugnandole con il ricorso originario e chiedendone l’annullamento, per i seguenti motivi:
- violazione di legge (l. n. 447/1995, d.lgs. n. 267/2000, d.P.C.M. 14 novembre 1997, l. n. 241/1990), eccesso di potere, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, errore nei presupposti, carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento, illogicità, in quanto nel caso di specie non sussisterebbero le eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente che legittimano l’emanazione delle ordinanze ex art. 9 della l. n. 447 cit.;
- violazione di legge (d.lgs. n. 267/2000; l. n. 447/1995; l. n. 241/1990; l. n. 15/2005; art. 97 Cost.), eccesso di potere, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento, in quanto il Comune non ha consentito alla società ricorrente di partecipare al procedimento, non fornendole tempestiva notizia del sopralluogo effettuato, né chiamandola a dare chiarimenti sugli esiti di questo;
- violazione di legge (l. n. 447/1995, l. n. 241/1990, d.P.C.M. 14 novembre 1997, d.m. 16 marzo 1998), eccesso di potere, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, errore nei presupposti, illogicità manifesta, contraddittorietà, perplessità, in quanto le risultanze del sopralluogo svolto dalla P.A. sarebbero erronee e fuorvianti, atteso che le modalità del controllo eseguito sarebbero non conformi a quanto prescritto dalla l. n. 447/1995 e dalle norme regolamentari ad essa collegate, sotto molteplici aspetti (mancata indicazione delle condizioni climatiche in cui sono state effettuate le misurazioni, durata troppo breve di queste ultime, misurazione del livello di rumore residuo non in simultaneità, ma in un momento ben posteriore rispetto a quelle del livello di rumore ambientale, mancata indicazione nel verbale dell’accertamento di dati essenziali circa lo strumento utilizzato per le misurazioni); in ogni caso, l’ordine di chiusura totale del locale sarebbe provvedimento sproporzionato ed eccessivamente afflittivo per il privato.
La società ha chiesto, altresì, la declaratoria del diritto all’apertura del pubblico esercizio sia in periodo diurno che in orario notturno, successivo alle ore 22.00, ancorché nei limiti di capienza dettati dal Comune per lo spazio all’aperto posto su suolo pubblico regolarmente occupato. Infine, ha presentato domanda di risarcimento dei danni asseritamente subiti.
Successivamente alla proposizione del gravame, in data 4 dicembre 2005 il Comune di Firenze provvedeva ad effettuare ulteriori accertamenti fonometrici, nonché una verifica del rispetto, da parte del pubblico esercizio in questione, delle prescrizioni imposte dall’ordinanza n. 520/2005. In tale occasione veniva riscontrata l’inosservanza delle suddette prescrizioni, nonché – ancora una volta – il superamento del valore limite differenziale di immissione in orario notturno (essendo, in questo caso, la rumorosità dovuta principalmente all’attività di intrattenimento musicale e solo in subordine al comportamento di avventori e personale nello spazio esterno al locale). Preso atto di ciò, il Sindaco di Firenze emetteva in data 16 gennaio 2006 l’ordinanza n. 40/2006, con cui, stante le accertate violazioni, revocava le precedenti ordinanze nn. 514/2005 e 520/2005 e disponeva l’immediata inibitoria dell’attività esterna al locale “Kitsch” nell’area oggetto di occupazione di suolo pubblico, nonché dell’attività di intrattenimento musicale (musica riprodotta), fino alla realizzazione delle opere di mitigazione del rumore.
Nei confronti della citata ordinanza sindacale, nonché degli atti presupposti, connessi e conseguenti, la Tormalera S.n.c. ha proposto ricorso per motivi aggiunti, depositato il 22 febbraio 2006, chiedendone l’annullamento, previa sospensione, e deducendo a supporto del gravame le seguenti doglianze:
- violazione di legge (l. n. 447/1995, d.lgs. n. 267/2000; d.P.C.M. 14 novembre 1997, l. n. 241/1990), eccesso di potere, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, errore nei presupposti, carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento, illogicità, giacché nel caso di specie non sussisterebbe quella situazione effettiva di pericolo e di danno per la salute pubblica legittimante il ricorso allo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente ex art. 9 della l. n. 447/1995; inoltre, la P.A. avrebbe agito con contraddittorietà, rilasciando in un primo tempo i provvedimenti abilitativi per l’impianto di intrattenimento musicale e per l’occupazione del suolo pubblico e poi adottando l’ordinanza gravata, in assenza di variazioni medio tempore verificatesi;
- violazione di legge (d.lgs. n. 267/2000; l. n. 447/1995; l. n. 241/1990; l. n. 15/2005; art. 97 Cost.), eccesso di potere, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento, per non avere il Comune dato alla ricorrente tempestiva comunicazione del sopralluogo effettuato e non averle consentito di fornire chiarimenti sugli esiti di questo, così impedendo la partecipazione della ricorrente stessa al procedimento;
- violazione di legge (l. n. 447/1995, l. n. 241/1990, d.P.C.M. 14 novembre 1997, d.m. 16 marzo 1998), eccesso di potere, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, errore nei presupposti, illogicità manifesta, contraddittorietà, perplessità, giacché le risultanze del sopralluogo svolto dalla P.A., attestanti un superamento dei livelli di rumorosità ammessi, sarebbero erronee e fuorvianti, a causa della metodologia seguita nelle misurazione, che sarebbe stata errata e contrastante con i precetti imposti dalla normativa di settore; inoltre, l’inibitoria totale dell’attività di intrattenimento musicale e di quella che si svolge sul suolo pubblico regolarmente occupato sarebbe provvedimento sproporzionato ed eccessivamente afflittivo per il privato.
La società ha poi chiesto la declaratoria del diritto alla piena utilizzazione per l’attività del pubblico esercizio, dell’area pubblica oggetto di occupazione assentita, nonché allo svolgimento nel locale dell’attività di intrattenimento musicale tramite musica riprodotta, in orario sia diurno che notturno. Inoltre, ha reiterato la domanda di risarcimento dei danni.
Si è costituito in giudizio il Comune di Firenze, depositando due rapporti informativi della Direzione Ambiente (rispettivamente datati 18 novembre 2005 e 1° marzo 2006), con allegata la pertinente documentazione (in specie, due note della Polizia Municipale recanti controdeduzioni al ricorso).
Si è costituito in giudizio, altresì, il controinteressato sig. Giuseppe Annino (residente nell’appartamento posto sopra l’esercizio in questione), il quale ha depositato una memoria chiedendo il rigetto del ricorso, previa reiezione, altresì, dell’istanza di sospensione.
Nella Camera di consiglio del 2 marzo 2006 il Collegio, ritenuto opportuno disporre una verificazione in contraddittorio tra le parti diretta ad accertare natura ed entità delle immissioni rumorose prodotte dal pubblico esercizio, nonché delle propagazioni delle stesse all’interno del sovrastante appartamento, con particolare riferimento ai livelli di rumorosità ambientale, residuale e differenziale, con ordinanza n. 26/2006 ha ingiunto all’Amministrazione di disporre il menzionato incombente istruttorio, accogliendo nelle more l’istanza di sospensione dell’ordinanza n. 40/2006, limitatamente alle ore diurne.
In data 20 marzo 2006 il Comune di Firenze ha depositato le risultanze della disposta verificazione.
A propria volta, la Tormalera S.n.c. ha depositato una perizia di parte sulla disposta verificazione.
In vista della prosecuzione della trattazione della fase cautelare, il controinteressato ha depositato una memoria con cui ha contestato la rilevanza degli accertamenti effettuati in sede di verificazione, in quanto svolti in orario diurno (prima delle ore 22.30), rimarcando, altresì, l’inaffidabilità delle misure di contenimento adottate dalla ricorrente, alla luce del fatto che nel locale interessato si farebbe musica “dal vivo”.
Con atto di intervento ad opponendum depositato il 13 aprile 2006 si è costituita in giudizio, altresì, la sig.ra Francesca Torricelli, in qualità di residente al secondo ed ultimo piano dell’edificio al cui piano terra è ubicato il locale “Kitsch”, insistendo per il rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti, previa reiezione dell’istanza cautelare.
Nella Camera di consiglio del 13 aprile 2006 il Collegio, preso atto degli esiti della disposta verificazione, da cui era risultato il rispetto, nelle ore diurne, dei livelli di rumorosità prescritti, con ordinanza n. 345/06 ha sospeso l’efficacia dell’ordinanza sindacale n. 40/2006 limitatamente a tali ore, disponendo, tuttavia, un’ulteriore verificazione della suddetta rumorosità con riferimento alle ore notturne. Con successiva ordinanza n. 419/2006, resa in esito alla Camera di Consiglio del 17 maggio 2006, il Collegio, preso atto della dichiarazione della difesa comunale circa l’impossibilità di effettuare l’incombente istruttorio disposto con la precedente ordinanza n. 345/06, ha rinnovato l’ordine di effettuare il predetto incombente, precisandone le modalità (nell’arco di un mese, non meno di quattro sopralluoghi nel periodo di tempo compreso tra le ore 22.00 e le ore 02.00) e sospendendo il provvedimento impugnato, nelle more della disposta istruttoria.
Tuttavia, con lettera del 1° giugno 2006 il controinteressato comunicava la sua indisponibilità a far effettuare presso la propria abitazione, in orario notturno, la verificazione disposta, a causa dell’età avanzata e delle condizioni di salute, proprie e della moglie.
Preso atto di ciò, nella Camera di consiglio del 27 luglio 2006 il Collegio, con ordinanza n. 642/2006, accoglieva l’istanza cautelare anche nella parte in cui con la stessa era stata chiesta la sospensione dell’inibitoria allo svolgimento dell’attività di intrattenimento musicale in orario notturno.
In vista dell’udienza di merito il Comune di Firenze ha depositato una memoria difensiva con cui, sottolineata la revoca delle ordinanze impugnate con il gravame originario (e pertanto il venir meno del contenzioso in relazione ad esse), ha replicato ai motivi aggiunti, chiedendone la reiezione.
La ricorrente, dal canto suo, ha depositato una memoria, con ulteriore documentazione, insistendo nelle conclusioni già rassegnate.
All’udienza pubblica del 2 aprile 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
La Tormalera S.n.c. impugna, con il ricorso originario in epigrafe, (unitamente gli atti presupposti, connessi e conseguenti espressamente citati) le ordinanze sindacali n. 514/2005 e n. 520/2005, recanti, rispettivamente:
- la prima, l’inibitoria totale ed immediata dell’attività del pubblico esercizio denominato “Kitsch”, di cui è titolare la ricorrente, fino alla definitiva esclusione delle sorgenti sonore disturbanti o alla realizzazione delle necessarie opere di mitigazione;
- la seconda, la sospensione della precedente, subordinatamente all’osservanza, nell’attività svolta nello spazio esterno (su suolo pubblico di cui è stata assentita l’occupazione), delle prescrizioni dettate dalla medesima ordinanza n. 520/2005.
Chiede, altresì, la declaratoria del diritto all’apertura del pubblico esercizio in questione, in periodo sia diurno che notturno, oltre le ore 22.00, anche nei limiti di capienza prescritti dal Comune per lo spazio all’aperto su suolo pubblico, nonché il risarcimento dei danni.
Con successivo ricorso per motivi aggiunti, impugna l’ordinanza sindacale n. 40/2006, con cui sono state revocate le precedenti ordinanze nn. 514/2005 e 520/2005 – oggetto del gravame originario – ed è stata disposta l’inibitoria immediata dell’attività esterna al “Kitsch”, svolgentesi sul suolo pubblico oggetto di occupazione, nonché dell’attività di intrattenimento musicale. Ha inoltre chiesto la declaratoria del diritto alla piena utilizzazione del suolo pubblico oggetto di occupazione per l’attività del pubblico esercizio, nonché allo svolgimento dell’attività di intrattenimento musicale (musica riprodotta), in orario tanto diurno che notturno, quand’anche nei limiti di capienza stabiliti dal Comune per lo spazio esterno su suolo pubblico, reiterando, altresì, la domanda di risarcimento dei danni.
In via pregiudiziale va dichiarata l’improcedibilità della domanda di annullamento delle ordinanze sindacali nn. 514/2005 e 520/2005, formulata con il gravame originario, attesa l’intervenuta revoca di tali ordinanze operata in autotutela dall’Amministrazione comunale con l’ordinanza sindacale n. 40/2006 (impugnata con i motivi aggiunti). Infatti, la revoca delle predette ordinanze deriva non dal riconoscimento delle pretese della società ricorrente, ma dal successivo accertamento che, dopo gli adeguamenti da questa posti in essere (peraltro, come si vedrà, rivelatisi insufficienti), circoscrive il fenomeno inquinatorio. Per la stessa ragione va dichiarata improcedibile anche la domanda, del pari formulata con il gravame originario, di declaratoria del diritto all’apertura del pubblico esercizio in orario sia diurno che notturno, anche dopo le ore 22.00, essendo stato definitivamente revocata l’ordinanza (n. 514/2005) – peraltro già sospesa dalla P.A. – che detta apertura aveva inibito. In ogni caso, la domanda di accertamento è di per sé inammissibile essendo la pretesa della ricorrente solo di interesse legittimo.
In ordine, invece, alla domanda di risarcimento dei danni conseguenti alle gravate ordinanze n. 514/2005 e n. 520/2005, osserva il Collegio, sulla scorta dell’insegnamento della più recente giurisprudenza (C.d.S., Sez. VI, 18 marzo 2008, n. 1137), che tale domanda rimane sicuramente ammissibile. Infatti, nessuna preclusione per il risarcimento del danno può farsi derivare dall’intervenuta caducazione del provvedimento lesivo operata dall’Amministrazione in via di autotutela: ed invero, è pacifico in giurisprudenza che, quando venga meno l’interesse attuale all’annullamento del provvedimento per intervenuti atti successivi, è comunque ravvisabile un interesse residuale a ricorrere, a fini risarcitori, per gli effetti negativi già prodotti dal provvedimento originario, o per fattori di non corretta conduzione del relativo procedimento (C.d.S., Sez. VI, n. 1137/2008, cit.). Nel caso di specie, si chiede, appunto, il risarcimento dei danni per gli effetti negativi prodotti dalle ordinanze gravate (e poi revocate) per il periodo in cui hanno avuto efficacia.
Tanto premesso, la domanda di risarcimento dei danni avanzata con il ricorso originario, relativa alle lesioni asseritamente arrecate alla ricorrente dalle ordinanze nn. 514/2005 e 520/2005, ancorché ammissibile, deve essere respinta in quanto infondata. Ed invero:
a) quanto all’ordinanza n. 514/2005, nessuna lesione economicamente apprezzabile è derivata dalla stessa a carico della Tormalera S.n.c., essendo stato il suddetto provvedimento sospeso in data 29 maggio 2005, ossia lo stesso giorno della sua notificazione alla predetta società;
b) quanto, invece, all’ordinanza n. 520/2005, questa in alcun modo può definirsi provvedimento ingiustamente lesivo degli interessi della ricorrente. Vero è che tale provvedimento, nel disporre la sospensione della precedente ordinanza n. 514/2005 e quindi la ripresa dell’attività dell’esercizio in parola, l’ha condizionata al rispetto di talune prescrizioni, elencate nel corpo dell’ordinanza stessa. Tuttavia, si tratta di regole e prescrizioni che la medesima ricorrente aveva elencato nella relazione tecnica depositata presso la Direzione Ambiente del Comune il 29 giugno 2005 (v. pag. 6 del doc. 8 della difesa comunale), qualificandole come misure procedurali e comportamentali finalizzate alla diminuzione e controllo delle emissioni acustiche di origine antropica derivanti dall’attività all’aperto ed idonee a scongiurare un impatto acustico superiore ai limiti di legge (v. pag. 22 della relazione). Ne discende che la condotta dell’Amministrazione comunale, la quale ha recepito nel proprio provvedimento coercitivo le indicazioni suggerite dalla stessa ricorrente, non può in alcun modo definirsi come illecita: al contrario, trattasi di comportamento rispettoso non solo delle regole di partecipazione procedimentale ex l. n. 241/1990, ma nel contempo conforme ai principi di buona amministrazione e volto ad un contemperamento il più equo possibile tra i diversi interessi, pubblici e privati, coinvolti. Né possono invocarsi in contrario le doglianze mosse con il terzo motivo del gravame originario avverso la metodologia seguita dal Comune nell’effettuazione dei rilevamenti e le modalità di redazione del relativo verbale, in quanto – si ribadisce – l’ordinanza n. 520/2005 non ha posto alcuna limitazione di orario all’attività del pubblico esercizio, né ha limitato quest’ultima a talune tipologie di attività, ma ha soltanto recepito e fatto proprie, tramutandole in prescrizioni, le regole comportamentali indicate dalla stessa ricorrente come idonee ad evitare che l’attività svolta all’esterno del locale, sul suolo pubblico oggetto di occupazione, producesse un impatto acustico superiore ai livelli consentiti.
Venendo quindi all’esame del ricorso per motivi aggiunti, si osserva che esso ha ad oggetto l’ordinanza sindacale n. 40/2006: questa, nel revocarle, ha sostituito le precedenti (gravate con il ricorso originario), così dettando l’assetto definitivo degli interessi, quantomeno fino alla sua sospensione disposta dal Tribunale in accoglimento dell’istanza cautelare avanzata dalla società.
Con il primo dei motivi aggiunti la ricorrente lamenta l’assenza, nel caso di specie, dei presupposti per addivenire all’emanazione di un ordinanza contingibile ed urgente ex art. 9 della l. n. 447/1995. In particolare, non sussisterebbe in concreto nessuna situazione di pericolo e/o di danno per la salute pubblica, né la fattispecie presenterebbe i caratteri di straordinarietà, gravità ed urgenza richiesti dalla succitata disposizione. A tutto voler concedere, si tratterebbe, infatti, di un rumore udibile nel solo appartamento del piano superiore, che giustificherebbe al più una sanzione amministrativa e non certo l’inibitoria dell’attività di intrattenimento musicale e di quella svolta sul suolo pubblico, oggetto di occupazione regolarmente assentita. Il provvedimento gravato conterrebbe, invece, un richiamo del tutto generico a non meglio precisati pregiudizi arrecati all’interesse pubblico alla tutela del riposo e della quiete e, in ogni caso, farebbe erroneamente riferimento alla “particolare preminenza della tutela nell’ambito territoriale del centro storico per l’obiettivo dell’amministrazione di favorirne la residenza ed il ripopolamento”, senza considerare che il locale interessato è ubicato fuori dal centro storico, lungo i viali di circonvallazione, all’altezza di p.zza Beccaria.
Sotto altro, profilo, il provvedimento impugnato sarebbe affetto da contraddittorietà, dal momento che la P.A. aveva in precedenza rilasciato i titoli abilitativi per l’attività di intrattenimento musicale e per l’occupazione di suolo pubblico, intervenendo poi con il gravato provvedimento coercitivo, in assenza di variazioni medio tempore verificatesi.
Nessuna delle doglianze ora esposte può trovare accoglimento.
Ed invero, va anzitutto respinta la doglianza di violazione di legge per mancanza, nella fattispecie concreta, di ogni pericolo o danno per la salute pubblica, a nulla rilevando, in proposito, il fatto che il livello di rumorosità prodotto dall’esercizio sarebbe udibile solo nell’appartamento soprastante, dove abita il controinteressato sig. Annino (e dove in effetti hanno avuto luogo le misurazioni).
In contrario si evidenzia, infatti, che nel caso di specie il Sindaco ha esercitato il potere di adottare ordinanze contingibili ed urgenti attribuitogli dall’art. 9 della l. n. 447/1995: disposizione, la quale attribuisce a taluni organi – tra cui il Sindaco – qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente, il potere di ordinare, con provvedimento motivato, il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di certe attività.
Orbene, secondo la giurisprudenza più recente, l’esercizio di un simile potere è legittimo anche allorché l’ordinanza sia adottata a seguito delle segnalazioni e degli esposti di una sola famiglia (T.A.R. Milano, Sez. IV, 27 dicembre 2007, n. 6819). Ed invero, da un lato, la tutela della salute pubblica non presuppone necessariamente che la situazione di pericolo involga l’intera collettività, ben potendo richiedersi tutela alla P.A. anche laddove sia in discussione la salute di una singola famiglia, o anche di una sola persona (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 8 giugno 2006, n. 3340); dall’altro lato, non può essere certamente reputato ordinario strumento di intervento – sul piano amministrativo – la facoltà che l’art. 844 c.c. attribuisce al privato di adire il G.O. per far cessare le immissioni dannose eccedenti la normale tollerabilità (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 24 gennaio 2006, n. 488; id., n. 3340/2006, cit.).
In altri termini, lo strumento che la legislazione di settore mette a disposizione per reprimere le violazioni della disciplina sull’inquinamento acustico è specificamente – nonché unicamente – il potere di ordinanza ex art. 9 della l. n. 447/1995: rimedio ordinario in materia di inquinamento acustico, non attribuendo la citata legge speciale altri strumenti alle Amministrazioni comunali. Per conseguenza, è sufficiente, per l’esercizio del suddetto potere, anche la segnalazione di un solo cittadino (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 2 aprile 2008, n. 715). Non può, dunque, obiettarsi che, date le caratteristiche della fattispecie in esame, il Comune, una volta accertata la violazione, avrebbe potuto e dovuto limitarsi ad irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria. Come visto, infatti, l’accertata presenza di un fenomeno di inquinamento acustico, pur se non coinvolgente l’intera collettività, basta a concretare l’eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica con lo strumento previsto (soltanto) dall’art. 9 cit. (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, n. 3340/2006, cit.): strumento che costituisce espressione della potestà regolatoria, spettante ai Comuni, di conformare l’attività privata al rispetto dei limiti di emissione acustica nell’ambito del territorio comunale (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 715/2008, cit.).
Per questo verso, debbono dunque essere condivise le argomentazioni dell’interveniente, secondo cui, ancorché nella vicenda in esame la segnalazione sia promanata da un singolo (il sig. Annino), il provvedimento impugnato mira a tutelare la quiete di tutto l’ambiente circostante e non certo del solo appartamento del segnalante. Non può invece essere condivisa la tesi sostenuta dalla difesa comunale, per la quale il Sindaco avrebbe in realtà esercitato il potere previsto dall’art. 14, comma 2, della l. n. 447/1995 (cioè il potere di controllo sull’osservanza delle prescrizioni attinenti il contenimento dell’inquinamento acustico prodotto, tra l’altro, dalle sorgenti fisse), in quanto detta disposizione non è in alcun modo richiamata nell’ordinanza contestata, che fa riferimento in via esclusiva all’art. 9 della legge in questione.
Da quanto ora detto si desume che, ai fini della corretta motivazione del provvedimento impugnato, è sufficiente il riferimento al pregiudizio patito dall’interesse pubblico alla tutela del riposo, della quiete, della salute e delle occupazioni dei cittadini, come risultante dagli accertamenti dei livelli di rumorosità richiamati dal provvedimento stesso. La censura di erroneità dell’ulteriore riferimento motivazionale, contenuto nell’ordinanza sindacale, alla preminenza attribuita all’obiettivo specifico perseguito dal Comune di favorire la residenza ed il ripopolamento del centro storico, è quindi – in primo luogo – del tutto irrilevante. Ciò, alla stregua del consolidato indirizzo giurisprudenziale, in base al quale, in caso di provvedimento fondato su una pluralità di motivazioni autonome, il venir meno di una di esse non determina l’illegittimità dell’atto se un’altra giustificazione sia in via autonoma idonea a sorreggerlo (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 29 agosto 2006, n. 5039; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 8 novembre 2007, n. 6204). In secondo luogo – ed in ogni caso – la doglianza di erroneità formulata dalla ricorrente è priva di fondamento: infatti, l’esercizio per cui è causa è ubicato all’interno dei viali della circonvallazione, che, per fatto notorio (regola applicabile anche nel processo amministrativo, perchè non contrastante con il metodo acquisitivo ivi vigente: cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 9 marzo 2004, n. 826; id., 20 febbraio 2009, n. 1346), costituiscono il confine del centro storico di Firenze.
In ordine, poi, alla doglianza di contraddittorietà dell’operato dell’Amministrazione comunale, è evidente che il rilascio, da parte di quest’ultima ed in favore della ricorrente, dei titoli abilitativi per lo svolgimento dell’attività di intrattenimento musicale e per l’occupazione del suolo pubblico antistante il locale, in nessun modo può precludere all’Amministrazione stessa l’esercizio di quella potestà di conformare l’attività privata al rispetto dei limiti di emissione acustica nell’ambito del territorio comunale, di cui, come si è visto poc’anzi, il potere di adottare le ordinanze ex art. 9 della l. n. 447 cit. costituisce espressione. Ciò, senza trascurare che, nella fattispecie in esame, il fatto nuovo medio tempore intervenuto e giustificante l’intervento coercitivo della P.A. vi sarebbe eccome, essendo esso rappresentato sia dall’accertamento dell’ulteriore superamento dei limiti di immissione differenziale ammessi in periodo notturno, sia dalla riscontrata inosservanza delle prescrizioni, il cui rispetto era stato imposto alla ricorrente dall’ordinanza n. 520/2005.
Se ne deduce la complessiva infondatezza del primo motivo aggiunto.
Parimenti infondato è, poi, il secondo motivo, riconducibile, in sintesi, alla censura di violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990, in particolare sotto l’aspetto dell’omessa tempestiva comunicazione del sopralluogo effettuato presso l’abitazione soprastante e dell’omesso invito a fornire chiarimenti sugli esiti del predetto sopralluogo. Precisa al riguardo la ricorrente che, qualora le fosse stata data tempestiva notizia circa lo svolgimento del sopralluogo e/o circa l’esito dello stesso, mettendola in condizione di partecipare al procedimento, avrebbe potuto fornire indubbi chiarimenti, alla luce dei dati di cui è in possesso sulla base della documentazione tecnica che ha acquisito attraverso propri tecnici. In particolare, avrebbe potuto evidenziare come il problema del superamento dei livelli di rumore consentiti dipenda non dalle immissioni scaturenti dall’attività di intrattenimento musicale, né dall’attività svolta dal pubblico esercizio sul suolo pubblico occupato antistante il locale, bensì unicamente dalla peculiare ubicazione dell’esercizio stesso, posto in una zona ad alta densità di traffico e connotata notoriamente da un elevato tasso di rumorosità tanto diurna, quanto notturna (dovuta per l’appunto al traffico).
In senso contrario, tuttavia, deve rilevarsi innanzitutto come le operazioni di misurazione delle immissioni acustiche integrino un tipico esempio di accertamento a sorpresa, per il quale trova, dunque, applicazione l’indirizzo giurisprudenziale, secondo cui è del tutto legittimo non far precedere un simile tipo di accertamenti dal previo avviso di avvio del procedimento, per non rischiare di comprometterne la genuinità (C.d.S., Sez. VI, 18 maggio 2004, n. 3190; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 10 giugno 2008, n. 1961).
Peraltro, la stessa giurisprudenza tiene ferma la legittimità dell’operato della P.A. a condizione che a tali verifiche preventive, non precedute dalla comunicazione ex art. 7 della l. n. 241/1990, faccia seguito, con il vero e proprio avvio del procedimento, la comunicazione in parola. Per questo verso, tuttavia, deve osservarsi che la ricorrente non poteva dirsi all’oscuro delle iniziative del Comune, atteso che nel caso di specie si è trattato dell’esecuzione di verifiche stabilite già dall’ordinanza n. 520/2005 al fine di controllare il rispetto delle prescrizioni dettate dall’ordinanza stessa, nonché il rispetto della normativa sull’inquinamento acustico da parte del pubblico esercizio. Sul punto, si rinvia, infatti, a quella parte del dispositivo dell’ordinanza n. 520/2005 recante la comunicazione “che la definitiva revoca dell’Ordinanza n. 514 del 28/06/2005 (temporaneamente sospesa dall’ordinanza n. 520/2005) potrà avvenire successivamente alla valutazione delle misurazioni fonometriche effettuate presso i recettori disturbati dal Corpo di Polizia Municipale ed attestanti il ripristino (del) rispetto alla normativa sull’inquinamento acustico”. Si rinvia, inoltre, alla parte successiva del citato dispositivo, recante incarico, al Corpo di Polizia Municipale, “della verifica e controllo dell’esecuzione del presente Provvedimento”, nonché del compimento “delle misure fonometriche necessarie alla verifica del ripristinato rispetto della normativa sull’inquinamento acustico da parte dell’attività di che trattasi”. In ogni caso, la ricorrente è stata debitamente notiziata degli esiti degli accertamenti condotti dall’Amministrazione, essendo stati notificati alle persone fisiche titolari del pubblico esercizio sia i verbali n. 4546/L/2005S e n. 4549/L/2005/S, ambedue del 12 dicembre 2005, sia il verbale n. 013022/C/2005 del 21 dicembre 2005: verbali riguardanti, i primi due, l’accertamento, in data 4 dicembre 2005, del superamento, da parte del pubblico esercizio per cui è causa, del valore limite differenziale di immissione acustica in ambiente abitativo in orario notturno ammesso dalla normativa; il terzo, l’utilizzo, per la chiusura perimetrale del suolo pubblico la cui occupazione era stata assentita, di fogli di plastica trasparenti, in difformità da quanto autorizzato. Per quanto riguarda l’avvenuto accertamento, sempre in data 4 dicembre 2005, dell’inosservanza delle prescrizioni contenute nell’ordinanza n. 520/2005, relative al numero massimo di posti a sedere e di avventori all’aperto (trenta), all’utilizzazione di bicchieri di plastica per gli avventori nello spazio all’aperto, ed all’inibizione dell’accesso degli avventori dalle ore 00.30, si osserva che la nota della Polizia Municipale del 22 dicembre 2005, prot. n. 31347/12/2005/M6, avente ad oggetto l’inoltro delle risultanze degli accertamenti fonometrici, contiene l’indicazione (non contestata dalla ricorrente) che i verbali relativi alle varie infrazioni riscontrate erano stati notificati ad ambedue i soci amministratori della Tormalera S.n.c. (in data – se ne desume – anteriore all’emanazione del provvedimento gravato).
Ne discende l’infondatezza dell’ora vista doglianza, restando invece demandata all’analisi del successivo motivo di gravame la valutazione della fondatezza o meno delle giustificazioni che la ricorrente avrebbe potuto addurre (quelle, cioè, concernenti l’elevata rumorosità della zona).
Passando, dunque, all’analisi del terzo ed ultimo motivo aggiunto, con esso si contestano, in buona sostanza, le modalità di misurazione e di rilevamento adoperate dall’Amministrazione comunale, nonché quelle di redazione del relativo verbale. La ricorrente lamenta, inoltre, il carattere sproporzionato (ed eccessivamente afflittivo per il privato) del provvedimento di inibitoria totale dell’attività di intrattenimento musicale e di quella svolgentesi sul suolo pubblico regolamente occupato.
In proposito, reputa il Collegio di dover distintamente analizzare ciascuna di tali doglianze.
Innanzitutto, la società lamenta che la misurazione del livello di rumore residuo è stata effettuata soltanto alle ore 03.21 e che per tal motivo essa è non raffrontabile con le molteplici misurazioni del livello di rumore ambientale, effettuate tutte in orario precedente e quindi in condizioni ben diverse (cioè con maggior traffico e perciò con maggior rumorosità circostante).
Sul punto aggiunge che la misurazione del livello di rumore ambientale (definito dall’allegato A) al d.m. 16 marzo 1998 come il livello di pressione sonora prodotto da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante un determinato tempo, comprensivo perciò anche della sorgente disturbante) e quella del livello di rumore residuo (definito dal predetto allegato A) come il livello di pressione sonora che si rileva quando si esclude la specifica sorgente disturbante) non possono essere legittimamente svolte in orari e condizioni molto diverse tra loro, quali ad es. quella di una città in movimento per il rientro delle persone (situazione che si sarebbe verificata durante le varie misurazioni del livello ambientale) e quella, invece, di una città ormai semideserta (situazione esistente al momento della misurazione del livello residuo). Ciò, perché ogni rilevamento effettuato in condizioni di diversità di orario tra la misura del livello residuo e quella del livello ambientale porterebbe a risultati influenzati da contributi di rumorosità derivanti dal traffico considerevolmente diversi. Esso sarebbe, dunque, privo di qualsiasi significato ai fini di una valutazione corretta ed attendibile circa il contributo effettivo proveniente dall’attività del pubblico esercizio. In conseguenza dell’arbitraria modalità di misurazione prescelta dal Comune, quest’ultimo sarebbe quindi pervenuto ad accertare un livello differenziale di rumorosità eccedente quanto normativamente consentito, dovuto, tuttavia, esclusivamente alla particolare ubicazione dell’appartamento in cui è stato effettuato il rilevamento, posto lungo una delle principali arterie cittadine (oltre che al periodo in cui il rilevamento è stato effettuato, caratterizzato da flussi di traffico superiori alla media).
In altre parole, secondo la ricorrente, il fatto che la misurazione del livello ambientale sia avvenuta in un momento anteriore della notte – e cioè in una fascia compresa tra le ore 00.15 e le ore 02.17 – ha portato a valori più alti, non dovuti però alle immissioni acustiche provenienti dall’esercizio, ma ai maggiori flussi di traffico. Al contrario, la misurazione del livello residuo in orario ben più tardo – e cioè alle ore 03.21 – ha portato naturalmente a valori più bassi, in quanto effettuata in un momento in cui i flussi di traffico cittadino si erano notevolmente ridotti. Pertanto, il differenziale tra i valori del livello ambientale ed il valore del livello residuo sarebbe stato arbitrariamente innalzato, in ragione della suesposta sfasatura temporale delle misurazioni e sarebbe, perciò, inattendibile e, comunque, fuorviante ed illegittimo. Ove, invece, le misurazioni del livello di rumore ambientale e di quello residuo fossero state contestuali, o comunque condotte con identiche modalità in orari il più possibile congruenti, i risultati sarebbero stati ben diversi ed in ogni caso tali da comportare un livello differenziale in linea con il limite massimo consentito: come dimostrerebbero le molteplici misurazioni effettuate dai periti incaricati dalla ricorrente, trasfuse nelle relazioni tecniche versate in atti.
Ad avviso del Collegio, la doglianza non è meritevole di accoglimento.
Ed invero, si può convenire, in linea di principio, con le affermazioni della società ricorrente circa l’esigenza di evitare un’eccessiva divaricazione temporale tra le misurazioni del livello di rumore ambientale e quella del livello di rumore residuo, che ne altererebbe il rispettivo significato, rendendole non comparabili. E, tuttavia, il Collegio condivide le riflessioni svolte a proposito dei rilievi della ricorrente dall’Amministrazione resistente (cfr. in particolare docc. 10 e b3 della difesa comunale). Quest’ultima ha osservato sul punto come la metodologia seguita dai tecnici comunali sia stata quella di campionare la rumorosità in un arco temporale vasto, procedendo con misurazioni di durata prolungata, in grado di assicurare la rappresentatività del fenomeno e l’assoluta stabilizzazione del livello di rumorosità e poi attendendo la chiusura del locale ed il compimento delle residue operazioni da parte dei gestori, per effettuare la misurazione del livello residuo. Infatti, dovendosi considerare il rumore antropico prodotto dalle persone presenti nell’area esterna oggetto di occupazione, qualsiasi intervento diretto ad escludere tale rumore (mediante intervento della Polizia Municipale nel locale prima della chiusura di questo), al fine di consentire la misurazione della rumorosità residua anteriormente alla suddetta chiusura, avrebbe alterato completamente il quadro della situazione, non consentendo più alcuna misurazione successiva (in particolare, non consentendo l’ulteriore misurazione del livello ambientale) se non attraverso mere simulazioni, aventi carattere di una “rappresentazione teatrale” del fenomeno, in quanto tali, non idonee a fornire una rappresentazione attendibile dell’evento disturbante. Come già detto in sede di esame del secondo motivo, il Collegio ravvisa nel caso di specie un esempio dei cd. accertamenti a sorpresa: perciò, il Collegio condivide l’affermazione della Polizia Municipale, secondo cui è essenziale, ai fini di una rappresentazione realistica (e dunque attendibile) degli eventi disturbanti, che i rilievi avvengano all’insaputa del titolare dell’attività (e più in generale, all’insaputa dei soggetti le cui emissioni acustiche vengono rilevate), allo scopo di impedire modificazioni e/o alterazioni della situazione effettiva.
In conformità alle regole metodologiche appena esposte e con specifico riferimento alle misurazioni effettuate il 4 dicembre 2005, la Polizia Municipale ha quindi evidenziato:
a) di aver campionato la rumorosità ambientale per oltre due ore e quindici minuti, procedendo con quattro misurazioni della durata di quindici minuti ognuna (la prima iniziata alle ore 00.15, la quarta conclusa alle ore 2.32), come tali idonee a garantire la rappresentatività del fenomeno e l’assoluta stabilizzazione del livello di rumorosità;
b) di avere atteso la chiusura dell’esercizio per poter procedere al rilievo della rumorosità residua, cioè in assenza della sorgente disturbante, effettuando la relativa misurazione alle ore 03.21, ossia a meno di un’ora di distanza dall’ultima misurazione del livello ambientale. Sul punto la Polizia aggiunge che il rilevamento della rumorosità residua è stato compiuto alle ore 03.21 a causa del protrarsi dell’attività di intrattenimento musicale e della presenza di avventori nell’area esterna al locale, oggetto di occupazione di suolo pubblico, fino alle ore 03.10, e dopo che la cessazione di ogni attività di somministrazione nel locale stesso avveniva solo alle ore 03.20;
c) di aver attenuato il peso della componente di rumorosità rappresentata dal traffico veicolare esterno, mantenendo chiuse le finestre dell’abitazione dove si sono svolte le misurazioni durante l’esecuzione di queste ultime. A questo riguardo, la Polizia Municipale precisa che, essendo state effettuati i rilevamenti a finestre chiuse, la rumorosità proveniente dall’impianto musicale e dagli avventori posti all’interno del locale si trasmetteva prevalentemente tramite il soffitto e le strutture murarie (con ciò dimostrandosi la necessità di opere di bonifica strutturale, quali ad es. pannelli fonoisolanti, in grado di spiegare una significativa efficacia riduttiva delle emissioni).
In definitiva il Collegio ritiene che nel caso di specie il Comune, svolgendo ripetute misurazioni del livello di rumore ambientale (ciascuna di durata prolungata), l’ultima delle quali effettuata a meno di un’ora di distanza dal successivo rilevamento del livello di rumore residuo, abbia operato al fine di ottenere risultati il più possibile genuini e conformi alla situazione effettiva e nel contempo sia riuscito a contenere la divaricazione temporale tra l’ultima misurazione del livello ambientale (ore 02.17-02.32) e quella del livello residuo (ore 03.21) in limiti accettabili.
Sul punto, si osserva che, anche prendendo ad esclusivo riferimento la suddetta ultima misurazione del livello ambientale, il valore differenziale rispetto al livello residuo (pari a dB(A) 4,5) risulta superiore al limite massimo ammesso in orario notturno dalla vigente normativa (pari a dB(A) 3). Né si può sostenere che tra l’orario di effettuazione dell’ultima misurazione del livello ambientale e quello di rilevamento del livello residuo vi sia stato quel radicale mutamento delle condizioni ambientali ed in particolare dei flussi di traffico veicolare esterno, prefigurato dalla ricorrente a supporto delle proprie tesi: ciò sia – si ribadisce – per la ridotta divaricazione temporale tra i suddetti rilevamenti, tale da non rendere ragionevolmente ipotizzabile un radicale capovolgimento della situazione nei due momenti considerati; sia in ragione della peculiare ubicazione del locale “Kitsch”, posto lungo i viali di circonvallazione della città di Firenze (ancorché all’interno della cerchia del centro storico) e dunque ubicato in un’area che per sua natura appare esposta in ogni momento della giornata a significativi flussi di traffico veicolare; sia, ancora, per l’accorgimento utilizzato dai tecnici comunali, i quali hanno effettuato le misurazioni dall’abitazione soprastante l’esercizio tenendo chiuse le finestre di detta abitazione e così attenuando l’apporto di rumorosità dovuto ai predetti flussi di traffico.
A questo proposito, deve evidenziarsi che le risultanze delle misurazioni hanno consentito di dare conto dell’inadeguatezza degli accorgimenti adottati dai gestori dell’esercizio per quanto riguarda il contenimento delle emissioni acustiche derivanti dall’attività di intrattenimento musicale (svolta – è da notare – all’interno del locale): per quanto concerne, invece, l’attività svolta all’esterno, sul suolo pubblico oggetto di occupazione, al dato del superamento dei livelli di rumorosità consentiti va aggiunto il mancato rispetto delle prescrizioni dettate dall’ordinanza n. 520/2005 (che, peraltro, in massima parte ricalcano le regole descritte dallo stesso tecnico incaricato dall’odierna ricorrente e da questi indicate come idonee ad impedire il superamento dei limiti differenziali ammessi).
Sull’argomento, infine, è necessaria un’ultima considerazione, la cui portata appare invero decisiva.
La ricorrente ha sostenuto nel gravame originario (facendone anche oggetto di specifica doglianza avverso le misurazioni che avevano condotto all’emanazione delle ordinanze oggetto del gravame stesso) la necessità che le misurazioni siano effettuate in un arco temporale prolungato affinché possano essere davvero idonee a rappresentare la situazione reale: le misurazioni svolte in un arco temporale breve, a detta della stessa ricorrente, non avrebbero perciò una tale idoneità e ciò varrebbe sia per ciascuna misurazione (che deve protrarsi per un periodo di tempo significativo), sia per il complesso delle misurazioni. Ora, non si vede come un tale risultato potrebbe essere ottenuto seguendo la metodologia, del pari proposta dalla ricorrente, di una misurazione contestuale, o quasi, del livello di rumore ambientale e di quello residuo. Infatti, come ricorda la Polizia Municipale, è essenziale, ai fini di una rappresentazione realistica (e non “teatrale” o comunque secondo schemi o modelli astratti) dei fattori disturbanti, che i rilevamenti vengano svolti all’insaputa dei gestori del pubblico esercizio (ed a fortiori degli avventori), onde impedire modificazioni o alterazioni dello stato dei fatti. Ma per poter effettuare la misurazione del livello di rumore residuo immediatamente dopo quella del livello ambientale, sarebbe necessario l’intervento della Polizia Municipale nel locale interessato, per farne cessare ogni fonte di rumore (quando non per determinarne la chiusura anticipata), così precludendosi, tuttavia, – come si è già visto – la possibilità di qualsiasi ulteriore misurazione del predetto livello ambientale. Infatti, una volta resi consapevoli i gestori del pubblico esercizio e gli avventori della presenza di tecnici comunali dediti a rilevare la rumorosità derivante dall’esercizio stesso, è evidente che qualsiasi successiva misurazione sarebbe falsata e comunque non in grado di dare una rappresentazione genuina e veritiera della situazione. Da ciò consegue che la misurazione del livello residuo potrebbe essere effettuata soltanto in (quasi) contestualità con l’ultima concernente il livello ambientale: ad opinare diversamente, infatti, dovendosi interrompere in via definitiva i rilevamenti del livello di rumore ambientale, si correrebbe il rischio che questi ultimi si siano protratti per un arco temporale complessivo troppo breve e, per tal ragione, non siano attendibili (alla stregua di quanto sostiene la stessa ricorrente). Se per es., nel caso di specie, la misurazione del livello residuo fosse stata effettuata dopo la prima, o la seconda od anche la terza misurazione del livello ambientale (e cioè, considerato il protrarsi di queste per quindici minuti, alle ore 00.30, o alle ore 01.15, o alle ore 01.41), sembra scontato che la ricorrente avrebbe ugualmente contestato l’esattezza delle relative risultanze, perché ottenute in esito a misurazioni protrattesi per un periodo di tempo troppo breve e cioè al massimo per circa un ora e mezza, invece delle quattro ore di durata degli accertamenti compiuti dal tecnico incaricato dalla medesima ricorrente. Ne deriva – si ribadisce – che l’unico modo per superare una simile contestazione è quello di misurare il livello di rumore residuo immediatamente dopo l’ultima misurazione del livello di rumore ambientale. Ma è evidente che in questa maniera:
a) le condizioni climatiche esterne (in specie le emissioni acustiche imputabili ai flussi di traffico veicolare) sarebbero verosimilmente molto simili a quelle in cui è avvenuta la misurazione effettiva del livello residuo da parte della Polizia Municipale in occasione del sopralluogo del 4 dicembre 2005, eseguita alla chiusura del locale alle ore 03.21 (si è già osservato che non risulta verosimile un radicale capovolgimento delle condizioni esterne tra le ore 02.32 e le ore 03.21);
b) si tratterebbe, pertanto, di condizioni climatiche verosimilmente molto simili a quelle di cui si lamenta la società ricorrente, imputando ad esse un ruolo decisivo nel raggiungimento di livelli differenziali eccedenti il consentito;
c) in ogni caso – e soprattutto – vi sarebbe comunque una rilevante divaricazione temporale tra la misurazione del livello residuo e le misurazioni del livello ambientale che hanno preceduto l’ultima, quantomeno quelle più risalenti. Infatti, o si protraggono i rilevamenti per un arco temporale breve, o vi sarà comunque una significativa divaricazione tra i primi rilevamenti del livello ambientale ed il rilevamento di quello residuo (quasi simultaneo all’ultimo rilevamento del livello ambientale).
In sostanza, a seguirle fino in fondo, le tesi della ricorrente conducono ad un esito inesorabilmente contraddittorio: se si vuole avere una rappresentazione realistica (e non “teatrale” o simulata) dello stato dei fatti, non è, invero, possibile protrarre le misurazioni in un arco di tempo considerevole, mantenendo nel contempo una quasi contestualità del rilevamento del rumore residuo con quelli del rumore ambientale. Delle due, l’una: o si mantiene una breve divaricazione temporale tra tutte le misurazioni del livello di rumore ambientale (e non solo l’ultima) e la misurazione del livello di rumore residuo, ma allora l’accertamento deve avere necessariamente una durata non prolungata (e quindi è viziato per questo verso); oppure si protrae l’accertamento per un tempo considerevole, ma allora non è possibile evitare una significativa divaricazione temporale tra i primi rilevamenti del livello ambientale ed il rilevamento del livello residuo (ed allora l’accertamento sarà viziato sotto questo diverso profilo).
In definitiva, appare corretta, invece, la scelta dell’Amministrazione: quest’ultima, nell’eseguire le misurazioni del livello ambientale in un arco temporale piuttosto lungo (più di due ore) e nel cercare di effettuare la misurazione del livello residuo a non grande distanza di tempo dall’ultima di quello ambientale, attendendo, comunque, per la sua esecuzione, la chiusura del pubblico esercizio, ha inteso garantire la massima genuinità dei risultati ottenuti, cioè la loro massima corrispondenza alla situazione effettiva.
Se ne desume l’infondatezza della doglianza ora analizzata.
In ordine, invece, alla censura avente ad oggetto il carattere sproporzionato ed eccessivamente afflittivo per il privato dell’ordinanza gravata, il Collegio osserva quanto segue.
L’ordinanza n. 40/2006 è stata emanata – come già visto – a seguito di accertamenti disposti in esecuzione della precedente ordinanza n. 520/2005, che aveva subordinato il definitivo ritiro del provvedimento di inibitoria totale dell’attività svolgentesi nel locale all’effettuazione di ulteriori misurazioni fonometriche attestanti il ripristino del rispetto della normativa sull’inquinamento acustico. Dagli accertamenti eseguiti è emerso non solo il perdurare del superamento dei limiti di rumorosità consentiti dalla legge, ma anche l’inosservanza di quelle prescrizioni contenute nella medesima ordinanza n. 520/2005 (e frutto, in massima parte, di proposte della medesima società ricorrente), che avrebbero dovuto garantire il rispetto della normativa sull’inquinamento acustico relativamente all’attività di somministrazione svolta nell’area antistante il locale, su suolo pubblico oggetto di occupazione assentita. In merito, poi, all’attività di intrattenimento musicale, dagli atti di causa è emerso in maniera incontrovertibile che questa consiste anche in musica dal vivo, ovvero almeno prodotta da un operatore, e non solo in musica riprodotta usata come sottofondo nel locale. Ne discende l’irrilevanza degli accorgimenti adottati dai gestori ai fini dell’insonorizzazione ed in particolare del blocco dell’amplificatore, di cui a ragion veduta il controinteressato ha contestato l’efficacia, sottolineandone l’agevole rimuovibilità. In proposito, occorre altresì aggiungere che il verbale del sopralluogo eseguito il 15 marzo 2006, in ottemperanza all’ordinanza istruttoria n. 26/2006 del 2 marzo 2006 – se contiene risultanze degli accertamenti fonometrici svolti del tutto irrilevanti ai fini della presente decisione, in quanto eseguiti anteriormente alle ore 22.00 – reca tuttavia una conferma della facile rimuovibilità del sigillo posto al limitatore del volume (essendo detto sigillo costituito da due smaltature aventi la consistenza del cosmetico da unghie). Esso reca, inoltre, un’ulteriore conferma dell’inosservanza, da parte dei gestori del locale, delle prescrizioni dettate con l’ordinanza n. 520/2005, con particolare riguardo al numero di avventori presenti nello spazio esterno, su suolo pubblico occupato, antistante il locale (accertati in cinquanta, anziché in trenta, come prescritto, alle ore 20.45 e solo dopo mezz’ora, alle ore 21.20, ridottisi a ventisette).
Anche alla luce del carattere reiterato delle violazioni accertate, si deve, pertanto, escludere che il provvedimento impugnato abbia carattere sproporzionato ed eccessivamente afflittivo per l’odierna ricorrente. Ciò, tenuto conto che:
a) l’inibitoria riguarda soltanto l’attività di intrattenimento musicale condotta nel locale interessato, nonché ogni attività (compresa quindi la somministrazione) svolta all’esterno, sul suolo pubblico regolarmente occupato, con il corollario che non è stata in alcun modo inibita la restante attività svolta nel locale (in particolare, l’attività di somministrazione svolgentesi dentro il locale);
b) sotto questo aspetto, l’asserzione della ricorrente, secondo cui l’inibitoria totale della diffusione di musica all’interno del locale equivale in sostanza “a privare l’esercizio di quegli strumenti/servizi unanimemente riconosciuti come indispensabili ai fini di una proficua attività” risulta del tutto pretestuosa ed infondata, oltre che in contraddizione con quelle altre parti del gravame, nelle quali si afferma che nel caso di specie non si sta parlando di un locale notturno “dove il ballo e la musica ad alto volume rappresentano la principale attrattiva”;
c) l’inibitoria ha efficacia fino al momento dell’adozione di opere di mitigazione atte a garantire il rispetto dei limiti di rumorosità consentiti: opere, invero, non così gravose, atteso che, per quanto riguarda l’attività svolta all’esterno, sarebbe sufficiente che i gestori dell’esercizio assicurassero il rispetto delle condizioni da loro stessi proposte nella relazione tecnica depositata in data 29 giugno 2005, mentre per quanto concerne l’intrattenimento musicale, il rapporto della Polizia Municipale del 24 febbraio 2006 fornisce preziose indicazioni, facendo riferimento a pannelli fonoisolanti da applicare sul soffitto;
d) sembra applicabile al caso di specie quanto osservato dalla giurisprudenza con riferimento al rapporto di proporzione che deve sussistere in materia disciplinare tra sanzione irrogata e gravità dei fatti contestati, proporzione che costituisce oggetto di un apprezzamento discrezionale della P.A., suscettibile di sindacato giurisdizionale di legittimità solo in presenza di macroscopici vizi logici (C.d.S., Sez. VI, 16 ottobre 2008, n. 5016), del tutto assenti nella fattispecie in esame.
Si deve, pertanto, concludere che il Comune si è limitato ad inibire (fino all’adozione di congrue misure di contenimento) non l’intera attività del pubblico esercizio, ma le sole attività di questo maggiormente disturbanti sul piano acustico. Per conseguenza, dovendosi escludere la fondatezza (anche) della doglianza di sproporzione o eccessiva afflittività del provvedimento gravato, il terzo motivo aggiunto risulta anch’esso in toto infondato, con il corollario dell’integrale infondatezza della domanda di annullamento formulata con i motivi aggiunti.
Se ne desume (a parte l’inammissibilità nell’ambito del giudizio impugnatorio) l’infondatezza, altresì, della domanda di accertamento del diritto della ricorrente allo svolgimento, nel pubblico esercizio di cui si discute, dell’attività di intrattenimento musicale, sia in periodo diurno che notturno, e di quella all’accertamento del diritto a svolgere l’attività di pubblico esercizio (di somministrazione) nell’area pubblica antistante il locale, oggetto di occupazione. A tal proposito, si può invero osservare che il fatto che la ricorrente stessa, nel domandare la declaratoria del proprio diritto, condizioni quest’ultimo al rispetto dei limiti di capienza stabiliti (evidentemente dal Comune, quindi dall’ordinanza n. 520/2005) nella predetta area oggetto di occupazione, rende la domanda de qua inammissibile per carenza di interesse, perché l’intervento inibitorio del Comune si ricollega, tra l’altro, proprio all’inosservanza dei suddetti limiti di capienza.
Deve quindi essere respinta anche la domanda di risarcimento dei danni asseritamente derivanti alla società dall’ordinanza impugnata con i motivi aggiunti, poiché la domanda di risarcimento dei danni postula che sia coltivato con successo il giudizio di annullamento dei provvedimenti illegittimi (cfr. C.d.S., A.P., 26 marzo 2003, n. 4; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 20 febbraio 2009, n. 1345).
Da ultimo, mette conto rammentare che nel ricorso originario era stata formulata, contro gli atti con esso impugnati, specifica censura concernente l’incompleta redazione del verbale in cui sono state trascritte le operazioni eseguite, in particolare sotto l’aspetto della mancata indicazione dei dati inerenti l’omologazione dello strumento adoperato per le misurazioni, la taratura di tale strumento, la certificazione di conformità di cui alla circolare ministeriale dell’aprile 2005 e la certificazione dell’assenza di rumore prodotto all’interno dell’appartamento in cui si è svolto l’accertamento. Una analoga censura non risulta formulata nei motivi aggiunti, con riferimento ai verbali relativi alle misurazioni che hanno condotto all’adozione dell’ordinanza gravata con i predetti motivi aggiunti. La ricorrente, infatti, si è limitata a dolersi dell’incompletezza del verbale di accertamento sotto il profilo della mancata indicazione, in esso, delle condizioni climatiche ed ambientali in cui sono stati eseguiti i rilevamenti: profilo, quest’ultimo, che per quanto sopra detto deve reputarsi tutt’altro che decisivo o comunque rilevante. Conseguentemente, il Collegio – stante l’improcedibilità del ricorso originario – non può prendere in alcun modo in esame la questione della corretta compilazione del rapporto in cui vanno trascritti i risultati dei rilevamenti compiuti, ai sensi dell’allegato D) al d.m. 16 marzo 1998 ed in particolare del rispetto della lett. c) di detto allegato.
In conclusione, deve essere dichiarata l’improcedibilità sulla domanda di annullamento e su quella di accertamento formulate con il gravame originario, mentre va respinta la domanda di risarcimento dei danni con lo stesso proposta. Parimenti, devono essere respinte tutte le domande formulate con il ricorso per motivi aggiunti.
Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti, attesa la complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Seconda Sezione, così definitivamente pronunciando sul gravame in epigrafe:
a) dichiara l’improcedibilità del ricorso originario, nei termini di cui in motivazione, respingendo la domanda di risarcimento dei danni con esso proposta;
b) respinge il ricorso per motivi aggiunti, respingendo altresì, la domanda di risarcimento dei danni con lo stesso formulata.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, nella Camera di consiglio del 2 aprile 2009, con l\'intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere
Pietro De Berardinis, Primo Referendario, Estensore
L\'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
N. 01649/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso, con motivi aggiunti, numero di registro generale 1649 del 2005, proposto dalla società
Tormalera S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. Marco Torelli, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giacomo Cresci e Paolo Sanchini e con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Firenze, via G. Richa n. 56
contro
Comune di Firenze, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Sansoni e Debora Pacini ed elettivamente domiciliato presso la Direzione Avvocatura, in Firenze, p.zza della Signoria (Palazzo Vecchio);
Sindaco del Comune di Firenze, in qualità di Ufficiale di Governo
nei confronti di
Annino Giuseppe, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Torricelli e Jacopo Bandinelli e con domicilio eletto presso lo studio degli stessi, in Firenze, via delle Mantellate n. 9
e con l\'intervento di
Torricelli Francesca, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Torricelli e Jacopo Bandinelli e con domicilio eletto presso lo studio degli stessi, in Firenze, via delle Mantellate n. 9
a) quanto al ricorso originario
per l’annullamento
- dell’ordinanza del Sindaco di Firenze n. 514/2005 del 28 giugno 2005, recante inibitoria immediata e totale dell’attività del pubblico esercizio “Kitsch” ubicato in via Gramsci n. 1-3-5/R, fino alla definitiva esclusione delle sorgenti sonore disturbanti o alla realizzazione di opere di mitigazione atte a garantire il rispetto dei limiti di rumore previsti dalla normativa vigente;
- dell’ordinanza del Sindaco di Firenze n. 520/2005 del 30 giugno 2005, recante sospensione temporanea dell’efficacia dell’ordinanza n. 514/2005, sotto la condizione dell’osservanza delle prescrizioni dettate dalla medesima ordinanza n. 520/2005;
- di tutti gli atti del procedimento necessari, connessi e/o conseguenti, ivi compresi, per quanto occorrer possa:
- il provvedimento dirigenziale n. 2005/DD/02157 del 7 marzo 2005, recante diffida a contenere immediatamente la rumorosità prodotta dal pubblico esercizio “Kitsch” entro il limite di immissione differenziale in periodo notturno;
- il verbale di accertamento e contestazione prot. n. 4527/L/2005 del 17 giugno 2005, emesso dalla Polizia Municipale del Comune di Firenze e relativo alle misurazioni effettuate il 27 maggio 2005
e per la declaratoria ed il riconoscimento
del diritto all’apertura del pubblico esercizio “Kitsch” sia in periodo diurno che in orario notturno successivo alle ore 22.00, quand’anche nel rispetto dei limiti di capienza specificati dal Comune relativamente allo spazio all’aperto
nonché per la condanna al risarcimento del danno
b) quanto ai motivi aggiunti, depositati il 22 febbraio 2006
per l’annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione,
- dell’ordinanza del Sindaco di Firenze n. 40/2006 del 16 gennaio 2006, recante immediata inibitoria dell’attività esterna al pubblico esercizio “Kitsch”, su suolo pubblico oggetto di occupazione, e dell’attività di intrattenimento musicale (musica riprodotta) del citato pubblico esercizio, fino alla realizzazione delle opere di mitigazione atte a garantire il rispetto dei limiti di rumore previsti dalla normativa vigente;
- del provvedimento (rectius, rapporto) della Polizia Municipale prot. n. 31347/12/2005/M6, con cui è stato asserito (l’ulteriore) superamento del limite di immissione differenziale in periodo notturno provocato dall’attività del pubblico esercizio;
- di tutti gli atti del procedimento necessari connessi e/o conseguenti, ivi compresi:
- i verbali di accertamento e contestazione n. 4546/L/2005S e n. 4549/L/2005S, di data 12 dicembre 2005, con cui è stata accertata la violazione dell’art. 10, comma 2, della l. n. 447/1995 per il superamento del livello differenziale di rumorosità prodotta in periodo notturno dal pubblico esercizio “Kitsch”;
- le risultanze istruttorie e le misurazioni effettuate in data 4 dicembre 2005, mai comunicate alla società ricorrente;
- il verbale di accertamento n. 013022/C/2005, emesso dal Corpo di Polizia Municipale in data 21 dicembre 2005, con cui è stata accertata la violazione dell’art. 20 del Codice della Strada, per avere i gestori del pubblico esercizio mantenuto in opera l’occupazione di suolo pubblico dotandola di chiusura perimetrale mediante fogli di plastica trasparenti, in difformità da quanto autorizzato
e per la declaratoria ed il riconoscimento
del diritto alla piena utilizzazione per l’attività del pubblico esercizio dello spazio di suolo pubblico antistante il locale “Kitsch” oggetto di occupazione assentita alla ricorrente dall’Amministrazione con provvedimento del 24 ottobre 2005, nonché allo svolgimento dell’attività di intrattenimento musicale (musica riprodotta), sia in orario diurno che notturno, quand’anche nel rispetto dei limiti di capienza stabiliti per lo spazio all’aperto in regime di occupazione di suolo pubblico
nonché per la condanna al risarcimento del danno.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Firenze e del sig. Giuseppe Annino;
Visti il ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 22 febbraio 2006 e la domanda di sospensione degli atti impugnati, presentata con questo dalla società ricorrente;
Viste l’ordinanza n. 26/2006 del 2 marzo 2006, con cui è stata temporaneamente accolta l’istanza di sospensione e sono stati disposti incombenti istruttori, nonché le risultanze di detta istruttoria, di cui alla documentazione depositata dal Comune di Firenze il 20 marzo 2006;
Viste, altresì, l’ordinanza n. 345/2006 del 13 aprile 2006, con cui è stata parzialmente accolta la domanda di sospensione, disponendosi ulteriori incombenti istruttori, nonché l’ordinanza n. 419/2006 del 17 maggio 2006, con cui sono stati nuovamente disposti gli incombenti istruttori già oggetto dell’ordinanza n. 345/2006;
Vista l’ordinanza n. 642/2006 del 27 luglio 2006, con cui è stata accolta la domanda di sospensione;
Visto l’atto di intervento ad opponendum della sig.ra Francesca Torricelli;
Visti le memorie ed i documenti depositati dalle parti a sostegno delle rispettive tesi e difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore, nell’udienza pubblica del 2 aprile 2009, il dr. Pietro De Berardinis;
Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
La società ricorrente, Tormalera S.n.c., espone di svolgere, regolarmente autorizzata, attività commerciale di bar con somministrazione di alimenti e bevande nel locale denominato “Kitsch”, ubicato in Firenze, v.le Gramsci n. 1-3-5/r, al piano terra di uno stabile multipiano in una zona della città posta lungo il viale di circonvallazione all’altezza di piazza Beccaria, caratterizzata da un’alta densità di traffico diurno e notturno.
In data 2 marzo 2005 il Comune di Firenze irrogava alla società una sanzione amministrativa per superamento dei limiti differenziali di rumorosità in orario notturno, riscontrato nelle rilevazioni effettuate nella notte tra il 12 e il 13 febbraio 2005. A ciò seguiva un provvedimento comunale di formale diffida dell’esponente a contenere la rumorosità prodotta entro il limite di immissione differenziale in periodo notturno previsto dalla normativa, mediante interventi di bonifica acustica. A questo punto la Tormalera S.n.c. incaricava una società di professionisti del settore di predisporre una relazione tecnica per la valutazione dell’impatto acustico e per gli eventuali accorgimenti da adottare. Dalle verifiche effettuate sarebbero emerse la non necessità di ulteriori misure di bonifica acustica del locale ed il contenimento delle emissioni acustiche nei limiti di legge (come si evince dalla relazione tecnica inviata dall’esponente al Comune in data 23 maggio 2005). Tuttavia, in data 27 e 28 maggio 2005 la Polizia Municipale provvedeva ad effettuare ulteriori accertamenti fonometrici, dai quali emergeva un nuovo superamento del limite differenziale di immissione in orario notturno: la nota del 17 giugno 2005, prot. n. 31347/04/05/m6, di inoltro delle risultanze degli accertamenti, precisava che la rumorosità proveniva prevalentemente dagli avventori presenti all’esterno del locale, sul suolo pubblico da questo occupato. Per conseguenza, con ordinanza n. 514/2005 del 28 giugno 2005, adottata ai sensi dell’art. 9 della l. n. 447/1995, il Sindaco di Firenze disponeva l’inibitoria totale ed immediata dell’attività del pubblico esercizio “Kitsch”, fino alla definitiva esclusione delle sorgenti sonore disturbanti o all’adozione di opere di mitigazione atte a garantire il rispetto dei limiti di rumorosità normativamente consentiti.
L’esponente presentava allora istanza di riesame, facendo rilevare come il superamento dei livelli di rumorosità consentiti fosse limitato all’orario notturno ed in particolare alla fascia compresa tre le ore 0.00 e le ore 3.00 e perciò chiedendo l’immediata riapertura del locale, con la sola limitazione relativa alla suddetta fascia oraria. La società presentava inoltre all’Amministrazione una perizia recante la valutazione di impatto acustico relativa all’attività svolta dal pubblico esercizio all’aperto (sul suolo pubblico oggetto di occupazione debitamente assentita): siffatta perizia elencava, in particolare, una serie di prescrizioni per la limitazione delle emissioni (utilizzo dei bicchieri in plastica, limitazione dei posti a sedere a trenta, ecc.), il cui rispetto avrebbe garantito un impatto acustico nei limiti di legge. Prendendo atto di quanto indicato nella predetta perizia ed in specie degli accorgimenti ivi illustrati per garantire il rispetto dei limiti di legge, il Sindaco di Firenze, con ordinanza n. 520/2005 del 30 giugno 2005 sospendeva l’efficacia della precedente ordinanza inibitoria n. 514/2005, imponendo nel contempo il rispetto di talune prescrizioni (diminuzione a trenta del numero di posti a sedere e degli avventori all’aperto; utilizzo di bicchieri in plastica; inibizione dell’accesso degli avventori dalle ore 0.30). La definitiva revoca dell’ordinanza n. 514/2005 veniva peraltro subordinata al compimento di ulteriori misurazioni fonometriche, così ingenerando – a detta della società esponente – incertezze circa i futuri sviluppi della vicenda e le sorti dell’attività in essere.
Avverso le succitate ordinanze sindacali nn. 514/2005 e 520/2005 è pertanto insorta la Tormalera S.n.c., impugnandole con il ricorso originario e chiedendone l’annullamento, per i seguenti motivi:
- violazione di legge (l. n. 447/1995, d.lgs. n. 267/2000, d.P.C.M. 14 novembre 1997, l. n. 241/1990), eccesso di potere, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, errore nei presupposti, carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento, illogicità, in quanto nel caso di specie non sussisterebbero le eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente che legittimano l’emanazione delle ordinanze ex art. 9 della l. n. 447 cit.;
- violazione di legge (d.lgs. n. 267/2000; l. n. 447/1995; l. n. 241/1990; l. n. 15/2005; art. 97 Cost.), eccesso di potere, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento, in quanto il Comune non ha consentito alla società ricorrente di partecipare al procedimento, non fornendole tempestiva notizia del sopralluogo effettuato, né chiamandola a dare chiarimenti sugli esiti di questo;
- violazione di legge (l. n. 447/1995, l. n. 241/1990, d.P.C.M. 14 novembre 1997, d.m. 16 marzo 1998), eccesso di potere, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, errore nei presupposti, illogicità manifesta, contraddittorietà, perplessità, in quanto le risultanze del sopralluogo svolto dalla P.A. sarebbero erronee e fuorvianti, atteso che le modalità del controllo eseguito sarebbero non conformi a quanto prescritto dalla l. n. 447/1995 e dalle norme regolamentari ad essa collegate, sotto molteplici aspetti (mancata indicazione delle condizioni climatiche in cui sono state effettuate le misurazioni, durata troppo breve di queste ultime, misurazione del livello di rumore residuo non in simultaneità, ma in un momento ben posteriore rispetto a quelle del livello di rumore ambientale, mancata indicazione nel verbale dell’accertamento di dati essenziali circa lo strumento utilizzato per le misurazioni); in ogni caso, l’ordine di chiusura totale del locale sarebbe provvedimento sproporzionato ed eccessivamente afflittivo per il privato.
La società ha chiesto, altresì, la declaratoria del diritto all’apertura del pubblico esercizio sia in periodo diurno che in orario notturno, successivo alle ore 22.00, ancorché nei limiti di capienza dettati dal Comune per lo spazio all’aperto posto su suolo pubblico regolarmente occupato. Infine, ha presentato domanda di risarcimento dei danni asseritamente subiti.
Successivamente alla proposizione del gravame, in data 4 dicembre 2005 il Comune di Firenze provvedeva ad effettuare ulteriori accertamenti fonometrici, nonché una verifica del rispetto, da parte del pubblico esercizio in questione, delle prescrizioni imposte dall’ordinanza n. 520/2005. In tale occasione veniva riscontrata l’inosservanza delle suddette prescrizioni, nonché – ancora una volta – il superamento del valore limite differenziale di immissione in orario notturno (essendo, in questo caso, la rumorosità dovuta principalmente all’attività di intrattenimento musicale e solo in subordine al comportamento di avventori e personale nello spazio esterno al locale). Preso atto di ciò, il Sindaco di Firenze emetteva in data 16 gennaio 2006 l’ordinanza n. 40/2006, con cui, stante le accertate violazioni, revocava le precedenti ordinanze nn. 514/2005 e 520/2005 e disponeva l’immediata inibitoria dell’attività esterna al locale “Kitsch” nell’area oggetto di occupazione di suolo pubblico, nonché dell’attività di intrattenimento musicale (musica riprodotta), fino alla realizzazione delle opere di mitigazione del rumore.
Nei confronti della citata ordinanza sindacale, nonché degli atti presupposti, connessi e conseguenti, la Tormalera S.n.c. ha proposto ricorso per motivi aggiunti, depositato il 22 febbraio 2006, chiedendone l’annullamento, previa sospensione, e deducendo a supporto del gravame le seguenti doglianze:
- violazione di legge (l. n. 447/1995, d.lgs. n. 267/2000; d.P.C.M. 14 novembre 1997, l. n. 241/1990), eccesso di potere, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, errore nei presupposti, carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento, illogicità, giacché nel caso di specie non sussisterebbe quella situazione effettiva di pericolo e di danno per la salute pubblica legittimante il ricorso allo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente ex art. 9 della l. n. 447/1995; inoltre, la P.A. avrebbe agito con contraddittorietà, rilasciando in un primo tempo i provvedimenti abilitativi per l’impianto di intrattenimento musicale e per l’occupazione del suolo pubblico e poi adottando l’ordinanza gravata, in assenza di variazioni medio tempore verificatesi;
- violazione di legge (d.lgs. n. 267/2000; l. n. 447/1995; l. n. 241/1990; l. n. 15/2005; art. 97 Cost.), eccesso di potere, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria, violazione del giusto procedimento, per non avere il Comune dato alla ricorrente tempestiva comunicazione del sopralluogo effettuato e non averle consentito di fornire chiarimenti sugli esiti di questo, così impedendo la partecipazione della ricorrente stessa al procedimento;
- violazione di legge (l. n. 447/1995, l. n. 241/1990, d.P.C.M. 14 novembre 1997, d.m. 16 marzo 1998), eccesso di potere, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, errore nei presupposti, illogicità manifesta, contraddittorietà, perplessità, giacché le risultanze del sopralluogo svolto dalla P.A., attestanti un superamento dei livelli di rumorosità ammessi, sarebbero erronee e fuorvianti, a causa della metodologia seguita nelle misurazione, che sarebbe stata errata e contrastante con i precetti imposti dalla normativa di settore; inoltre, l’inibitoria totale dell’attività di intrattenimento musicale e di quella che si svolge sul suolo pubblico regolarmente occupato sarebbe provvedimento sproporzionato ed eccessivamente afflittivo per il privato.
La società ha poi chiesto la declaratoria del diritto alla piena utilizzazione per l’attività del pubblico esercizio, dell’area pubblica oggetto di occupazione assentita, nonché allo svolgimento nel locale dell’attività di intrattenimento musicale tramite musica riprodotta, in orario sia diurno che notturno. Inoltre, ha reiterato la domanda di risarcimento dei danni.
Si è costituito in giudizio il Comune di Firenze, depositando due rapporti informativi della Direzione Ambiente (rispettivamente datati 18 novembre 2005 e 1° marzo 2006), con allegata la pertinente documentazione (in specie, due note della Polizia Municipale recanti controdeduzioni al ricorso).
Si è costituito in giudizio, altresì, il controinteressato sig. Giuseppe Annino (residente nell’appartamento posto sopra l’esercizio in questione), il quale ha depositato una memoria chiedendo il rigetto del ricorso, previa reiezione, altresì, dell’istanza di sospensione.
Nella Camera di consiglio del 2 marzo 2006 il Collegio, ritenuto opportuno disporre una verificazione in contraddittorio tra le parti diretta ad accertare natura ed entità delle immissioni rumorose prodotte dal pubblico esercizio, nonché delle propagazioni delle stesse all’interno del sovrastante appartamento, con particolare riferimento ai livelli di rumorosità ambientale, residuale e differenziale, con ordinanza n. 26/2006 ha ingiunto all’Amministrazione di disporre il menzionato incombente istruttorio, accogliendo nelle more l’istanza di sospensione dell’ordinanza n. 40/2006, limitatamente alle ore diurne.
In data 20 marzo 2006 il Comune di Firenze ha depositato le risultanze della disposta verificazione.
A propria volta, la Tormalera S.n.c. ha depositato una perizia di parte sulla disposta verificazione.
In vista della prosecuzione della trattazione della fase cautelare, il controinteressato ha depositato una memoria con cui ha contestato la rilevanza degli accertamenti effettuati in sede di verificazione, in quanto svolti in orario diurno (prima delle ore 22.30), rimarcando, altresì, l’inaffidabilità delle misure di contenimento adottate dalla ricorrente, alla luce del fatto che nel locale interessato si farebbe musica “dal vivo”.
Con atto di intervento ad opponendum depositato il 13 aprile 2006 si è costituita in giudizio, altresì, la sig.ra Francesca Torricelli, in qualità di residente al secondo ed ultimo piano dell’edificio al cui piano terra è ubicato il locale “Kitsch”, insistendo per il rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti, previa reiezione dell’istanza cautelare.
Nella Camera di consiglio del 13 aprile 2006 il Collegio, preso atto degli esiti della disposta verificazione, da cui era risultato il rispetto, nelle ore diurne, dei livelli di rumorosità prescritti, con ordinanza n. 345/06 ha sospeso l’efficacia dell’ordinanza sindacale n. 40/2006 limitatamente a tali ore, disponendo, tuttavia, un’ulteriore verificazione della suddetta rumorosità con riferimento alle ore notturne. Con successiva ordinanza n. 419/2006, resa in esito alla Camera di Consiglio del 17 maggio 2006, il Collegio, preso atto della dichiarazione della difesa comunale circa l’impossibilità di effettuare l’incombente istruttorio disposto con la precedente ordinanza n. 345/06, ha rinnovato l’ordine di effettuare il predetto incombente, precisandone le modalità (nell’arco di un mese, non meno di quattro sopralluoghi nel periodo di tempo compreso tra le ore 22.00 e le ore 02.00) e sospendendo il provvedimento impugnato, nelle more della disposta istruttoria.
Tuttavia, con lettera del 1° giugno 2006 il controinteressato comunicava la sua indisponibilità a far effettuare presso la propria abitazione, in orario notturno, la verificazione disposta, a causa dell’età avanzata e delle condizioni di salute, proprie e della moglie.
Preso atto di ciò, nella Camera di consiglio del 27 luglio 2006 il Collegio, con ordinanza n. 642/2006, accoglieva l’istanza cautelare anche nella parte in cui con la stessa era stata chiesta la sospensione dell’inibitoria allo svolgimento dell’attività di intrattenimento musicale in orario notturno.
In vista dell’udienza di merito il Comune di Firenze ha depositato una memoria difensiva con cui, sottolineata la revoca delle ordinanze impugnate con il gravame originario (e pertanto il venir meno del contenzioso in relazione ad esse), ha replicato ai motivi aggiunti, chiedendone la reiezione.
La ricorrente, dal canto suo, ha depositato una memoria, con ulteriore documentazione, insistendo nelle conclusioni già rassegnate.
All’udienza pubblica del 2 aprile 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
La Tormalera S.n.c. impugna, con il ricorso originario in epigrafe, (unitamente gli atti presupposti, connessi e conseguenti espressamente citati) le ordinanze sindacali n. 514/2005 e n. 520/2005, recanti, rispettivamente:
- la prima, l’inibitoria totale ed immediata dell’attività del pubblico esercizio denominato “Kitsch”, di cui è titolare la ricorrente, fino alla definitiva esclusione delle sorgenti sonore disturbanti o alla realizzazione delle necessarie opere di mitigazione;
- la seconda, la sospensione della precedente, subordinatamente all’osservanza, nell’attività svolta nello spazio esterno (su suolo pubblico di cui è stata assentita l’occupazione), delle prescrizioni dettate dalla medesima ordinanza n. 520/2005.
Chiede, altresì, la declaratoria del diritto all’apertura del pubblico esercizio in questione, in periodo sia diurno che notturno, oltre le ore 22.00, anche nei limiti di capienza prescritti dal Comune per lo spazio all’aperto su suolo pubblico, nonché il risarcimento dei danni.
Con successivo ricorso per motivi aggiunti, impugna l’ordinanza sindacale n. 40/2006, con cui sono state revocate le precedenti ordinanze nn. 514/2005 e 520/2005 – oggetto del gravame originario – ed è stata disposta l’inibitoria immediata dell’attività esterna al “Kitsch”, svolgentesi sul suolo pubblico oggetto di occupazione, nonché dell’attività di intrattenimento musicale. Ha inoltre chiesto la declaratoria del diritto alla piena utilizzazione del suolo pubblico oggetto di occupazione per l’attività del pubblico esercizio, nonché allo svolgimento dell’attività di intrattenimento musicale (musica riprodotta), in orario tanto diurno che notturno, quand’anche nei limiti di capienza stabiliti dal Comune per lo spazio esterno su suolo pubblico, reiterando, altresì, la domanda di risarcimento dei danni.
In via pregiudiziale va dichiarata l’improcedibilità della domanda di annullamento delle ordinanze sindacali nn. 514/2005 e 520/2005, formulata con il gravame originario, attesa l’intervenuta revoca di tali ordinanze operata in autotutela dall’Amministrazione comunale con l’ordinanza sindacale n. 40/2006 (impugnata con i motivi aggiunti). Infatti, la revoca delle predette ordinanze deriva non dal riconoscimento delle pretese della società ricorrente, ma dal successivo accertamento che, dopo gli adeguamenti da questa posti in essere (peraltro, come si vedrà, rivelatisi insufficienti), circoscrive il fenomeno inquinatorio. Per la stessa ragione va dichiarata improcedibile anche la domanda, del pari formulata con il gravame originario, di declaratoria del diritto all’apertura del pubblico esercizio in orario sia diurno che notturno, anche dopo le ore 22.00, essendo stato definitivamente revocata l’ordinanza (n. 514/2005) – peraltro già sospesa dalla P.A. – che detta apertura aveva inibito. In ogni caso, la domanda di accertamento è di per sé inammissibile essendo la pretesa della ricorrente solo di interesse legittimo.
In ordine, invece, alla domanda di risarcimento dei danni conseguenti alle gravate ordinanze n. 514/2005 e n. 520/2005, osserva il Collegio, sulla scorta dell’insegnamento della più recente giurisprudenza (C.d.S., Sez. VI, 18 marzo 2008, n. 1137), che tale domanda rimane sicuramente ammissibile. Infatti, nessuna preclusione per il risarcimento del danno può farsi derivare dall’intervenuta caducazione del provvedimento lesivo operata dall’Amministrazione in via di autotutela: ed invero, è pacifico in giurisprudenza che, quando venga meno l’interesse attuale all’annullamento del provvedimento per intervenuti atti successivi, è comunque ravvisabile un interesse residuale a ricorrere, a fini risarcitori, per gli effetti negativi già prodotti dal provvedimento originario, o per fattori di non corretta conduzione del relativo procedimento (C.d.S., Sez. VI, n. 1137/2008, cit.). Nel caso di specie, si chiede, appunto, il risarcimento dei danni per gli effetti negativi prodotti dalle ordinanze gravate (e poi revocate) per il periodo in cui hanno avuto efficacia.
Tanto premesso, la domanda di risarcimento dei danni avanzata con il ricorso originario, relativa alle lesioni asseritamente arrecate alla ricorrente dalle ordinanze nn. 514/2005 e 520/2005, ancorché ammissibile, deve essere respinta in quanto infondata. Ed invero:
a) quanto all’ordinanza n. 514/2005, nessuna lesione economicamente apprezzabile è derivata dalla stessa a carico della Tormalera S.n.c., essendo stato il suddetto provvedimento sospeso in data 29 maggio 2005, ossia lo stesso giorno della sua notificazione alla predetta società;
b) quanto, invece, all’ordinanza n. 520/2005, questa in alcun modo può definirsi provvedimento ingiustamente lesivo degli interessi della ricorrente. Vero è che tale provvedimento, nel disporre la sospensione della precedente ordinanza n. 514/2005 e quindi la ripresa dell’attività dell’esercizio in parola, l’ha condizionata al rispetto di talune prescrizioni, elencate nel corpo dell’ordinanza stessa. Tuttavia, si tratta di regole e prescrizioni che la medesima ricorrente aveva elencato nella relazione tecnica depositata presso la Direzione Ambiente del Comune il 29 giugno 2005 (v. pag. 6 del doc. 8 della difesa comunale), qualificandole come misure procedurali e comportamentali finalizzate alla diminuzione e controllo delle emissioni acustiche di origine antropica derivanti dall’attività all’aperto ed idonee a scongiurare un impatto acustico superiore ai limiti di legge (v. pag. 22 della relazione). Ne discende che la condotta dell’Amministrazione comunale, la quale ha recepito nel proprio provvedimento coercitivo le indicazioni suggerite dalla stessa ricorrente, non può in alcun modo definirsi come illecita: al contrario, trattasi di comportamento rispettoso non solo delle regole di partecipazione procedimentale ex l. n. 241/1990, ma nel contempo conforme ai principi di buona amministrazione e volto ad un contemperamento il più equo possibile tra i diversi interessi, pubblici e privati, coinvolti. Né possono invocarsi in contrario le doglianze mosse con il terzo motivo del gravame originario avverso la metodologia seguita dal Comune nell’effettuazione dei rilevamenti e le modalità di redazione del relativo verbale, in quanto – si ribadisce – l’ordinanza n. 520/2005 non ha posto alcuna limitazione di orario all’attività del pubblico esercizio, né ha limitato quest’ultima a talune tipologie di attività, ma ha soltanto recepito e fatto proprie, tramutandole in prescrizioni, le regole comportamentali indicate dalla stessa ricorrente come idonee ad evitare che l’attività svolta all’esterno del locale, sul suolo pubblico oggetto di occupazione, producesse un impatto acustico superiore ai livelli consentiti.
Venendo quindi all’esame del ricorso per motivi aggiunti, si osserva che esso ha ad oggetto l’ordinanza sindacale n. 40/2006: questa, nel revocarle, ha sostituito le precedenti (gravate con il ricorso originario), così dettando l’assetto definitivo degli interessi, quantomeno fino alla sua sospensione disposta dal Tribunale in accoglimento dell’istanza cautelare avanzata dalla società.
Con il primo dei motivi aggiunti la ricorrente lamenta l’assenza, nel caso di specie, dei presupposti per addivenire all’emanazione di un ordinanza contingibile ed urgente ex art. 9 della l. n. 447/1995. In particolare, non sussisterebbe in concreto nessuna situazione di pericolo e/o di danno per la salute pubblica, né la fattispecie presenterebbe i caratteri di straordinarietà, gravità ed urgenza richiesti dalla succitata disposizione. A tutto voler concedere, si tratterebbe, infatti, di un rumore udibile nel solo appartamento del piano superiore, che giustificherebbe al più una sanzione amministrativa e non certo l’inibitoria dell’attività di intrattenimento musicale e di quella svolta sul suolo pubblico, oggetto di occupazione regolarmente assentita. Il provvedimento gravato conterrebbe, invece, un richiamo del tutto generico a non meglio precisati pregiudizi arrecati all’interesse pubblico alla tutela del riposo e della quiete e, in ogni caso, farebbe erroneamente riferimento alla “particolare preminenza della tutela nell’ambito territoriale del centro storico per l’obiettivo dell’amministrazione di favorirne la residenza ed il ripopolamento”, senza considerare che il locale interessato è ubicato fuori dal centro storico, lungo i viali di circonvallazione, all’altezza di p.zza Beccaria.
Sotto altro, profilo, il provvedimento impugnato sarebbe affetto da contraddittorietà, dal momento che la P.A. aveva in precedenza rilasciato i titoli abilitativi per l’attività di intrattenimento musicale e per l’occupazione di suolo pubblico, intervenendo poi con il gravato provvedimento coercitivo, in assenza di variazioni medio tempore verificatesi.
Nessuna delle doglianze ora esposte può trovare accoglimento.
Ed invero, va anzitutto respinta la doglianza di violazione di legge per mancanza, nella fattispecie concreta, di ogni pericolo o danno per la salute pubblica, a nulla rilevando, in proposito, il fatto che il livello di rumorosità prodotto dall’esercizio sarebbe udibile solo nell’appartamento soprastante, dove abita il controinteressato sig. Annino (e dove in effetti hanno avuto luogo le misurazioni).
In contrario si evidenzia, infatti, che nel caso di specie il Sindaco ha esercitato il potere di adottare ordinanze contingibili ed urgenti attribuitogli dall’art. 9 della l. n. 447/1995: disposizione, la quale attribuisce a taluni organi – tra cui il Sindaco – qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente, il potere di ordinare, con provvedimento motivato, il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di certe attività.
Orbene, secondo la giurisprudenza più recente, l’esercizio di un simile potere è legittimo anche allorché l’ordinanza sia adottata a seguito delle segnalazioni e degli esposti di una sola famiglia (T.A.R. Milano, Sez. IV, 27 dicembre 2007, n. 6819). Ed invero, da un lato, la tutela della salute pubblica non presuppone necessariamente che la situazione di pericolo involga l’intera collettività, ben potendo richiedersi tutela alla P.A. anche laddove sia in discussione la salute di una singola famiglia, o anche di una sola persona (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 8 giugno 2006, n. 3340); dall’altro lato, non può essere certamente reputato ordinario strumento di intervento – sul piano amministrativo – la facoltà che l’art. 844 c.c. attribuisce al privato di adire il G.O. per far cessare le immissioni dannose eccedenti la normale tollerabilità (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 24 gennaio 2006, n. 488; id., n. 3340/2006, cit.).
In altri termini, lo strumento che la legislazione di settore mette a disposizione per reprimere le violazioni della disciplina sull’inquinamento acustico è specificamente – nonché unicamente – il potere di ordinanza ex art. 9 della l. n. 447/1995: rimedio ordinario in materia di inquinamento acustico, non attribuendo la citata legge speciale altri strumenti alle Amministrazioni comunali. Per conseguenza, è sufficiente, per l’esercizio del suddetto potere, anche la segnalazione di un solo cittadino (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 2 aprile 2008, n. 715). Non può, dunque, obiettarsi che, date le caratteristiche della fattispecie in esame, il Comune, una volta accertata la violazione, avrebbe potuto e dovuto limitarsi ad irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria. Come visto, infatti, l’accertata presenza di un fenomeno di inquinamento acustico, pur se non coinvolgente l’intera collettività, basta a concretare l’eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica con lo strumento previsto (soltanto) dall’art. 9 cit. (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, n. 3340/2006, cit.): strumento che costituisce espressione della potestà regolatoria, spettante ai Comuni, di conformare l’attività privata al rispetto dei limiti di emissione acustica nell’ambito del territorio comunale (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 715/2008, cit.).
Per questo verso, debbono dunque essere condivise le argomentazioni dell’interveniente, secondo cui, ancorché nella vicenda in esame la segnalazione sia promanata da un singolo (il sig. Annino), il provvedimento impugnato mira a tutelare la quiete di tutto l’ambiente circostante e non certo del solo appartamento del segnalante. Non può invece essere condivisa la tesi sostenuta dalla difesa comunale, per la quale il Sindaco avrebbe in realtà esercitato il potere previsto dall’art. 14, comma 2, della l. n. 447/1995 (cioè il potere di controllo sull’osservanza delle prescrizioni attinenti il contenimento dell’inquinamento acustico prodotto, tra l’altro, dalle sorgenti fisse), in quanto detta disposizione non è in alcun modo richiamata nell’ordinanza contestata, che fa riferimento in via esclusiva all’art. 9 della legge in questione.
Da quanto ora detto si desume che, ai fini della corretta motivazione del provvedimento impugnato, è sufficiente il riferimento al pregiudizio patito dall’interesse pubblico alla tutela del riposo, della quiete, della salute e delle occupazioni dei cittadini, come risultante dagli accertamenti dei livelli di rumorosità richiamati dal provvedimento stesso. La censura di erroneità dell’ulteriore riferimento motivazionale, contenuto nell’ordinanza sindacale, alla preminenza attribuita all’obiettivo specifico perseguito dal Comune di favorire la residenza ed il ripopolamento del centro storico, è quindi – in primo luogo – del tutto irrilevante. Ciò, alla stregua del consolidato indirizzo giurisprudenziale, in base al quale, in caso di provvedimento fondato su una pluralità di motivazioni autonome, il venir meno di una di esse non determina l’illegittimità dell’atto se un’altra giustificazione sia in via autonoma idonea a sorreggerlo (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 29 agosto 2006, n. 5039; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 8 novembre 2007, n. 6204). In secondo luogo – ed in ogni caso – la doglianza di erroneità formulata dalla ricorrente è priva di fondamento: infatti, l’esercizio per cui è causa è ubicato all’interno dei viali della circonvallazione, che, per fatto notorio (regola applicabile anche nel processo amministrativo, perchè non contrastante con il metodo acquisitivo ivi vigente: cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 9 marzo 2004, n. 826; id., 20 febbraio 2009, n. 1346), costituiscono il confine del centro storico di Firenze.
In ordine, poi, alla doglianza di contraddittorietà dell’operato dell’Amministrazione comunale, è evidente che il rilascio, da parte di quest’ultima ed in favore della ricorrente, dei titoli abilitativi per lo svolgimento dell’attività di intrattenimento musicale e per l’occupazione del suolo pubblico antistante il locale, in nessun modo può precludere all’Amministrazione stessa l’esercizio di quella potestà di conformare l’attività privata al rispetto dei limiti di emissione acustica nell’ambito del territorio comunale, di cui, come si è visto poc’anzi, il potere di adottare le ordinanze ex art. 9 della l. n. 447 cit. costituisce espressione. Ciò, senza trascurare che, nella fattispecie in esame, il fatto nuovo medio tempore intervenuto e giustificante l’intervento coercitivo della P.A. vi sarebbe eccome, essendo esso rappresentato sia dall’accertamento dell’ulteriore superamento dei limiti di immissione differenziale ammessi in periodo notturno, sia dalla riscontrata inosservanza delle prescrizioni, il cui rispetto era stato imposto alla ricorrente dall’ordinanza n. 520/2005.
Se ne deduce la complessiva infondatezza del primo motivo aggiunto.
Parimenti infondato è, poi, il secondo motivo, riconducibile, in sintesi, alla censura di violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990, in particolare sotto l’aspetto dell’omessa tempestiva comunicazione del sopralluogo effettuato presso l’abitazione soprastante e dell’omesso invito a fornire chiarimenti sugli esiti del predetto sopralluogo. Precisa al riguardo la ricorrente che, qualora le fosse stata data tempestiva notizia circa lo svolgimento del sopralluogo e/o circa l’esito dello stesso, mettendola in condizione di partecipare al procedimento, avrebbe potuto fornire indubbi chiarimenti, alla luce dei dati di cui è in possesso sulla base della documentazione tecnica che ha acquisito attraverso propri tecnici. In particolare, avrebbe potuto evidenziare come il problema del superamento dei livelli di rumore consentiti dipenda non dalle immissioni scaturenti dall’attività di intrattenimento musicale, né dall’attività svolta dal pubblico esercizio sul suolo pubblico occupato antistante il locale, bensì unicamente dalla peculiare ubicazione dell’esercizio stesso, posto in una zona ad alta densità di traffico e connotata notoriamente da un elevato tasso di rumorosità tanto diurna, quanto notturna (dovuta per l’appunto al traffico).
In senso contrario, tuttavia, deve rilevarsi innanzitutto come le operazioni di misurazione delle immissioni acustiche integrino un tipico esempio di accertamento a sorpresa, per il quale trova, dunque, applicazione l’indirizzo giurisprudenziale, secondo cui è del tutto legittimo non far precedere un simile tipo di accertamenti dal previo avviso di avvio del procedimento, per non rischiare di comprometterne la genuinità (C.d.S., Sez. VI, 18 maggio 2004, n. 3190; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 10 giugno 2008, n. 1961).
Peraltro, la stessa giurisprudenza tiene ferma la legittimità dell’operato della P.A. a condizione che a tali verifiche preventive, non precedute dalla comunicazione ex art. 7 della l. n. 241/1990, faccia seguito, con il vero e proprio avvio del procedimento, la comunicazione in parola. Per questo verso, tuttavia, deve osservarsi che la ricorrente non poteva dirsi all’oscuro delle iniziative del Comune, atteso che nel caso di specie si è trattato dell’esecuzione di verifiche stabilite già dall’ordinanza n. 520/2005 al fine di controllare il rispetto delle prescrizioni dettate dall’ordinanza stessa, nonché il rispetto della normativa sull’inquinamento acustico da parte del pubblico esercizio. Sul punto, si rinvia, infatti, a quella parte del dispositivo dell’ordinanza n. 520/2005 recante la comunicazione “che la definitiva revoca dell’Ordinanza n. 514 del 28/06/2005 (temporaneamente sospesa dall’ordinanza n. 520/2005) potrà avvenire successivamente alla valutazione delle misurazioni fonometriche effettuate presso i recettori disturbati dal Corpo di Polizia Municipale ed attestanti il ripristino (del) rispetto alla normativa sull’inquinamento acustico”. Si rinvia, inoltre, alla parte successiva del citato dispositivo, recante incarico, al Corpo di Polizia Municipale, “della verifica e controllo dell’esecuzione del presente Provvedimento”, nonché del compimento “delle misure fonometriche necessarie alla verifica del ripristinato rispetto della normativa sull’inquinamento acustico da parte dell’attività di che trattasi”. In ogni caso, la ricorrente è stata debitamente notiziata degli esiti degli accertamenti condotti dall’Amministrazione, essendo stati notificati alle persone fisiche titolari del pubblico esercizio sia i verbali n. 4546/L/2005S e n. 4549/L/2005/S, ambedue del 12 dicembre 2005, sia il verbale n. 013022/C/2005 del 21 dicembre 2005: verbali riguardanti, i primi due, l’accertamento, in data 4 dicembre 2005, del superamento, da parte del pubblico esercizio per cui è causa, del valore limite differenziale di immissione acustica in ambiente abitativo in orario notturno ammesso dalla normativa; il terzo, l’utilizzo, per la chiusura perimetrale del suolo pubblico la cui occupazione era stata assentita, di fogli di plastica trasparenti, in difformità da quanto autorizzato. Per quanto riguarda l’avvenuto accertamento, sempre in data 4 dicembre 2005, dell’inosservanza delle prescrizioni contenute nell’ordinanza n. 520/2005, relative al numero massimo di posti a sedere e di avventori all’aperto (trenta), all’utilizzazione di bicchieri di plastica per gli avventori nello spazio all’aperto, ed all’inibizione dell’accesso degli avventori dalle ore 00.30, si osserva che la nota della Polizia Municipale del 22 dicembre 2005, prot. n. 31347/12/2005/M6, avente ad oggetto l’inoltro delle risultanze degli accertamenti fonometrici, contiene l’indicazione (non contestata dalla ricorrente) che i verbali relativi alle varie infrazioni riscontrate erano stati notificati ad ambedue i soci amministratori della Tormalera S.n.c. (in data – se ne desume – anteriore all’emanazione del provvedimento gravato).
Ne discende l’infondatezza dell’ora vista doglianza, restando invece demandata all’analisi del successivo motivo di gravame la valutazione della fondatezza o meno delle giustificazioni che la ricorrente avrebbe potuto addurre (quelle, cioè, concernenti l’elevata rumorosità della zona).
Passando, dunque, all’analisi del terzo ed ultimo motivo aggiunto, con esso si contestano, in buona sostanza, le modalità di misurazione e di rilevamento adoperate dall’Amministrazione comunale, nonché quelle di redazione del relativo verbale. La ricorrente lamenta, inoltre, il carattere sproporzionato (ed eccessivamente afflittivo per il privato) del provvedimento di inibitoria totale dell’attività di intrattenimento musicale e di quella svolgentesi sul suolo pubblico regolamente occupato.
In proposito, reputa il Collegio di dover distintamente analizzare ciascuna di tali doglianze.
Innanzitutto, la società lamenta che la misurazione del livello di rumore residuo è stata effettuata soltanto alle ore 03.21 e che per tal motivo essa è non raffrontabile con le molteplici misurazioni del livello di rumore ambientale, effettuate tutte in orario precedente e quindi in condizioni ben diverse (cioè con maggior traffico e perciò con maggior rumorosità circostante).
Sul punto aggiunge che la misurazione del livello di rumore ambientale (definito dall’allegato A) al d.m. 16 marzo 1998 come il livello di pressione sonora prodotto da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante un determinato tempo, comprensivo perciò anche della sorgente disturbante) e quella del livello di rumore residuo (definito dal predetto allegato A) come il livello di pressione sonora che si rileva quando si esclude la specifica sorgente disturbante) non possono essere legittimamente svolte in orari e condizioni molto diverse tra loro, quali ad es. quella di una città in movimento per il rientro delle persone (situazione che si sarebbe verificata durante le varie misurazioni del livello ambientale) e quella, invece, di una città ormai semideserta (situazione esistente al momento della misurazione del livello residuo). Ciò, perché ogni rilevamento effettuato in condizioni di diversità di orario tra la misura del livello residuo e quella del livello ambientale porterebbe a risultati influenzati da contributi di rumorosità derivanti dal traffico considerevolmente diversi. Esso sarebbe, dunque, privo di qualsiasi significato ai fini di una valutazione corretta ed attendibile circa il contributo effettivo proveniente dall’attività del pubblico esercizio. In conseguenza dell’arbitraria modalità di misurazione prescelta dal Comune, quest’ultimo sarebbe quindi pervenuto ad accertare un livello differenziale di rumorosità eccedente quanto normativamente consentito, dovuto, tuttavia, esclusivamente alla particolare ubicazione dell’appartamento in cui è stato effettuato il rilevamento, posto lungo una delle principali arterie cittadine (oltre che al periodo in cui il rilevamento è stato effettuato, caratterizzato da flussi di traffico superiori alla media).
In altre parole, secondo la ricorrente, il fatto che la misurazione del livello ambientale sia avvenuta in un momento anteriore della notte – e cioè in una fascia compresa tra le ore 00.15 e le ore 02.17 – ha portato a valori più alti, non dovuti però alle immissioni acustiche provenienti dall’esercizio, ma ai maggiori flussi di traffico. Al contrario, la misurazione del livello residuo in orario ben più tardo – e cioè alle ore 03.21 – ha portato naturalmente a valori più bassi, in quanto effettuata in un momento in cui i flussi di traffico cittadino si erano notevolmente ridotti. Pertanto, il differenziale tra i valori del livello ambientale ed il valore del livello residuo sarebbe stato arbitrariamente innalzato, in ragione della suesposta sfasatura temporale delle misurazioni e sarebbe, perciò, inattendibile e, comunque, fuorviante ed illegittimo. Ove, invece, le misurazioni del livello di rumore ambientale e di quello residuo fossero state contestuali, o comunque condotte con identiche modalità in orari il più possibile congruenti, i risultati sarebbero stati ben diversi ed in ogni caso tali da comportare un livello differenziale in linea con il limite massimo consentito: come dimostrerebbero le molteplici misurazioni effettuate dai periti incaricati dalla ricorrente, trasfuse nelle relazioni tecniche versate in atti.
Ad avviso del Collegio, la doglianza non è meritevole di accoglimento.
Ed invero, si può convenire, in linea di principio, con le affermazioni della società ricorrente circa l’esigenza di evitare un’eccessiva divaricazione temporale tra le misurazioni del livello di rumore ambientale e quella del livello di rumore residuo, che ne altererebbe il rispettivo significato, rendendole non comparabili. E, tuttavia, il Collegio condivide le riflessioni svolte a proposito dei rilievi della ricorrente dall’Amministrazione resistente (cfr. in particolare docc. 10 e b3 della difesa comunale). Quest’ultima ha osservato sul punto come la metodologia seguita dai tecnici comunali sia stata quella di campionare la rumorosità in un arco temporale vasto, procedendo con misurazioni di durata prolungata, in grado di assicurare la rappresentatività del fenomeno e l’assoluta stabilizzazione del livello di rumorosità e poi attendendo la chiusura del locale ed il compimento delle residue operazioni da parte dei gestori, per effettuare la misurazione del livello residuo. Infatti, dovendosi considerare il rumore antropico prodotto dalle persone presenti nell’area esterna oggetto di occupazione, qualsiasi intervento diretto ad escludere tale rumore (mediante intervento della Polizia Municipale nel locale prima della chiusura di questo), al fine di consentire la misurazione della rumorosità residua anteriormente alla suddetta chiusura, avrebbe alterato completamente il quadro della situazione, non consentendo più alcuna misurazione successiva (in particolare, non consentendo l’ulteriore misurazione del livello ambientale) se non attraverso mere simulazioni, aventi carattere di una “rappresentazione teatrale” del fenomeno, in quanto tali, non idonee a fornire una rappresentazione attendibile dell’evento disturbante. Come già detto in sede di esame del secondo motivo, il Collegio ravvisa nel caso di specie un esempio dei cd. accertamenti a sorpresa: perciò, il Collegio condivide l’affermazione della Polizia Municipale, secondo cui è essenziale, ai fini di una rappresentazione realistica (e dunque attendibile) degli eventi disturbanti, che i rilievi avvengano all’insaputa del titolare dell’attività (e più in generale, all’insaputa dei soggetti le cui emissioni acustiche vengono rilevate), allo scopo di impedire modificazioni e/o alterazioni della situazione effettiva.
In conformità alle regole metodologiche appena esposte e con specifico riferimento alle misurazioni effettuate il 4 dicembre 2005, la Polizia Municipale ha quindi evidenziato:
a) di aver campionato la rumorosità ambientale per oltre due ore e quindici minuti, procedendo con quattro misurazioni della durata di quindici minuti ognuna (la prima iniziata alle ore 00.15, la quarta conclusa alle ore 2.32), come tali idonee a garantire la rappresentatività del fenomeno e l’assoluta stabilizzazione del livello di rumorosità;
b) di avere atteso la chiusura dell’esercizio per poter procedere al rilievo della rumorosità residua, cioè in assenza della sorgente disturbante, effettuando la relativa misurazione alle ore 03.21, ossia a meno di un’ora di distanza dall’ultima misurazione del livello ambientale. Sul punto la Polizia aggiunge che il rilevamento della rumorosità residua è stato compiuto alle ore 03.21 a causa del protrarsi dell’attività di intrattenimento musicale e della presenza di avventori nell’area esterna al locale, oggetto di occupazione di suolo pubblico, fino alle ore 03.10, e dopo che la cessazione di ogni attività di somministrazione nel locale stesso avveniva solo alle ore 03.20;
c) di aver attenuato il peso della componente di rumorosità rappresentata dal traffico veicolare esterno, mantenendo chiuse le finestre dell’abitazione dove si sono svolte le misurazioni durante l’esecuzione di queste ultime. A questo riguardo, la Polizia Municipale precisa che, essendo state effettuati i rilevamenti a finestre chiuse, la rumorosità proveniente dall’impianto musicale e dagli avventori posti all’interno del locale si trasmetteva prevalentemente tramite il soffitto e le strutture murarie (con ciò dimostrandosi la necessità di opere di bonifica strutturale, quali ad es. pannelli fonoisolanti, in grado di spiegare una significativa efficacia riduttiva delle emissioni).
In definitiva il Collegio ritiene che nel caso di specie il Comune, svolgendo ripetute misurazioni del livello di rumore ambientale (ciascuna di durata prolungata), l’ultima delle quali effettuata a meno di un’ora di distanza dal successivo rilevamento del livello di rumore residuo, abbia operato al fine di ottenere risultati il più possibile genuini e conformi alla situazione effettiva e nel contempo sia riuscito a contenere la divaricazione temporale tra l’ultima misurazione del livello ambientale (ore 02.17-02.32) e quella del livello residuo (ore 03.21) in limiti accettabili.
Sul punto, si osserva che, anche prendendo ad esclusivo riferimento la suddetta ultima misurazione del livello ambientale, il valore differenziale rispetto al livello residuo (pari a dB(A) 4,5) risulta superiore al limite massimo ammesso in orario notturno dalla vigente normativa (pari a dB(A) 3). Né si può sostenere che tra l’orario di effettuazione dell’ultima misurazione del livello ambientale e quello di rilevamento del livello residuo vi sia stato quel radicale mutamento delle condizioni ambientali ed in particolare dei flussi di traffico veicolare esterno, prefigurato dalla ricorrente a supporto delle proprie tesi: ciò sia – si ribadisce – per la ridotta divaricazione temporale tra i suddetti rilevamenti, tale da non rendere ragionevolmente ipotizzabile un radicale capovolgimento della situazione nei due momenti considerati; sia in ragione della peculiare ubicazione del locale “Kitsch”, posto lungo i viali di circonvallazione della città di Firenze (ancorché all’interno della cerchia del centro storico) e dunque ubicato in un’area che per sua natura appare esposta in ogni momento della giornata a significativi flussi di traffico veicolare; sia, ancora, per l’accorgimento utilizzato dai tecnici comunali, i quali hanno effettuato le misurazioni dall’abitazione soprastante l’esercizio tenendo chiuse le finestre di detta abitazione e così attenuando l’apporto di rumorosità dovuto ai predetti flussi di traffico.
A questo proposito, deve evidenziarsi che le risultanze delle misurazioni hanno consentito di dare conto dell’inadeguatezza degli accorgimenti adottati dai gestori dell’esercizio per quanto riguarda il contenimento delle emissioni acustiche derivanti dall’attività di intrattenimento musicale (svolta – è da notare – all’interno del locale): per quanto concerne, invece, l’attività svolta all’esterno, sul suolo pubblico oggetto di occupazione, al dato del superamento dei livelli di rumorosità consentiti va aggiunto il mancato rispetto delle prescrizioni dettate dall’ordinanza n. 520/2005 (che, peraltro, in massima parte ricalcano le regole descritte dallo stesso tecnico incaricato dall’odierna ricorrente e da questi indicate come idonee ad impedire il superamento dei limiti differenziali ammessi).
Sull’argomento, infine, è necessaria un’ultima considerazione, la cui portata appare invero decisiva.
La ricorrente ha sostenuto nel gravame originario (facendone anche oggetto di specifica doglianza avverso le misurazioni che avevano condotto all’emanazione delle ordinanze oggetto del gravame stesso) la necessità che le misurazioni siano effettuate in un arco temporale prolungato affinché possano essere davvero idonee a rappresentare la situazione reale: le misurazioni svolte in un arco temporale breve, a detta della stessa ricorrente, non avrebbero perciò una tale idoneità e ciò varrebbe sia per ciascuna misurazione (che deve protrarsi per un periodo di tempo significativo), sia per il complesso delle misurazioni. Ora, non si vede come un tale risultato potrebbe essere ottenuto seguendo la metodologia, del pari proposta dalla ricorrente, di una misurazione contestuale, o quasi, del livello di rumore ambientale e di quello residuo. Infatti, come ricorda la Polizia Municipale, è essenziale, ai fini di una rappresentazione realistica (e non “teatrale” o comunque secondo schemi o modelli astratti) dei fattori disturbanti, che i rilevamenti vengano svolti all’insaputa dei gestori del pubblico esercizio (ed a fortiori degli avventori), onde impedire modificazioni o alterazioni dello stato dei fatti. Ma per poter effettuare la misurazione del livello di rumore residuo immediatamente dopo quella del livello ambientale, sarebbe necessario l’intervento della Polizia Municipale nel locale interessato, per farne cessare ogni fonte di rumore (quando non per determinarne la chiusura anticipata), così precludendosi, tuttavia, – come si è già visto – la possibilità di qualsiasi ulteriore misurazione del predetto livello ambientale. Infatti, una volta resi consapevoli i gestori del pubblico esercizio e gli avventori della presenza di tecnici comunali dediti a rilevare la rumorosità derivante dall’esercizio stesso, è evidente che qualsiasi successiva misurazione sarebbe falsata e comunque non in grado di dare una rappresentazione genuina e veritiera della situazione. Da ciò consegue che la misurazione del livello residuo potrebbe essere effettuata soltanto in (quasi) contestualità con l’ultima concernente il livello ambientale: ad opinare diversamente, infatti, dovendosi interrompere in via definitiva i rilevamenti del livello di rumore ambientale, si correrebbe il rischio che questi ultimi si siano protratti per un arco temporale complessivo troppo breve e, per tal ragione, non siano attendibili (alla stregua di quanto sostiene la stessa ricorrente). Se per es., nel caso di specie, la misurazione del livello residuo fosse stata effettuata dopo la prima, o la seconda od anche la terza misurazione del livello ambientale (e cioè, considerato il protrarsi di queste per quindici minuti, alle ore 00.30, o alle ore 01.15, o alle ore 01.41), sembra scontato che la ricorrente avrebbe ugualmente contestato l’esattezza delle relative risultanze, perché ottenute in esito a misurazioni protrattesi per un periodo di tempo troppo breve e cioè al massimo per circa un ora e mezza, invece delle quattro ore di durata degli accertamenti compiuti dal tecnico incaricato dalla medesima ricorrente. Ne deriva – si ribadisce – che l’unico modo per superare una simile contestazione è quello di misurare il livello di rumore residuo immediatamente dopo l’ultima misurazione del livello di rumore ambientale. Ma è evidente che in questa maniera:
a) le condizioni climatiche esterne (in specie le emissioni acustiche imputabili ai flussi di traffico veicolare) sarebbero verosimilmente molto simili a quelle in cui è avvenuta la misurazione effettiva del livello residuo da parte della Polizia Municipale in occasione del sopralluogo del 4 dicembre 2005, eseguita alla chiusura del locale alle ore 03.21 (si è già osservato che non risulta verosimile un radicale capovolgimento delle condizioni esterne tra le ore 02.32 e le ore 03.21);
b) si tratterebbe, pertanto, di condizioni climatiche verosimilmente molto simili a quelle di cui si lamenta la società ricorrente, imputando ad esse un ruolo decisivo nel raggiungimento di livelli differenziali eccedenti il consentito;
c) in ogni caso – e soprattutto – vi sarebbe comunque una rilevante divaricazione temporale tra la misurazione del livello residuo e le misurazioni del livello ambientale che hanno preceduto l’ultima, quantomeno quelle più risalenti. Infatti, o si protraggono i rilevamenti per un arco temporale breve, o vi sarà comunque una significativa divaricazione tra i primi rilevamenti del livello ambientale ed il rilevamento di quello residuo (quasi simultaneo all’ultimo rilevamento del livello ambientale).
In sostanza, a seguirle fino in fondo, le tesi della ricorrente conducono ad un esito inesorabilmente contraddittorio: se si vuole avere una rappresentazione realistica (e non “teatrale” o simulata) dello stato dei fatti, non è, invero, possibile protrarre le misurazioni in un arco di tempo considerevole, mantenendo nel contempo una quasi contestualità del rilevamento del rumore residuo con quelli del rumore ambientale. Delle due, l’una: o si mantiene una breve divaricazione temporale tra tutte le misurazioni del livello di rumore ambientale (e non solo l’ultima) e la misurazione del livello di rumore residuo, ma allora l’accertamento deve avere necessariamente una durata non prolungata (e quindi è viziato per questo verso); oppure si protrae l’accertamento per un tempo considerevole, ma allora non è possibile evitare una significativa divaricazione temporale tra i primi rilevamenti del livello ambientale ed il rilevamento del livello residuo (ed allora l’accertamento sarà viziato sotto questo diverso profilo).
In definitiva, appare corretta, invece, la scelta dell’Amministrazione: quest’ultima, nell’eseguire le misurazioni del livello ambientale in un arco temporale piuttosto lungo (più di due ore) e nel cercare di effettuare la misurazione del livello residuo a non grande distanza di tempo dall’ultima di quello ambientale, attendendo, comunque, per la sua esecuzione, la chiusura del pubblico esercizio, ha inteso garantire la massima genuinità dei risultati ottenuti, cioè la loro massima corrispondenza alla situazione effettiva.
Se ne desume l’infondatezza della doglianza ora analizzata.
In ordine, invece, alla censura avente ad oggetto il carattere sproporzionato ed eccessivamente afflittivo per il privato dell’ordinanza gravata, il Collegio osserva quanto segue.
L’ordinanza n. 40/2006 è stata emanata – come già visto – a seguito di accertamenti disposti in esecuzione della precedente ordinanza n. 520/2005, che aveva subordinato il definitivo ritiro del provvedimento di inibitoria totale dell’attività svolgentesi nel locale all’effettuazione di ulteriori misurazioni fonometriche attestanti il ripristino del rispetto della normativa sull’inquinamento acustico. Dagli accertamenti eseguiti è emerso non solo il perdurare del superamento dei limiti di rumorosità consentiti dalla legge, ma anche l’inosservanza di quelle prescrizioni contenute nella medesima ordinanza n. 520/2005 (e frutto, in massima parte, di proposte della medesima società ricorrente), che avrebbero dovuto garantire il rispetto della normativa sull’inquinamento acustico relativamente all’attività di somministrazione svolta nell’area antistante il locale, su suolo pubblico oggetto di occupazione assentita. In merito, poi, all’attività di intrattenimento musicale, dagli atti di causa è emerso in maniera incontrovertibile che questa consiste anche in musica dal vivo, ovvero almeno prodotta da un operatore, e non solo in musica riprodotta usata come sottofondo nel locale. Ne discende l’irrilevanza degli accorgimenti adottati dai gestori ai fini dell’insonorizzazione ed in particolare del blocco dell’amplificatore, di cui a ragion veduta il controinteressato ha contestato l’efficacia, sottolineandone l’agevole rimuovibilità. In proposito, occorre altresì aggiungere che il verbale del sopralluogo eseguito il 15 marzo 2006, in ottemperanza all’ordinanza istruttoria n. 26/2006 del 2 marzo 2006 – se contiene risultanze degli accertamenti fonometrici svolti del tutto irrilevanti ai fini della presente decisione, in quanto eseguiti anteriormente alle ore 22.00 – reca tuttavia una conferma della facile rimuovibilità del sigillo posto al limitatore del volume (essendo detto sigillo costituito da due smaltature aventi la consistenza del cosmetico da unghie). Esso reca, inoltre, un’ulteriore conferma dell’inosservanza, da parte dei gestori del locale, delle prescrizioni dettate con l’ordinanza n. 520/2005, con particolare riguardo al numero di avventori presenti nello spazio esterno, su suolo pubblico occupato, antistante il locale (accertati in cinquanta, anziché in trenta, come prescritto, alle ore 20.45 e solo dopo mezz’ora, alle ore 21.20, ridottisi a ventisette).
Anche alla luce del carattere reiterato delle violazioni accertate, si deve, pertanto, escludere che il provvedimento impugnato abbia carattere sproporzionato ed eccessivamente afflittivo per l’odierna ricorrente. Ciò, tenuto conto che:
a) l’inibitoria riguarda soltanto l’attività di intrattenimento musicale condotta nel locale interessato, nonché ogni attività (compresa quindi la somministrazione) svolta all’esterno, sul suolo pubblico regolarmente occupato, con il corollario che non è stata in alcun modo inibita la restante attività svolta nel locale (in particolare, l’attività di somministrazione svolgentesi dentro il locale);
b) sotto questo aspetto, l’asserzione della ricorrente, secondo cui l’inibitoria totale della diffusione di musica all’interno del locale equivale in sostanza “a privare l’esercizio di quegli strumenti/servizi unanimemente riconosciuti come indispensabili ai fini di una proficua attività” risulta del tutto pretestuosa ed infondata, oltre che in contraddizione con quelle altre parti del gravame, nelle quali si afferma che nel caso di specie non si sta parlando di un locale notturno “dove il ballo e la musica ad alto volume rappresentano la principale attrattiva”;
c) l’inibitoria ha efficacia fino al momento dell’adozione di opere di mitigazione atte a garantire il rispetto dei limiti di rumorosità consentiti: opere, invero, non così gravose, atteso che, per quanto riguarda l’attività svolta all’esterno, sarebbe sufficiente che i gestori dell’esercizio assicurassero il rispetto delle condizioni da loro stessi proposte nella relazione tecnica depositata in data 29 giugno 2005, mentre per quanto concerne l’intrattenimento musicale, il rapporto della Polizia Municipale del 24 febbraio 2006 fornisce preziose indicazioni, facendo riferimento a pannelli fonoisolanti da applicare sul soffitto;
d) sembra applicabile al caso di specie quanto osservato dalla giurisprudenza con riferimento al rapporto di proporzione che deve sussistere in materia disciplinare tra sanzione irrogata e gravità dei fatti contestati, proporzione che costituisce oggetto di un apprezzamento discrezionale della P.A., suscettibile di sindacato giurisdizionale di legittimità solo in presenza di macroscopici vizi logici (C.d.S., Sez. VI, 16 ottobre 2008, n. 5016), del tutto assenti nella fattispecie in esame.
Si deve, pertanto, concludere che il Comune si è limitato ad inibire (fino all’adozione di congrue misure di contenimento) non l’intera attività del pubblico esercizio, ma le sole attività di questo maggiormente disturbanti sul piano acustico. Per conseguenza, dovendosi escludere la fondatezza (anche) della doglianza di sproporzione o eccessiva afflittività del provvedimento gravato, il terzo motivo aggiunto risulta anch’esso in toto infondato, con il corollario dell’integrale infondatezza della domanda di annullamento formulata con i motivi aggiunti.
Se ne desume (a parte l’inammissibilità nell’ambito del giudizio impugnatorio) l’infondatezza, altresì, della domanda di accertamento del diritto della ricorrente allo svolgimento, nel pubblico esercizio di cui si discute, dell’attività di intrattenimento musicale, sia in periodo diurno che notturno, e di quella all’accertamento del diritto a svolgere l’attività di pubblico esercizio (di somministrazione) nell’area pubblica antistante il locale, oggetto di occupazione. A tal proposito, si può invero osservare che il fatto che la ricorrente stessa, nel domandare la declaratoria del proprio diritto, condizioni quest’ultimo al rispetto dei limiti di capienza stabiliti (evidentemente dal Comune, quindi dall’ordinanza n. 520/2005) nella predetta area oggetto di occupazione, rende la domanda de qua inammissibile per carenza di interesse, perché l’intervento inibitorio del Comune si ricollega, tra l’altro, proprio all’inosservanza dei suddetti limiti di capienza.
Deve quindi essere respinta anche la domanda di risarcimento dei danni asseritamente derivanti alla società dall’ordinanza impugnata con i motivi aggiunti, poiché la domanda di risarcimento dei danni postula che sia coltivato con successo il giudizio di annullamento dei provvedimenti illegittimi (cfr. C.d.S., A.P., 26 marzo 2003, n. 4; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 20 febbraio 2009, n. 1345).
Da ultimo, mette conto rammentare che nel ricorso originario era stata formulata, contro gli atti con esso impugnati, specifica censura concernente l’incompleta redazione del verbale in cui sono state trascritte le operazioni eseguite, in particolare sotto l’aspetto della mancata indicazione dei dati inerenti l’omologazione dello strumento adoperato per le misurazioni, la taratura di tale strumento, la certificazione di conformità di cui alla circolare ministeriale dell’aprile 2005 e la certificazione dell’assenza di rumore prodotto all’interno dell’appartamento in cui si è svolto l’accertamento. Una analoga censura non risulta formulata nei motivi aggiunti, con riferimento ai verbali relativi alle misurazioni che hanno condotto all’adozione dell’ordinanza gravata con i predetti motivi aggiunti. La ricorrente, infatti, si è limitata a dolersi dell’incompletezza del verbale di accertamento sotto il profilo della mancata indicazione, in esso, delle condizioni climatiche ed ambientali in cui sono stati eseguiti i rilevamenti: profilo, quest’ultimo, che per quanto sopra detto deve reputarsi tutt’altro che decisivo o comunque rilevante. Conseguentemente, il Collegio – stante l’improcedibilità del ricorso originario – non può prendere in alcun modo in esame la questione della corretta compilazione del rapporto in cui vanno trascritti i risultati dei rilevamenti compiuti, ai sensi dell’allegato D) al d.m. 16 marzo 1998 ed in particolare del rispetto della lett. c) di detto allegato.
In conclusione, deve essere dichiarata l’improcedibilità sulla domanda di annullamento e su quella di accertamento formulate con il gravame originario, mentre va respinta la domanda di risarcimento dei danni con lo stesso proposta. Parimenti, devono essere respinte tutte le domande formulate con il ricorso per motivi aggiunti.
Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti, attesa la complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Seconda Sezione, così definitivamente pronunciando sul gravame in epigrafe:
a) dichiara l’improcedibilità del ricorso originario, nei termini di cui in motivazione, respingendo la domanda di risarcimento dei danni con esso proposta;
b) respinge il ricorso per motivi aggiunti, respingendo altresì, la domanda di risarcimento dei danni con lo stesso formulata.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, nella Camera di consiglio del 2 aprile 2009, con l\'intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere
Pietro De Berardinis, Primo Referendario, Estensore
L\'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO