Cass. Sez. III n.35919 del 19 settembre 2008 (Ud. 26 giu. 2008)
Pres. De Maio Rel. Petti Ric. Savoni
Urbanistica. Irrilevanza dello stato di necessità
Lo stato di necessità è difficilmente configurabile in materia di abusivismo edilizio o ambientale, in quanto il pericolo di restare senza abitazione è concretamente evitabile attraverso i meccanismi del mercato o dell\'assistenza sociale. Invero in tale materia manca, non solo e non tanto il danno grave alla persona (secondo qualche decisione di legittimità per danno grave alla persona deve intendersi ogni danno grave ai suoi diritti fondamentali ivi compreso quello all\'abitazione), ma anche e soprattutto l\'inevitabilità del pericolo: infatti l\'attività edificatoria non è vietata in modo assoluto, ma è consentita nei limiti imposti dalla legge a tutela di beni di rilevanza collettiva, quali il territorio, l\'ambiente ed il paesaggio, che sono tutelati anche dalla Costituzione -art 9-. Di conseguenza, se il suolo è edificabile, le disagiate condizioni economiche non impediscono al cittadino di chiedere il permesso di costruire . Se il suolo non è edificabile il diritto del cittadino a disporre di un\'abitazione non può prevalere sull\'interesse della collettività alla tutela del paesaggio e dell\'ambiente.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 26/06/2008
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 1631
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - N. 35407/2007
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
difensore di Savoni Sandro, nato a Roma il 7 aprile del 1966 e Muratore Maria Pia, nata a Roma il 16 febbraio del 1970;
avverso la sentenza della corte d\'appello di Roma del 11 luglio del 2007;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
sentito il sostituto procuratore generale nella persona del dott. SALZANO Francesco il quale ha concluso per l\'inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avv. CASTAGNA Mario il quale ha concluso per l\'accoglimento del ricorso;
letti il ricorso e la sentenza denunciata.
OSSERVA IN FATTO
La corte d\'appello di Roma, con sentenza del 11 luglio del 2007, confermava quella resa il 29 marzo del 2006 dal tribunale della medesima città, con cui Savoni Sandro e Muratore Maria Pia erano stati condannati alla pena di mesi uno di arresto ed euro quattromila di ammenda ciascuno, quali responsabili, in concorso di circostanze attenuanti generiche, del reato di cui al .P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. b), testo unico sull\'edilizia, per avere, senza il permesso di costruire, realizzato un avancorpo in legno di metri 6,70 per 2,50 per m. 3,10 di altezza da adibire a cucina. Fatto accertato il 17 settembre del 2003.
Gli imputati si erano difesi sostenendo di avere realizzato quel manufatto per la necessità di ampliare l\'angusta abitazione dove convivevano con i tre figli minori.
La corte confermava la decisione impugnata non ravvisando gli elementi per riconoscere l\'esimente dello stato di necessità. Ricorrono per cassazione i due imputati per mezzo del proprio difensore deducendo la violazione della norma incriminatrice e dell\'art. 54 c.p. per avere la corte ritenuto insussistente lo stato di necessità.
OSSERVA IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza del motivo La corte territoriale ha indicato le ragioni per le quali nella fattispecie non ricorreva l\'esimente invocata dalla difesa. D\'altra parte, lo stato di necessità è difficilmente configurabile in materia di abusivismo edilizio o ambientale, in quanto il pericolo di restare senza abitazione è concretamente evitabile attraverso i meccanismi del mercato o dell\'assistenza sociale (Così Cass. Sez. 3 4 dicembre 1987 Iudicello; Cass 17 maggio 1990 n. 7015; 22 settembre 2001, Riccobono; 22 febbraio 2001, Bianchi). Invero in tale materia manca, non solo e non tanto il danno grave alla persona (secondo qualche decisione di legittimità per danno grave alla persona deve intendersi ogni danno grave ai suoi diritti fondamentali ivi compreso quello all\'abitazione - cfr. Cass. 11030 del 1997), ma anche e soprattutto l\'inevitabilità del pericolo: infatti l\'attività edificatoria non è vietata in modo assoluto, ma è consentita nei limiti imposti dalla legge a tutela di beni di rilevanza collettiva, quali il territorio, l\'ambiente ed il paesaggio, che sono tutelati anche dalla Costituzione - art 9 Cost.. Di conseguenza, se il suolo è edificabile, le disagiate condizioni economiche non impediscono al cittadino di chiedere il permesso di costruire. Se il suolo non è edificabile il diritto del cittadino a disporre di un\'abitazione non può prevalere sull\'interesse della collettività alla tutela del paesaggio e dell\'ambiente. Le decisioni di questa corte che interpretano in maniera estensiva il concetto di danno alla persona fino a comprendervi il diritto all\'abitazione si risolvono in mere affermazioni di principio sull\'astratta applicabilità di tale esimente anche in materia di abuso edilizio, posto che richiedono comunque un\'indagine rigorosa sull\'effettiva sussistenza dei requisiti dell\'esimente, i quali requisiti difficilmente o eccezionalmente sono stati riscontrati nel caso concreto (cfr. ad esempio Cass. 19811 del 2006). In definitiva, pur aderendo in questa materia ad un\'interpretazione lata del concetto di danno alla persona, difficilmente nella prassi sarebbe configurabile l\'inevitabilità del pericolo.
Nella fattispecie i prevenuti non hanno neppure indicato le ragioni per le quali non hanno potuto chiedere il permesso di costruire per ampliare l\'unità abitativa benché abbiano investito risorse economiche nella realizzazione di un avancorpo.
Dall\'inammissibilità del ricorso discende l\'obbligo di pagare le spese processuali e di versare una somma, che stimasi equo determinare in Euro 500,00, in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa dei ricorrenti nella determinazione della causa d\'inammissibilità secondo l\'orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000. P.Q.M.
LA CORTE
Letto l\'art. 616 c.p.p.;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali e singolarmente al versamento della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma, il 26 giugno 2008.
Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2008