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Sez. 3, Sentenza n. 17424 del 22/03/2005 Cc. (dep. 09/05/2005 ) Rv. 231515
Presidente: Vitalone C. Estensore: Grillo C. Relatore: Grillo C. Imputato: Agenzia Demanio in proc. Matarrese ed altri. P.M. Izzo G. (Parz. Diff.)
(Rigetta, Gip Trib. Bari, 23 Giugno 2004)
EDILIZIA - IN GENERE - Lottizzazione abusiva - Confisca dei terreni lottizzati - Estensione ai lotti non edificati o alienati - Legitimità - Fondamento.
In tema di lottizzazione abusiva, la confisca dei terreni lottizzati, prevista dall'art. 44, comma secondo, d.P.R. n. 380 del 2001, deve estendersi a tutta l'area interessata dall'intervento lottizzatorio, compresi i lotti non ancora edificati o anche non ancora alienati al momento dell'accertamento del reato, atteso che anche tali parti hanno perso la loro originaria vocazione e destinazione rientrando nel generale progetto lottizzatorio. (Massima Fonte CED Cassazione)
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 22/03/2005
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - SENTENZA
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - N. 408
Dott. GRILLO Carlo M. - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. LOMBARDI Alfredo M. - Consigliere - N. 39523/2004
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DEL DEMANIO DI BARI, in persona del Direttore pro-tempore;
avverso l'ordinanza del 23/6/2004 emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Bari, quale giudice dell'esecuzione.
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Carlo M. Grillo;
lette le conclusioni del P.G., con cui chiede dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.
la Corte rileva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il 10/2/1999 il G.I.P. presso la Pretura Circondariale di Bari, in sede di giudizio abbreviato, assolveva tutti gli imputati (Matarrese Michele, legale rappresentante della "Sud Fondi s.r.l.", ed altri sette) dai reati ad essi ascritti (tra cui quello di lottizzazione abusiva) con la formula "perché il fatto non costituisce reato", disponendo la confisca ed acquisizione al Comune di Bari "dei suoli e dell'intero complesso immobiliare di cui ai piani di lottizzazione n. 141/89 e n. 151/89"; detti immobili, nel corso del procedimento di primo grado, erano stati oggetto di sequestro preventivo poi revocato da questa Corte Suprema (sent. n. 3884 del 17/1/98).
Con sentenza 5/6/2000, la Corte di Appello di Bari modificava la menzionata formula assolutoria in quella "perché il fatto non sussiste", revocando la disposta confisca.
La Corte di Cassazione, con sentenza 29/1/2001, annullava senza rinvio la sentenza d' appello, assolvendo gli imputati "perché il fatto non costituisce reato" e disponendo la confisca e l'acquisizione gratuita al patrimonio del Comune di Bari degli immobili in questione.
Successivamente venivano proposti diversi incidenti di esecuzione da parte di varie società e soci di esse, nonché da privati, estranei al procedimento penale, che vantavano diritti di proprietà su immobili sequestrati e si opponevano quindi all'esecuzione della sentenza della Corte Suprema. I ricorsi venivano riuniti e, a seguito di un pronunzia della Cassazione che risolveva un conflitto di competenza sorto nell'individuazione del giudice dell'esecuzione, rimessi al G.I.P. per la decisione.
Il G.I.P. presso il Tribunale di Bari rigettava i proposti incidenti di esecuzione in data 18/3/2004 con due distinte ordinanze che venivano impugnate dagli interessati con vari ricorsi per cassazione, a loro volta rigettati dalla Corte Suprema con due sentenze pronunciate il 27/1/2005.
Un autonomo incidente di esecuzione veniva intanto promosso dall'Agenzia del Demanio, che chiedeva la restituzione di alcuni propri beni rientranti nelle lottizzazioni sopra indicate, sostenendo la necessita di una "interpretazione" del titolo esecutivo, che doveva tener conto sia della totale estraneità dell'Agenzia al processo penale, sia della inconfiscabilità dei terreni in questione.
Il predetto G.I.P., con l'ordinanza indicata in premessa (23/6/2004), rigettava il ricorso, considerando che i beni confiscati non rientrano tra i c.d. "beni riservati", e cioè quelli precedentemente qualificati come "demanio necessario dello Stato", bensì tra i "beni a destinazione pubblica", che lo stesso ente aveva però ritenuto non rientranti nell'interesse pubblico, tanto da procedere alla sclassificazione ed alla vendita di altri terreni in posizione similare.
Contro detta decisione ricorre per Cassazione l'Agenzia del Demanio, deducendo inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 19 L. n. 47/1985, 667, comma 4, e 676 c.p.p. in relazione all'affermata possibilità di confiscare un bene appartenente al patrimonio statale, nonché manifesta illogicità della motivazione sul punto (art. 606, comma 1 lett. 'c' ed 'e', c.p.p.). Infatti, secondo la ricorrente, non è rilevante stabilire se il bene pubblico in questione debba considerarsi "riservato" o "a destinazione pubblica" giacché un bene appartenente al patrimonio dello Stato comunque non è suscettibile di confisca per il solo fatto di essere stato incluso in una lottizzazione abusiva, non potendo che avere ad oggetto l'art. 19 sopra indicato, pur senza specificarlo, esclusivamente beni di proprietà privata. Invero, considerate le finalità della norma, nessuna conseguenza lesiva del bene protetto potrebbe derivare dalla restituzione dei beni in questione, perché "gli scopi dell'ente pubblico consistono in quelle particolari finalità di interesse pubblico che l'ordinamento pone alla sua azione", per cui "è 'la qualita' del soggettò più che 'la qualita' del benè ad escludere la confiscabilità dei suoli" dell'Agenzia del Demanio, essendo alla stessa impedito "qualsiasi uso disfunzionale del bene, cioè irrispettoso della legalità urbanistica vigente nella zona". La ricorrente Agenzia chiede dunque l'esclusione dei propri beni dalla confisca de qua o, in subordine, l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata.
Con memoria depositata il 2/3/2005/ il Comune di Bari chiede il rigetto del ricorso, ricordando innanzi tutto che nel procedimento cognitorio l'Amministrazione dello Stato ora ricorrente aveva richiesto, quale parte civile costituita, l'integrale confisca delle aree ricadenti nelle lottizzazioni in esame. Col gravame inoltre, a detta del Comune, si intende modificare il giudicato e quindi violare l'intangibilità dello stesso, sostenendo la inconfiscabilità dei "beni pubblici", senza però considerare che le aree confiscate di proprietà dell'Agenzia erano state sclassificate al fine della vendita.
Evocando poi il costante orientamento giurisprudenziale sul punto, evidenzia il Comune che proprio la natura reale del tipo di confisca in questione, ritenuta una sanzione amministrativa applicata dal giudice penale, del tutto differente da quella prevista dall'art. 240 c.p., ne consente l'applicazione sul semplice accertamento dell'esistenza di una lottizzazione abusiva, a prescindere dall'individuazione dei soggetti titolari degli immobili e dalla sussistenza di singole responsabilità penali. La ratio dell'istituto, infatti, è quella di impedire che la lesione della riserva pubblica di programmazione del territorio sia portata ad ulteriori conseguenze.
Con memoria depositata il 16/3/2005, l'Agenzia del Demanio ribadisce che, per il principio della divisione dei poteri, il giudice penale non può invadere le competenze della P.A., e dunque il provvedimento di confisca non può incidere sulla posizione giuridica di beni dello Stato, posti a servizio della collettività.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
Innanzi tutto non v'è dubbio, quanto all'individuazione dell'oggetto dello stesso che il ricorso ex artt. 665 e segg. c.p.p. non possa invadere la sfera dei mezzi di impugnazione, dovendo rimanere circoscritto all'esame di questioni attinenti all'esistenza, eseguibilità, portata e regolarità formale del titolo esecutivo, che è evidentemente il provvedimento giudiziale e non il fatto-reato con esso acclarato.
Occorre, dunque, esaminare la sentenza di questa Corte Suprema 29/1/2001 e valutare se tale titolo esecutivo - di cui non è contestata l'esistenza, la regolarità formale e l'eseguibilità - sia abbisognevole di interpretazione al fine di individuarne l'esatta portata.
Ebbene, in proposito il Collegio condivide l'opinione del G.I.P., ritenendo chiarissima ed inequivoca la sentenza, che dispone - a norma dell'art. 19 L. n. 47/1985 - la confisca e l'acquisizione gratuita al patrimonio del Comune di Bari "dei suoli abusivamente lottizzati e dell'intero complesso immobiliare di cui ai piani di lottizzazione nn. 141 e 151 del 1989", richiamando la costante giurisprudenza di legittimità sulla obbligatorietà dell'adozione del provvedimento "per il giudice che accerti la sussistenza di una lottizzazione abusiva, anche indipendentemente da una pronuncia di condanna".
Pertanto, essendo affatto chiara, non può essere posta in discussione in executivis la portata della sentenza de qua, coerente con l'orientamento giurisprudenziale che ritiene la confisca di cui all'art. 19 L. n. 47/1985 una sanzione amministrativa obbligatoria, irrogata dal giudice penale in funzione di supplenza rispetto alla pubblica amministrazione, connessa alla oggettiva illiceità della cosa, da colpire perciò presso chiunque la detenga a qualsiasi titolo, e quindi anche presso terzi i quali, se estranei al reato ed acquirenti in buona fede, possono far valere i loro diritti in sede civile.
Il dictum della sentenza in questione, nella breve motivazione sul punto, richiama espressamente una serie di decisioni di questa Corte (alle quali si fa rinvio) che, riconosciuta alla confisca de qua la natura (sopra indicata) di sanzione amministrativa irrogata dal giudice penale sulla base dell'accertata effettiva esistenza di una lottizzazione abusiva, a prescindere da una condanna, la ritiene applicabile alla res indipendentemente dal titolare della stessa, tranne che risulti adottato un provvedimento amministrativo in senso contrario o che vi sia stata assoluzione per insussistenza del reato. Nell'indicata direzione, peraltro, vanno anche le pronunzie di legittimità successive a quelle menzionate dal G.I.P. (ex plurimis:
Sez. 3^, 24 febbraio 1999, Iaccangeli; 8 dicembre 2000, Petracchi; 7 luglio 2004, Bennioi; 7 luglio 2004, Lazzara).
Ritiene il Collegio, inoltre, che la sentenza 29/1/2001 della Cassazione debba interpretarsi (ed eseguirsi) nel senso che la disposta confisca comprende anche i terreni lottizzati non ancora interessati da attività edificatoria. Invero, a parte la assoluta chiarezza sul punto del titolo esecutivo, costituito dalla suddetta sentenza ("Deve essere disposta... la confisca... dei suoli abusivamente lottizzati e dell'intero complesso immobiliare..."), che non offre spazio a diversa interpretazione, se non mutilante quindi non consentita, della pronunzia di cognizione, è univoco orientamento di questa Corte Suprema che, in tema di lottizzazione abusiva, la confisca dei terreni lottizzati ex art. 18 L. n. 47/1985 debba estendersi a tutta l'area interessata dall'intervento lottizzatorio, compresi i lotti non ancora edificati o addirittura neppure ancora alienati al momento dell'accertamento del reato, in quanto anche tale residua parte ha perso la propria originaria vocazione e destinazione a seguito dell'intervenuta lottizzazione del comprensorio interessato alla ripartizione abusiva, nel cui progetto generale comunque rientrava. Peraltro questa interpretazione è l'unica consentita dalla lettera della norma (art. 19 L. n. 47/1985, ora art. 44 D.P.R. n. 380/2001), che impone, in caso di accertata lottizzazione abusiva, "la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite", proprio in virtù del concetto di unicità della lottizzazione comprendente l'intera area interessata dalla stessa.
Per quanto concerne la confiscabilità dei beni della ricorrente Agenzia del Demanio, il Collegio condivide le argomentazioni del G.I.P. in quanto è pacifico, per stessa ammissione della ricorrente, che i terreni confiscati non appartengono ne' al demanio pubblico (ex art. 822 c.c.) ne' al c.d. patrimonio indisponibile dello Stato (ex art. 826 c.c.), per cui non sono assoggettati alla particolare condizione giuridica indicata rispettivamente negli artt. 823 e 828, comma 2, c.c.; peraltro risulta - e tale accertamento in fatto non è censurabile nella presente sede - che la maggior parte di essi sono stati "sclassificati", il che dimostra che non sono stati ritenuti tali da rientrare nelle finalità pubbliche, tant'è che alcuni sarebbero stati addirittura ceduti dall'Agenzia del Demanio a società interessate alla lottizzazione.
Dunque, trattandosi di beni appartenenti al patrimonio disponibile dello Stato, non destinati alla soddisfazione diretta di interessi della collettività e suscettibili, come tali, di formare oggetto di rapporti privatistici, ben possono essere oggetto della confisca de qua.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 22 marzo 2005.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2005