Ulteriori note in ordine al decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69 cosiddetto salva casa all’indomani della sua conversione
di Massimo GRISANTI
Il decreto-legge n. 69/2024 è stato convertito con modificazioni nella legge 24 luglio 2024, n. 105, cosicché dal 28 luglio dovrebbero trovare applicazioni tutte le sue disposizioni. Di ciò sia consentito dubitare.
Non possono trovare applicazione:
• né quelle del nuovo articolo 34-ter “Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo”, comma 3, ultimo periodo – a mente delle quali “Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 36-bis, commi 4 e 6. Per gli interventi di cui al comma 1 eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica resta fermo quanto previsto dall’articolo 36-bis, comma 5-bis”;
• né quelle del nuovo articolo 36-bis “Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali”, comma 4 – a mente delle quali “Qualora gli interventi di cui al comma 1 siano eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede all’autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento, anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, si intende formato il silenzio-assenso e il dirigente o responsabile dell’ufficio provvede autonomamente. Le disposizioni del presente comma si applicano anche nei casi in cui gli interventi di cui al comma 1 risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione”;
per il semplice motivo che le norme dalle medesime ricavabili avrebbero la pretesa di derogare quelle riguardanti l’autorizzazione paesaggistica contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio senza che le relative disposizioni – ossia gli articoli 146 e 167 – abbiano conosciuto espressa modifica.
Infatti, ai sensi dell’articolo 183, comma 6, del d.lgs. 42/2004 “Le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe ai principi del presente decreto legislativo se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni”. Espressa modificazione che, invero, non è stata apportata. E non vi è dubbio alcuno, in ragione degli insegnamenti della Corte costituzionale – nonché delle plurime pronunce di incostituzionalità di leggi regionali che hanno provato ad incidere sull’istituto, sull’ambito applicativo e sulla disciplina dell’autorizzazione paesaggistica – che le norme del Codice riguardanti l’autorizzazione paesaggistica siano tutte di principio.
In ragione del preminente valore costituzionale della tutela del paesaggio, appare indubbio che le nuove disposizioni in termini di sanatoria di abusi edilizi non possano trovare applicazione ancorché sia lo Stato ad aver derogato ai principi del Codice in violazione della norma di autolimite che si è imposto. E ciò anche in ragione delle disposizioni di principio fondamentale dell’articolo 1 “Ambito di applicazione”, comma 2, del Testo unico dell’edilizia – a mente delle quali “Restano ferme le disposizioni in materia di tutela dei beni culturali e ambientali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, la normativa di tutela dell'assetto idrogeologico e le altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia”.
Quindi, permane il divieto di assentimento in qualsiasi forma – autorizzazione o parere – di aumenti di volumi e superfici in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, ricordando che l’autorizzazione paesaggistica a sanatoria, al pari di quella preventiva, è “… «un presupposto dell’efficacia» di qualsiasi altro titolo che abiliti a utilizzare il bene paesaggistico …”, così Corte costituzionale, n. 101/2021.
Ancorché sia stato abrogato il delitto di abuso d’ufficio, nel caso in cui il Responsabile dello Sportello Unico dell’Edilizia (SUE) o dello Sportello Unico dell’Attività Produttive (SUAP), nonché il Soprintendente, si avventurassero ad applicare le nuove disposizioni degli articoli 34-ter e 36-bis del d.P.R. 380/2001, così violando quelle degli articoli 146 e 167 del d.lgs. 42/2004, commetterebbero il delitto di falso ideologico in autorizzazione amministrativa giacché il rilascio del provvedimento sanante edilizio conterrebbe l’implicita falsa dichiarazione del rispetto delle disposizioni del cosiddetto Codice Urbani.
A iatta prisciarola fa i iattareddi orbi, recita il proverbio siciliano, conosciuto anche a Napoli, A gatta pe' jì 'e pressa, facette 'e figlie cecate, ma non nella Milano del Ministro Salvini.