TAR Lombardia (MI) Sez. II n. 170 del 26 gennaio 2022
Urbanistica.Diritto del proprietario di chiudere il fondo
Il diritto del proprietario di chiudere il fondo, previsto dall'art. 841 del codice civile, può essere limitato e conformato dalle norme urbanistiche allo scopo di tutelare interessi pubblici sovraordinati, in particolare di natura ambientale e paesistica. Le disposizioni urbanistiche aventi contenuto limitativo sono però, a loro volta, tenute a rispettare un rapporto di stretta proporzionalità nei confronti dell'interesse pubblico tutelato. Simile principio vale anche con riferimento ai Regolamenti comunali che possono, quindi, porre delle limitazioni al diritto di cui all’art. 841 c.c. se giustificate da peculiari interessi pubblici da bilanciarsi, comunque, con quelli protetti dalla previsione codicistica che risiedono nella tutela della sicurezza e della riservatezza del proprietario
Pubblicato il 26/01/2022
N. 00170/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00723/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 723 del 2021, proposto da
Vittorio Messina, rappresentato e difeso dagli avvocati Simona Motta, Paolo Colombo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Cornaredo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fabio Pellicani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento:
i) della nota prot. 4716 del 23 febbraio 2021 (Pratica Edilizia 2020/315), inviata a mezzo pec in pari data, recante “Comunicazione di diniego”, con la quale il Comune di Cornaredo, a seguito della Comunicazione Inizio Lavori Asseverata del 7.12.2020 prot. n. 26192, ha ordinato “di sospendere l'esecuzione delle opere previste dalla CILA ed il ripristino dello stato di luoghi ai sensi dell'art. 27 comma 3 del DPR 380/2001 e s.m.i.”, per i seguenti motivi “la recinzione in progetto risulta in contrasto con i disposti dell'art. 113 comma 10 del regolamento Edilizio in quanto non garantisce la più ampia visibilità da e verso l'interno”;
ii) ove occorra, della nota prot. 804/2021 del 13 gennaio 2021 con cui il Comune di Cornaredo ha comunicato la richiesta di integrazioni e interruzione dei termini di legge;
iii) quale atto presupposto, dell'art. 113, comma 10, del vigente Regolamento Edilizio del Comune di Cornaredo nei termini in cui viene interpretato e applicato dall'Ente comunale;
iv) nonché di ogni atto o provvedimento preordinato, presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Cornaredo;
Vista l’ordinanza n. 487/2021 con la quale la Sezione accoglie l’istanza cautelare formulata da parte ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2022 il dott. Lorenzo Cordi' e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il sig. Messina impugna i provvedimenti in epigrafe con i quali il Comune resistente decreta la contrarietà al Regolamento edilizio comunale della recinzione eseguita dal ricorrente sull’immobile di proprietà ordinandone la rimozione.
2. In punto di fatto il ricorrente deduce di essere proprietario di una unità abitativa a due piani ubicata in Cornaredo, via Brescia, n. 13 (catastalmente identificata con le relative pertinenze al: i) f. 6, part. 522, sub. 2, cat. C/6, 33 mq: ii) f. 6, part. 522, sub. 3, cat. C/6, 16 mq; iii) f. 6, part. 522, sub. 1, cat. A/7, 11 vani). Nel dicembre del 2020 il ricorrente deposita una c.i.l.a. per il rifacimento della recinzione posta sul confine della proprietà. La recinzione all’epoca esistente è in ferro verniciato, “vetusta”, e “circondata da una siepe di costosa manutenzione che [impedisce] ogni visuale anche verso l’esterno, oltre a impedire la manutenzione della recinzione medesima”. Il ricorrente decide, quindi, di sostituire la recinzione con una struttura con pannelli metallici a doghe orizzontali color ruggine. I lavori di posa e di completamento della nuova recinzione sono effettuati in data 22.12.2020.
2.1. In data 13.1.2021 il Comune resistente invia la nota prot. 804/2021 evidenziando la necessità di integrare e conformare la pratica in quanto:
i) “la recinzione in progetto risulta in contrasto con i disposti dell’art. 113 comma 10 del Regolamento Edilizio in quanto non garantisce la più ampia visibilità da e verso l’esterno”;
ii) “occorre produrre relazione accompagnata da adeguata documentazione fotografica atta ad illustrare quali solo le opere eseguite prima del 07/12/2020 data di presentazione della CILA in oggetto”;
iii) occorre “indicare più chiaramente l’altezza della recinzione in progetto”.
2.2. Il ricorrente riscontra la nota con comunicazione del 15.12.2021. In data 23.2.2021 l’Amministrazione adotta il provvedimento prot. n. 4716/2021 con cui ordina la sospensione dei lavori e l’immediato ripristino dello stato dei luoghi.
3. Il ricorrente articola due motivi di ricorso e chiede, altresì, di voler concedere idonea misura cautelare.
3.1. Con il primo motivo (rubricato: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.. Violazione e falsa applicazione delle norme sul procedimento amministrativo di cui alla l. 241/1990, e in particolare degli artt. 2, 7, 9, 10 e 10bis, sub specie genericità degli atti del procedimento e delle deduzioni svolte dal Comune di Cornaredo. Violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 27 d.P.R. 380/2001. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria, carente ed errata motivazione, illogicità e sproporzionalità. Contraddittorietà”) il ricorrente deduce l’illegittimità dei provvedimenti impugnati:
i) per omessa puntuale e sostanziale valutazione delle osservazioni formulate (punti 3-15 del motivo);
ii) per omessa valutazione del miglioramento della visibilità garantito dalla nuova opera (punti 16-26).
3.2. Con il secondo motivo (rubricato: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 841 cod. civ. Violazione e falsa applicazione delle norme sul procedimento amministrativo di cui alla l. 241/1990, e in particolare degli artt. 2 e 3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 27 d.P.R. 380/2001. Violazione e falsa applicazione dei superiori diritti alla tutela della privacy e della sicurezza. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria, carente ed errata motivazione, illogicità e sproporzionalità. Contraddittorietà e incompetenza”) il ricorrente deduce l’illegittimità dei provvedimenti impugnati:
i) per difetto di motivazione anche in relazione alla previsione di cui all’art. 113, co. 10, secondo periodo, del R.E. comunale che consente all’Amministrazione di accogliere o richiedere soluzioni alternative, “comprese le recinzioni non trasparenti, con muro pieno”, nonché per omessa considerazione della miglior sicurezza garantita dalla soluzione adottata (punti 27-42);
ii) per erronea interpretazione ed applicazione della previsione di cui all’art. 113, co. 10, del R.E. comunale che impedirebbe ai proprietari di garantire la propria privacy senza che vi sia una superiore esigenza contrapposta (comunque non esplicitata) nonché per mancata verifica del miglioramento della visibilità apportato dalla soluzione adottata (punti 43-53);
iii) per violazione del disposto di cui all’art. 27, co. 3, t.u.e.
4. Con ordinanza n. 487/2021 la Sezione accoglie l’istanza cautelare articolata in via incidentale da parte ricorrente evidenziando che:
i) “il provvedimento impugnato non si limita ad una mera sospensione dei lavori ex art. 27, co. 3, D.P.R. n. 380/2001 (già terminati al momento della comunicazione dello stesso) ma ingiunge anche la rimozione dell’opera configurandosi, quindi, non come un mero provvedimento di natura cautelare ma come un ordine definitivo di rimozione dell’opera”;
ii) sussiste “il pregiudizio grave ed irreparabile per l’istante che si vedrebbe costretto alla rimozione dell’opera” e tale pregiudizio è, inoltre, prevalente “rispetto all’interesse pubblico che non pare pregiudicato dal mantenimento della struttura fino alla decisione nel merito della controversia”.
5. L’Amministrazione comunale si costituisce in data 2.7.2021 chiedendo di dichiarare il ricorso irricevibile, inammissibile o infondato.
6. In vista dell’udienza pubblica del 25.1.2022 il Comune deposita memoria difensiva con la quale:
i) eccepisce la parziale irricevibilità del ricorso per omessa tempestiva impugnazione della nota prot. 804/2021 nonché del R.E. comunale;
ii) eccepisce l’inammissibilità del ricorso in quanto il provvedimento tempestivamente impugnato non sarebbe che un atto meramente confermativo della nota prot. 804/2021;
iii) deduce l’infondatezza dei motivi di ricorsi.
6.1. Parte ricorrente deposita memoria conclusionale con la quale insiste nei motivi di ricorso.
6.2. Le parti depositano, altresì, memorie di replica.
7. All’udienza del 25.2.2022 la causa è trattenuta in decisione.
8. Preliminarmente occorre esaminare le eccezioni processuali formulate dalla parte resistente.
8.1. Con una prima eccezione il Comune deduce l’irricevibilità dell’impugnazione nella parte relativa alla nota prot. 804/2021.
8.1.1. L’eccezione è infondata atteso che la nota indicata dal Comune non è un provvedimento definitivo ma un atto endoprocedimentale avente ad oggetto una richiesta di integrazione documentale nonché di “conformazione” del progetto per violazione dell’art. 113, co. 10, del R.E. In ordine a quest’ultimo aspetto l’atto non assume, comunque, valenza provvedimentale. Infatti, ove l’Amministrazione avesse ritenuto l’atto munito di portata autoritativa ed effettuale non avrebbe ampliato l’istruttoria richiedendo elementi evidentemente non necessari per decretare l’illegittimità dell’intervento. Pertanto, valutando la sostanza dell’atto non può ritenersi che lo stesso assuma valenza provvedimentale neppure in parte qua.
8.2. Con una seconda eccezione il Comune deduce la tardività dell’impugnazione nella parte relativa al Regolamento edilizio comunale e, in particolare, alla previsione di cui all’art. 113, co. 10, di tale articolato.
8.2.1. L’eccezione è infondata non tenendo conto del nesso di connessione tra il Regolamento comunale e l’atto applicativo emesso nella vicenda all’attenzione del Collegio.
8.2.2. In termini generali, si osserva come, secondo un’autorevole dottrina, i nessi tra provvedimenti si distinguano in rapporti di presupposizione, regolazione e connessione procedimentale.
8.2.3. La prima di tali ipotesi si registra nei casi in cui più provvedimenti, da un lato, congiuntamente siano preordinati alla realizzazione di un unico rapporto amministrativo, (riguardano, cioè, un unico bene della vita), e, dall'altro lato, avendo autonoma efficacia, siano immediatamente lesivi e, di conseguenza siano impugnabili ex se. Sotto l'aspetto strutturale, gli atti sono in una relazione di successione giuridica e cronologica, o di necessario concatenamento; il provvedimento presupposto non soltanto precede e prepara quello presupponente, ma ne è il sostegno esclusivo. Gli effetti del provvedimento pregiudiziale sono i fatti costitutivi del secondo, o meglio del relativo potere; sussiste, quindi, una consequenzialità necessaria tra i due provvedimenti, tale che l'esistenza e la validità di quello presupposto sono condizioni indispensabili affinché l'altro possa legittimamente esistere e possa produrre la propria efficacia giuridica.
8.2.4. Diversa è l’ipotesi della c.d. regolazione, fenomeno ravvisabile nell’ipotesi in cui siano impugnati un atto formalmente amministrativo, ma sostanzialmente normativo, in quanto avente contenuto generale ed astratto, e un successivo atto amministrativo di applicazione della regola generale. Si tratta di una relazione tra atti in cui il nesso di condizionalità non assume quei caratteri stringenti, di rigida implicazione effettuale, riscontrata nella precedente ipotesi.
8.2.5. Ancora differente è il nesso di tipo procedimentale che ricorre specialmente tra atti di uno stesso procedimento, per lo più complesso, sebbene essa sia riscontrabile anche tra provvedimenti autonomi e non emanati specificatamente in funzione di altri provvedimenti. In sostanza, in tale ipotesi si registra la sussistenza di un nesso di pregiudizialità e, come per la connessione regolamentare e diversamente da ciò che si verifica per la connessione per presupposizione, l'atto pregiudiziale non è immediatamente lesivo, perciò non è direttamente impugnabile ex se, e l'interesse ad impugnare sorge soltanto in occasione dell'emanazione del successivo provvedimento; tuttavia, in tal caso, la deduzione di una illegittimità dell’atto presupposto impone la contestuale impugnazione del primo, che non può costituire oggetto di mera cognizione incidentale e, se ritenuto invalido, di disapplicazione.
8.2.6. Nel caso di specie, va considerato come:
i) il regolamento edilizio ha natura di regolamento indipendente (Consiglio di Stato, Sez. IV, 16.7.2017, n. 2958);
ii) il contenuto di tale regolamento è disciplinato dalla previsione di cui all’art. 4 del t.u.e. che, al comma 1, dispone: “il regolamento che i comuni adottano ai sensi dell’articolo 2, comma 4, deve contenere la disciplina delle modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilità degli immobili e delle pertinenze degli stessi”;
iii) in ordine alla natura giuridica di tale atto, la giurisprudenza amministrativa, sin da tempo risalente (Consiglio di Stato, sez. IV, 17.12.2003, n. 8280), è concorde nell’affermare che il regolamento edilizio, esprimendo l’autonomia normativa riconosciuta ai comuni dall’ordinamento, ha natura giuridica di fonte normativa secondaria, come tale subordinata al criterio ermeneutico della coerenza con le fonti primarie (cfr.: Consiglio di Stato, Sez. V, 10.7.1981, n. 363) e risulta applicabile ex officio dal giudice in base al principio “iura novit curia”;
iv) da qui l’orientamento ammissivo della disapplicazione (o meglio non applicazione, non potendosi ravvisare in senso proprio un vizio di legittimità dell’atto), dei regolamenti, anche non impugnati, in contrasto con norme di rango diverso, nel rispetto del principio gerarchico e di successione delle norme nel tempo (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. V, 20.5.2003, n. 2750; Id., Sez. V, 10.1.2003, n. 35; Id., Sez. IV, 19.9.1995, n. 1332) e dovendosi, di conseguenza, affermare la non necessità di autonoma impugnazione del regolamento comunale edilizio contrastante “in parte qua” con la norma legislativa primaria.
8.2.7. Chiarita la natura giuridica dei regolamenti edilizi comunali risulta evidente la sussistenza di un nesso di regolazione che comporta la non immediata lesività dell’atto pregiudiziale che, come tale, non è direttamente impugnabile ex se ma solo in occasione dell’emanazione del successivo provvedimento. Con l’ulteriore conseguenza che l’impugnazione (ove ritenuta necessaria in considerazione della natura e della portata del vizio dedotto) risulta tempestiva se è rispettato il termine decadenziale valevole per l’atto applicativo. E’ quanto accade nel caso di specie ove il provvedimento applicativo fa sorgere l’interesse a censurare il regolamento comunale. Di qui l’infondatezza dell’eccezione comunale.
8.3. Con una terza eccezione il Comune deduce l’inammissibilità del ricorso atteso che il provvedimento prot. n. 4716/2021 sarebbe meramente confermativo dell’atto n. 804/2021.
8.3.1. L’eccezione è infondata stante la natura meramente endo-procedimentale dell’atto prot. n. 804/2021, già affermata dalla presente sentenza con argomentazioni alle quali si rinvia evitando un inutile duplicato.
9. Entrando in medias res il Collegio ritiene di poter trattare congiuntamente i motivi di ricorso in quanto strettamente connessi.
9.1. L’atto comunale costituisce, come osservato, applicazione della regola contenuta all’interno dell’art. 113, co. 10, del Regolamento. Tale disposizione prevede testualmente: “Le recinzioni prospicienti spazi pubblici devono consentire la più ampia visibilità da e verso l'esterno. Il Comune ha facoltà di accogliere o richiedere, per esigenze ambientali, di igiene, di sicurezza o di decoro, soluzioni alternative di recinzione (comprese le recinzioni non trasparenti, con muro pieno)”.
9.2. In relazione a tale regola il Comune evidenzia quanto segue: “occorre ricordare, infatti, che la recinzione di cui trattasi affaccia sulla pubblica via e, in quanto tale, riveste altresì, al pari del giardino retrostante, una pubblica funzione di arredo urbano. La disciplina di cui all’art. 113, comma 10, R.E.C., pertanto, in realtà contempera e tutela in maniera bilanciata i suddetti interessi pubblici e privati, sancendo quale principio generale quello della garanzia della più ampia visibilità da e verso l’esterno (art. 113, comma 10, R.E.C., primo periodo) con possibilità di derogare a tale principio soltanto in presenza di tassativi presupposti (art. 113, comma 10, R.E.C., secondo periodo). La norma, quindi, è certamente legittima, in quanto contempera in modo razionale e ponderato, con un ragionevole bilanciamento, i suddetti interessi pubblici e privati”.
9.3. Osserva il Collegio come il tema della ragionevolezza del bilanciamento operato sia l’aspetto decisivo della controversia. Infatti, secondo condivisibile giurisprudenza, “il diritto del proprietario di chiudere il fondo, previsto dall'art. 841 del codice civile, può essere limitato e conformato dalle norme urbanistiche allo scopo di tutelare interessi pubblici sovraordinati, in particolare di natura ambientale e paesistica. Le disposizioni urbanistiche aventi contenuto limitativo sono però, a loro volta, tenute a rispettare un rapporto di stretta proporzionalità nei confronti dell'interesse pubblico tutelato” (T.A.R. per la Lombardia – sede di Brescia, Sez. I, 4.3.2015). Simile principio vale anche con riferimento ai Regolamenti comunali che possono, quindi, porre delle limitazioni al diritto di cui all’art. 841 c.c. se giustificate da peculiari interessi pubblici da bilanciarsi, comunque, con quelli protetti dalla previsione codicistica che risiedono nella tutela della sicurezza e della riservatezza del proprietario (cfr., Cassazione civile, Sez. II, 13.4.2001, n. 5564; Corte appello di Potenza, sez. I, 06.07.2021, n. 448).
9.4. Ora, nel caso di specie, la prima delle proposizioni che compongono l’art. 113, co. 10, del R.E. comunale non opera alcun bilanciamento tra i vari interessi ma, al contrario, costituisce regola espressione del solo interesse pubblico che il Comune indica nelle esigenze di decoro urbano. Tuttavia, osserva il Collegio come il decoro urbano sia propriamente la bellezza e la dignità dello spazio cittadino, in specie nelle parti di uso collettivo. Non è, quindi, di agevole comprensione come la dignità degli spazi cittadini sia preservata imponendo la visibilità dell’area privata da quello pubblica e viceversa. Tanto più che gli spazi privati sono, comunque, eterogenei e non è, neppure, asseribile una linea di continuità lato sensu estetica che possa giustificare la sostanziale compressione delle facoltà del proprietario di ricercare, mediante adeguata chiusura del fondo, riservatezza e sicurezza. Appare, quindi, fragile la giustificazione offerta dal Comune per affermare la legittimità di una regola che, tra l’altro e come già spiegato, non opera neppure quel bilanciamento tra i vari interessi che l’ordinamento impone.
9.5. Il bilanciamento imposto non può, dirsi, neppure assicurato dalla dialettica tra la regola contenuta nella prima parte dell’art. 110, co. 13, del R.E. e quella contenuta nella seconda parte. Un rapporto che il Comune inquadra in termini di regola/eccezione. Soluzione che, tuttavia, disallinea ulteriormente il Regolamento dal dato normativo primario e dai principi sopra ricordati. Infatti, intesa nei termini espressi dal Comune, il Regolamento si sostanzia: i) in una regola “principale” in cui, come detto, non solo non è effettuato alcun bilanciamento degli interessi ma neppure risulta così pregnante l’interesse pubblico che la sorreggerebbe; ii) in una serie di eccezioni – ritenute, come tali, tassativi – che non risultano, comunque, idonee a tutelare la posizione della parte privata. E ciò, a fortiori, ove si consideri che le situazioni legittimante la deroga (“esigenze ambientali, di igiene, di sicurezza o di decoro, soluzioni alternative di recinzione”) sono, comunque, ricondotte esclusivamente ad interessi pubblici senza, quindi, spazio per le esigenze del privato. Del resto, l’esigenza di sicurezza paventata dal privato per la soluzione progettuale adottato non è, neppure presa in considerazione dal Comune (nonostante la previsione non imponga una specifica istanza di parte sul punto consentendo, al contrario, alla stessa Amministrazione di “richiedere” una diversa soluzione e, quindi, anche di valutarla) proprio in quanto quelle indicate dall’art. 113, co. 10, R.E. sono esigenze di rilievo pubblico e non riferite ad una dimensione individuale e privata.
9.6. In sostanza, le regole contenute nel Regolamento precludono irragionevolmente quel necessario bilanciamento tra interessi pubblici ed esigenze del privato (cfr.: T.A.R. per la Lombardia – sede di Brescia, Sez. I, 5.2.2008, n. 40). Ne consegue la loro illegittimità da cui deriva, altresì, l’invalidità dell’atto applicativo adottato dal Comune in attuazione delle regole contenute nel Regolamento edilizio.
10. In definitiva, il ricorso deve essere accolto con annullamento degli atti impugnati.
11. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
12. Spetta, altresì, al Comune rimborsare il contributo unificato versato dal Sig. Messina per l’introduzione del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto:
i) accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati;
ii) condanna il comune di Cornaredo a rifondere al sig. Messina le spese di lite del presente giudizio che liquida in euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge;
iii) pone a carico del comune di Cornaredo il rimborso del contributo unificato versato da parte ricorrente per l’introduzione del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2022 con l'intervento dei magistrati:
Ugo Di Benedetto, Presidente
Giovanni Zucchini, Consigliere
Lorenzo Cordi', Referendario, Estensore