Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Cass. Sez. III n.39600 del 28 ottobre 2024 (UP 3 ott 2024)
Pres. Ramacci Rel. Aceto Ric. De Lucia
Caccia e animali.Reato di maltrattamenti di animali
Non è sufficiente a integrare il reato di cui all'art. 727 cp una qualsiasi sofferenza dell'animale; occorre anche che essa sia grave. Poiché la norma pretende una corrispondenza biunivoca tra la sofferenza dell'animale e le modalità della sua detenzione, è dall'analisi di queste ultime e dal grado di incompatibilità con la natura dell'animale stesso che deve essere desunta la gravità della sua sofferenza. Se è innegabilmente vero che il concetto di gravità della sofferenza necessario per la condotta prevista dall'art. 727 c.p., è diverso dal concetto di grave danno alla salute (dell'animale) contemplato nell'art. 544 ter c.p., è comunque indispensabile che le sofferenze cui gli animali mal custoditi devono essere sottoposti debbano raggiungere un livello tale da rendere assolutamente inconciliabile la condizione in cui vengono tenuti con la condizione propria dell'animale in situazione di benessere. Tale giudizio va espresso con riferimento alle situazioni contingenti, essendo evidente che una temporanea situazione di disagio dell'animale non può essere confusa con la situazione contra legem enunciata dall'art. 727 citato, comma 2.
Consiglio di Stato Sez. VI n. 8296 del 16 ottobre 2024
Beni culturali.Termine per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio ed interessi sensibili di tutela del patrimonio storico ed artistico.
È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 21-nonies, comma 1, della legge n. 241 del 1990, per contrasto con gli artt. 3, comma 1, 9, comma 1 e comma 2, 97, comma 2, e 117 comma 1 della Costituzione, con riferimento agli artt. 1, lett. b) e d), e 5 lett. a) e c) della Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società firmata a Faro il 27 ottobre 2005, nella parte in cui, a fronte di un provvedimento a carattere autorizzativo (quale, nel caso di specie, l’attestato di libera circolazione di un’opera) ma incidente su un interesse sensibile e di rango costituzionale, come la tutela del patrimonio storico e artistico, contempla, per l’adozione del provvedimento di annullamento, il rispetto di un limite temporale fisso di dodici mesi. La previsione di un termine de quo si pone in contrasto con il parametro costituzionale di ragionevolezza, con la stessa protezione del primario bene costituzionale dell’integrità, con la responsabilità individuale e collettiva nei confronti dell’eredità culturale, con l’obbligo dello Stato italiano a “riconoscere l’interesse pubblico associato agli elementi dell’eredità culturale, con il valore del buon andamento dell’amministrazione.
Consiglio di Stato Sez. VI n. 8155 del 11 ottobre 2024
Beni Ambientali.Rapporti tra aspetti paesaggistici e disciplina urbanistica
Il parametro di riferimento per la valutazione dell’aspetto paesaggistico di un manufatto non coincide con la disciplina urbanistico-edilizia, ma nella specifica disciplina dettata per lo specifico vincolo. Il fatto che sono stati rilasciati i titoli edilizi, pur in assenza dell’autorizzazione paesaggistica, non può in alcun modo legittimare anche sotto il profilo paesaggistico il fabbricato. Tale esito si porrebbe in contrasto con il principio secondo il quale l’interesse paesaggistico debba essere sempre valutato espressamente anche nell’ambito del bilanciamento con altri interessi pubblici. Esiste un principio di autonomia anche tra l’illecito urbanistico-edilizio e l’illecito paesaggistico, come anche un’autonomia tra i correlati procedimenti e regimi sanzionatori. Per giurisprudenza consolidata, la disciplina urbanistica e quella paesaggistica si completano al fine di garantire una tutela integrata del territorio, ma il titolo edilizio è diverso da quello autonoma paesaggistico, in quanto diverse sono le finalità perseguite
Cass. Sez. III n.39603 del 28 ottobre 2024 (UP 3 ott 2024)
Pres. Ramacci Rel. Aceto Ric. Izzo
Beni culturali.Art. 518-duodecies primo comma c.p. e continuità normativa con art. 635, secondo comma n. 1 c.p.
I fatti di danneggiamento ai danni di beni di interesse storico o artistico consumati dopo il 6 febbraio 2016, costituivano già ipotesi autonoma di reato (in continuità normativa con la precedente ipotesi aggravata) sicché il loro ricollocamento nel titolo VIII-bis del Libro II del codice penale non ha prodotto alcuna discontinuità del medesimo precetto penale che è stato solo estrapolato dalla precedente norma e spostato nell’ambito dei delitti contro il patrimonio culturale, costituendone specifica modalità di aggressione. L’unico elemento di novità introdotto dall’art. 518-duodecies, primo comma, cod. pen., è costituito dalla incriminazione della condotta (estranea al testo dell’art. 635 cod. pen.) del rendere non fruibili i beni culturali, propri o altrui; nel resto, la fattispecie incriminatrice è in tutto e per tutto sovrapponibile alle condotte tipizzate dal reato di cui all’art. 635, secondo comma, cod. pen. sicché tra le due fattispecie intercorre un rapporto di specialità per aggiunta perché il reato di cui all’art. 518-undecies cod. pen. è speciale per l’oggetto (i beni culturali) rispetto al reato di cui all’art. 635 comma primo cod. pen., allo stesso modo, del resto, con cui la precedente fattispecie aggravata della norma si poneva in rapporto di specialità (e continuità) con la fattispecie base. Sicché, in caso di abrogazione dell’art. 518-duodecies cod. pen., le relative condotte sarebbero comunque punibili ai sensi dell’art. 635, comma primo, cod. pen., salva - come detto - l’ipotesi del rendere non fruibili i beni culturali che costituisce una assoluta novità.
Consiglio di Stato Sez. VI n. 8687 del 31 ottobre 2024
Urbanistica.La doppia conformità necessaria per la sanatoria riguarda anche la disciplina antisisimica
La verifica della doppia conformità, deve considerarsi principio fondamentale nella materia del governo del territorio, in quanto adempimento finalizzato a garantire l’assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere l’accertamento di conformità. Il richiamato dato positivo, oltre ad esigere la sussistenza della doppia conformità, offre tuttavia un ulteriore elemento non irrilevante, e cioè che la prescritta indagine vada riferita alla disciplina urbanistica ed edilizia generalmente intesa; ne deriva che, nel novero delle disposizioni che presidiano la materia dell’edilizia, vanno ricomprese pure quelle inerenti la normativa tecnica contenute nella Parte II del Testo unico dell’edilizia, il cui Capo IV è dedicato segnatamente alle costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche (segnalazione Ing. M. Federici)
Consiglio di Stato Sez. VI n. 8072 del 8 ottobre 2024
Urbanistica.Variazioni essenziali
Ai sensi degli artt. 31 e 32 t.u. edilizia, si è in presenza di difformità totali del manufatto o variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, allorché i lavori riguardino un’opera ‘diversa’ da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione, mentre si configura la difformità parziale quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera. Sando alla definizione enunciata dal citato art. 32, dà, dunque, luogo a una variante essenziale «ogni modifica incompatibile con il disegno globale ispiratore dell’originario progetto edificatorio, tale da comportare il mutamento della destinazione d’uso implicante alterazione degli standard, l’aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio, le modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi, il mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito e la violazione delle norme vigenti in materia antisismica; la nozione in esame non ricomprende, invece, le modifiche incidenti sulle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative. L'attribuzione a un intervento edilizio della natura di variazione essenziale comporta rilevanti conseguenze. Invero, mentre le varianti in senso stretto al permesso di costruire, ai sensi dell’art. 22, comma 2, t.u. edilizia, e cioè le modificazioni qualitative o quantitative di non rilevante consistenza rispetto al progetto approvato, tali da non comportare un sostanziale e radicale mutamento del nuovo elaborato rispetto a quello oggetto di approvazione, sono soggette al rilascio di permesso in variante, complementare e accessorio, anche sotto il profilo temporale della normativa operante, rispetto all’originario permesso a costruire; le variazioni “essenziali”, giacché caratterizzate da incompatibilità con il progetto edificatorio originario in base ai parametri ricavabili, in via esemplificativa, dall’art. 32 t.u. edilizia, sono soggette al rilascio di un permesso a costruire del tutto nuovo e autonomo rispetto a quello originario
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